Fic: Desire swallows up my pride

Nov 24, 2010 20:23

Titolo: Desire swallows up my pride
Autore: el_defe
Beta: lisachanoando
Fandom: RPF Calcio
Personaggi: Nicolás Burdisso, Daniele De Rossi (... e la Sensi. /o\)
Rating: 18+
Warning: slash, PWP, e qualcosa che qui non metterò per non spoilerare.
Conteggio Parole: 2.014 (FDP)
Note: Voglio bene alla mia lisachanoando. Basta? ♥
Intro: E arrendersi alla curiosità di guardare oltre la porta del futuro.
Disclaimer: Nulla è accaduto, tranne l'inevitabile, e comunque sia non ci guadagnerei niente e non avrei pretese di realismo neppure se fosse tutto vero. Grazie a un frammento della mia infanzia che ritorna in auge - la sempre più trasparente Ellis-Bextor - per il titolo.


Desire swallows up my pride
«Signora Se-»

«Eh no, Daniè, eh?» La presidente della società lo ferma con un cenno garbato ma risoluto, che non fa che ribadire quanto succede nelle stanze del potere, stanze che dovrebbero essere inaccessibili ai più ma i cui argomenti di discussione puntualmente sono resi noti a chiunque abbia accesso a un microfono, un registratore o anche solo alle famigerate “fonti interne”. «Ti ho detto già ieri e tutti i giorni di questa settimana che se ci sono novità sarete i primi a saperlo, ma per cortesia, cominci ad assillarmi.»

«Non intendevo essere invadente, mi dispiace. È solo che...»

«Sì, sì, è solo che ci tieni alla Roma e che pensi che Nicolás sia un acquisto da fare, sarebbe il completamento di una difesa perfetta eccetera. Lo so. Me l’hai ripetuto tutti i giorni da quando il ragazzo è tornato a Milano.» La Sensi passa una mano tra i capelli madidi di sudore per la calura infernale che soffoca Roma (l’Italia, l’Europa e l’universo) e la lascia senza fiato, e nonostante la stanchezza gli rivolge un debole sorriso. «E tu sai che lo penso anch’io, più o meno per gli stessi motivi.»

Daniele si gratta nervosamente un angolo della bocca, strofinando l’indice sui peli ai lati delle labbra.

«E comunque si può sapere perché hai gettato via tutte le lamette?»

«Anche lei sta ripetendo domande già fatte, signora.» Negli occhi azzurrissimi di Daniele brilla un lampo di divertimento e il sorriso si allarga abbastanza da scoprire i denti, al punto che la presenza della barba non gli dà un’aria più matura - semmai, è quasi infantile. «Sa cosa succede quando ti senti dire “ti sta così bene”... sotto le coperte, no?»

L’espressione aggrottata della Sensi, che, fino a un istante prima, cercava di ricordare quando gli avesse chiesto della barba - nella lista delle cose che più odia, dimenticarsi di qualcosa non è in pianta stabile tra le prime posizioni soltanto perché “fare il giocoliere con l’estratto conto della società”, “litigare con Maurizio che non azzecca più un taglio di capelli decente” e “avere a che fare con i vertici della Lega” si scambiano con successo i posti del podio come in un perverso gioco della sedia senza vincitori né vinti - si scioglie in un sorriso meno sfibrato e più genuino. «Sono fuori fase. Sa Dio quanto avrei bisogno di una vacanza.»

«C’è sempre l’opzione weekend al mare, prima che diventi impraticabile. Domenica è Ferragosto.»

«È un modo per chiedermi una giornata di permesso questo sabato con la tua bella?»

«Forse» risponde, con un sorrisetto più marcato che mai.

~

«Nessuna nuova, buona nuova.» Daniele tiene il telefono schiacciato tra l’orecchio e la spalla mentre chiude l’ultima finestra e si rassegna ad accendere il condizionatore. «Prima o poi si arrenderanno.»

«Non lo so.»

«Ehi. Cos’è questo tono sconfortato?» Si butta sul letto ancora sfatto, cercando sollievo nel soffio tiepido che proviene da sopra la sua testa. «Andrà tutto bene. Vengo fino a Milano a prenderti, se non risolvono.» Sorride d’istinto alla risata di Nicolás - gli verrebbe da dire risata argentina, se non fosse un luogo comune terribile, tanto è nitida anche per telefono - e si accarezza la barba, prima di continuare. «Che fai di bello?»

«Ero sotto la doccia fino a due minuti fa. Tra allenamenti, trofeo Tim e Dio sa cos’altro, resterò da solo fino a Ferragosto... pensavo di passarlo a Ostia con Maria e i bambini.»

«Sarebbe bello» concorda Daniele, trattenendo a fatica la fitta di desiderio della sua mente che si sposta dall’immagine di Nicolás con l’accappatoio semiaperto sul davanti a quella che lo vede sulla spiaggia, di spalle, le mani sui fianchi a guardare una vela all’orizzonte e la stoffa bagnata del costume che aderisce al sedere. «Non credevo che mi saresti mancato così tanto, Nico.»

«È una dichiarazione d’amore?» ridacchia piano dall’altra parte della conversazione.

«Può darsi.» Trae un sospiro, accarezzandosi pigramente i pantaloncini. «Anche se ora non è che muoio dalla voglia di fare la corte a qualcuno.»

«No. Tu muori dalla voglia di scopare. E anch’io.»

Daniele ghigna. «Non so se sono io che sono prevedibile, o se sei tu che mi conosci bene.» Silenzio dall’altra parte. «Ci sei?»

«Ci sono, Dani, aspetta.» L’attesa si fa preoccupante, almeno tanto quanto si fa urgente la voglia di Daniele di soddisfarsi da solo. «Qui. E se non hai già cominciato, aspettami.»

«Cosa?»

«Lo so cosa vuoi fare. Posso sentirti?»

Daniele si ferma con la mano per metà nei pantaloncini. «Mi stai chiedendo di... Be’. Devo ammettere che è una cosa che mi manca» ridacchia. «E ho paura di chiederti quand’è che l’hai fatto prima.»

«È una cosa che ci tieni così tanto a sapere?» Daniele sente il rumore di un tasto premuto dall’altra parte, e la voce di Nicolás si fa più soffocata. «Vivavoce.»

«Non mi va di fare troppo rumore.»

«Tu non ne fai» gli ricorda, conciliante. «Dimmi cosa fai, se ti va, ma mi basta anche sentirti respirare.»

Daniele tiene il cellulare accanto al collo anche se ha attivato anche lui il vivavoce, e rallenta all’istante il suo tocco quando sente il suo respiro cadenzato che gli ricorda che gli piace prendersela comoda, sempre, anche quando il tempo è poco e la voglia è immensa. «Sto andando piano.»

«Bravo» mormora Nicolás, lasciando andare un gemito sottilissimo poco dopo. «Mi manchi anche tu,» dice, «da solo non è la stessa cosa. Voglio sentire te, non le mie dita. Voglio stare con te.» Un gemito più forte. Daniele realizza, deglutisce, apre la bocca improvvisamente secca e inghiotte sorsate d’aria improvvisamente più fresca, come dopo un’apnea. Aumenta appena il ritmo. Ha la tentazione di seguire Nico anche adesso, ma si irrigidisce appena sente il suo stesso dito sfiorare l’interno del gluteo, e desiste, dedicandosi ai suoi ansiti e a quelli che sfuggono dalla propria gola fino a quando l’orgasmo non scorre lungo le nocche della sua mano, più rovente dell’aria nuovamente insopportabile. Dall’altra parte dell’Italia, con un gemito forte - un nome, il suo - anche Nicolás gode.

~

Ci sono più ombre che mai sul ritorno di Nicolás a Roma, Guillermo è a Trigoria da meno di una settimana e sono già due giorni che gira con una faccia più che scura, la Sensi è impelagata in virtuosismi di bilancio così azzardati che non si capisce se finga o faccia sul serio quando dice di essere con l’acqua alla gola (e, considerando che non vede uno stipendio da settimane, Daniele propende per la seconda ipotesi) e, quel che è peggio, girano voci di venti torinesi («Porca miseria no, tutto ma non alla Juve, resta a Milano o vai a Firenze o- sono disposto anche a vederti da quei burini laziali pur di rivederti.» «Non ti sembra di esagerare? E comunque se non c’è un’offerta seria...» «Ci sarà. Deve esserci.») e fa più caldo che mai - eppure a Daniele non importa. Non può importare se il sapore della salsedine e della pelle sulla sua lingua non è più frutto di immaginazione e ricordi, ma di un morso neanche troppo trattenuto che lascia Nico senza fiato (e un segno sul suo petto che Nicolás dovrà giustificare in qualche modo, visto che passerà un altro giorno al mare e non può certo restare sotto l’ombrellone con la maglietta per tutto il tempo), e non può importare se soltanto strofinarglisi addosso, senza neppure togliersi i jeans, lo manda fuori di testa al punto da fargli smozzicare una richiesta altrimenti impossibile.

«Scopami» borbotta, tirandoselo dietro sul letto e schiacciandoselo contro per baciarlo sempre più profondamente, mentre lui sbottona i pantaloni di entrambi.

«¡Espera!... Aspetta» ripete, rendendosi conto di aver parlato istintivamente in spagnolo e guardandolo negli occhi. «Hai detto “scopami”?»

«Ho detto “scopami”. E non voglio ripeterlo un’altra volta.» Daniele lo bacia sulle labbra, incurante della sua espressione attonita. «Quindi dimmi cosa-»

«Aspetta» ripete, a voce più bassa; gli sfila i pantaloni e i boxer e si spoglia a sua volta, prima di aiutarlo a girarsi sulla pancia e accarezzare in punta di dita la schiena che dalle spalle si restringe in una curva appena intuibile nella penombra. Daniele non può vederlo, ma sente il fiato caldissimo di Nicolás che si chiude in un bacio alla fine della spina dorsale, lì dove si unisce al sedere, e sente il contatto umido della sua lingua che lambisce l’interno delle sue natiche, strappandogli un gemito che non credeva neppure di poter gridare.

«Oh, Dio» mugola mentre Nicolás insiste a stimolarlo così, dimenandosi piano per le scosse di piacere che sono così forti da annebbiargli i pensieri; non ha neppure il tempo di provare fastidio per il dito che prende il posto della sua lingua, perché all’improvviso da quel tocco leggero, languido e terribilmente intrusivo scocca una scintilla e i pensieri di Daniele non sono annebbiati, cessano definitivamente di esistere.

«Vuoi farti sentire da tutto l’albergo?» sussurra una voce lontanissima da qualche parte, inequivocabilmente divertita, ma Daniele non riesce neppure a mettere insieme una risposta che non sia un mugolio senza capo né coda che si alza e si abbassa seguendo il dito di Nicolás che scivola dentro e fuori, toccandolo ancora lì dove riesce a mandarlo di nuovo in blackout - il dito? due dita - o un ancora più sconclusionato, e indecente, «Ancora.»

Nicolás lo accontenta, spingendo le sue dita fin dove può, fin quanto gli è possibile, muovendosi dentro di lui nel modo che più sa che può appagarlo e insinuando una mano tra il materasso e il corpo di Daniele, madido di sudore, elettrizzato da ondate di piacere violente che non riesce a spiegarsi. (Non che la cosa gli interessi, perché il fastidio diventa una cosa trascurabile anche quando le dita sono tre e un pensiero sopravvissuto vaga nella sua testa, non ci entrano mica, tre dita.)

«Nico» geme ancora, soffocando il suo respiro contro il cuscino quando, con un ritardo considerevole, si rende conto di quanto possa sembrare indecente un richiamo del genere; Daniele digrigna i denti e stringe il lenzuolo quando Nicolás comincia a penetrarlo, in attesa di un dolore che non arriva - la scossa, quella sì, arriva ed è splendida e cazzo, senti tutto questo quando ci sono io al posto tuo, Nico? Perdi la testa così quando-

«Perché» ansima, cercando di trovare la voce negli intervalli tra le sue spinte leggere e puntando ginocchia e mani sul materasso per tentare di voltarsi, «non mi hai detto tutto questo?»

«Tutto cosa?» mormora Nicolás, la voce roca e spezzata dal suo stesso desiderio - l’erezione di Daniele, dolorosa nella stretta sicura dell’altro per lo sfogo negatole per tanto tempo, ha un guizzo notevole - e da qualcosa che potrebbe sembrare un’imprecazione, ma che non riconosce.

«Tutto questo» mugola, sentendo avvicinarsi l’orgasmo. «Io non ho mai fatto così. Ti ho sempre scopato un po’, ecco...»

Nicolás non risponde; prende a masturbare Daniele con tanta velocità da lasciarlo spiazzato, diviso tra le spinte più irregolari ma sempre gentili e decise e il movimento frenetico della sua mano che presto accoglie il suo piacere (deve aver urlato, contro quel cuscino), e poco dopo Daniele lo sente imprecare di nuovo e irrigidirsi dentro di sé, tremante. Solo quando si accascia al suo fianco - sudato, stravolto, macchiato di lui eppure indiscutibilmente felice - risponde a quella domanda inespressa.

«Io ti voglio così come sei. Godo quando hai voglia di darmi soltanto una mano perché mi piace, e godo quando mi sbatti contro il muro e me lo metti dentro senza neanche disturbarti a prepararmi per bene perché mi piace.» Daniele scoppia a ridere al suo discorso, apparentemente dolce e innocuo se non fosse per ciò che ha effettivamente detto, ma Nicolás non ci bada. «E non sopporto di non poter decidere di stare a Roma, o da qualche altra parte. Ho risposto alla tua domanda?»

«Forse.» Daniele lo abbraccia di fianco, appoggiandosi a lui. «E tutto questo - il sesso al telefono, questo di stasera, tutto... Non hai avuto qualcuno, a Milano? Per imparare tutto questo?»

«Mmm.» Si schiarisce la voce un paio di volte. «Forse. Ma non è qualcosa che si insegna, no? È istintivo.»

«Vuoi sapere cosa mi dice l’istinto, allora?»

«Aha.»

Daniele ghigna, molto più simile a se stesso di quanto non lo sia stato da quando Nicolás ha fatto le valige ed è tornato a Milano, e gli stringe un polso tra le dita. «Rifacciamolo.»

FINE

fic » fandom » sportivi » calcio, fic » people » nicolas burdisso, fic, fan » el_defe, fic » people » daniele de rossi

Previous post Next post
Up