Premessa doverosa: non sono una critica di musica, non ho mai fatto recensioni per un disco e l'unico campo in cui posso dire di capirci qualcosa è quello canoro. Quelle che seguono sono semplicemente le mie impressioni e pensieri soggettivi su un album che aspettavo da mesi e che grazie al potere di internet, ho potuto ascoltare prima del suo rilascio ufficiale. Ecco a voi!
Immaginatevi la scena: avete digiunato a lungo e, per un qualche miracolo, vi è finalmente concesso di sedervi a tavola. Vi viene detto che verranno serviti tutti i vostri piatti preferiti: avrete tutti gli antipasti, primo, secondo e dessert che volete. Arrivano gli antipasti e ve li spazzolate, perché non ci vedete più dalla fame. Arriva il primo piatto (la sottoscritta immagina un bel piatto di lasagne con besciamella colante) e lo divorate. Arriva un altro primo piatto. Mangiate anche quello. Arriva un secondo. La fame non vi sembra più così grande e mangiate qualcosa con poca convinzione, ma vi sforzate di farlo perché, cavolo, come si può dire di no ad una bistecca alta due dita con tanto di patatine? Arriva un altro secondo. Cominciate ad avere lo stomaco pesante. Chiedete un bicchiere d’acqua, vi concedete un po’ di riposo per digerire quei cinque involtini primavera che avete ingurgitato come antipasto, ma poi non riuscite che a mangiare qualche boccone. Forse vi berrete un sorbetto giusto per stare sicuri da non stare male, ma l’odore di cibo che arriva da lontano, quello che prima sembrava fantastico, ora vi dà la nausea.
Il mio primo approccio con Silverthorn, il nuovo album dei Kamelot, è stato molto simile.
Voi sapete quanto adori i Kamelot. Okay, adoro Roy Khan e a casa mia ho un altarino con il suo poster davanti a cui mi inginocchio ogni sera (no, questo non è del tutto vero, in realtà ho il poster targato 2007 di tutta la banda, ma mi avete capito), ma ho sempre apprezzato la loro musica, e negli ultimi tempi ho avuto modo di imparare ad apprezzare il nuovo vocalist, Tommy Karevik. Perciò mi sono preparata ad ascoltare questo album con la mente sgombra da pregiudizi: Roy si è ritirato, mi sono ripetuta, hai ascoltato Sacrimony e ti è piaciuta, Tommy è un bravo vocalist, i ragazzi dei Kamelot sono in forma, perciò vai tranquilla.
E così sono andata. Ma dopo il primo ascolto la mia sensazione è stata quell'odiosa pesantezza che si ha alla fine di un pasto luculliano come quello che ho descritto sopra. Ho dovuto ascoltare tre volte Silverthorn per riuscire a mandarlo giù piano pano e a capire che non sarei mai arrivata a lanciarlo fuori dalla finestra. Alla fine questo album mi è piaciuto, sì, ma ci sono parecchi motivi per cui, nella mia classifica personale, non è l’album migliore del gruppo, come invece tutti vanno dicendo. Per me questo primato spetta a The Black Halo, seguito a ruota da Epica, ma questo è un altro discorso.
Tornando all’album, Silverthorn è una storia che ruota attorno alla figura di Jolee, una bambina annegata a causa di un incidente provocato dai suoi fratelli, due gemelli; la sua morte provocherà una catena di disgrazie a non finire nella sua famiglia, che Jolee continua a guardare dall’aldilà come angel of Afterlife, mentre i due fratelli vivono nel rimorso e chiedono continuamente il suo perdono per poter tornare a vivere. Questo è ciò che ho capito dalle lyrics (quel poco che ho capito) e dal video di Sacrimony. Ancora una volta i Kamelot tornano ad occuparsi di concept album e, diamogliene atto, hanno tentato di costruire qualcosa di originale; ma se il risultato di questo sforzo è un album dove un personaggio (o due) non fa altro che ripetere, in modi più o meno variegati, “sorella mia perdonami”, beh, ragazzi miei, non ci si poteva sforzare un po’ di più? Un po' di varietà, argomenti diversi, eccetera eccetera? Se penso a quelle canzoni capolavoro dentro ad Epica e The Black Halo… Scusate, dimenticavo, lì c’era Roy a scrivere le lyrics, passiamo avanti.
(Va bene, ho deciso che per il momento terrò in sospeso il fattore storia; mi sono ricordata, mentre scrivevo, che nella limited edition dell’album c’è un booklet che dovrebbe approfondire la trama e le canzoni, quindi aspetto di saperne di più per sferrare altri colpi contro la storyline)
Passiamo alle canzoni. L’antipasto del disco, molto gustoso, è Manus Dei, una opening che si collega direttamente a Sacrimony. Manus Dei è una gran bella traccia d’apertura, con tanto di cori in latino e ritmo potente, in pieno stile Kamelot, ed i Kamelot hanno visto giusto nello scegliere Sacrimony come singolo da lanciare: chorus orecchiabile, durata molto breve, duetto con Elize Ryd (Jolee adulta) e Alissa White-Gluz (la controparte oscura di Jolee?) e musica trascinante. Ho personalmente trovato inutile l’inserto della versione distorta di Ring a ring o’ roses, cantato da un coro dei bambini, alla fine della traccia; invece di suonare creepy a me ha rotto abbastanza le scatole.
Seguono Ashes to ashes e Torn, i miei due primi piatti. Non mi vergogno ad ammettere che al primo ascolto del disco, dopo queste due canzoni, boccheggiavo. Secondo me i Kamelot hanno deciso di esagerare un po’ troppo con i killer solos e chitarre a non finire, cose che all’inizio mi hanno reso queste tracce un po’ difficili da mandare giù. Senza contare che all’inizio mi sembravano davvero molto, molto simili. Ora, forse ero un po’ di fretta, forse ero un attimo incasinata di mio, però voglio fare presente una cosa: un concept album non deve per forza avere tracce che non si distinguono l’una dell’altra solo perché è un concept album e quindi devono seguire un’unitarietà di fondo. Mettete Serenade e March of Mephisto, tratte dallo stesso concept album: vi sembrano identiche? Appunto. Al secondo ascolto del cd è andata meglio, ed ho imparato a distinguerle per bene, ma per me queste canzoni rimangono abbastanza trascurabili.
Segue Song for Jolee, la ballad che è uno dei veri gioiellini dell’album: è stata la traccia che, according to Thomas Youngblood, ha fatto ricadere la scelta definitiva del vocalist su Tommy. Dopo averla ascoltata è facile immaginare perché. Questo ragazzo, oltre ad avere un’estensione vocale notevole, scrivere lyrics e non aver mai seguito un corso di canto in vita sua (ebbene sì, ‘sto vigliacco canta benissimo senza aver mai seguito una sola lezione…), mette dentro le canzoni che canta un’energia pari a quella di Roy, una tensione drammatica che si avvicina molto a quella del mio norvegese preferito. E si sente.
(Dopo tante belle cose, però, lasciatemi dire una piccola cattiveria: Roy, puntiglioso com’è, non avrebbe mai ripetuto la parola light in tre versi consecutivi; come lyricists la triade Thomas/Oliver/Tommy ha ancora parecchio da lavorare, specie sui sinonimi)
Quindi la ballad è promossa a pieni voti. Siamo un po’ lontani dal definirla superiore ad Abandoned, però è molto bella da sentire ed ha un suo fascino discreto.
Seguono a ruota Veritas, My confession e Silverthorn. Le prime due sono tracce che ho apprezzato molto, anche perché qui (soprattutto in Veritas),Tommy mostra tutta la sua incredibile versatilità vocale, capace in più occasioni di sfiorare il growl - cosa che aveva fatto anche Roy in una versione live di The Great Pandemonium. Veritas è impreziosita anche da un inserto molto dolce di Elize accompagnata dalla pianola di Oliver, che inframmezza la canzone in due metà, prima di ripartire con un chorus che rimane in testa come niente: you will kneel before me and you will confess that I’m god mi ha fatto sorridere, forse perché mi ha ricordato un po’ il buon Mephisto (che secondo me ancora si diverte a comparire negli album dei Kamelot da Epica in poi…). My confession ha una delle intro migliori del disco, grazie alla presenza delle Eklipse, un quartetto di strumenti ad arco, prima delle chitarre di Thomas e Sean, ed anche se perde un po’ rispetto alla precedente canzone, rimane comunque una delle canzoni che trovo più convincenti dell’album.
La title track, invece, per me è stata uno dei pezzi più difficili da ascoltare. Ancora adesso, nel mio Ipod, la salto direttamente. Personalmente credo che dopo due canzoni “difficili” come Veritas e My confession ci fosse bisogno di una canzone meno tesa, come è poi Falling Like the Fahrenheit (un minuto di silenzio per la scelta del titolo di questa canzone. Davvero). Ma i Kamelot hanno voluto buttarci dentro un’altra canzone dello stesso stampo delle prime due; se non fosse per la performance vocale di Tommy, per me finirebbe tranquillamente nel dimenticatoio. Falling Like the Fahrenheit è la tipica power ballad che di solito i Kamelot mettono in un disco accanto alla “normale” ballad, con ancora la partecipazione di Elize, ma devo dire che come canzone non mi ha colpito particolarmente.
Solitaire, invece, è una delle tracce che mi ha colpito di più. Oltre al ritmo quasi orientaleggiante (forse non è proprio orientale, però qualcosa me l’ha ricordato) ho apprezzato molto l’accompagnamento della sola pianola alla voce di Tommy poco prima del ritornello ed il ritmo serratissimo della batteria del buon Casey Grillo durante il chorus, trascinante più di quello di Sacrimony. Malgrado non sia una delle tracce più corte, è una di quelle che scivolano meglio giù per le orecchie dell’ascoltatore. I Kamelot si sono tenuti sul semplice, diciamo così, senza caricare di preziosismi ed appesantire la musica, e devo dire che la canzone non ha che da guadagnarci.
L’ultima vera canzone del disco è Prodigal Son. A partire da Karma, con la famosa Elizabeth, i Kamelot hanno sempre inserito una canzone di durata maggiore rispetto alle altre, diciamo sui dieci minuti, e Prodigal Son è esattamente questo. Qui la voce di Tommy dà il meglio di sé: all’inizio della canzone Tommy si muove agevolmente sulle note alte, con una naturalezza che mi ha fatto urlare “ROY!” a pieni polmoni; è stato uno dei momenti in cui ho sentito di più la somiglianza vocale fra i due, ed è stato anche abbastanza commovente. La canzone comincia su note d'organo e bisbigli di sottofondo per un buono minuto, prima che la voce di Tommy si faccia sentire, cantando acappella, con un coro maschile a fargli da eco; la musica vera e propria comincia più tardi con una sola chitarra acustica, prima che tutti gli altri strumenti si uniscano a lei e le cose si movimentino di più. Malgrado la durata, questa traccia riesce a mantenere bene alta l’attenzione fino alla fine. Pur non facendo gridare al miracolo (ma, sarò sincera, nessuna delle canzoni qui presenti è riuscita a farlo) è una delle tracce più belle presenti in Silverthorn.
Su Continuum… Eh. L’outro del disco ha una durata di quattro minuti e qualcosa, ma di vera musica ce n’è sì e no la metà. Questo perché, dopo una bella parte corale, la traccia scivola nel silenzio, per rimanerci fino a poco meno di un minuto dalla fine. Vi assicuro che ho provato non so quante volte ad alzare il volume delle cuffie perché non capivo se la canzone fosse realmente così oppure ci fosse qualche problema tecnico. Ancora devo capire perché ci sia quel minuto di silenzio a caso, seguito da un assolo di piano che potrebbe benissimo non esistere (e che quasi nessuno avrà ascoltato, su questo ci scommetto), visto che la canzone avrebbe potuto benissimo finire dopo il coro. Oh, beh. Chi sono io per penetrare la psicologia di codeste persone?
Alla fine di tutto questo, che si può dire? I Kamelot hanno detto che sarebbero tornati, con Silverthorn, ad un album più simile a The Fourth Legacy che a Poetry for the Poisoned. In Poetry i Kamelot hanno sperimentato, e per questo li ho adorati, ma ora sono tornati a fare un passo indietro, ributtandosi su formule che in passato hanno già collaudato - ed essendo un po’ ripetitivi in un paio di canzoni. Questo, come fan, la cosa può intristirmi, ma da una parte sono felice che non si siano buttati nel progressive più totale come è successo agli Epica, che nell'ultimo album si sono "snaturati" rispetto ai loro dischi passati. In definitiva l’album mi è piaciuto ed ho potuto apprezzarlo solo dopo essermi ascoltata più e più volte le canzoni, ma definirlo un capolavoro è un’esagerazione. È un bell’album di partenza per Tommy, che ha dimostrato di essere capace di tenere tra le mani il lascito di Roy, e per la band, ma difficilmente potranno produrre un lavoro più ispirato e perfetto di Epica e The Black Halo.
Canzoni che vi consiglio di ascoltare:
- Manus Dei + Sacrimony
- Song for Jolee
- Veritas
- Solitaire
- Prodigal Son
E questo era tutto. See ya, folks!