Titolo: E ti piacerà un minuto e poi te ne scorderai.
Fandom: Liverpool FC; Real Madrid CF
Personaggi/Pairing: Steven Gerrard/Xabi Alonso
Rating: R
Warnings: angst, lime
Conteggio parole: 2996
Disclaimer: bugia.
Note: Nulla, questa storia è venuta fuori così e anche quando mi sono resa conto che non c’entrava un bel niente con l’idea iniziale non ho avuto il cuore di modificarla. E’ la mia prima Stevie/Xabi ed ho un po’ paura di aver banalizzato tutta la loro storia, anche se spero non sia così. Boh. Comunque è per
ladyaika , che mi aveva chiesto una storia su di loro con prompt “Come tutto ebbe inizio”, ma tralasciamo il fatto che al tutto ho dato anche una fine u.u
Il titolo è di Liga, dalla bellissima “Viva”, non c’entra molto con la storia ma sono innamorata di quella canzone e ci tenevo ad inserirla.
E ti piacerà un minuto e poi te ne scorderai.
“He said he was close to tears when Xabi Alonso left Liverpool.”
Paul McGrattan, migliore amico di Steven, su Twitter.
Certe volte, Steven ci pensa ancora. Capita all’improvviso: si sta allenando con la squadra e Jonjo tenta un tiro da centro campo che finisce dritto dritto tra le braccia del portiere, ed ecco che gli viene in mente come lui fosse bravo, come ogni tanto riuscisse a beffare anche le mani sante di Pepe.
Oppure è in cucina assieme alle bambine, tentando di fare una sorpresa alla mamma che adesso ha qualcuno in pancia e si deve riposare, e sente un odore un po’ più forte, un po’ più speziato, e pensa a lui. A Xabi piaceva cucinare. Tante volte ha invitato lui ed Alex a cena, presentando loro una paella che si ostinava a definire troppo insipida, troppo cotta, o troppo fredda, ma che a loro è sempre sembrata squisita.
Qualche volta gli capita di svegliarsi in piena notte, il battito un po’ accelerato e l’ombra di un sogno negli occhi semichiusi: allora si ricorda dei ritiri con la squadra, quando condividevano la stanza e Xabi stava fino a tardi col suo libro in mano e lui avrebbe passato le ore ad osservarlo, bellissimo e tutto preso dalla sua lettura. Avrebbe osservato le sue espressioni cambiare in base alle parole che si trovava davanti, lo avrebbe visto sorridere per una scena curiosa, o aggrottare le sopracciglia quando incontrava una parola sconosciuta. Lui e la sua mania di leggere in inglese.
Se potesse dare un inizio a quello che hanno avuto, Steven incomincerebbe da qui. Da una sera in albergo e da quel ragazzo così perfezionista e perfetto insieme che riusciva sempre a farlo sentire inferiore, insicuro, bambino.
(Innamorato.)
***
E’ marzo, la serata è fresca e l’albergo profuma di primavera. Non sono nemmeno le undici, ma il mister li ha mandati tutti a riposare, visto che domani ci sarà una partita importante.
Steven condivide la camera con Xabi, e, come ogni volta che Rafa li accoppia assieme, si sente un po’ nervoso a riguardo. Xabi ha qualcosa che lo mette a disagio; non saprebbe esattamente dire cosa, in realtà, ma è così. Forse si tratta di quella sua aria pensosa che lo fa sembrare più grande di quanto non sia, o del modo consapevole con cui i suoi occhi gli si posano addosso, tranquilli e castani, e mai indagatori - uno sguardo che sembra dire ho capito tutto di te. Forse è perché Xabi non è un tipo di molte parole, ed è un po’ difficile abituarsi ai suoi silenzi dopo anni passati a condividere la stanza con Carra e le sue risate fragorose.
Xabi è uno di quelli che nelle foto finiscono sempre ai margini dell’obiettivo, e loro due sono troppo diversi, troppo, per poter diventare amici - Steven, di lui, è riuscito a capire solo questo. Il resto è un grosso punto interrogativo.
Quella sera cambia qualcosa, comunque.
Xabi è sul letto col naso affondato nel suo libro e Steven si ritrova a pensare che è davvero bello. Non che sia frocio o nulla, s’intende, non si farebbe mai un maschio, ma Xabi è proprio il tipo per cui le ragazze perdono la testa, ecco tutto.
Steven sta annotando mentalmente di tenere Alex ben lontana dal suo compagno di squadra, quando una voce rompe il silenzio ed è proprio quella esitante, e un po’ nasale, di quest’ultimo.
- Steven? - domanda e lui gli rivolge uno sguardo come a rispondere dimmi pure, anche se è parecchio sorpreso dal momento che loro due non sono soliti parlare granché. - Steven, cosa significa “accarezzare”?
Allora lui sorride, per il modo buffo in cui Xabi ha sillabato la parola come se avesse paura di pronunciarla male. Si mette in piedi e poi torna a sedersi, questa volta accanto a Xabi, sul suo letto.
Non ha idea di quello che sta facendo.
- Così. - dice, piano, e sfiora con le proprie dita la guancia dell’altro per un momento brevissimo, ma che nella sua memoria durerà cent’anni.
Xabi abbassa lo sguardo, e la guancia su cui Steven ha posato le dita si colora di un rosa tenue, che sa di primavera come l’aria della sera, come il profumo dell’albergo e come l’umore di Steven a partire da quel preciso momento.
( La primavera è la stagione degli amori. Forse la colpa è sua, forse stava nell’aria piena di polline il demone che ha spinto Steven a compiere quel gesto, così piccolo e così azzardato. Quanto succederà, da quella sera in poi. Quanto. )
***
Steven non è mai stato un tipo riflessivo, eppure ha scoperto che la presenza di Xabi lo fa pensare di più. Come se fosse sotto esame e dovesse dimostrare che Steven Gerrard, venticinquenne capitano del Liverpool, vale qualcosa anche fuori da un campo da calcio.
Non sa che cosa Xabi abbia di diverso dagli altri. Ha deciso che non è colpa del suo modo di guardare, che si può identificare semplicemente come discreto, né del suo comportamento un po’ ritroso, che invece si chiama timidezza. Non lo sa, non lo sa, non lo sa. Non gli importa se è da stupidi, ha deciso che il mistero deve essere svelato a tutti i costi.
Pensa a Xabi sempre più spesso, a volte mentre sta per addormentarsi, ed il respiro lieve di Alex diventa nella sua testa il suo buffo russare che lo fa sorridere sempre quando sono in ritiro.
Una volta gli viene in mente mentre è sotto la doccia, ed il crosciare delle goccioline d’acqua diventa la pioggia sotto cui hanno giocato l’ultima partita, e le sue stesse mani scivolose di bagnoschiuma diventano quelle di Xabi che lo stringono per congratularsi del suo gol.
Si accorge di essersi toccato a quel pensiero solo quando viene con un gemito soffocato; lo sperma che gli impiastriccia le mani viene subito lavato via dall’acqua corrente, e allo stesso modo Steven pretende di lavare via il ricordo. E’ così sconvolto che non riesce nemmeno a realizzare di aver appena avuto il miglior fottuto orgasmo di tutta la sua vita.
***
Allora Steven capisce che non c’è mai stato un mistero da svelare, e che Xabi è sempre stato un ragazzo come gli altri, forse un po’ troppo timido, forse un po’ troppo bello. Capisce che il problema non sta nell’altro, ma alberga - dall'inizio - dentro di lui.
Nelle partite che seguono, chiede sempre al mister di dividere la stanza con Carra, e Rafa acconsente ogni volta.
***
Il tempo passa, si porta dietro giorni e settimane e mesi, e Steven ha sempre meno tempo per pensare a Xabi e a quella cosa che prova che ha messo sottosopra il mondo.
Il tempo passa ed il tetto del mondo si avvicina. Vincono una partita dopo l’altra, battono la Juventus, il Chelsea e poi sono in finale. Arrivano in una città chiamata Istanbul e Steven è così euforico che si scorda di chiedere al mister di poter stare in camera con Jamie. Rafa lo accoppia con Xabi, allora, ma Steven ha la testa alla finale e non ci pensa troppo.
La notte non riesce a dormire. Xabi sta come sempre a leggere il suo libro (uno nuovo, riesce a sbirciarne il titolo: è in spagnolo, questa volta) e Steven crede che creperà d’infarto prima di arrivare a giocare quella stramaledetta partita e sta steso supino sul letto col cuore che batte troppo forte e gli occhi che non ne vogliono sapere di chiudersi per più di tre secondi netti.
- Steven. - si sente chiamare - Non stai dormendo.
Non è una domanda, così lui non risponde. Volta la testa di lato ed incontra gli occhi di Xabi che lo fissano dalla branda accanto, un po’ preoccupati. Ha la sensazione che siano più vicini ora che in tutti i mesi passati, da quando si è ritrovato in una doccia a masturbarsi pensando a lui. L’ha sempre evitato, da quel momento, e nemmeno Xabi l’ha cercato mai. (Ogni tanto Steven ha avuto la minuscola speranza che fosse anche lui frenato da sentimenti simili, ma l’ha sempre scacciata via come si fa con un moscerino fastidioso.)
-Sei nervoso? - chiede, dopo un po’ , anche se sa che è superfluo farlo.
Potrebbe sentire il battito del cuore di Xabi fin da lì, se non fosse che c’è il rumore che fa il suo a sovrastarlo.
- Un po’. - la sua risata imbarazzata riecheggia nell’aria e Steven si immagina che il canto delle allodole che You’ll Never Walk Alone racconta vi assomigli almeno un poco. - Okay. Tanto.
- Domani Orecchie Grandi ritornerà a casa, Xabs - il nomigliolo gli sfugge dalle labbra ed una mano sfugge dalle lenzuola, attraversando la distanza che separa i due letti, ed accarezzandogli una guancia (come quella sera da cui sono passati pochi mesi, ma che a Steven sembra essere stata un’era fa). - La riporteremo a casa.
Restano per un poco in silenzio, fin quando Xabi non chiude il libro - lui l’ha osservato di sottecchi per tutto il tempo - e spegne la lampadina sul proprio comodino.
- Notte, Steven. - mormora.
- Buona notte. - dice Steven, e vorrebbe aggiungere di chiamarlo Stevie, perché così fanno tutti i suoi amici, ma poi si ricorda di aver deciso che lui e Xabi sono troppo diversi per diventare amici e non dice nulla. Il suo cuore, però, ora batte ad un ritmo più calmo e la voce di Xabi gli è rimasta nelle orecchie e lo culla come una ninnananna.
***
(Non posso essere amici, ma quella notte Steven sogna che sono amanti. Due persone non sono mai troppo diverse per diventare amanti, no?)
***
Il giorno dopo, succede quello che deve succedere. Sono sotto di tre gol al primo tempo e Steven vorrebbe morire - il suo dolore è doppio: si sente uno schifo come capitano e come tifoso.
Nello spogliatoio incontra gli occhi di Xabi e anche questa volta non lo stanno scrutando, non lo stano giudicando: capiscono, e basta.
Incomincia il secondo tempo ed il miracolo accade. Accade. Accade come tutte quelle cose che vengono fuori un po’ per caso e sono sempre le migliori. La palla gli capita sulla testa e poi va in rete - è stato lui a segnare, è stato lui! - e sugli spalti i tifosi continuano a cantare, sempre più forte, e Steven non pensa a nient’altro che al pallone che passa da un paio di piedi ad un altro fino a quando non finisce tra quelli di Smicer e poi di nuovo alle spalle del portiere.
Si ricorda dell’esistenza di Xabi solo quando l’arbitro assegna il rigore e tutti sanno che sarà lui a tirare. Tirerà Xabi perché è quello calmo, quello freddo, l’unico che non si farà prendere dalla tensione. Steven si accorge comunque che la sua mascella sta tremando, mentre posiziona la palla sul dischetto, gli si avvicina e dice: - La riporteremo a casa.
Xabi tira e poi è parata e poi è dentro, e allora Stevie si accorge di amarlo così tanto che lo vorrebbe baciare. Gli si butta affianco, sull’erba, per festeggiare la rimonta, sfiora la sua guancia sudata con il naso, ma non lo fa. Non può, lo ama così tanto, ma non può. C’è un partita da giocare, c’è una coppa da riportare a casa. Se vinciamo lo bacio, si dice, si rialza e il gioco ricomincia.
***
Vincono. Vincono e la coppa è tutta loro e Steven corre in giro e abbraccia Carra, abbraccia Rafa e poi si ricorda del suo pensiero. Si guarda intorno. Non capisce un cazzo dalla felicità, e le sue orecchie bevono il canto dei tifosi. You’ll never walk alone. You’ll never walk alone.
Ritrova Xabi al momento della foto di gruppo, lo becca che cerca di mettersi ai margini come scommetteva che avrebbe fatto e lo trascina con un sorriso stupido proprio al centro, proprio di fronte ai fotografi. Allora sente che è il momento giusto, e lo bacia. Xabi esita un attimo, poi gli viene in contro e le loro labbra si sfiorano per qualche secondo. Steven riesce solo a pensare che ha Xabi ha delle labbra meravigliosamente morbide e si dimentica completamente dei fotografi, del mondo attorno a loro.
Pensa che la serata deve essere stata soltanto un sogno meraviglioso e che il bacio lo sveglierà, proprio come un pizzicotto, solo meno doloroso ed infinitamente più bello
Non succede. Non succede e Steven è così felice che potrebbe scoppiare a piangere.
***
E’ Xabi a baciare lui, quando ritornano in albergo. Steven sta ancora stringendo la coppa tra le mani - non se n’è separato mai, per tutta la sera - e rischia quasi di farla cadere quando l’altro sfiora le sue labbra con le proprie.Non gli serve molto, comunque, per riprendersi dallo shock, e risponde al bacio con tutta la passione che non ha potuto metterci in campo, perché adesso non c’è nessuno a guardarli.
(Se qualcuno li vedesse da fuori, penserebbe che sono due coglioni che tradiscono le loro donne in piedi in mezzo a una stanza e che finiranno all’inferno di sicuro - e a Steven l’inferno va bene, purché sia dello stesso rosso di Liverpool. Se li vedesse qualcuno che crede all’amore, penserebbe che sono due coglioni innamorati di un sentimento che non potrebbe esistere, ma c’è.
Le loro fronti rimangono a lungo l’una contro l’altra, quando si staccano.
- Da quanto? - domanda poi Xabi, il respiro irregolare e gli occhi che brillano.
Steven scuote la testa, e arrossisce (ma va bene, il rosso è il colore della passione, della felicità) e risponde: - Da sempre. E tu? -
Xabi lo bacia, e lui sa che nessuno dei due capisce davvero cosa stia succedendo, che quelli nella stanza non sono davvero Stevie e Xabi, ma due uomini troppo felici e parecchio ubriachi. (Due uomini che hanno messo da parte ogni maschera, per quella notte sola.)
- Da adesso. - sussurra Xabi, e sorride.
Steven lo prende per mano, e lo fa sedere sul proprio letto, poi si avvicina a quello accanto e ci poggia su la Coppa, dandole un ultimo bacio prima di ritornare dall’altro.
- Buona notte, Orecchie Grandi. - sospira, e nota Xabi imbronciarsi un po’.
- Guarda che sono geloso.
- E’ più bella Lei di te, Xabs, - scherza Steven - ma almeno tu non sai di metallo!
Si spogliano in silenzio, lui che guarda prima Xabi e poi la coppa e poi Xabi e poi la coppa e non riesce a decidersi su che cosa è più felice di aver conquistato. Le labbra soffici di Xabi che si posano sulle sue gli forniscono una risposta convincente.
Fanno l’amore in quel letto troppo stretto, con troppa adrenalina nelle vene e troppi pochi pensieri in testa. Xabi urla quando Steven gli entra dentro, impacciato ed eccitato come mai in vita sua, e morde il cuscino per tutto il tempo dell’amplesso.
- Fai piano, ad uscire. - bisbiglia, tremante, quando è tutto finito - Mi dispiace di non essere la scopata fantastica che volevi, è la prima volta che…
- Ma smettila - lo interrompe lui, gli bacia una tempia, e dice che non fa nulla se il sesso non è stato il migliore della sua vita (lo è stato), l’importante è che lui stia bene.
Restano abbracciati per tanto tempo, e si baciano e si toccano e si assaggiano, e tutti i ti amo che scappano a tradimento dalle loro labbra sono coperti dal canto dei tifosi, che festeggiano ancora, per strada.
***
Certe volte Steven ci pensa, a come sarebbe potuto essere. Si chiede gli sarebbe piaciuto, fare l’amore con Xabi, se ci avessero riprovato almeno un’altra volta. Si chiede come l’avrebbero vissuta, quella storia d’amore che poi non è mai nata, che cosa avrebbe provato a baciare Xabi alla luce del giorno, davanti a tutti, senza avere la scusa della Champions appena vinta.
Dopo quella notte, non ne hanno più parlato. L’euforia è scemata piano piano, come nebbia mattutina per le vie di Liverpool, ed entrambi hanno preteso che la loro storia avesse fatto la stessa fine. Anche se non era così.
Tante altre volte, infatti, Steven si chiede che cosa sarebbe successo, se fosse andato da Xabi e gli avesse detto è tutto vero, gli avesse detto ti amo, gli avesse detto proviamoci, Xabs, proviamoci. Non l’ha mai fatto. Nemmeno Xabi è mai andato da lui.
I primi tempi è stato strano, parlarsi e giocare assieme facendo finta di nulla, ma poi si sono abituati anche a quello. Steven ha incominciato a pensare a quella notte come ad un sogno, di cui il bacio non è stato la fine, come aveva creduto, ma l’inizio. La fine è stata il mattino, è stato l’alzarsi prima di Xabi con la testa che scoppiava e sistemarsi sul letto accanto, come se niente fosse successo. C’erano ancora i segni dei baci sui corpi di entrambi a dire che no, era tutto vero, ma anche quelli sono scomparsi in pochi giorni.
Il tempo è passato, è trascorso un anno, poi due, poi cinque e Xabi è andato via. Steven, quel giorno, l’ha salutato con una pacca sulla schiena (da amici, siamo troppo diversi per essere amici, ma non possiamo neanche essere amanti, a quanto pare) e ha rivisto la finale di Istanbul per tutta la notte e si è morso le labbra per non piangere al momento della premiazione, al momento del loro bacio.
Se solo non si fosse comportato da vigliacco. Se solo.
***
Ancora adesso Steven si chiede se Xabi uscirà dal suo cuore di soppiatto, nello stesso modo in cui ci è entrato. Si chiede quanto farà male prenderne atto, quando succederà. Si chiede se ritornerà, un giorno, e se quel giorno lui avrà il coraggio di rimettere le cose a posto, di dare un finale alla loro storia.
(E’ proprio quest’ultima domanda, quella che più si pone le volte che ancora gli capita di pensarci, a rassicurarlo che Xabi dal suo cuore non ci è mai uscito, e che lì dentro rimarrà per sempre un posto, anche se piccolissimo, soltanto per lui.)