Fic: E invece no.

Jun 25, 2010 23:28

Titolo: E invece no.
Autrice: waferkya
Fandom: RPF Azzurri (As Roma/ACF Fiorentina/Sampdoria)
Personaggi: Riccardo Montolivo, Daniele De Rossi, cameo di Pazzini
Pairing: Montolivo/De Rossi (ma è talmente lieve che boh, non so nemmeno se è il caso di segnalarlo XD)
Rating: PG14
Conteggio parole: 635 (W)
Prompt: abbraccio
Timeline: Lo devo pure specificare? Subito dopo Italia-Slovacchia.
Note: Riportatemi sulla retta via del Pazzolivo! *soffre* (anche perché, Rossolivo? È il nome migliore che mi sia venuto in mente in mezz'ora e non suona come una cosa seria o rispettabile, tutto il contrario!)
Disclaimer: Non mi appartiene nulla; è tutta fantasia tranne la palese cotta di Monty per DDR, quella è canon; nessuno mi paga un centesimo.
~ I commenti sono l'amore. I lurker sono il male.



~ E invece no.
Abbraccio

Fa male un po’ dappertutto, e soprattutto dentro le ossa, perché il problema nasce proprio da lì, da sotto i muscoli, dal punto esatto in cui Riccardo non è riuscito a trovare la forza di strappare il pallone e inventarsi il gol del pareggio, perché sarebbe bastato, Dio, sarebbe bastato un miracolo piccolo così. Invece no, e sia maledetto il giorno in cui qualcuno s’è svegliato e ha inventato gli invece no - avresti potuto avere le gambe ancora più lunghe e la testa ancora più dura, e invece no; avresti potuto fare un mestiere da essere umano, tipo il medico o il giornalista, e invece no.

Riccardo non riesce neppure a mettere in fila tre parole per definire questa sensazione che ha, di dolore misto a rancore e rabbia; mentre si morde le labbra, gli occhi fissi a terra perché non gli sembra che esista altro di interessante al mondo, si sente travolgere dal bisogno di prendersi a pugni fino ad annichilirsi in uno sbuffo di fumo nero. Il ginocchio destro ancora gli duole là dove Giampaolo ci ha inchiodato una mano, stringendolo in una morsa sempre più nervosa e isterica via via che la partita andava a morire - e con lei la vittoria, la qualificazione, il trionfo, la gloria, - ma non è un dolore per niente sufficiente a calmargli il respiro quel tanto che basterebbe a rendersi conto che, suvvia, era un sogno nato già male, non è il caso di disperarsi così. Invece no, non riesce a pensarci, non riesce a pensare a niente che non sia se stesso in mezzo a quel campo - un se stesso mediocre, un se stesso tristemente inutile, certamente non il se stesso che avrebbe voluto portare in Nazionale.

Si accorge di essersi morso le labbra fino a farle sanguinare solo quando Daniele gli tira su il mento con due dita e lo guarda, la fronte corrucciata non dalla patetica squalifica, ma da una perplessa preoccupazione.

“Non mi sembra il caso di lasciarsi morire dissanguato,” dice, e il suo pollice è morbido contro la bocca di Riccardo, e Riccardo non riesce - sul serio, proprio non riesce più a trattenersi, è come cercare di contenere un cavallone con paletta e secchiello, e allora si getta al collo di Daniele che lo lascia piangere, che gli accarezza la schiena, la nuca, stringendolo forte e borbottando cose incomprensibili, che però suonano bene solo perché è la sua voce, solo perché la sua barba punge contro la pelle del collo di Riccardo.

Dopo un tempo che sembra infinito, allungato a viva forza dalle grida di festa degli Slovacchi e insopportabile per il ronzare assordante delle vuvuzelas, Riccardo è più calmo e scioglie l’abbraccio - un po’ sta ancora tremando e si preme le palme delle mani contro gli occhi, come a voler ricacciare indietro le ultime due ore, magari le ultime quattro partite. Daniele, che pure si sente male da voler vomitare, e ha gli occhi gonfi per le lacrime che ancora non s’è lasciato scappare e che dovranno aspettare la doccia per venir fuori, Daniele lo guarda, dispiaciuto per lui e dispiaciuto per sé; riesce solo a stringergli un braccio e percorrergli il collo in una carezza un po’ ruvida delle sue.

Non c’è molto da dire, quando sembra che il mondo si sia messo a girare nel verso sbagliato, anzi, quando ti svegli e ti accorgi che per la verità sei tu che l’hai sempre guardato con gli occhi sottosopra, e Daniele comunque è bravo fino ad un certo punto con le parole, perciò resta in silenzio mentre Riccardo gli passa accanto e poi si perde dietro di lui. Avrebbe voluto abbracciarlo nella gioia di un tre a zero, di un ottanta a zero, avrebbe voluto urlargli nelle orecchie che sì, sì, sì, il mondo è nostro, e invece no.

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