Il cristallo, sempre sul punto di frantumarsi

Oct 26, 2009 15:06



Yo fui

Columna ardiente, luna de primavera,

Mar dorato, ojos grandes.

Busqué lo que pensaba;

Pensé, como al amanecer en sueño lánguido,

Lo que pinta el deseo en días adolescentes.

Canté, subí,

Fui luz un día

Arrastrado en la llama.

Como un golpe de viento

Que deshace la sombra,

Caí en lo negro,

En el mundo insaciable.

He sido.

Luis Cernuda


(Io fui

Colonna ardente, luna di primavera,

Mare dorato, occhi grandi.

Cercai quel che pensavo;

Pensai, come all'alba in un sonno languido,

Ciò che il desiderio dipinge in giornate adolescenti.

Cantai, salii,

Fui luce un giorno

Trascinato nella fiamma.

Come un colpo di vento

Che disfa le ombre,

Caddi nel nero,

Nel mondo insaziabile.

Sono stato.)

Credo sia il riferimento agli 'occhi grandi' a commuovermi più di tutto. Perché davvero, è l'immagine perfetta di lui bambino.

(Amore? Vai qui. Non ti fa un effetto pauroso questa poesia unita a quelle immagini?)

Alberti parla anche di lui, comunque, nell'Albereto perduto.

Non molto, perché non credo si frequentassero davvero.

Ma.

‹‹Durante quella breve permanenza a Siviglia, conobbi i giovani poeti che si raccoglievano intorno alla rivista Mediodía. Entusiasti, eroici, in mezzo all'indifferenza frivola e chiassosa della capitale andalusa. Ricordo ora Collantes de Terán, Rafael Porlán y Merlo, Justo Sierra, Rafael Laffon, Romero Marube… Tutti con l'aria di giovani toreri sivigliani, di cuadrilla poetica, già addestrata nel migliori stile di quell'arena letteraria spagnola, ogni giorno più larga e brillante. C'era anche Adriano del Valle, poeta naufrago dell'ultraismo, trasformato in cultore di splendenti giardini ultrabarocchi.

E Luis Cernuda.

Bruno, magro, finissimo, elegantissimo, accuratissimo. Poche parole ci scambiammo quel giorno. (E pochissime, più tardi, in tanti anni di amicizia). Venni a sapere che abitava nella calle del Aire. Cosa straordinaria per il poeta che era già allora e che sarebbe diventato!

La Imprenta del Sur di Malaga stava per stampare il suo primo libro. Il titolo? Perfil del aire, profilo dell'aria. Nessuno avrebbe saputo fare meglio il proprio autoritratto. Conoscevamo già alcune delle sue poesie. Decime o strofe eptasillabiche d'una rara perfezione di linea. Nitidezza. Trasparenza.

Si volle, all'inizio, mettere in rapporto questa poesia con quella di Jorge Guillén. Ma ben presto i ricercatori di analogie rimasero beffati e delusi. Cernuda aveva aperto gli occhi nella calle del Aire, e il suo canto, ancora rinchiuso e ingabbiato nei fili sottili d'una decima, innalzava nel suo volo fremiti e musica del sud, ed era diverso da quello del poeta castigliano. Cernuda era il cristallo, sempre sul punto di frantumarsi. Guillén il solido marmo, elevato a colonna.

Attraverso quell'aria che si fendeva nell'Aria, il sivigliano doveva uscire un giorno verso il cuore del sogno, incontrandosi con il delicato e melanconico sogno di un altro poeta della sua terra: Gustavo Adolfo Bécquer, e si sarebbe fermato per un certo tempo, lucido abitatore dell'oblio, in quella dimora. Poeta "più andaluso e universale" - come voleva Juan Ramón Jiménez - non vi fu mai a Siviglia. ››

E dovrò parlare meglio di questo libro - perché è straordinario rileggere il programma di letteratura spagnola dell'anno scorso nel percorso autobiografico di uno dei suoi protagonisti più originali, ed è straordinario trovare quei personaggi vivi. E le strade, gli ambienti. Gli snodi degli stili e dei pensieri.

Ma questi sono giorni volti a Cernuda, e questa pagina mi ha lasciato un groppo in gola. Perché è un ritratto delicatissimo, del ragazzo che era. E perché la definizione che Alberti dà di lui come poeta è stupenda: un cristallo sempre sul punto di frantumarsi.

Fragilità e trasparenza, in una forma tondeggiate.

Ieri sera, prima di addormentarmi, riflettevo su quanto diverse siano le anime di questi artisti - cercavo immagini che sapessero rappresentarmeli.

E pensavo che Alberti è come una parete di calce bianchissima, su cui si infrangono i raggi del sole. È un porto di mare, anche quando scrive di angeli. Qualcosa di preciso e libero insieme.

La poesia di Cernuda è un pezzo di vetro addolcito dalla corrente. Con spigoli smussati, asprezze ridotte. Trasparenze cui l'acqua dona colori diversi.

E Lorca è qualcosa di scuro. Di vivo ed urgente - un dolore che ami, un sapore.

Forse la farfalla annegata nell'inchiostro di Poeta en Nueva York. O forse uno qualunque dei volti del suo amore oscuro. Impossibile da definire - impossibile, per ora, almeno per me, da visualizzare.

Ed è strano quanto siano differenti, in effetti.

È strano pensare che a loro tre, prima o poi, dovrò aggiungere anche Aleixandre.

E cambiare le formule.

Trovar nuove figure.

(La percentuale di andalusi tra i poeti di Spagna comunque continua a lasciarmi allibita. *rolling-eyes*)

writer | rafael alberti, spagnolo, writer | luis cernuda, poesia

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