Fic: A Rush Of Blood To The Head

May 13, 2010 00:10

Come tutte le cose complicate, la tua relazione con mister Mourinho potrebbe essere decisamente più semplice se solo provaste a parlare. Se solo quella mattina, dopo gli allenamenti, invece di saltarvi addosso come fosse una cosa del tutto prevedibile e naturale, aveste discusso ed aveste cercato di spiegarvi cos’è che vi stava succedendo - già da un po’, anzi, da parecchio; tu, almeno, non ricordi un singolo minuto da quando gli hai posato gli occhi addosso in cui guardandolo tu non abbia automaticamente pensato che volevi sentirtelo dentro fino in gola, cazzo - probabilmente ci sareste caduti lo stesso, probabilmente parlarne non sarebbe stato abbastanza per placare la voglia e il bruciore folle che sentivi sulla pelle appena lui si faceva abbastanza vicino da poterne respirare l’odore, però forse cadendoci avreste evitato di farlo inciampando, senza pensare alle conseguenze e ritrovandovi perciò con ben più di un ginocchio sbucciato ed il culo per terra.
Naturalmente, essendo entrambi chi siete, era improbabile che le cose tra voi potessero muoversi secondo ritmi pacati, in crescendo lenti e contenuti. Essendo voi chi siete, era ovvio che ogni vostro incontro sarebbe stato uno scontro, ogni carezza una collisione, ogni bacio una battaglia. Ricordi perfettamente la prima volta in cui ti ha toccato, ricordi i brividi che ti hanno percorso la pelle come una febbre ma soprattutto ricordi la sua carezza lenta lungo il tuo torace umido e il tuo collo teso in uno spasmo nervoso, e ricordi che, prima ancora di baciarti, la prima cosa che ha fatto è stata afferrarti per i capelli e tirarti indietro, esponendo il tuo collo alla carezza del suo respiro rovente. Lo ricordi perfettamente sfiorarti appena con le labbra risalendo impercettibile lungo la linea curva della tua gola, lo ricordi soffermarsi sulle tue labbra dischiuse in un gemito di dolore e aspettativa e scrutarti con quegli occhi gelidi, profondi e impossibili per un tempo lunghissimo, vite intere, prima di decidersi a coprire le tue labbra con le proprie in un bacio da subito aperto e bagnato e caldissimo e furioso, come una punizione o una tortura.
Da quel momento in poi, per ogni volta in cui ti ha toccato tu hai chiuso gli occhi e per un singolo istante, prima di concentrarsi sulla pressione dei suoi polpastrelli sulla tua pelle, hai ripensato alla sua mano fra i tuoi capelli, al suo respiro addosso e ai suoi occhi nei tuoi. Questo da solo, in genere, è sufficiente per riaccendere in te la scintilla che poi lui è tanto bravo a far divampare con niente. Come tutti i grandi incendi, d’altronde, non ha bisogno che di una fiammella per attecchire dove l’erba è già secca e non chiede altro che una fiamma più grossa per andare in fumo.
Alle volte ti sembra di essere un suicida seriale, rincorri la piccola morte che trovi ogni volta fra le sue braccia - quel momento tremendo e divino in cui dopo l’orgasmo cerchi il respiro e lo trovi sulle sue labbra - come un disperato, come fosse l’unica cura ad ogni tuo dolore. Eppure la tua vita è piena e soddisfacente per una svariata quantità di motivi - sei celebre, sei ricco, sei amato - non dovresti avere motivo di sentirti così perso e così vivo solo fra le braccia di quest’uomo, per quanto affascinante, per quanto bello, cazzo, non è nessuno. El Traductor, così lo chiamano. E tu, la sua puttana, così mormora lo spogliatoio.
Sarebbe falso dire che non t’importa dei loro pettegolezzi, in realtà ti vergogni come un ladro. Dai tutto sul campo, ti dreni per non pensare, e quando ne vieni fuori stai sulle tue, eviti la gente, non vuoi sentirti bisbigliare alle spalle cose che sai già ti faranno male, e sai che fanno male perché sono vere, è questo che le rende ancora più odiose. D’altro canto, sarebbe falso anche dire che di quanto dicono t’importa ancora quando senti le mani di José scorrere lente lungo la tua schiena sudata, o quando la sua voce soffice, con quell’accento portoghese che rende ogni sua parola più sensuale, ti dice di piegarti sulle ginocchia e inarcare la schiena. No, non t’importa più niente quando le sue dita scendono fra le tue natiche accarezzandone dapprima il solco e poi scivolando più profondamente alla ricerca della tua apertura, e potrebbe perfino esplodere il mondo quando si spingono dentro di te con la certezza di aver già il loro posto scavato dentro il tuo corpo, sì, potrebbe esplodere l’universo, che tu continueresti a gemere a corto di fiato, muovendoti al ritmo delle sue carezze per venirgli incontro, nel tentativo di fargli capire che così non ti basta, che vuoi di più, che lo vuoi tutto.
José non è mai tenero, non ti tratta mai come se fossi la sua amante o altra robaccia simile. Siete necessari l’uno all’altro, e questo l’avete ormai capito da tempo - da quando tu ti sei accorto che respirare accanto a lui era impossibile eppure quelli in cui lo avevi vicino erano i momenti migliori della tua giornata, da quando lui s’è reso conto che malgrado i pericoli e le difficoltà e i pettegolezzi non riusciva a starti lontano per più di qualche ora, prima di tornare a cercare il tuo calore con le dita e il tuo sapore con la lingua - avete bisogno estremo della presenza fisica dell’altro al vostro fianco, ma non per questo la vostra relazione è ammantata da chissà che sciocchi cliché romantici, come servissero a qualcosa, poi, come un mazzo di fiori o una carezza più dolce delle altre possa bastare a cancellare il fatto che siete due uomini e scopate fra voi solo perché vi piace la sensazione fisica dei vostri cazzi che si sfiorano quando strofinate i bacini l’uno contro l’altro. Come se a te potesse bastare qualche premura per dimenticare che alle volte la sensazione magnifica del suo cazzo che si fa strada dentro di te è tutto ciò cui riesci a pensare lucidamente da quando ti svegli al mattino, e come in crisi d’astinenza non fai che attendere il momento in cui potrai avere la tua dose giornaliera, e quasi ansimi a corto d’aria quando tarda ad arrivare, perché è a questo punto che sei arrivato, è così che ti sei ridotto, ti senti ribollire il sangue nelle vene solo quando José ne ridisegna la traccia sulle tue braccia, sul tuo ventre, sulla tua eccitazione, e ti spegni come una fiamma privata d’ossigeno quando lui si allontana da te.
Non glielo dici, naturalmente, perché José non ha alcun bisogno di saperlo, e d’altronde lo sente nell’urgenza dei tuoi baci e nella fretta con cui ti dimeni sotto di lui per cercare di accoglierlo il più profondamente possibile, ma è comunque una consapevolezza che aleggia sopra di voi, si allarga come una macchia d’olio sopra le vostre teste e rende tutto incredibilmente più duro e ruvido e difficile e doloroso.
Quando esce dal tuo corpo, quando si stende al tuo fianco - stando bene attento a non toccarti, perché sa che non sei una donnicciola, sa che le coccole non ti servono, sa che lo getteresti giù dal letto a calcioni se solo provasse a blandirti con cazzate simili - José recupera un po’ di fiato guardando il soffitto, e sempre guardando il soffitto di dice “lo sai che me ne andrò, eh, Pep?” e lo dice con una tale calma che ti spezza il cuore. “Non posso restare qui,” continua, “non posso restare El Traductor per sempre.”
Tu sorridi appena, tirando solo un angolo della bocca. Sai che Barcellona non dimentica - Barcellona è come il tuo corpo, José proverà a scappare e rimarrà sempre piantato dentro di te così a fondo che potrai ancora sentire la forma del suo sesso ogni volta che proverai a ripensarci chiudendo gli occhi, ed allo stesso modo rimarrà per sempre il traduttore per tutta quella gente, niente di più, niente di meno. Trovi futile che riesca a credere di potersi smarcare da quel soprannome fuggendo altrove, ma non glielo fai notare perché sai che ogni rimostranza suonerà alle sue orecchie come niente di diverso del piagnisteo di una ragazzina innamorata che non vuole farsi lasciare dal fidanzato.
“Lo so,” rispondi quindi, anche se è una bugia. Avrai tempo per capire, o almeno, è questo quello che ti ripeti, cercando di convincerti mentre pian piano il tuo corpo torna ricettivo, tutti i nervi tesi e la pelle ipersensibile e accaldata, e vai rendendoti conto che niente ti toccherà più come t’ha toccato lui, nient’altro in tutto il resto della tua vita.
“Quando ci rivedremo,” ti sussurra sulla pelle, “promettimi che avrai conservato qualcosa, di me. Il mio odore, il mio sapore, la forma delle mie mani,” continua, scivolandogli sul ventre in una carezza appena accennata e fermandosi al primo tocco del ciuffo di peli del pube, “promettimi che sarò ancora da qualche parte sul tuo corpo, indelebile.”
Tu inspiri ed espiri, cerchi di mantenere il controllo sui brividi che corrono su e giù per la tua schiena, ma non riesci granché bene. “Credevo non ti piacessero queste romanticherie,” sussurri agitato, gli occhi socchiusi e le palpebre che tremano, mentre ti mordi incerto il labbro inferiore, sperando che lui si faccia avanti, allungandosi a baciarti.
“Non è una romanticheria,” risponde invece lui, tornando a stendersi più comodamente sul materasso ed allontanandosi abbastanza da impedire alla tua pelle di percepire ancora il suo calore, “è smania di possesso, probabilmente. Non sono uno che si accontenta di avere solo il novanta percento di qualcosa.”
“Ed è per questo che vai via?” non puoi impedirti di chiedergli, “Perché il novanta percento non ti basta?”
“È per questo che ritornerò,” risponde lui senza neanche un’esitazione, tornando a fissare il soffitto, “A tempo debito. Tornerò per prendermi anche tutto il resto.”
Sul momento, non ci fai caso, a quanto sia serio. Ridi, gli tiri una mezza spallata, poi ti rimetti in piedi e ti rivesti.

*

Così tanti anni dopo che non riesci nemmeno a contarli, siete entrambi molto più vecchi e le vostre esperienze di vita sono state diversissime, ma tu rabbrividisci ancora allo stesso modo quando lo vedi arrivare alla sede centrale del club. Quando ti sorride e ti stringe la mano come il vostro rapporto non avesse mai valicato il confine del professionale per tuffarsi in qualcosa di molto più pericoloso, per un secondo hai come l’impressione di esserti sognato tutto, di non essere mai andato a letto con lui, di non averlo mai baciato. Questo ti spaventa, perché i ricordi che il suo odore - sempre lo stesso - scatenano dentro di te sono troppo vividi per essere fasulli, e ti chiedi brevemente se per caso, da qualche parte nel corso della tua vita, tu sia impazzito.
Ascolti le ragioni di Laporta e non fai una piega, lui andrà via, il nuovo presidente non ti vede tanto di buon occhio, vuole un vincente più arrabbiato, vuole Mourinho, in pratica. Non è che non lo sapessi, quindi non ti stupisce. Annuisci senza dire una parola, poi gli stringi la mano con calore, lo ringrazi per tutto ciò che ha fatto per te nel corso degli ultimi due anni, per la fiducia, per l’incoraggiamento, per i soldi ben spesi e anche per quelli spesi un po’ meno bene e poi esci dall’ufficio, imbocchi il corridoio e alla fine non riesci ad andartene davvero. Resti lì, sospeso fra realtà e irrealtà e supponi dovresti chiederti cos’è che farai adesso, dove andrai e come, ma non t’importa davvero.
La voce di José ti raggiunge come in un’eco lontana, qualche minuto dopo.
“Te l’avevo detto” sussurra divertito, “che sarei tornato a prendermi tutto il resto.”
E sorridi anche tu, lasciando scivolare il brivido giù fino alla punta dei piedi ed accogliendolo come un amico ritrovato, mentre la mano di José si fa strada sul tuo fianco e tu, quasi sottovoce, un po’ vergognandoti, ma in realtà, davvero, no, gli chiedi se per caso ha intenzione di mostrarti il suo nuovo ufficio.

fic » fandom » sportivi » calcio, fic » people » josé mourinho, fic, fan » lisachan, fic » people » josep guardiola

Previous post Next post
Up