Alla fermata del tram, oggi - mentre tornavo a casa all'una, con l'autunno intorno - è arrivato un pullman che non dovevo prendere. Si è fermato davanti a me, in corrispondenza del finestrino, e i vetri hanno fatto da specchio.
Mi sono vista riflessa, come spesso succede - mi sono guardata, come faccio sempre.
Senza sorridere.
Avevo il giubbotto nero che ho comprato in quinta liceo, e lo zaino azzurro/violetto dell'invicta che sarebbe di mia sorella. Jeans, la sciarpa di Fata. La cuffia di lana in mano.
Non dimostravo più di diciott'anni.
Sono rimasta a studiarmi - a studiare lo scazzo di Ash sfumato sul mio volto - cercando di capire se davvero negli ultimi quattro anni non è cambiato neanche un lineamento. A cercare tracce di una maturità raggiunta - di una donna, invece che una ragazzina.
Non so cosa contribuisca maggiormente all'effetto.
Se sia l'altezza - il fatto che lo sono, *piccola* - o se si tratta del taglio degli occhi. Della bocca, degli zigomi. Se il fatto che non mi trucco mai.
Se sia altro - qualcosa che non riesco ad afferrare. A definire.
Perché poi l'atteggiamento da bambina non è. Non credo.
E non è neanche esatto dire che ci sia discrepanza tra quello che ho dentro e quello che sembro fuori, perché così non è. Nel modo più assoluto. Perché sento di *essere* quella ragazzina - ha gli occhi giusti, e le giuste labbra. Ha addirittura la giusta *altezza*.
Eppure, che un contrasto ci sia è innegabile.
Altrettanto profondamente evidente.
Ho preso 30, alla fine, comunque.
*rolling-eyes*
11/12 la tesina, 29.9 la media complessiva, 30 l'approssimazione per eccesso.
Keith come al solito non mi permette di dimenticare nessun particolare, quanto a questo.
E probabilmente sarei felice - soddisfatta lo sono, credo - non fosse che mi è piovuta addosso questa strana nostalgia. La malinconia della pioggia che aspetta di cadere, forse. Il grigio del cielo, che fodera la giornata.
La realtà è che sono stanca.
Stanca nel senso che avrei bisogno di dormire per qualche settimana di fila, probabilmente, per recuperare tutto il sonno e smaltire la tensione; e stanca perché è più di una settimana che praticamente non scrivo.
Stanca perché ho un po’ voglia di piangere, e triste non lo sono.
Stanca perché è stanca la ragazzina che mi guarda dallo specchio.
E perché, in fondo, anche concedersi di esserlo - in questa maniera languida, di nostalgia un po’ sonnolenta - è un piacere.
(Comunque.
Credo mi stia tornando la voglia di imparare il Portoghese.
*rolling-eyes*
E calcolando tutte le cose che già *devo* fare, ciò è inquietante…
A meu favor
Tenho o verde secreto dos teus olhos
Algumas palavras de ódio algumas palavras de amor
O tapete que vai partir para o infinito
Esta noite ou uma noite qualquer
A meu favor
As paredes que insultam devagar
Certo refúgio acima do murmúrio
Que da vida corrente teime en vir
O barco escondido pela folhagem
O jardim onde a aventura recomeça.
Alexandre O'Neill
A mio favore
Ho il verde segreto dei tuoi occhi
Alcune parole d'odio alcune parole d'amore
Il tappeto che partirà per l'infinito
Stanotte o una notte qualsiasi
A mio favore
Le mura che insultano passo-passo
Sicuro rifugio sopra il mormorio
Che ancor venga vita dalla vita in corsa
La barca nascosta dal fogliame
Il giardino dove l'avventura ricomincia.
Del resto.
Almeno c'è il Surrealismo come costante.
In questo caos di stimoli e suggestioni, è pur sempre qualcosa…
*rolling-eyes*)