Titolo: Non guardare indietro, non ti lascerò
Autore:
chia25Beta: Nessuno, anzi se mi fate notare gli errori sarò felice \o/
Fandom RPF - ACF Fiorentina
Personaggi/Pairing: Stevan Jovetić, Alberto Gilardino
Rating: Per tutti
Warning: Fluff
Disclaimer: Non fanno nulla, non guadagno nulla, lo faccio per personale diletto e per amore nei confronti delle loro meravigliose persone - sono loro a possedere me, mica il contrario ♥
Note: Ambientata nella notte tra il 16 e il 17 febbraio, alla vigilia della partita Bayern Monaco - Fiorentina &hearts Dedicata a
janetmourfaaill, che ne ha bisogno &hearts
NON GUARDARE INDIETRO, NON TI LASCERÒ
La porta si apre con un leggero scricchiolio e Stevan è lì sul letto, con le cuffiette nelle orecchie e gli occhi chiusi. Tiene il ritmo di qualsiasi cosa stia ascoltando battendo un dito sul copriletto, con gli occhi chiusi ed un'espressione assolutamente concentrata in volto; Alberto si concede di osservarlo con un briciolo di commozione ancora appoggiato contro lo stipite della porta, prima di entrare ed assicurarsi che nessuno l'abbia visto scivolare in quella stanza.
«Preoccupato?» sospira, sedendosi sul bordo del letto e sfiorandogli la spalla con la punta delle dita, in una carezza leggera, «Non sei praticamente sceso a cena.»
«Aha.» sospira lui, sfilandosi gli auricolari e lanciandoli sul letto accanto a sé; in un soffio, Alberto ricorda che è la prima volta, per lui, agli Ottavi di Champions League. Ricorda anche che una buona metà dei giocatori più anziani ed esperti è nelle stesse condizioni, e ridacchia velatamente, «Non avevo fame.»
«Sei solo, in camera?» sospira, guardandosi intorno e trovando solo la valigia semi-disfatta del ragazzo che, in risposta, annuisce.
«Adem non c'è.» mugola, agitandosi un po' sulle lenzuola finché non si trova girato su un fianco, rivolto verso Alberto, «Sono solo.»
Alberto gli accarezza piano i capelli, cercando di sorridere, anche se quella che viene fuori è solo una smorfia un po' ansiosa. Fuori dalla finestra Monaco è immerso nel buio e le ore non sembrano essere passate, il tempo sembra aver rallentato in maniera sensibile e fastidiosa, come a voler allungare all'inverosimile l'attesa per la partita di domani. Stevan rabbrividisce appena, sotto il suo tocco, e Alberto gli sfiora la guancia.
«Ti direi che puoi venire da me, ma c'è Marco.» ridacchia, anche se entrambi sanno che non lo avrebbero mai fatto, perché devono dormire, stanotte, e quando sono insieme le ore di sonno si riducono drasticamente, «Dai, fatti coraggio.»
Stevan lo guarda con gli occhi spalancati, un po' incerto e un po' spaventato, poi sorride appena.
«Stai tremando anche tu, Albi.» ghigna, indicando la sua mano insicura, «Non dire a me di stare calmo, va a finire che mi agito di più.»
Alberto annuisce in silenzio, allungandosi un po' al suo fianco, mentre Stevan rimette una cuffia e si stringe appena contro il suo petto, chiudendo gli occhi e mugolando, ogni tanto, qualche parola di qualsiasi cosa stia ascoltando. Alberto lascia scorrere le dita bene aperte tra i suoi capelli, intrigandosi ogni tanto, e la sensazione di quei riccioli sotto il polpastrello è tanto rassicurante per lui quanto lo sono quelle carezze per Stevan, e dopo qualche minuto il ragazzino è visibilmente più tranquillo, come dimostrano le spalle che si sciolgono, abbandonando la rigida tensione di poco prima.
«Meglio?» ridacchia Alberto, sistemandosi sul letto un po' meglio e passandogli le braccia intorno alle spalle, stringendoselo contro il petto in un abbraccio caldo, «Non puoi fare così prima di ogni partita importante, comunque. Pensa se passassimo e-»
«Non dirlo!» si affretta a bisbigliare Stevan, posandogli una mano sulle labbra, «Non dire niente, che poi porta male.»
«Non ti facevo così scaramantico, Stevan.» ridacchia Alberto, baciandogli il palmo della mano appena lui lo scosta abbastanza da permettergli di farlo, «Qualsiasi cosa io possa dire non cambierà il risultato della partita, lo sai.»
«Sì, vabbè, non rischiamo nemmeno.» mugola lui, vagamente offeso, sollevandosi a schioccargli un bacio sulle labbra, «Meglio pervenire che curare.»
«Prevenire, Stevan, non pervenire.» Stevan borbotta qualcosa di incomprensibile, a quelle parole, «Pensavo che la fase di "Ti insegno l'italiano" fosse finita.»
«Scusa se faccio ancora un po' di confusione con i vostri assurdi modi di dire.» sbotta, con un broncio assolutamente adorabile, «E tu non ridere, uffa.» strilletta, offeso, spingendolo quasi a cadere dal letto, mentre Alberto ride e lo stringe un po' di più, tanto per mettere in chiaro che è disposto a trascinarlo con sé sul pavimento, se non smetterà subito di spingere.
«Va bene, va bene, calmati.» mormora, baciandogli uno zigomo con uno schiocco un po' infantile, «Stavo scherzando.»
«Scusa, sono nervoso.» sospira, vagamente in colpa, «Domani dobbiamo giocare e mancano Adi, Alessandro e Mario e poi non ci saranno più nemmeno Dario e Martin e io sono da solo perché non c'è Adem e-»
«Cristo, Stevan.» stavolta è Alberto ad appoggiare la mano sulle sue labbra, impedendogli di continuare la lista delle loro sventure, «Calmati, una buona volta. Su, a letto.» ridacchia nervosamente - perché non è che lui sia molto più tranquillo, a dirla tutta.
Fa per alzarsi, ma Stevan lo trattiene, stringendogli la mano, e si infila a letto, sprofondando nel cuscino.
«Rimani un po' con me?» pigola, stringendosi la mano di Alberto contro al petto, come farebbe con un pupazzo o qualcosa di simile, «Mi sento solo.» si giustifica poi, davanti allo sguardo vagamente perplesso di Alberto.
L'uomo annuisce, dopo un momento di esitazione, e torna a stendersi sul letto al suo fianco; gli prende il viso tra le mano, quasi con delicatezza, e gli accarezza piano la guancia con il pollice prima di baciarlo.
«Va tutto bene.» sospira mentre lo stringe a sé, lasciandosi rassicurare a sua volta dal contatto della sua fronte calda contro il collo, «Sono qui, non sei solo.»
Stevan mugola qualcosa e si lascia sfuggire un lieve brivido quando le dita di Alberto tornano a sfiorargli i capelli, pianissimo, accarezzandogli anche il collo; gli spunta anche un lieve sorriso, appena mascherato da uno sbadiglio, prima che si addormenti definitivamente.
Alberto rimane per un po' ad osservarlo dormire, ma nel momento in cui cerca di andarsene il ragazzino sbotta qualcosa nel sonno e stringe la sua mano con più convinzione, tirandosela contro il petto.
«E adesso?» mugola Alberto, alzando gli occhi al cielo.
Dopo qualche altro tentativo, sconfortato, tira fuori il cellulare e manda un messaggio a Marco, avvertendolo di non preoccuparsi. Poi, con un sospiro esasperato, scalcia via le scarpe e scosta le coperte, affondando nei cuscini accanto a Stevan.