Titolo: A birthday present for you and pleasure for me
Rating: Rosso
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale
Personaggi: Gaku Yamasaki, Noriaki Haru, Seraph Rodewald, Theoderich Heimbrecht
Wordcount: 2478 (
fiumidiparole)
Prompt: 20 Clothes / 007. Abiti in pelle/lattice @
kinks_pervsNote: Drunk!sex, First time, Lemon, Self!love, Yaoi.
Qui per maggiori informazioni sul pairing.
«Dai, provali» intervenne Gaku conciliante «Non ti costa niente in fondo, no?».
«Uhm... sì, è vero» convenne dopo qualche momento il diretto interessato. Con movimenti esitanti iniziò a spogliarsi: si slacciò la cintura marrone e la posò sullo schienale del divano, poi si abbassò i pantaloni, denudando le gambe pallide.
Gaku, nell’osservargli le cosce, ebbe l’impressione che avesse messo su un po’ di peso dall’ultima volta che s’erano visti, mentre semplicemente il suo compagno constatava con una punta d’invidia che il suo fisico non proprio magrolino gli dava ancora di più un aspetto da bambino.
Con un certo disagio il neo-diciannovenne aprì la zip dei suoi nuovissimi pantaloni in pelle e li infilò, tirandoli su pian piano per timore di scucirli: era fortemente convinto che fosse troppo grasso per entrarci e non voleva rovinarli.
Seraph forse avrebbe potuto restituirli.
Contro ogni sua previsione, sorprendentemente, riuscì ad indossare i pantaloni, che gli aderivano alle gambe come una seconda pelle, mettendo in vista ogni particolare del suo fisico dal bacino in giù.
Persino la zip non oppose resistenza quando arrivò a chiuderla.
Si guardò e storse leggermente la bocca, in dubbio.
«Come... sto?».
«Mmmh... siete sicuri che siano davvero per me?».
«Errr...».
Noriaki si allungò a prendere il biglietto dal pacco ormai aperto, l’aprì e lo lesse con attenzione, come se temesse che tutto ciò fosse uno scherzo di pessimo gusto.
Invece no.
«Sì, è per te» disse, poi aggiunse, alzando gli occhi sul ragazzo: «Da parte di Seraph».
Gaku, seduto accanto a Noriaki, lanciò un’occhiata al divanetto alle spalle di Theoderich, dal quale faceva capolino, da dietro lo schienale, la mano del suddetto, che s’era dovuto sdraiare a causa della sbronza colossale che s’era preso.
Per quell’occasione speciale la passione per la birra che gli avevano trasmesso i geni tedeschi che aveva ereditato da suo padre era riuscita a prevalere sulla moderazione ed il raziocinio che gli venivano dai geni inglesi della madre.
Be’, non capitava mica tutti i giorni che Theoderich compiesse diciannove anni. Era un’occasione da festeggiare come si doveva, visto che avevano anche invitato Gaku e Noriaki - conosciuti quando andavano ambedue alle scuole superiori - solo che si era lasciato trasportare un po’ troppo.
Su di lui si fissarono pure gli occhi degli altri due.
Noriaki non riusciva a capire come mai proprio da parte sua fosse arrivato un regalo del genere, che - nel suo immaginario - vedeva più adatte persone tipo Gaku a regalare alla loro “anima gemella”.
«Eh...?».
Simile ad un cadavere rianimato, Seraph si mise lentamente seduto facendo leva sullo schienale, spostando lo sguardo verso il tavolo.
Gli occhi verde-azzurri erano semichiusi e l’espressione confusa e stanca che si leggeva sul suo viso la diceva lunga su quanto in sé fosse.
«Mi avete chiamato...?» borbottò piano.
Theoderich si chiese se ci fosse stato un errore, contemplando il capo d’abbigliamento che aveva tra le mani, un paio di stretti pantaloni di pelle nera e liscia con giubbotto abbinato - ancora piegato e appoggiato tra i resti della carta da regalo. Insomma, Seraph lo sapeva bene che a lui non piaceva indossare vestiti stretti. L’unica cosa che faceva eccezione era l’intimo, ma per il resto vestiva sempre con abiti larghi.
Gaku osservava i pantaloni in silenzio, indisturbato, fantasticando su come sarebbe stato carino il suo Noriaki con quelli addosso.
In effetti, all’insaputa degli altri due, era stato proprio lui a suggerire a Seraph di regalargli degli abiti stretti quando, incontrandosi per caso al supermercato, gli aveva esposto il suo problema circa cosa regalare al più giovane per il compleanno.
«Tanto per cambiare, non si veste sempre con vestiti di una o due taglie più grandi?» gli aveva detto quando gliel’aveva proposto e gli era sembrato pure di scorgere - se non ricordava male - una specie di luce lussuriosa accendersi nei suoi occhi chiari, segno evidente che l’idea gli piaceva anche per motivi di gusti prettamente personali.
Occorse qualche attimo a Rodewald perché riuscisse a mettere a fuoco l’immagine dei pantaloni che pendevano tra le mani del moro.
Quando ci riuscì, un sorriso compiaciuto gl’increspò le labbra.
«Perché non ti togli quei pantaloni vecchi e larghi e ti provi quelli...?».
Theoderich arrossì violentemente.
«M-ma... sono troppo stretti!» protestò ad alta voce, avvicinandosi a lui.
Quest’ultimo si lasciò ricadere steso all’indietro, coprendosi gli occhi con l’avambraccio destro.
«Non urlare, Theoderich... per favore» sussurrò.
L’altro passò indeciso lo sguardo dal capo d’abbigliamento al biondo, come se fosse posto innanzi ad una scelta dal cui esito sarebbe dipesa la sua stessa vita.
A Noriaki un po’ faceva tenerezza vedergli in viso quell’espressione indecisa e fanciullesca nonostante l’età.
«Dai, provali» intervenne Gaku conciliante «Non ti costa niente in fondo, no?».
«Uhm... sì, è vero» convenne dopo qualche momento il diretto interessato. Con movimenti esitanti iniziò a spogliarsi: si slacciò la cintura marrone e la posò sullo schienale del divano, poi si abbassò i pantaloni, denudando le gambe pallide.
Gaku, nell’osservargli le cosce, ebbe l’impressione che avesse messo su un po’ di peso dall’ultima volta che s’erano visti, mentre semplicemente il suo compagno constatava con una punta d’invidia che il suo fisico non proprio magrolino gli dava ancora di più un aspetto da bambino.
Con un certo disagio il neo-diciannovenne aprì la zip dei suoi nuovissimi pantaloni in pelle e li infilò, tirandoli su pian piano per timore di scucirli: era fortemente convinto che fosse troppo grasso per entrarci e non voleva rovinarli.
Seraph forse avrebbe potuto restituirli.
Contro ogni sua previsione, sorprendentemente, riuscì ad indossare i pantaloni, che gli aderivano alle gambe come una seconda pelle, mettendo in vista ogni particolare del suo fisico dal bacino in giù.
Persino la zip non oppose resistenza quando arrivò a chiuderla.
Si guardò e storse leggermente la bocca, in dubbio.
Guardò gli altri due invitati con espressione dubbiosa, ma Noriaki rispose con un sorriso.
«Ti stanno bene» esclamò.
«Concordo» convenne Gaku, annuendo vigorosamente col capo.
Theoderich aggirò il divano e si posizionò davanti ad esso.
«Come... sto?» chiese.
Seraph aprì un occhio e lo guardò, ma in quel momento Theoderich si voltò e si chinò a raccogliere il bicchiere che Rodewald aveva lasciato sul pavimento nello sdraiarsi e al quale aveva inavvertitamente dato un colpetto col piede.
Il moro arrossì violentemente nel chinarsi: il bordo posteriore dei suoi nuovissimi pantaloni era sceso un po’ insieme a lui, scoprendogli parte del sedere, che lui avrebbe invece preferito tenere ben coperta.
Noriaki guardò altrove, provando una certa compassione nei suoi confronti, ma Gaku continuò a guardare. Sembrava quasi allietato dalla scena.
Seraph arrossì a propria volta: quei pantaloni lasciavano così poco spazio alla fantasia circa ciò che ci fosse al di sotto da essere quasi imbarazzanti. Ciononostante, l’effetto che ebbero su di lui fu solo quello di mettergli dentro un fortissimo bisogno di toccare il corpo di Heimbrecht, avere a portata di mano quelle chiappe tonde e cicciottelle.
Improvvisamente aveva bisogno di fare quel che con lui non aveva ancora fatto.
Non era veramente colpa sua, bensì dell’alcol: ogni volta che l’anglo-tedesco si ubriacava, la sua forza di volontà veniva meno ed era più vulnerabile agli impulsi sessuali che solitamente riusciva a bene a freno.
Il neo-diciannovenne si sentì cingere all’improvviso per il bacino da un paio di mani forti e trascinare da esse verso il divano: Seraph si era messo nuovamente seduto e stava attirando a sé l’altro con un sorriso che definire perverso era eufemistico.
«S-Seraaaph...?!» chiamò Theoderich, cercando di opporre resistenza, tirandosi il bordo dei pantaloni per non farli cadere.
L’altro se lo sistemò in grembo e gli sottrasse i pantaloni dalle dita, abbassandone un poco il lato posteriore.
«C-che...?» domandò il moro, confuso, tentando di fermarlo, ma Rodewald gli prese il polso e lo bloccò.
«Possiamo...? Solo per una volta...» gli sussurrò il più grande all’orecchio, accarezzandogli il ventre.
«C-cosa...?» fece Theoderich, senza capire, poi sentì la mano dell’altro scendergli dalla pancia al cavallo dei pantaloni, cominciando ad accarezzare lì dapprima con tenerezza ed una punta di possessività, poi con un pochettino più di forza.
Heimbrecht non aveva mai provato una sensazione di rilassamento e soddisfazione della portata di quella che provò in quel momento. Si addossò contro il petto del biondo dietro di lui, appoggiandogli la testa sulla spalla, mugolando di piacere.
I muscoli dei suoi arti erano completamente incapaci di muoversi. Se si fosse alzato, probabilmente non sarebbe riuscito a reggersi in piedi da solo.
Rodewald gli baciò il collo, mordicchiandolo qua e là.
«Seraph... n-non smettere, per piacere...» supplicò il moro, estasiato, strofinandogli il naso nell’incavo del collo.
Sembrava un gatto che faceva le fusa.
«Credo che per noi sia il momento di andare» esclamò all’improvviso Gaku, rivolto al compagno, che osservava allibito il divano, senza sapere che dire: aveva sempre pensato che quando erano loro due a fare sesso fosse qualcosa di decisamente osceno cui assistere, eppure guardare quei due farlo a loro volta l’aveva in un certo senso sconvolto.
«Aki...?» chiamò di nuovo Yamasaki «È la loro prima volta. Lasciamoli soli».
A quell’ultima aggiunta, Haru si voltò di scatto a fissarlo con cipiglio inquisitorio. Riuscì ad essere sufficientemente eloquente con quello sguardo da guadagnarsi la risposta del partner senza nemmeno aprir bocca: «Me l’ha detto Seraph qualche giorno fa che non l’avevano mai fatto».
«... per caso» soggiunse, in difesa sua e dell’altro, anche se Noriaki aveva la sensazione che non gliela stesse raccontando giusta.
All’acuirsi dei mugolii di Theoderich, però, si alzò dalla sedia.
«Ne riparliamo più tardi» assicurò, poi si rivolse agli altri due: «Noi... andiamo. Alla prossima... e ancora auguri, Theoderich!».
Senza nemmeno ricevere una risposta, Gaku e Noriaki se ne andarono chiudendo piano la porta di casa, per non disturbare i due piccioncini.
Seraph, nel frattanto, aveva ricoperto il collo del più giovane di baci ed aveva sganciato la zip dei suoi pantaloni, infilandoci dentro la mano per poterlo masturbare meglio.
Theoderich non riusciva a far altro che mugolare, talvolta sospirare, mentre sentiva una strana sensazione pervaderlo, strisciargli sottopelle nella zona del bacino e concentrarsi nel suo punto erogeno.
Sotto di sé, al cavallo dei pantaloni di Rodewald, sentiva qualcosa di duro e dritto premergli contro il sedere. Il biondo - a furia di masturbarlo - si era eccitato talmente tanto che la sua erezione era diventata ben percepibile anche attraverso il tessuto dei suoi jeans.
E, ubriaco com’era, non riuscì a resistere in quel modo ancora a lungo; difatti, dopo appena qualche momento, sollevò il diciannovenne e lo fece scendere, mettendolo in ginocchio sul pavimento.
Theoderich dovette fare uno sforzo per non cadere lungo disteso a terra: le gambe parevano non riuscire più a sorreggerlo.
Quando fu inginocchiato, Rodewald si ritrovò ad ammirare in tutta la sua magnificenza il sedere di Theoderich, che i pantaloni gli ricalcavano in ogni parte, mettendogli persino in risalto la linea tra le natiche.
«S-Seraph...?» domandò il giovane Heimbrecht, riacquistando per un attimo una parvenza di lucidità, arrossendo e mordicchiandosi un labbro: sentiva il tessuto tirare sul suo fondoschiena ed insinuarsi leggermente in esso.
Era una sensazione di assoluta scomodità, per non parlare della vergogna del mostrarsi così a Seraph: era fermamente convinto di non essere affatto bello e di non meritarsi il suo amore, benché fosse felice del sentimento che l’anglo-tedesco provava nei suoi confronti.
Nella sua personalissima concezione di sé stesso, il suo sedere e tutto ciò che non fossero polpacci e braccia doveva rimanere debitamente coperto. Nemmeno si sognava che Seraph agognasse da una vita il poterlo avere nudo a gemere tra le sue gambe mentre gli affondava dentro senza esitazioni.
Il moro sentì le mani dell’altro abbassargli ancora i pantaloni, e con essi anche i boxer, lasciandogli completamente scoperto il sedere. Rodewald gli accarezzò le natiche, pizzicandole qui e là, chinandosi a baciare la sinistra. Negli occhi aveva una strana luce di desiderio, ma anche un’ombra pressante di stanchezza data dall’alcol.
Seguì un momento di tregua, prima che Theoderich sentisse qualcosa di duro, grosso e dritto infilarsi nel suo sedere.
Lanciò un gridolino misto di piacere, sorpresa e spavento, cercando in qualche modo di sottrarsi, ma si sentì schiacciare a terra dal peso del compagno, che s’abbandonò contro di lui completamente - e non era proprio leggerissimo.
«Seraaaph, togliti...! Sei pesaaahn...!».
La frase svanì in un mugolio quando sentì il bacino dell’altro pigiare contro il suo fondoschiena, spingendo più all’interno la cosa - come la definiva lui, mancandogli i termini tecnici per identificarla - che gli stava dando una sensazione sempre più intensa e pressante di piacere e soddisfazione.
Più Seraph spingeva e più Theoderich si sentiva bene, ma al contempo provava la dolorosa sensazione di stare per aprirsi in due e di essere sul punto di esplodere per il piacere, ma sotto sotto era felice se era il biondo a dargli tutte quelle impressioni.
Non occorse molto perché il diciannovenne raggiungesse l’orgasmo.
Con un gemito particolarmente acuto e leggermente femmineo, Theoderich sentì il proprio pene bagnarsi di qualcosa di viscido e liquido che si riversò anche sul pavimento. Non aveva la minima idea di cosa fosse, ma il fatto che fosse schizzato fuori - benché non ne conoscesse né la provenienza né la natura - gli conferì un incredibile senso di sollievo, come se lo scopo di tutto quel che era accaduto da quando Seraph gli aveva toccato i genitali fino ad allora fosse stato unicamente quello.
Il rilassamento dei muscoli fu istantaneo e lo lasciò improvvisamente senza forze, un corpo abbandonato contro il pavimento.
«Per favore... Seraph, sei pesante...» borbottò quasi piangendo Theoderich, che adesso che era tutto finito cominciava a non sentire più le gambe per il peso eccessivo che sopportava all’altezza del bacino.
Seraph spinse una volta di più con più forza e raggiunse a propria volta l’orgasmo, venendo nel sedere di Heimbrecht, che gemette, sospirando rumorosamente per poi abbandonarsi di nuovo - e stavolta definitivamente - sul pavimento.
«Togliti... per piacere...» supplicò per l’ennesima volta il diciannovenne.
Fu in quel momento che Seraph uscì da dentro lui appagato: era la prima volta che facevano sesso e, nonostante il suo partner probabilmente non avesse neppure capito cos’era appena successo, l’aveva trovato bellissimo. Adesso aveva solo bisogno di riposarsi e di smaltire la sbronza. Si stese accanto al compagno respirando profondamente, portandosi un braccio a coprirsi la fronte, senza nemmeno preoccuparsi di sistemarsi né le mutande né i jeans.
Theoderich lo fissò, mettendosi in ginocchio, tirando i suoi nuovi pantaloni superaderenti in pelle per i lembi per coprirsi il sedere.
«Seraph...? Stai male...?» domandò, apprensivo, fissandolo.
«Mi... fa male la testa...» borbottò «E... ho la nausea...».
In realtà si sentiva dannatamente peggio di come avrebbe potuto sentirsi una persona con mal di testa e nausea soltanto: percepiva tutta una serie di strani sintomi annidati nel suo corpo che nel suo stato d’ebbrezza non riusciva ad identificare ma che contribuivano a farlo sentire uno schifo immenso.
«Dai, vai a letto, Seraph. Metto a posto io in cucina...» si offrì il moro, alzandosi lentamente in piedi.
«Mmmh... sei sicuro?».
«Sì, faccio io! Tu vai a letto e dormi»
«Mi... dispiace per prima...» si scusò il biondo, mettendosi faticosamente a sedere «Non dovevo...».
«Cosa?».
Theoderich sembrava essersi dimenticato di tutto.
«Quello... che abbiamo fatto...» spiegò Seraph, alzandosi, barcollando appena.
«Oh, quello... è stato... bello, sì!» rispose Heimbrecht, arrossendo ma sorridendo, annuendo con un cenno del capo.
«Solo...» esitò un momento, guardandosi le gambe «Io sto male con i pantaloni stretti...».
Quando rialzò gli occhi vide che Seraph si era già allontanato e sospirò: non l’aveva ascoltato.
Forse avrebbe dovuto dirglielo in un secondo momento, o forse avrebbe anche potuto tenere quei pantaloni per le “occasioni speciali”: dopotutto, sembrava che a Rodewald piacessero particolarmente.
Il mattino seguente, Seraph fu svegliato da timidi scossoni alle spalle.
«... raph...?» carpì, nello svegliarsi.
«Seraph...?».
La vocina che lo stava chiamando era di Theoderich ed il tono era piuttosto lamentoso e da bambino.
Si girò nel letto, voltandosi verso di lui, osservandolo con gli occhi ridotti a due fessure: era particolarmente stanco a causa della sbronza della sera prima, per cui desiderava dormire ancora un po’; tuttavia, diede ascolto ai richiami del più giovane.
«Sì...? Cosa... c’è?» biascicò, cercando di aprire meglio gli occhi per guardarlo.
Vide le sue guance rosse ed i suoi occhi blu-violacei guardarlo con supplica ed anche dolore.
«S-Seraph... è normale che mi faccia male il sedere...?» borbottò, tirando su col naso, come se stesse piangendo.
Seraph si svegliò d’un tratto ed avvampò per l’imbarazzo: che cosa doveva rispondergli...?
«Ehm...» borbottò, richiudendo gli occhi, facendo per riaddormentarsi, ma Theoderich lo scosse ancora.
«Seraph... mi fa male...» si lamentò «... perché...?».
«È... per colpa dei pantaloni...» mentì Rodewald, girandosi a dargli le spalle, sprofondando nel cuscino: che cosa doveva fare...?
Dirgli il vero motivo...?!