Titolo: No Puedo Vivir san Ti
Autrice:
estuve Traduttrice:
loveispossible Beta/Pre-lettori:
ary_true ♥
Fandom: RPF - Nazionale Spagnola.
Personaggi: Sergio Ramos/Fernando Torres (Sernando ♥), leggermente implicati Raul Gonzalez/Fernando Morientes .
Rating: PG13
Word Count: 1,636 nella versione originale, 1,578 nella traduzione.
Link alla storia orginale:
QuiNote 1: Ambientato nel 2007, quando Fernando se ne va.
Note 2: Questa fic l'ho letta un sacco di volte nella versione originale e ad un certo punto (molto tempo fa) ho deciso di tradurla, è così triste e solitaria che mi ha fatto male leggerla, adoro la consapevolezza di Sergio ma insieme la sottile linea di speranza alla quale non riesce a rinunciare nemmeno nelle ultime righe. Gli ultimi due paragrafi sono stati il mio incubo per molto tempo, perché ogni volta che mi mettevo a tradurli mi creavano un fastidio fisico difficile da spiegare, e per un sacco è rimasta incompleta nel mio pc. Oggi finalmente vede la luce anche grazie a quel tesoro che è la
ary_true che mi ha dato una mano betandomela e dandomi consigli.
Quindi è per lei soprattutto, per tutti quelli che li amano, e per tutti quelli che amano
estuve e il suo modo di scrivere, che spero di essere riuscita a rendere almeno in parte anche in italiano. ♥
Niente è lo stesso dopo che Fernando se ne va.
Sergio esce dall’aeroporto sentendosi come se non dormisse da un’eternità, una pesante sensazione di rimorso nello stomaco. Cammina fino a casa sua, con il bisogno di restare in giro, in mezzo al trambusto, perché essere lasciato da solo con i suoi pensieri adesso potrebbe davvero ucciderlo. E si sente sbilanciato (senza Fernando), come se il mondo si fosse scomodamente inclinato.
Non ricorda di aver mai pianto così tanto, le lacrime che semplicemente continuano a scendere e sa che non dovrebbe sentirsi così dannatamente infelice, ma non può farci nulla. Guti cerca di consolarlo proponendogli un giro al bar della zona per dimenticare i suoi problemi. Ma lui declina e va invece al negozio di liquori. Si serve e due volte più velocemente si confina nella sua stanza dove nessuno può vederlo andare in pezzi.
E va avanti così.
I giornali scandalistici sparsi per il tavolo della sua cucina raccontano quello che sta accadendo, il volto di Nando che gli sorride. C’è una sua foto con Olalla, capelli lunghi e denti perfetti scoperti da un ghigno; lei è vestita in maniera elegante e appropriata. Sergio pensa che sia carina, che sia giusta. Perfetta. Perfetta per Fernando Torres, ecco. Al contrario di lui, perché Sergio non sarà mai (e poi mai) perfetto per Fernando Torres. Naturalmente.
Lui e Fernando non ne hanno parlato. Nuova vita, nuove aspettative. L’altro stava soffocando a Madrid, e sebbene Sergio potesse vederlo non aveva idea di come aiutarlo senza spezzare il suo stesso cuore nel processo. Fa male vederlo andare via, ma fa più male vederlo restare, decide nel momento in cui Fernando glielo dice. Ma, comunque. Il silenzio imbarazzante continua a risuonargli nelle orecchie anche molto tempo dopo la chiamata che gli fa per dirgli “Me ne vado” (e “Credo che questo sia il modo migliore per dirci addio” dopo che Sergio aveva detto “E io non mi merito un addio speciale?”). E forse Fernando è stato un po’ egoista, ma cercava solo di provare che era ancora umano, che era ancora lo stesso ragazzino di qualche tempo fa, quando i suoi sogni riguardavano solo -il calcio.
Sono migliori amici, e lo saranno sempre, a Sergio piace pensarlo. Ma non può farci niente se sente. Qualcosa di più. E va sempre così, vero? Uno prova qualcosa più dell’altro, uno si innamora di più. A volte è carino, quando sei capace di dire alla persona che ami che la ami. Sergio vorrebbe poterlo dire, Ti amo. Niente frasi ricercate perché so che non ti piacerebbero, semplicemente - Ti amo.
Ora invece pensa di essere l’unico a dover sacrificare una piccola parte di se stesso ogni giorno. Pensa di essere l’unico che soffre e soffre e ancora soffre senza ricevere mai niente indietro. Torna dagli allenamenti, si sdraia sul divano e recupera uno di quei giornaletti scandalistici dalla pila sul pavimento. Qualche tempo dopo ci sono dei forti colpi alla porta prima che Raúl entri. Sergio si maledice per non aver chiuso a chiave, pensa di essere così stupido da non essere in grado di fare nemmeno quello per bene. Non alza lo sguardo su di lui quando questo si siede ai suoi piedi e gli dice “Starai bene, vedrai.” Sergio vorrebbe dire, come cazzo fai a saperlo? Vorrebbe dire, non sai cosa significa per me. Vorrebbe dire, stava soffocando mentre era qui, ma io sto soffocando ora senza di lui. Invece dice, “È così -” Si ferma quando la sua voce trema e si schiarisce la gola, decidendo in quel momento che non avrebbe mai più pianto per Fernando. “È solo così fottutamente difficile, Raúl.”
Raul sospira. E dice. “Lo so.”
Sergio alza lo sguardo su di lui. “Davvero?”
Questo gli fa un sorriso triste. “Non sei l’unico ad aver perso qualcuno per Liverpool, sai.”
Quindi forse tutti i cuori si spezzano ad un certo punto. Quindi forse quello di Sergio non è l’unico.
La stagione è più o meno a metà quando il telefono squilla alle due del mattino. Sergio sussurra “Sì?” e Fernando bisbiglia di rimando, “Va tutto bene?” È strano, pensa, che una voce così familiare possa suonare così dannatamente straniera e più Fernando parla, più Sergio può riconoscere un leggero accento scouse che si insinua tra le sue vocali (realizzerà più tardi che probabilmente l’ha solo immaginato).
Una settimana dopo, Fernando è fuori dalla sua porta con in mano un pacco da sei di birre e il più piccolo bagaglio che Sergio abbia mai visto.
Due ore dopo tutte le birre sono finite, l’alcool in giro per la sua cucina è stato ripulito, e loro sono stravaccati sul pavimento. Con le dita che ridisegnano casualmente i contorni del tappeto, Sergio dice “Mi manchi, lo sai.” E quello stesso silenzio imbarazzante (della loro telefonata di quando Fernando se n’è andato) è di nuovo lì, come se Fernando se lo fosse portato in giro per mesi, aspettando solo l’opportunità di sbarazzarsene. La visione della piccola bottiglia di scotch che sta tenendo delicatamente in mano è sfocata e davvero, si è ubriacato troppo, perché ora sta sbattendo le ciglia furiosamente ma le lacrime restano sempre lì, pizzicando mentre gli scivolano lungo le guance. Pensa che Fernando stia per andarsene dal modo in cui si muove e sistema un pochino più lontane le bottiglie sul pavimento.
“Lo so.” Due mani grandi lo prendono per la felpa e lo tirano su fino a che la sua schiena non è appoggiata alla base del divano. Le luci della stanza si muovono un po’, lo stomaco di Sergio brontola e Fernando dice “Non ti avevo mai visto piangere.”
Sergio ricorda una certa promessa che aveva fatto a se stesso qualche tempo fa e si chiede se piangerà per Fernando Torres per il resto della sua vita, o se prima o poi la supererà.
Fernando posiziona le sue mani ai lati del volto di Sergio, passando un pollice sotto il suo occhio, un gesto inutile che sparge solo il liquido salato sulle sue guance.
È come se non avesse mai pianto prima, guardandolo attraverso le lacrime condensate che gli attaccano insieme le ciglia. Questo gli fa per un attimo pensare che Fernando sembri in qualche modo angelico. Irreale. Ma poi ancora, Fernando sembra sempre angelico. Irreale. Stupendo.
Fernando lo stringe in un abbraccio che dovrebbe essere di conforto, ma onestamente, fa solo sentire Sergio peggio. Non riesce a ricordare l’ultima volta che ha abbracciato qualcuno. Poi viene inghiottito dal calore del suo corpo e sente il momento cambiare, appoggiando il viso contro la spalla dell’amico, con la bocca di Fernando che sfiora timidamente il suo collo. Da lì- ci sono languidi passi avanti; le sue labbra poco al di sotto della sua mascella, sulla sua guancia, poi all’angolo della sua bocca.
“Questo è il tuo modo di scusarti per essertene andato senza un vero addio?” Sergio chiede, e le mani di Fernando scivolano sotto la sua maglietta, calde sui suoi fianchi, poi si ferma.
Si tira indietro e considera Sergio seriamente, “Sta funzionando?”
Non c’è nulla che Sergio possa dire a questo, specialmente non quando le mani di Fernando si stanno muovendo ancora e lo fanno con intenzione, le dita che stringono forte abbastanza da lasciare i segni mentre bacia Sergio così brutalmente da far scontrare i loro denti. Sergio prega per una qualsiasi interruzione (non è sicuro di come la prenderà quando si fermeranno, quando Fernando se ne andrà ancora, quando sarà lasciato di nuovo da solo a Madrid, solo con i suoi pensieri) -un colpo alla porta basterebbe- ma non c’è nulla, solo il suono di Fernando che sospira quando cadono uno sull’altro.
Il ricco profumo di dopobarba sulla pelle calda è forte quando Fernando lo solleva dal pavimento, guidandolo verso il divano. Succede tutto così velocemente che Sergio ha difficilmente il tempo di analizzare la sua drammatica mancanza di esitazione, troppo distratto da dita che lavorano sui suoi jeans, labbra, denti e lingua che lavorano in rapida successione sui vari tratti di pelle esposta.
Dopo, sdraiato tra le fresche lenzuola di cotone, si finge addormentato. Lascia che Fernando tolga lentamente il braccio da sotto il suo corpo. Può sentire la presenza dell’altro su di lui, che lo guarda (è probabile), e poi c’è un bacio sulla guancia. Sergio resta tranquillo mentre Fernando cerca nel buio i suoi vestiti, non dice una parola quando sente il rumore di chiavi e il suono di bottiglie vuote che tintinnano sul pavimento mentre vengono accidentalmente fatte cadere. Apre gli occhi solo quando sente la porta di ingresso chiudersi.
C’è una parte di Sergio che crede che Fernando tornerà indietro, si rimetterà a letto e gli sussurrerà che gli dispiace ancora e ancora. Guarda i numeri rossi scintillanti dell’orologio digitale mentre il tempo passa, strizzando gli occhi per il bagliore, cercando un qualsiasi suono di passi proveniente dal corridoio fuori. Quando sono le sette, il sole filtra dalle tende scaldando la sua pelle e pungendogli gli occhi; è ancora sveglio, ed è ancora solo. La donna delle pulizie arriva e se ne va portando via le bottiglie di alcool vuote in un sacchetto di plastica pulendo quello che è rimasto mentre scuote la testa incredula. Quando va via anche lei, il telefono non suona e non ci sono inaspettati colpi alla porta, non ci sono bigliettini di spiegazione non visti. C’è solo Sergio, la luce del mattino e il paesaggio fuori dalla finestra; come se Fernando non fosse mai davvero stato lì.