Fic: You're like an indian summer in the middle of winter

Jun 19, 2010 02:47

Titolo: You're like an indian summer in the middle of winter.
Autore: janetmourfaaill. (lachesilie)
Beta: Nope.
Fandom: RPF - FC Barcellona/Inter FC.
Personaggi/Pairing: Daniel Alves, Douglas Maicon. (Malves. ♥)
Rating: VM18.
Warning: Slash, Lemon, Fluff.
Word Count: 2047.
Disclaimer: Non è vero niente, il mondo è rosa.
Note: Tutto è nato da questo twit di lisachanoando, durante la visione di una penosissima Spagna-Svizzera su cui eviterò accuratamente di pronunciarmi. Ad ogni modo, si sa che tra Pepsi e Coca Cola c'è rivalità e niente, fa caldo, uno ha sete, deve pur bere qualcosa, e c'è gente che si pone il problema. Non chiedetemi come mai io abbia associato questa cosa alla Malves, chiedetemi invece come sia possibile che non l'abbia fatto prima, essendo questo un periodo in cui qualsiasi cosa mi fa pensare al Malves.
Credits a Katy tiodio Perry per il titolo, tratto dall'unica canzone vagamente decente della sua intera carriera, "Thinking of you". Banner amorevolmente fattomi da miss_hale, dopo tipo te ore di "sì ma starebbe meglio così" e "ma il colore non mi convince" e tante altre rogne per cui avrebbe potuto tranquillamente accopparmi, ma non l'ha fatto, perché è santa.





You're like an indian summer in the middle of winter

Daniel sorseggia la sua Pepsi, canticchiando distrattamente. Fa un caldo maledetto e lui sta sudando come mai in vita sua, la camicia blu del tutto sbottonata e dei pantaloncini che fosse per lui non sussisterebbero già da parecchi minuti; avrebbe potuto chiedere una birra gelida, come suo solito, ma stranamente è già da qualche ora che sente un'irreprimibile voglia di quel sapore dolciastro che ha la Pepsi, un po' appiccicoso, e quindi non ha resistito a ordinarne una con un sorrisone bambinesco in viso nemmeno fosse andato a comprarsi la consueta rivista pornografica settimanale - non consueta per lui, ormai da un po' di tempo, ma insomma.
Inspira profondamente quell'aria pesante e sente la testa girargli un po', mentre beve un altro sorso e poi prende a giocherellare con la linguetta della lattina, come faceva quand'era piccolo. Ripete tutto l'alfabeto e al secondo giro la linguetta si stacca alla lettera “d”, facendolo sorridere. Se la rigira tra le dita, sovrappensiero, non facendo caso all'uomo che gli si siede di fronte sogghignando apertamente e scuotendo il capo. - Ma quando la pianterai di bere quella merda? - Daniel alza lo sguardo e incontra gli occhi vispi di Douglas che lo osservano con divertito disprezzo, resi più brillanti del solito da un sorriso quasi più infantile del suo.
- Io bevo un po' quel che mi pare. - Daniel fa una smorfia, ignorando la sua sonora risata e il colpo deciso del suo bicchiere di Coca Cola sul tavolo. - E poi la Pepsi è la schifezza più buona del mondo. - Ne beve un altro po', annuendo convintamente e fissandolo con gli occhi ridotti a fessure, quasi per sfidarlo a dire il contrario. Douglas inarca un sopracciglio pur non smettendo di sorridere, prima di bere un buon sorso dal suo bicchiere e scuotere mestamente il capo, sospirando. - Ma per favore, la Pepsi è una schifezza e basta. È da viziati. - Si sistema per bene sulla sedia distendendo le gambe e slacciandosi due bottoni dalla camicia, accaldato.
- ...Stai scherzando, spero. - La voce di Daniel è quasi allucinata, mentre lo fissa allibito e stringe la presa attorno alla sua lattina gelida. - Assolutamente no. Sono serissimo. - Douglas poggia di nuovo il bicchiere con tranquillità, incrociando le braccia e fissandolo attentamente, un sorriso in tralice sul viso. - Stiamo parlando di un sapore originale, fresco, in confronto alla sua mera e insulsa copia. Non si può crescere un bambino facendogli bere Pepsi, andiamo, è diseducativo. Va contro qualsiasi moralità, è come insegnargli a disprezzare Babbo Natale. - Daniel spalanca la bocca ma non emette alcun suono: rimane a fissarlo, sconcertato, mentre l'altro scoppia ancora a ridere. Gli tira un calcio negli stinchi che però pare divertirlo ancora di più, prima di rispondergli a tono, piccato. - Io sono cresciuto con la Pepsi e ne vado assolutamente fiero. E tu sei un coglione. Che cazzo c'entra Babbo Natale? -
Douglas si asciuga una lacrima all'angolo dell'occhio, prendendosi qualche secondo per rifiatare. - Babbo Natale beve Coca Cola, lo sanno tutti. Se dai da bere Pepsi ai tuoi figli, che razza di padre sei? Che futuro pretendi di dare loro? Li traumatizzi, te lo dico io. - Daniel alza gli occhi al cielo finendo di bere in un sorso e sbattendo la lattina sul sottobicchiere. - Babbo Natale non esiste, idiota. -
- Questo lo dici tu. - Douglas aggrotta le sopracciglia, serio. - Vallo a raccontare a un povero bambino che cresce bevendo da una squallida bottiglietta di Pepsi, umiliato, affranto dalla consapevolezza che Babbo Natale non gli porterà i regali. -
- Non puoi star dicendo sul serio. Quella Coca è corretta? - Daniel poggia entrambi i gomiti sul tavolo, massaggiandosi le tempie, senza riuscire a trattenersi dal ridere assieme a lui. - Sei un coglione. - Glielo ripete ancora, dandogli un altro piccolo calcio che però questa volta va a vuoto; Douglas si sposta rapidamente, andando però a urtare la sua Coca Cola che gli si rovescia puntualmente addosso, bagnandogli quasi del tutto la camicia. - ...Cazzo. -
Daniel è piegato in due e Douglas lo fissa, stizzito, afferrando un tovagliolo e tentando di darsi una sistemata. - Ma vaffanculo, sono tutto appiccicoso. Ma tu startene fermo no, eh? - Daniel lo guarda alle prese col suo disastro e ridacchia, tirando su il bicchiere quasi del tutto vuoto. - Quante storie. Va via con un po' d'acqua, se ce la metti subito. - Si alza in piedi e intanto lo squadra senza nemmeno rendersene conto, passandosi distrattamente una mano sul mento; l'altro gli rivolge un'occhiata interrogativa a cui Daniel risponde a parole, sorridendo. - Esistono i bagni, sai. -
Douglas fa una smorfia buttando via il fazzoletto, arreso. - E mi ci accompagni, pure. Hai paura che mi perda per strada? - Nel mentre però lo segue, tra un borbottio e un altro; nessuno dei due ha idea di dove sia il bagno e quindi vanno un po' a intuito, imprecando all'unisono dopo averlo trovato e aver contemplato le sue dimensioni insignificanti.
Daniel si appoggia al muro tenendo le braccia incrociate e osservandolo mentre armeggia con la sua camicia; ha l'espressione concentrata mentre con un pezzo di carta bagnato sfrega il cotone con cura, quasi si trattasse di pelle quella su cui sta agendo e non di tessuto. Alza lo sguardo su di lui e sorride appena, passandosi rapidamente la lingua sulle labbra e prendendo un altro po' di carta. - Babbo Natale non poterà i regali neanche a te, quest'anno. -
Daniel scoppia a ridere e Douglas lo segue subito dopo, schizzandolo un po' con le dita bagnate. - Scommetto che non l'hai mai nemmeno provata, la Pepsi. - Commenta Daniel con un mezzo sbadiglio. Douglas ci pensa un po' su, rimanendo in silenzio per un po' e continuando a gettare sapone sulla sua camicia - tanto che a Daniel non stupirebbe affatto vederla sciogliersi da un momento all'altro, per dire. Alla fine gli risponde, incolore, facendo spallucce. - In effetti non ricordo l'ultima volta in cui l'ho bevuta. Devo essere stato molto piccolo, e comunque da quanto mi ha raccontato mia madre è stata una brutta esperienza; credo di averla vomitata tutta addosso a mio fratello, o qualcosa del genere. Un episodio poco bello, insomma. - Daniel annuisce distrattamente e si passa una mano dietro la nuca parlando ancora, questa volta con un tono stranamente serio, tanto che Douglas gli rivolge per la prima volta da quando sono entrati la sua totale attenzione. - Dovresti provarne un po'. Forse a distanza di anni potrebbe anche piacerti. -
Douglas storce il naso prendendo a sbottonarsi la camicia una volta compreso che di questo passo finirà col liquefarla, e con essa la povera pelle indifesa che c'è sotto. - Non spenderei un solo centesimo per una Pepsi. Ora che ci penso, dubito che la berrei nemmeno se me la offrissero: è una questione di principio, ormai. -
Daniel lo fissa come si fissa un bambino piccolo che si ostina a non voler mangiare un kiwi perché ha paura che poi gli pizzichi la lingua, o meglio, che gli pizzichi la lingua per il resto della sua vita. Sorride appena, fingendosi esasperato e allontanandosi un poco dal muro. - Beh, un'alternativa la si trova sempre. -
Douglas non fa in tempo a ribattere con una risata o un'ulteriore domanda che si ritrova il corpo di Daniel più vicino del normale; deglutisce, guardandolo negli occhi, e non lo ferma quando sente le sue labbra posarsi leggermente sulle proprie in un bacio semplice, veloce. Quando si separano Douglas deglutisce ancora perché parlare è fuori discussione e muoversi non è umanamente contemplabile, ora come ora, così si limita a respirare piano a una distanza infinitesimale dal suo viso e a restituirgli lo sguardo, stranito. - Cos'era? - Gli chiede infine, pianissimo, in un misto di curiosità e panico. Daniel sorride nervosamente, scrollando le spalle. - Un po' di Pepsi. - glielo sussurra pianissimo, a una distanza così minima da annullarsi con un respiro un po' più forte, prima di baciarlo di nuovo questa volta senza traccia di indecisione o cautela.
Douglas sente il sapore fresco delle sue labbra e della sua lingua, senza pensarci risponde a quelle carezze con la medesima intensità e lo morde, lo lecca, lo cerca con crescente esigenza. Daniel sa di dolce, ma è un dolce strano a cui tenta di aggrapparsi baciandolo più profondamente, afferrandogli la nuca e lasciandosi spingere contro la parete, ansimando nella sua bocca come se solo lì ci fosse sufficiente ossigeno per permettergli - per permettere a entrambi - di respirare per davvero. Ed è vero, Daniel dopotutto sa di Pepsi e non è un sapore malvagio, ma forse gli piace perché si unisce a quello della sua pelle e dei suoi baci, lo lascia frastornato ed eccitato ed è come non averne mai abbastanza. Si sfila la camicia e Daniel fa altrettanto, velocemente, senza smettere di baciarlo un solo momento; Douglas ha il petto appiccicoso ed è buffo perché a lui non importa, anzi, lo accarezza ripetutamente come al volerne ricordare per sempre il preciso tatto, mentre ancora lo sente gemere e quasi impazzisce a quel suono gutturale, appannato. Scende a baciargli il collo succhiando piano appena sopra la clavicola, per poi scendere e leccare l'addome dolciastro - pelle e zucchero a contatto con la sua saliva e il suo respiro affannato. Douglas si spinge contro di lui con impazienza e Daniel gli cinge i fianchi premendoglisi addosso disperatamente; gli abbassa i jeans quel tanto che basta per avvertire la sua erezione pulsare contro la propria e quasi impazzisce a quel contatto, sente i battiti del cuore accelerare come un motore che viene messo in moto all'improvviso dopo mesi e mesi.
Douglas si aggrappa alla sua spalla e gliela bacia piano accogliendolo dentro di sé, trattenendo il respiro, leccandolo, ancora, assaporando la sua pelle e chiedendosi di quale altro sapore possa aver bisogno fuorché di quello. E si baciano ancora, cercandosi e trovandosi, ancora sentono quel retrogusto l'uno nella bocca dell'altro e lo studiano, lo lambiscono, se lo imprimono addosso. Daniel aumenta il ritmo delle spinte poggiando la fronte affianco al suo collo; ringhia piano e Douglas si lascia sfuggire una flebile risata esausta, portando una mano ad accarezzargli il bassoventre mentre ancora gemono l'uno contro l'altro e si avvicinano ancora, si stringono più forte come per paura che l'altro possa sfuggire al più minimo distacco. Douglas espone il collo agli ultimi famelici baci prima di venire tra le sue dita in un gemito stremato, liberatorio, e Daniel fa altrettanto premendosi contro di lui un'ultima volta, con forza.
Restano fermi per quasi un minuto intero, riprendendo fiato: non si guardano ma sono ancora abbracciati e riprendono a baciarsi piano, quasi pigramente, concedendosi quei secondi più dilatati e calmi di cui si sono privati fino ad ora. Quando finalmente Douglas interrompe il silenzio sono entrambi abbastanza coscienti da non sentirsi aggrediti dal rumore secco delle parole, hanno preso a respirare regolarmente e sorridono un poco, di quei sorrisi incerti che vengono appena dopo una sorpresa e appena prima una spiegazione che, tutto sommato, può dirsi più che superflua. Daniel però lo lascia parlare, rilassandosi e poggiando la fronte contro la sua, sereno.
- Quanto ti devo per la Pepsi? - Douglas sta sorridendo apertamente e non c'è ombra di imbarazzo sul suo viso. Daniel sospira, imitandolo, senza però aprire gli occhi del tutto. - Hai già provveduto. - gli risponde a fatica, perché tirare fuori una frase sensata è faticoso quasi quanto separarsi dal suo corpo, come sta facendo ora per rimettersi la camicia e sistemarsi i pantaloni. Douglas invece rimane fermo e lo guarda rivestirsi con spudorata malizia, attirandolo di nuovo a sé una volta finito. Daniel ride e gli dà un pugno leggero sulla spalla, guardandolo negli occhi e trovandovi solo una calma inspiegabile. - Io, invece, quanto ti devo per la Coca? -
Douglas finge di pensarci per qualche istante, infilando distrattamente i bottoni nelle asole. - Una camicia nuova. -
Daniel non gli risponde nemmeno; lo bacia un'ennesima volta e gli sussurra ancora che è un coglione, ridendo, tra un respiro profondo e un altro.

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