Fic: Keep on the road you're on

Feb 24, 2011 16:18

Pian pianino recupererò e vi inonderò con tutta l'immondizia degna di essere cross-postata, lo giuro /o\

Titolo: Keep on the road you're on
Autrice: waferkya 
Fandom: Supernatural RPF
Personaggi/Pairing: Jeffrey Dean Morgan/Jensen Ackles
Rating: NC17
Conteggio Parole: 1892 (fidipu)
Prompt: Jeffrey Dean Morgan/Jensen Ackles, "La parte del morto ti viene particolarmente bene" "Stai cercando di fare lo spiritoso?" "...ok, smetto." "Ecco." per il p0rn fest #4 di fanfic_italia.
Avvertimenti: slash, linguaggio, PWP
Note: Il titolo è rubato ai poveri Coldplay (~ Lovers in Japan).
- Buon Natale, yuppu ! \O/ Noi povere donne neglette dal fandom che shippiamo questa santa coppia dobbiamo restare appiccicate *annuisce con serietà*
- Ci sono riferimenti a Supernatural e Grey's Anatomy; se vedete dei sottintesi papacest buttati abilmente nel mezzo, non state immaginando cose, è tutto voluto. *ride*
- La 'Space Needle' è la torre-simbolo di Seattle, e JDM è nato a Seattle ♥
Disclaimer: Non mi appartiene nulla; è tutta fantasia; nessuno mi paga un centesimo.

~ Keep on the road you're on.

Jensen è un po' ubriaco, lo capisci dal modo in cui non riesce a smettere di ridere e continua a sprofondare sempre di più contro il divano, come se gli fosse faticoso anche solo restare seduto composto. Naturalmente Jensen non è uno di quelli che siedono perbene anche quando è al meglio di sé, ma sai riconoscerla una postura volutamente svaccata dall’abbandono da sbornia. Tu stesso, d’altra parte, sei piuttosto perso, accidenti al whisky avanzato dai festeggiamenti di Natale che è veramente indecentemente buono, davvero.
Jensen scivola un po’ più vicino al tuo braccio, praticamente ti si preme addosso e senti il suo respiro - la sua risatina idiota e contenta - sulla guancia; ti volti quel tanto che basta a guardarlo, lui incontra il tuo sguardo e non ti capita spesso, di guardare una persona così, dall’alto, mentre sei seduto, e ti sfugge un sorriso che deve sembrare completamente stupido, davvero. Non che Jensen sia nella condizione di giudicare l’intelligenza delle tue espressioni, comunque, e infatti ride ancora, ma un po’ si sistema meglio per poterti guardare senza farsi venire un crampo al collo.
Qualcuno caccia uno strillo terrificato e ti ricordi della televisione accesa di fronte a voi, oltre i piedi di Jensen incrociati sul tuo tavolino. Ti volti pigramente verso lo schermo, non riconosci neanche vagamente l’attrice che si sta tormentando le corde vocali nel tentativo di esprimere puro terrore, e cambi canale - no, aspetta, non hai cambiato tu canale perché non ce l’hai, il telecomando: è stato Jensen, che ora soffoca uno sbadiglio mentre fa zapping e tu t’incanti a guardare lui, in effetti, le sue labbra lievemente imbronciate e gli occhi verdi e in generale il suo viso illuminato assurdamente dal riverbero azzurrino del televisore. Alla fine lo vedi sorridere, o meglio, fare una smorfia stronzissima e incredibilmente soddisfatta. Ha smesso di saltare di canale in canale ogni quattro secondi e allora ti volti ancora verso il televisore, per cercare di capire cosa lo abbia compiaciuto così tanto: non riesci a reprimere un gemito straziato quando ti riconosci, vestito di bianco e magrissimo e in punto di morte, abbracciato da una bionda in lacrime.
“Che palle, Jensen, perché mi fai questo?” brontoli, e butti giù un sorso infinito di whisky direttamente dalla bottiglia, anche se non ti basterebbe tutto l’alcol del mondo a reggere una maratona di Grey’s Anatomy, davvero. Jensen, accanto a te, ridacchia ancora, e tutto il divano trema leggermente per il modo in cui scuote le spalle.
“La parte del morto ti viene particolarmente bene,” commenta, dopo un po’ che Izzie si dispera sul tuo cadavere, e tu, di nuovo, rantoli una bestemmia. Stavolta lo schiaffeggi pure, e lui incassa il colpo e ride.
“Stai cercando di fare lo spiritoso, ragazzino?” chiedi, la voce che si indurisce attorno agli angoli, assomigliando, nel cipiglio sottilmente severo, a quella di John Winchester. Jensen rabbrividisce visibilmente, e ti guarda con gli occhi enormi e liquidi e la bocca lievemente aperta. Hai praticamente un film porno accoccolato sul divano accanto a te.
“Vabbè, come vuoi tu,” sghignazza, senza schiodarti lo sguardo da dosso neanche per un attimo, e quella è la sua mano che ti accarezza distrattamente una coscia? Sì, lo è, Gesù, Jensen proprio non sa in cosa si sta gioiosamente tuffando, vero? Ragazzino imprudente. “La smetto, la smetto.” E bellissimo, non dimentichiamo bellissimo.
“Ecco,” e non intendevi dirlo così piano, praticamente in un ringhio, ma è così che ti sfugge dalle labbra, e a stento ti trattieni dal sorridere quando Jensen trattiene il fiato, stupito ed eccitato e non riesci a capire quanto stia recitando e quanto invece sia genuinamente sorpreso dalla voglia che ti solleva dal divano e ti spinge a schienarlo sul divano e divorargli la bocca, ma, davvero, non t’importa. È passata una vita dall’ultima volta che ti si è concesso così, tranquillamente e aperto e caldissimo sotto le tue dita, è passata una vita dall’ultima volta che hai avuto modo di premerti pienamente sul suo corpo e sentirlo gemere perché al bastardo piace sentirsi soffocare dal tuo peso, dalle tue spalle, dal tuo respiro nella sua bocca.
“Jeff,” miagola, offrendo il collo ai tuoi denti e ha una moglie, dovresti pensare; dovresti evitare di lasciargli segni evidenti e ingiustificabili ma come fai a trattenerti quando la sua pelle è morbida e prega per essere torturata? Non puoi, ecco, e Jensen, dal canto suo, nemmeno ti invoglia a trattenerti, perché spalanca le gambe e ti affonda una mano tra i capelli e ti si spinge addosso nervosamente ed è un invito a nozze, è un permesso scritto in rosso sangue lungo i pilastri bianchi della Space Needle, Cristoddio, e tu sei già lì ad approfittarne perché sei ubriaco, perché non sei mai stato un ragazzo educato e Jensen te lo saresti preso comunque, permesso o non permesso.
Gli mordi il collo e risali fino all’orecchio, lo senti gemere e sorridi sulla sua pelle mentre si sbottona la camicia e ti sfila la felpa quasi tremando, cercando i tuoi occhi e implorandoti e ora sei assolutamente sicuro che stia recitando la parte del ragazzetto inesperto, ha le labbra piegate in quel modo che è sempre e soltanto Dean Winchester e ti sta bene, tutto sommato, perché quando fa così puoi usare un po’ di forza e Jensen non si oppone, prende tutto quello che hai da dargli e probabilmente ne avete bisogno entrambi più di quanto vorreste ammettere, perché è passata una vita, dall’ultima volta.
Brontoli parole senza senso contro la sua clavicola magra, ha perso peso, di nuovo, te ne accorgi quando gli tocchi il petto con i palmi delle mani e senti il profilo delle ossa. Segui con la bocca la linea dritta del suo sterno, sorridi quando la sua pelle si arrossa per la ruvidezza della tua barba e ti fermi a giocare col suo ombelico, facendogli impazzire i fianchi, ma ti basta un braccio per bloccarlo contro il divano.
“Ogni tanto mangi, ragazzino?” gli chiedi, mordicchiando la pelle delicata attorno all’ombelico, e Jensen geme e si torce sotto di te prima di mugolare una risposta incoerente. “Non ho capito,” gli dici, risalendo di colpo e baciandolo a fondo e senza fretta, strappandogli il respiro. Jensen non perde tempo e stringe le dita alla tua cintura, la sbottona e poi ti slaccia anche i pantaloni, lasciandoti in mutande: ti guarda, si morde un labbro e Dio, potresti seriamente venire semplicemente così. Soffochi una risata quasi isterica contro l’angolo della sua bocca, lo senti sorriderti contro, soddisfatto.
Ti allaccia le braccia attorno al collo e si lascia spogliare, sollevando i fianchi dal divano per permetterti di sfilargli i pantaloni. Accarezzi con deliberata lentezza la curva soda del suo fondoschiena, godendo del suo brivido lunghissimo e del modo in cui s’inarca completamente per venirti incontro, e poi lo risospingi giù, baciandolo ancora, solleticando, con i polpastrelli, la punta del suo sesso. Jensen geme piano nella tua bocca, allarga le gambe più che può per lasciarti quanto più spazio possibile e vorresti dirgli che non ce n’è bisogno, che sei a posto così, ma c’è qualcosa di incredibilmente delizioso nel guardarlo offrirsi in questo modo e un po’ di più, perciò decidi di non essere gentile e lasciarlo fare, anzi, premi una mano contro l’interno morbido della sua coscia e la spingi ancora contro lo schienale del divano, spalancandolo fino a strappargli un sibilo di dolore. Nondimeno, Jensen viene incontro al tuo tocco e alla tua bocca e chiude gli occhi.
“Toccami,” chiede, in un bisbiglio roco e quasi timido e ti piace immensamente il modo in cui ha deciso di essere tuo, stanotte - ti piace che si arrenda ma voglia e se ne vergogni ma non incredibilmente, quel tanto che gli basta a sfuggire ogni tanto il tuo sguardo senza che debba smettere, però, di farti, di tanto in tanto, quel sorriso coglioncello che è uno spettacolo indecente e andrebbe messo sottochiave ed ecco, ecco, adesso che strofini un pollice contro la sua erezione e lui muove i fianchi in modo da premersi contro di te siamo davvero a posto.
Non hai bisogno di altro, se non la pelle di Jensen contro la tua: il modo in cui il suo sesso turgido struscia col tuo e ti fa rabbrividire, i suoi gemiti soffici contro la tua gola ispida di barba e le sue dita strette alle tue spalle. Seguite un ritmo cadenzato e lento in un modo che sarebbe cattivissimo, perché ti bruciano i lombi per la voglia che hai di strofinarti addosso a lui con tutta la foga di questo mondo, ma è così, con questa calma che fate le cose, sempre - senza nessuna ragione particolare, se non il fatto che potete permettervelo, e sarebbe da stupidi ignorare l’unico momento il cui il tempo non vi è continuamente addosso.
Jensen, però, ad un certo punto cede, e con uno scatto di reni quasi si ripiega su se stesso e ti ritrovi a premere contro la sua apertura strettissima e congestionata e sarebbe malvagità spicciola, ora, premerti dentro di lui, ma come fai a non muoverti, se è lui stesso a venirti incontro? Come fai a pensare che gli farai un male indecente, che sarebbe meglio prenderlo a frustate sulla schiena, a questo punto - come fai a pensare al preservativo che non hai, ai cuscini che si macchieranno e come lo spiegherai alla signora delle pulizie, al fatto che, Jeff, dovresti davvero, davvero, davvero prepararlo almeno un po’?
Facendo leva sul divano per non precipitargli addosso, più piano che puoi lo prendi, sperando freneticamente che quel poco di seme che ti bagna tra le gambe sia sufficiente perché Jensen non crepi, non si spezzi, non- ma a giudicare dai suoi che fa, ti stai preoccupando troppo, e allora azzardi una spinta più decisa e lui grida, apertamente di piacere, e puoi seppellirti in lui liberamente, e guardarlo mordersi le labbra e sgranare gli occhi, arrossire e aggrapparsi a te perché gli piace, gli piace troppo.
“Jensen,” mormori, leccandogli il collo e poi chiudendo gli occhi quando lo senti ondeggiare i fianchi e stringersi ancora attorno al tuo sesso. “Jensen,” e diventa presto una preghiera, perché è una preghiera il modo in cui ti muovi dentro e fuori di lui, lasciandoti ingoiare e liberare e Dio, Dio, è così fottutamente stretto che quasi sei contento che sia passata una vita dall’ultima volta. Dall’ultima volta. Cerchi il sesso di Jensen tra i vostri corpi, anche se la frizione contro il tuo addome sarebbe sufficiente, e ti basta toccarlo per un attimo perché lui perda il controllo e venga quasi violentemente, teso come una corda di violino contro di te, e tu hai la netta sensazione di essere svenuto, seguendolo nell’orgasmo, fosse anche solo per un attimo, perché quando riapri gli occhi, soddisfatto e stanco e contento, ti ritrovi su di lui senza riuscire a ricordare il momento in cui le braccia hanno smesso di sorreggerti. Jensen ti pettina distrattamente i capelli sulla nuca, senti il suo sorriso da gatto su una tempia e sai già cosa sta per dire prima ancora che prenda il fiato necessario.
“Ti preferisco decisamente, quando non sei morto,” borbotta, e tu gli tiri un pugno contro una spalla perché, andiamo, sono cose da dire?, e poi chiudi gli occhi e pensi che un pisolino non ti farà male.
Alla tivù, Izzie sta ancora frignando al tuo capezzale, e tu non respiri più da un pezzo.

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