Feb 01, 2010 18:47
Quanto abbia pagato il tizio, non lo sa. Spera che sia una cifra congrua e che Giovanni non si tenga niente in tasca, perché a parte il fatto che ‘sta settimana sono in uscita tipo trecento titoli della Planet che gli interessano, se s’è mosso di casa col gelo che fa e la pioggia che gli si è infilata fino nelle ossa, come minimo si aspetta una ricompensa adeguata. Giovanni la sua percentuale ce l’ha, si tenga quella e non allunghi le mani, che non è lui quello che deve mettere in gioco il culo o l’uccello ogni volta che a qualcuno salta il picchio di farsi una scopata anonima al Flexo.
La stanza, al solito, è buia come ogni tanto Giorgio immagina debbano essere le bare sigillate e sepolte tre metri sotto terra. Non è che sia un tipo cinico o pessimista, anzi, è fin troppo un cazzone - o non si guadagnerebbe gli extra come fa - però ogni tanto questi momenti ce li ha anche lui. Momenti in cui si lascia andare sul letto, al buio, chiude gli occhi e, rilassandosi, prova a restare immobile, sotto le coperte, e immaginare come potrebbe essere dopo la morte. Non è che abbia proprio le idee chiare, lui, su ciò che ci sia dopo, se qualcosa poi davvero c’è, ma ogni tanto gli piace semplicemente mettersi lì e immaginare come sarebbe morire, magari rimanere in stand-by per un paio di giorni e poi riprendere coscienza. Poter osservare e sentire tutto ma essere bloccato in un involucro di carne morta e putrescente, impossibilitata a muoversi. E immagina l’oscurità asfissiante della bara, anche se comunque non potrebbe respirare, e sa che sarebbe identica al buio nero e pesante di quella stanza che odora di sesso - e non è nemmeno un odore piacevole.
Mentre si muove a memoria indovinando le direzioni per abitudine, sente un profumo sottilissimo farsi strada a fatica fra le pieghe dell’aria satura dell’odore del sudore di altri, e lo segue puntando il naso per aria, quasi divertito dalla stranezza. È un profumo diverso dai soliti, alle more, o comunque fruttato, un profumo da ragazzina. Per un secondo è tentato di chiedere al tipo - che dev’essere lì, da qualche parte - se è proprio sicuro di essere un maschio, ma poi lascia perdere. Arriva vicino al letto, lo tocca con le ginocchia e sente qualcuno muoversi nervosamente sopra il materasso.
Adesso che i suoi occhi cominciano ad abituarsi al buio, può intuirne la sagoma sottile e piccolina, e ancora una volta accarezza l’idea di chiedere al tipo delucidazioni in merito al suo sesso, e ancora una volta desiste.
- Ohi. - dice, tirando via la maglietta e poggiandola sulla ringhiera ai piedi del letto, - Come ti va?
Il tizio respira a fatica, tanto che a Giorgio viene da chiedersi se non sia in arrivo un attacco d’asma o qualche merdata simile che sarebbe proprio meglio si risparmiasse, ma poi riesce in qualche modo a darsi una calmata e, dopo aver cambiato posizione quelle trecentocinquantamila volte per trovarne una comoda, tira fuori un filo di voce dal fondo della gola per rispondere.
- Sono nervoso. - dice, ogni lettera che trema sulle labbra, - È la prima volta che io-
- Va’ che non è diverso dalle volte in cui scopi guardando chi ti scopa. - scrolla le spalle lui, sbottonando i jeans.
- No, non hai capito. - dice quello, il tono improvvisamente più sicuro, quasi ironico, - È la prima volta in assoluto.
- Oh. - risponde lui, dopo un attimo di riflessione. - Vergine? - chiede quindi, - Ma dai, che figata. Sai che non l’ho mai fatto con un vergine? Cioè, sono abituato a culi di tutti i tipi ma-
- Guarda che se continui così, - lo interrompe quello, la voce acuta, quasi inorridita, - neanche stavolta riuscirai a vedere com’è il culo di un vergine! Dio, che schifo… - quasi mugola quindi, e Giorgio lo sente rannicchiarsi in un angolo del letto, - La prossima volta, col casso che mi faccio convincere…
- Non sei mica di qui, te, uh? - chiede, scalciando via i pantaloni e rassegnandosi a doverli cercare a tentoni nel buio fra mezz’ora, - Che accento, da dove vieni?
- Ma che ti frega! - scatta quello, tirandosi ancora più indietro mentre lui sale ginocchioni sul materasso e prova ad avvicinarsi.
- Sei qui perché non volevi andare in un posto dove ti conoscevano? - ride, allungando una mano per cercarlo e trovando solo lenzuola ammonticchiate ovunque che lo costringono a chiedersi se il tipo non sia alto un centimetro e largo mezzo, perché non è veramente possibile perdersi in una branda così piccola, - Mi sa che difetti un po’ in palle.
- E a me sa che sei proprio una merda! - protesta lui, e finalmente Giorgio riesce a toccarlo, se si può chiamare tocco il calcione che riceve nello stomaco.
- Oh, piano! - dice, ricambiando il calcione con uno schiaffo all’altezza dello stinco, - …ma sei ancora vestito? Ma dai, che palle!
- Ma come che palle! - strilla il ragazzo, cominciando a sgambettare come una furia nel tentativo di tempestarlo di calci ovunque, - Ma sai che sei stronzo, Dio mio! Ne voglio un altro! Dov’è che si cambia, posso premere un pulsante e lui finisce inghiottito dalla terra mentre il soffito si apre e ne viene fuori Kledi, tipo? - comincia a urlare al vuoto, e Giorgio si mette a ridere afferrandogli le caviglie e cercando di tenerlo buono.
- Ma che merda ti guardi in televisione? - lo prende in giro, - Ma quanti anni hai?
Il tipo borbotta qualcosa che Giorgio non capisce, e quando gli chiede di ripetere quello scatta e gli dà un mezzo ceffone in fronte, una cosa ridicola in seguito alla quale Giorgio ride anche più di prima.
- Diciotto. - ripete quello, offesissimo, - Compiuti oggi.
- Auguri! - ride ancora lui, infilandosi disinvoltamente fra le sue gambe più per trovare posto sul lettino minuscolo che con un intento veramente sessuale.
- In realtà questo sarebbe il mio regalo di compleanno. - sospira teatralmente il ragazzo, - Me l’hanno fatto le mie amiche. Vedi che bel regalo, poi.
- Senti, se permetti sono il migliore che ti poteva capitare. - protesta lui, punto nel vivo, - Dicono tutti che sono dolcissimo.
- Eh, guarda! - commenta il tipo, palesemente ironico, - Proprio uno zucchero, va’! Mai incontrato uno più dolce, in assoluto!
- Diosanto, ma ci credo che sei ancora vergine! - sbuffa Giorgio, tenendolo ancorato al materasso ed aiutandosi con un ginocchio per obbligarlo a tenere larghe le dannate gambe, - Chi vuoi che ti si pigli? Sei una lagna!
Il ragazzo si blocca all’improvviso sotto di lui, ed è strano perché fino a pochi secondi fa si agitava come un’anguilla posseduta, perciò sentirlo quasi smettere perfino di respirare così repentinamente è una cosa che gli mette addosso una certa paura.
- Oh? - lo chiama infatti, visto che non conosce il suo nome, - Tutto a posto?
- …certo che sì. - sputa fuori lui, con rabbia, - Figurati. Ho superato di peggio, tu sei solo un povero stronzo che in teoria mi doveva scopare ma in pratica manderò a fanculo fra due minuti. Non preoccuparti.
- No, ehi, aspetta. - cerca di fermarlo lui, lasciandolo pure andare, che tanto è palese che non scapperà da nessuna parte, - Parliamone.
- Ma di che cosa vuoi parlare?! - lo attacca subito il ragazzo, mettendosi nuovamente seduto e tornando a rannicchiarsi nell’angolo più lontano del letto, - Che cosa vuoi dire?! Ti vuoi scusare? Ti ascolto!
- Ma no che non mi scuso! - risponde lui, cocciuto, - Era una battuta! Del cazzo, ma pur sempre una battuta! Un po’ di senso dell’umorismo?
- Mi difetta, come le palle! - ritorce quello, tirandogli uno schiaffo sulla nuca.
- E ahi! - si lamenta Giorgio, afferrandolo per un polso, - Ma sei manesco!
- Mica con tutti, solo con quelli che mi fanno girare le palle.
- Ma non avevamo stabilito che ti difettavano? - riesce a dire in una mezza risata, prima di sentirsi piombare addosso il cuscino, proprio sulla faccia. - No, dai! - cerca di schermarsi il viso, dibattendosi sotto il peso leggerissimo del corpo del ragazzo, - Gli acari!
La pressione si affievolisce, e il ragazzo - restandogli addosso - allontana il cuscino. Giorgio sente il suo sguardo scettico addosso e gli viene di nuovo da ridere.
- Dico, con tutto lo schifo che probabilmente gronda da questo cuscino pulcioso… - commenta, - tu ti preoccupi degli acari? Ma tu hai dei problemi, mamma mia, ma gravi!
- Secondo me, - ribatte lui, ribaltandolo sul materasso con un colpo di reni e tornando a sovrastarlo subito dopo, - quello che ha un problema adesso sei tu.
Può quasi sentirlo inarcare un sopracciglio nel buio.
- E quale sarebbe questo mio problema? - chiede, - No, perché magari sono i jeans, ma non sento proprio niente, sai?
Giorgio ridacchia, scivolando con le mani sui suoi fianchi ed arpionando i bottoni che chiudono i pantaloni strettissimi attorno alla vita incredibilmente sottile.
- Allora io direi di toglierli di mezzo e vedere cosa senti dopo. - propone, cominciando a spogliarlo.
Il ragazzo si irrigidisce subito sotto i suoi tocchi. Purtroppo, non nel senso che preferirebbe: non si eccita, questo è evidente, ma piuttosto si tende tutto, immobile e ghiacciato come una lastra di cemento.
- Ma che, hai paura? - gli chiede con una punta di curiosità mentre gli porta fisicamente entrambe le braccia verso l’alto, per agevolarsi mentre gli tira via la maglia, dato che lui non collabora.
- Eh, dimmi tu! - borbotta quello, quasi nascondendosi dietro le proprie stesse braccia magre pienissime di braccialetti, - Ti pare di avermi rassicurato, da quando sono qui? A parte rinforzare la mia convinzione sui maschi che sono tutti stronzi, dico…
- Be’, sei un maschio anche tu. - gli fa notare con una risatina, mentre lui si lascia maneggiare senza opporre resistenza.
- Non è che siccome sono nato in un certo modo… - accenna il ragazzo con un mezzo sospiro, ma poi scrolla vigorosamente le spalle. - Lasciamo perdere. - chiude lì.
Giorgio lascia perdere, perché dopotutto il suo mestiere è anche quello - lasciare perdere quando chi paga vuole smettere di pensare - e lo accarezza lentamente fra le gambe, cercando di studiarlo.
- Sì, ma guarda che è dura così. - sbuffa dopo un po’, mentre il ragazzo si lascia sfuggire un mugolio di fastidio, - Nel senso che è dura se non diventa dura. Capiscimi. Sciogliti! - cerca di consigliargli, accarezzandogli vigorosamente spalle e braccia, come volesse salvarlo dall’assideramento dopo averlo lasciato fuori nudo in balcone per una settimana.
- Ma ti pare facile?! - strilla il ragazzo, nascondendo il viso, - Dio, non è come quando sono da solo. Tu non mi conosci, perché dovrei lasciarmi scopare? È una cosa importante e la sto dando via…
- È solo una scopata! - gli spiega, - Il fatto che sia la prima, vuol dire solo che, a Dio piacendo, dopo ce ne saranno molte altre! Non saranno con me, ma saranno ugualmente piacevoli, magari anche meglio! - si ferma, ragionando per primo su quanto ha appena detto. - Capisci cosa intendo? - chiede, e il ragazzo sospira.
- Capisco solo che tutte le mie amiche hanno perso la verginità con ragazzi che amavano, e alcune ci stanno anche ancora insieme. - si lagna in un mezzo singhiozzo, - Perché invece per me deve essere squallido? Sarà così per tutta la mia vita? Ogni volta che mi tirerà il cazzo potrò solo farmi un solitario o venire in posti simili?
Giorgio si morde un labbro, piantandola per un secondo di provare a tirare su i morti con la mano fra le sue cosce e stendendosi al suo fianco, tenendosi sollevato su un gomito come farebbe se volesse guardarlo negli occhi.
- Senti, io non è che me ne intenda parecchio, - borbotta, - anche perché sono etero. - il ragazzo fa un verso incredulo e lui gli tira uno scappellotto sulla fronte, andando un po’ a intuito e prendendolo probabilmente sul naso fra le sue proteste, - Dicevo, io non me ne intendo, però, voglio dire, capita a tutti prima o poi di innamorarsi e avere anche il culo di essere ricambiati. Non è facile, però succede. Quando capiterà anche a te, non avrai bisogno di niente del genere. - sorride, - E poi, voglio dire, non deve essere per forza squallido anche stasera. Lo so che il posto è quel che è e tutto, ma possiamo anche renderlo dolce. Se fingiamo di essere altrove, per dire.
- …sì, certo. - borbotta quello dopo un’esitazione carica di ansia, - In un letto a baldacchino fucsia con il profumo di incenso e la musica celtica che viene fuori dalle casse alle pareti.
- Eh, ma anche tu, collabora! - dice Giorgio, stringendolo in un mezzo abbraccio, - Qui il buio non c’è solo per l’anonimato, ma anche perché così puoi immaginarti dove vuoi e con chi vuoi, no?
Il ragazzo solleva una mano, e Giorgio ne sente i polpastrelli freddi e un po’ tremanti contro la pelle subito dopo. Sembrano prendere le misure dei suoi lineamenti, memorizzarli in qualche modo, e le sue labbra si piegano in un mezzo sorriso proprio mentre l’indice e il medio del ragazzo le sfiorano in una carezza appena percettibile.
- Vorrei poter vedere te. - dice lui sovrappensiero. E poi, immediatamente, quasi volesse cancellare ciò che ha appena confessato, - Me lo dai un bacio?
Giorgio sospira, e quando pensa “finalmente”, chinandosi a baciarlo sulle labbra morbide, piene e un po’ umide, non è un finalmente del tipo “che palle, finalmente me lo levo di torno”, ma qualcosa di più simile a un “finalmente ce l’ho fatta”. Sa di conquista, ma è una conquista più dolce delle ragazze che riesce a portarsi a letto durante le sere di libertà - quando il sesso non l’ha già nauseato del tutto durante la settimana, s’intende - è una cosa più tenera, più genuina, perfino più pura, nonostante tutto.
Le labbra del ragazzo si schiudono sotto la pressione delle sue, e così fanno anche le sue gambe quando torna ad accarezzarlo fra le cosce, cercando il ritmo giusto e trovandolo quando si adatta alle spinte lente e un po’ languide del suo bacino.
- …è bello… - gli concede il ragazzo, sempre vagamente ironico, - Mi secca un po’ che dovrò per forza associargli un momento doloroso. - sospira. Giorgio ride, scivolando con le labbra lungo il suo collo.
- Non per forza. - risponde, - Voltati un po’.
- Senti, “voltati un po’” lo dici a tua sorella, chiaro? - protesta lui, ma si lascia comunque ribaltare sul materasso e piegare in avanti, mantenendo il bacino sollevato. - Oddio ma che è? È una posizione oscena! - dice, nascondendo il viso fra le lenzuola.
- Allora è una fortuna che tu non possa vederti. - commenta Giorgio, accarezzandogli la schiena seguendo il disegno della spina dorsale sottopelle, - E una sfortuna per me, ovviamente.
- Ora non fare lo splendido, per carità. - continua a borbottare lui, e Giorgio ride ancora, stupito da quanto tutto ciò sia diverso da tutte le altre volte in cui si è ritrovato a scopare con uno sconosciuto in una situazione simile.
- Facciamo che la tua verginità non me la prendo. - dice, chinandosi sul suo orecchio, - Faremo finta di sì, e in realtà la conservi per quello giusto. Ti piace come idea?
Il ragazzo rabbrividisce contro di lui, e solleva il capo, come cercando di guardarlo.
- E come…? - comincia, ma Giorgio lo interrompe subito, riprendendo ad accarezzare la sua erezione ormai svettante fra le gambe.
- Tu fidati. - gli dice, - Ti fidi?
Il ragazzo si prende un po’ di tempo, prima di rispondere.
- È assurdo, perché io non mi fido praticamente di nessuno, a stento di mio padre… - dice un po’ incerto, - Ma sì.
Giorgio sorride, continuando ad accarezzarlo e poggiandogli una mano sul fianco per tenerlo fermo.
- Bene. - dice compiaciuto, - Allora lasciami fare.
Quando prende a scivolare lentamente fra le sue natiche, il ragazzo si irrigidisce subito, e poi comincia a rilassarsi seguendo il ritmo delle sue carezze, che poi è lo stesso delle sue spinte. Giorgio si muove piano, si fa sentire su ogni centimetro della pelle sensibilissima attorno alla sua apertura, senza però mai forzarla. La sua erezione non trova quasi il minimo attrito, perché - oh, cazzo, ma è senza preservativo - il liquido preseminale sta già provvedendo da sé a lubrificare ciò che deve, ed è piacevole sentirsi scorrere così facilmente addosso a lui - chissenefrega del preservativo - soprattutto visto che ad ogni suo movimento corrisponde una spinta del bacino del ragazzo ed un suo mugolio sempre più soddisfatto mentre, piano, si avvicina all’orgasmo.
Quando stringe la presa attorno al suo cazzo e pompa con più forza, perché si sente vicino e non esiste venire prima di lui, per una questione di principio e anche di professionalità, lo sente trattenere il respiro così a lungo, ma così a lungo che quasi ha paura possa soffocare, e poi quel momento di immobilità surreale si scioglie in un singhiozzo e nel suo orgasmo fra le sue dita, mentre tira le lenzuola con tanta forza da staccarle dagli angoli e ammucchiarle tutte sotto il suo petto, portando le mani al cuore. Giorgio si stende sopra di lui quando gli viene addosso, e può sentirlo martellare fortissimo attraverso la schiena, sotto la sua pelle così sottile, e tenera, e calda. Le punte dei suoi capelli si sono appiccicate alla nuca e gli solleticano il naso quando si solleva a baciarlo appena proprio alla base del collo, una specie di segnale per dirgli che è tutto finito adesso, e che spera lui capisca anche se non l’hanno mai codificato.
Lui lo capisce, perché riprende a respirare normalmente e dopo un po’ si volta sulla schiena. È strano come il corpo di Giorgio si faccia automaticamente da parte e poi si accomodi per fargli spazio e permettergli di sistemarsi sul suo petto.
- Non penso che ci verrò più, in un posto simile. - biascica, - Non è che non mi sia piaciuto con te, è che proprio è il posto che mi mette a disagio. Figurati, appena sono entrato dopo tre metri mi hanno messo una mano sul culo.
Giorgio ride, prendendo automaticamente ad accarezzargli i capelli, in un gesto del tutto inconscio.
- Da queste parti succede, lo metti in conto. Poi, se sei carino specialmente.
- …non mi hai visto. - gli fa notare lui, quasi deluso, - Non puoi dire se sono carino o meno.
- Ti ho sentito. - ribatte Giorgio con sicurezza, - Sei carinissimo.
Il ragazzo si lascia sfuggire una mezza risata soffice fra le labbra, e poi resta lì a farsi coccolare, senza dire una parola di più. Giorgio sa che non dovrebbe addormentarsi sul lavoro, sa che probabilmente arriverà tardi all’appuntamento con Giovanni e che questo gli darà un buon motivo per detrargli qualcosa dalla paga giornaliera, ma si lascia cullare dal profumo da ragazzina che ormai è riuscito a invadere l’aria tutta intorno a lui e chiude gli occhi, dicendosi che ad un paio di numeri di qualche manga può rinunciare, per questo mese. Recupererà il prossimo.
*
Maicol è così straordinariamente emozionato che non gli stringe nemmeno la mano, no, gli salta direttamente addosso e lo abbraccia stritolandolo pure con forza, neanche fosse un peluche, subito dopo essersi presentato.
- Che figata! - dice, dopo essersi allontanato da lui, - Dio mio, che figata! - ripete, cominciando ad aggirarsi per la casa in mezzo agli altri, saltellando felice, - Dio, non ci posso credere, non ci posso credere!
Giorgio lo osserva muoversi in tondo e toccare tutto, e ride un po’. Il profumo di more gli solletica il naso solo per un istante. È sufficiente a farlo sentire rilassato, e poi se lo dimentica, e comincia a mescolarsi con gli altri.
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