Fic: Smile like you mean it

Nov 13, 2010 19:05

Titolo: Smile like you mean it
Autore: ary_true
Beta: Nessuno D: Fatemi notare eventuali errori madornali, vi prego.
Fandom: RPF - ACF Fiorentina ♥
Personaggi/Pairing: Adrian Mutu, Alberto Gilardino (Non hanno un nome shippico perché gli incroci sono troppo brutti ♥)
Rating: PG
Warning: slash
Word Count: 581 (fiumidiparole♥)
Disclaimer: Lies, lies, lies.
Note: Questa sono io che tento di scrivere drabble & che mi dimentico di cosa scrivo.
Non ho voglia di aggiungere altro, fondamentalmente perché sono in un periodo di scazzo-da-relazioni-interpersonali.


È da quando si sono sistemati nel tunnel che Adrian gioca con l'orlo della sua maglia; Alberto lo osserva in silenzio, le labbra strette in una linea tesa e le sopracciglia lievemente aggrottate, semplicemente studiando il movimento tremulo delle sue dita che arrotolano la stoffa e poi la rilasciano e poi la stringono forte, quasi tentassero di aggrapparsi a quel candore per trarne una qualsiasi sicurezza, nel tentativo di capire se c'è qualcosa che dovrebbe dire o fare in quel momento, per lui.
Nove mesi sono un sacco di tempo, in fondo. Nove mesi sono il tempo che gli c'è voluto per conoscere e amare Ginevra prima ancora di stringerla, nove mesi sono il tempo di una vita (bastano a crearla e a distruggerla), in realtà, e anche se razionalmente sa che se li è meritati, perché è una testa di cazzo e uno stupido ingenuo e un disastro ambulante, be', è Adrian: e tanto basta a giustificare tutto, anche quell'impulso d'inaspettata attenzione e gentilezza.
Solleva lo sguardo fino a piantarlo sul suo viso, sulla testa bassa e il labbro che stringe tra i denti, sulle narici dilatate dai respiri superficiali e gli occhi stretti con tanta convinzione da farlo sembrare un bambino, e per un momento tutto sembra assurdamente ridicolo e divertente, perché lui non ha mai avuto paura del campo, maimaimai, neanche da ragazzino, neanche quando si giocava qualcosa di più dei tre punti in una piazzetta come Catania, e quindi, insomma, sembra quasi una parodia di se stesso; e magari in un altro momento della loro vita questa cosa sarebbe stata davvero uno spasso, roba da ridere fino alle lacrime, e Alberto lo avrebbe fatto e gli avrebbe scoccato sul muso qualche battutina non troppo educata o politicamente corretta e Adrian lo avrebbe mandato a 'fanculo, ma non adesso. Non quando le cose non sono più come prima per un sacco di motivi (perché stanno invecchiando, perché non è più solo un gioco, perché a quella gente che li guarda e che li segue devono qualcosa di più che a tutti gli altri tifosi che li hanno sostenuti in passato), non quando percepisce così perfettamente la tensione del suo corpo, l'incertezza e l'ansia che lo bloccano sul posto, non quando sente quella tenerezza e il desiderio di abbracciarlo, anche solo per un secondo, bruciargli la pelle tanto da far male.
E quindi si allunga verso di lui, a stringergli quasi con dolcezza il polso sottile, il pollice che scivola fino ad accarezzare il profilo del suo osso più sporgente, l'indice e il medio che si fermano sulla pelle liscia dell'interno, sotto la quale possono sentire il battito impazzito del suo cuore; e spera che quel gesto basti a entrambi: ad Adrian, per ricordargli che sono una squadra e una famiglia e non deve aver paura di niente, neanche di se stesso (tantomeno di se stesso), perché tutti sono pronti a rimetterlo insieme sempre e comunque, e a se stesso, per ricordarsi che in quel momento quello è il massimo che può fare e avere da lui.
A quel punto non si volta, e tiene fieramente lo sguardo fisso davanti a sé: però, nonostante tutto, lo sente lo stesso. Sente il modo in cui si rilassa tra le proprie dita, il respiro profondo che libera svuotandosi tutto, il suo sorriso che gli scivola addosso, piccolo e segreto e ancora un po' teso, ma di una tensione diversa, nota.
E quindi, semplicemente, lo stringe più forte, tirandoselo dietro (contro), e sorride a sua volta.

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