Fic: It Takes A Fool To Remain Sane

Mar 04, 2010 17:32

Sono le nove e mezza di sera e tutto ciò che Marko sa - che non è molto, perché lui in generale non sa mai davvero granché di ciò che gli succede intorno, in parte perché non capisce e in parte perché gli frega poco - è che fuori è buio, che Mario è nervoso e che per strada c’è una folla di dementi che ogni volta che Mario si affaccia al balcone lo investono di insulti. È una cosa che un po’ lo stupisce, perché è abituato a sentire dire di tutto su Mario, ma allo stadio, non certo da un gruppo di gente appostata davanti all’entrata dell’hotel. Gli sembra un tantino eccessiva, questa cosa, e si chiede se sia per questo motivo che Mario sta controllando le slide con gli schemi di gioco del mister - una cosa che non fa mai, se non quando ha intenso bisogno di tenere occupate le mani ed anche il cervello, nel tentativo di non esplodere e lanciarsi contro il motivo del suo scazzo per mangiarselo vivo dalla testa ai piedi.
- Mario, - lo chiama incerto, dondolandosi sul bordo del letto e lanciandogli di tanto in tanto occhiate curiose nella speranza che lui non le noti, - tutto ok?
Mario scrolla le spalle ed evita accuratamente di rispondergli, alzandosi in piedi e cominciando a fare avanti e indietro per la stanza da una parete all’altra, gli occhi fissi sulle slide e le orecchie tese verso l’esterno. Il coro di ingiurie prosegue.
- Cioè, non ti dà fastidio? - insiste Marko, indicando con un pollice fuori dal balcone chiuso, cui non bastano i doppi vetri e le tende tirate per bloccare le voci della gente.
Mario continua a scrollare le spalle e camminare - avanti e indietro, avanti e indietro - e Marko lo osserva lasciandosi ipnotizzare per interi minuti dai suoi passi lenti e precisi. Calca sempre sugli stessi punti, segue le linee del parquet come un funambolo sospeso a dieci metri dal suolo. È artisticamente splendido, se pensare a lui in questi termini ha un senso.
- Sì, ma dico-
- Oh, e che cazzo! - lo interrompe Mario, piantando entrambe le mani sui fianchi, le slide ben strette fra le dita in modo di non lasciarle a disperdersi disordinatamente sul pavimento, che il mister non le spilla e non le numera e dopo rimetterle a posto è un casino, - Ma che c’è? Perché continui a chiedermi se sono nervoso?
- …perché lo sembri. - cerca di spiegarsi Marko, infinitamente in imbarazzo ed infinitamente pentito di essersi intromesso, perché l’ultima cosa che vuole è rompere le palle a Mario, che con lui è sempre stato buono e gentile e paziente, il che è anche uno dei motivi per cui non comprende le orde inferocite che lo insultano, siano esse dentro o fuori dagli stadi.
Mario sospira e rotea gli occhi, scrollando le spalle per la millesima volta nel corso della serata.
- È che non sono abituato a dormire con qualcuno che non sia Davide. - risponde, stornando lo sguardo con evidente imbarazzo, - Abbiamo sempre diviso la stanza e viviamo insieme, capisci?
Marko lo guarda, gli occhi enormi che non mostrano di avere davvero compreso granché di quanto gli ha appena detto.
- Ti vergogni di stare in camera con uno che non ti conosce? - chiede, battendo le palpebre più volte, perplesso.
Mario si passa una mano sulla fronte e poi sugli occhi, mugolando stancamente.
- No, Marko, non è questo il punto. Non sei tu il problema.
- E qual è? - chiede ancora il ragazzo, grattandosi la nuca, - Io non sono impiccione. Non mi immischio.
- Dirmelo dopo aver passato gli ultimi venti minuti a cercare di farmi il terzo grado, lascia un po’ il tempo che trova. - commenta Mario con uno sbuffo, riprendendo a camminare avanti e indietro, - Marko, ti ho detto che il problema non sei tu. Sei tanto carino e simpatico-- - si interrompe, - Cioè, sei tanto simpatico e tutto, mi piace passare il tempo con te, ma ci sono delle cose che non posso e non voglio condividere con te.
- …tipo la stanza? - prova lui, sempre più incerto. La cosa che lo confonde di più, a questo punto, è non riuscire a comprendere se il problema di questo dialogo sia una questione di italiano o una questione di effettiva imperscrutabilità della mente di Mario. Mario che, peraltro, si spiaccica una manata in fronte, apparentemente soffrendo come lo stessero prendendo a calci nelle palle.
- No, Marko, è ok dividere la stanza con te. Solo che-
- Ma io non ho capito. - lo interrompe lui, già stufo di tutta quell’incertezza, - Cos’è, vuoi andare a dormire con Davide?
Mario lo fissa con gli occhi enormi, le labbra dischiuse.
- …ma non posso. - borbotta, - Il mister ha detto-
- Tu ti preoccupi di quello che dice il mister? - gli chiede di rimando Marko. Mario non sa nemmeno cosa rispondergli, e questo è così evidente nel suo sguardo che Marko non sente il minimo bisogno di avere alcuna traduzione, a riguardo. Gli scappa da ridere ma si trattiene. - Be’, allora? Vai, no?
- Sì, ma tu… - boccheggia Mario, - Insomma, hai capito cosa stavo cercando di spiegarti prima? Perché voglio andare di là con Davide?
Marko ridacchia, si alza in piedi, lo raggiunge e gli tira un paio di amichevoli pacche sulle spalle.
- Sei ancora un bambino. - gli dice, facendo sfoggio di grande maturità e saggezza, - Ti preoccupi di quello che dice il mister, non riesci a dormire tranquillo se non è tutto come quando sei a casa tua… ti capisco, pure io quando ero più piccolo avevo questi problemi. Figurati che ho dormito con l’orsetto fino a diciassette anni! Certo, il tuo caso è un po’ più grave del mio, però è ok lo stesso.
Mario lo fissa, sgomento e incredulità fanno a cazzotti nella sua mente.
- Marko. - fa per chiamarlo, ma l’austriaco sorride con maggiore convinzione e condiscendenza, spintonandolo allegramente verso l’uscita.
- Non devi spiegarmi niente. - dice con sicurezza, aprendo la porta e scaraventandolo in corridoio forse con un entusiasmo perfino eccessivo, - Buona notte!
Dopodiché, si richiude la porta alle spalle e torna a sedersi sul letto, dove resta a contemplarsi sullo specchio che riveste un’anta dell’armadio di fronte a sé, soddisfatto del proprio operato e in pace con se stesso. Si spoglia e si prepara per la notte in dieci secondi netti, ed un minuto dopo sta già dormendo saporitamente, godendosi il sonno dei giusti, consapevole di aver fatto la sua parte per aiutare un amico.
Di fuori, in corridoio, nel tempo che Marko ha impiegato per sistemarsi ed assopirsi, Mario non è riuscito a muovere nemmeno un passo, tant’è che è ancora imbambolato di fronte alla porta che lo trova Davide quando, indispettito dalla lunga attesa, esce a cercarlo.
- Oh! - sbotta, afferrandolo per un braccio e tirandolo in camera, per poi chiudersi frettolosamente la porta alle spalle, - Ce l’hai fatta a convincerlo a mollarti!
- Dade, non ci crederai mai. - dice lui, ancora scosso, incapace di prendere principio anche solo per spogliarsi e infilarsi il pigiama che Davide gli sta porgendo, - Non ho dovuto spiegargli niente, mi ha buttato fuori lui.
Davide arrossisce fino alla punta dei capelli, incredulo.
- Vuoi dire che l’aveva già capito da sé? - squittisce con aria isterica, portando entrambe le mani al petto e stringendo il pigiama fra le braccia come fosse un salvagente in mezzo all’oceano.
- Non esattamente. - sillaba lui, grattandosi confusamente la nuca, - Credo pensi che tu sia tipo il mio orsacchiotto per la notte.
- Il tuo- che? - chiede Davide, del tutto senza parole, - Ma di che diavolo stai parlando, Mario?!
- …non ne sono per niente sicuro. - ammette il ragazzo, decidendosi a sfilare la maglia e cominciare a sbottonare i jeans, - So per certo però che stanotte non riuscirò a dormire se prima non dimostrerò a me stesso che è per il sesso che sono venuto fin qui, e non perché mi mancava Bartolomeo.
- Bartolochi? Mario, non mi dirai mica che- aspetta! - ma Mario non aspetta, e il secondo dopo Davide si ritrova steso sul letto.
Marko, nell’altra stanza, apre un occhio, improvvisamente svegliato dai rumori.
- Ma che… - si chiede, mentre qualcosa di molto simile alla testiera di un letto batte ripetutamente e piuttosto ritmicamente contro la parete di fronte, - Bah. - sbuffa infine, scrollando le spalle in una perfetta imitazione di Mario e tornando a stendersi sul letto, - Fare la lotta prima di addormentarsi. Italiani.

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