Titolo: Ma perché no?
Rating: Verde
Genere: Romantico, Slice of life
Personaggi: Gaku Yamasaki, Noriaki Haru
Wordcount: 2016 (
fiumidiparole)
Prompt: 25 Senses: Sound / 024. Romantic Duet @
casti_puriNote: Shonen-ai
«Perché cavolo dobbiamo uscire stasera...? Uffa, l’unica volta che non ha da lavorare al club...».
Noriaki, in piedi davanti allo specchio nascosto nella parte interna di una delle ante del suo armadio, stava cercando qualcosa di carino da mettere, come gli aveva espressamente richiesto il suo compagno.
«Vai a cercare qualcosa di elegante da mettere. Non vorrai uscire a cena fuori con quella camicia stropicciata, no?» gli aveva detto Gaku col suo solito fare ironico, sottolineando con particolare sarcasmo quel dannato “elegante”.
«Potevamo benissimo cenare in casa. Avevo pure già in mente tutto il menù...».
«Perché cavolo dobbiamo uscire stasera...? Uffa, l’unica volta che non ha da lavorare al club...».
Noriaki, in piedi davanti allo specchio nascosto nella parte interna di una delle ante del suo armadio, stava cercando qualcosa di carino da mettere, come gli aveva espressamente richiesto il suo compagno.
«Vai a cercare qualcosa di elegante da mettere. Non vorrai uscire a cena fuori con quella camicia stropicciata, no?» gli aveva detto Gaku col suo solito fare ironico, sottolineando con particolare sarcasmo quel dannato “elegante”.
«Potevamo benissimo cenare in casa. Avevo pure già in mente tutto il menù...» borbottò tra sé e sé, mentre indossava una giacca beige.
Si rimirò nello specchio e scartò il capo d’abbigliamento, infilandosi di nuovo nell’armadio in cerca di qualche altra giacca.
Aveva già indossato gli abiti che aveva reputato migliori per l’occasione: un paio di pantaloni neri, una camicia bianca stirata appena il giorno prima ed aveva anche messo un gilet marrone - visto che Gaku lo voleva elegante.
«Ora che ci penso, dovrei avere da qualche parte una giacca nera...» borbottò, mentre frugava nell’armadio «Ah, ecco!» esclamò soddisfatto, estraendo l’indumento dal guardaroba ed indossandolo.
«Davvero carino».
Noriaki sobbalzò udendo quel commento inatteso alle sue spalle e si voltò, inquadrando Gaku appoggiato sullo stipite della porta, le braccia incrociate sul petto e lo sguardo che vagava su di lui, esaminandolo. Era esattamente il tipo di espressione di chi si compiace di ciò che ha dinanzi - e non in senso propriamente puro.
«Si gode di un’ottima visuale da qui» sottolineò, lanciando deliberate occhiate al suo fondoschiena.
«Ah, Gaku...» esclamò Haru, abbassando gli occhi sul pavimento mentre sentiva un calore improvviso divampargli in viso.
Non poté fare a meno di assumere un cipiglio irritato: certi commenti, uniti alla sua improvvisa richiesta di cenare fuori, non lo aiutavano a migliorare il suo umore.
«Sei veramente carino» ribadì Gaku, avanzando nella stanza.
Aveva già avuto tempo e modo di cambiarsi: indossava una casacca bianca in stile "abito cinese" con le rifiniture nere, un paio di larghi pantaloni dello stesso colore che si chiudevano alla caviglia ed un paio di semplici ballerine nere - un tipo di scarpe che Noriaki trovava decisamente femminili che però indosso a lui non lo sembravano affatto.
I capelli neri striati di blu intenso - che di solito portava sciolti sulle spalle o legati in una morbida coda di cavallo - erano stretti in una elegante treccia appoggiata sulla sua spalla destra.
«Ah, cambi stile?» esclamò Noriaki, osservandolo «È strano vederti con qualcosa che sia diverso dai vestiti da strip dance».
Gaku si fermò davanti a lui, a pochissima distanza, mettendo in risalto la notevole differenza d'altezza che Haru ancora non riusciva ad accettare: benché fosse lui il più grande - e di ben tre anni rispetto all'altro - era più basso di una quindicina di centimetri.
«Per uscire con te ho deciso di indossare qualcosa di più raffinato» rispose il moro, accarezzandogli affettuosamente la testa.
«E-ehi» esclamò Noriaki, spostandogli la mano con impeto, indignato «Smettila. Mi fai sentire... più basso...» ammise con difficoltà.
«Oh, già dimenticavo... il tuo piccolo complesso...» sogghignò Yamasaki quasi di proposito.
Noriaki fece per ribattere, ma l'altro lo precedette: «Niente pettine?».
Haru si sistemò meglio la giacca, più che altro per avere una buona scusa per tenere gli occhi bassi.
«È inutile: dopo dieci minuti sarebbero come prima...» disse. In effetti, i suoi capelli castano chiaro erano perennemente spettinati - addirittura alcuni ciuffi stavano un po' alzati e arricciati in una dolce imitazione di minuscole corna ritorte - ed erano impossibili da domare in qualsiasi modo - dal banale pettine al più resistente dei gel.
«Va bene... dopotutto, sono questi ciuffetti che ti rendono il mio coniglietto...» esclamò l’altro, prendendogli il viso con le dita e sollevandolo, chinandosi al contempo a posare un rapido bacio sulle sue labbra.
«Be’, io sono pronto. Andiamo?» fece Noriaki, arretrando di qualche passo, le guance rosse per l’imbarazzo di quel bacio che l’aveva colto evidentemente alla sprovvista.
Gaku sorrise e fece spallucce.
«Come vuoi».
Uscirono dal loro appartamento e si avviarono fianco a fianco nell’androne del condominio, uscendo poi in strada.
Noriaki lanciò un’occhiata al compagno e notò che la sua espressione era stranamente euforica, come se fosse appena riuscito in un’impresa che reputava difficilissima, se non addirittura impossibile.
Chissà perché sentiva che in qualche modo aveva a che fare con lui.
«Come mai quell’espressione...?» domandò all’improvviso, mentre camminavano.
«Niente, pensavo solo che era da un sacco che non andavano fuori a cena...» replicò in modo quasi casuale, senza guardarlo.
Avrebbe dovuto aspettarsi una risposta simile, in un certo senso: era da parecchio tempo che non si concedeva una pausa dal lavoro.
Scrivere per Noriaki era diventata quasi un’ossessione, al punto che raramente usciva di casa per cose che non erano indispensabili come la spesa e varie piccole commissioni.
«Già...» si limitò a dire Haru, grattandosi a disagio la nuca, guardandosi attorno senza posare lo sguardo su niente in particolare.
«Dov’è il ristorante, comunque?» domandò all’improvviso, per cercare di recuperare la conversazione: odiava il silenzio imbarazzato che certe risposte creavano inevitabilmente al loro seguito «Non possiamo prendere la tua macchina?».
«Non importa: il locale è qui vicino» replicò Yamasaki senza particolari inflessioni nella voce, continuando a guardare avanti a sé «Camminare un po’ all’aria aperta ti farà bene» aggiunse con una sfumatura appena pungente.
Noriaki assunse un’espressione indignata.
«Non serve essere così riservato per lamentarsi del fatto che esco poco di casa...!» disse, incrociando le braccia sul petto, arrossendo un po’.
«Davvero...? Eppure, sei sempre così permaloso su tutto...» commentò Gaku, stringendosi nelle spalle e scuotendo la testa, lasciandosi sfuggire un sospiro.
«Non è vero...» borbottò Noriaki, arrossendo ancora.
«Se lo dici tu...» gliela diede vinta il moro, guadagnandosi una gomitata in un fianco.
Svoltarono a destra all’angolo ed il più giovane annunciò: «Siamo arrivati!».
Noriaki vide un’insegna brillare di luce gialla sopra l’ingresso del ristorante alla sua destra. La porta era a due battenti, in legno, e la luce proveniente dall’interno era di un giallo chiaro che, per qualche motivo, nella mente di Noriaki creò l’immagine di un luogo particolarmente romantico.
Gaku gli fece strada all’interno, dove un cameriere li accolse calorosamente.
«Avete prenotato?» domandò.
«Yamasaki, un tavolo per due» replicò il moro cordiale.
Il ragazzo controllò la prenotazione, poi annuì e li guidò attraverso la sala.
Non era un ristorante di lusso, ma era dignitoso. Noriaki si sentì un po’ stupido per l’abbigliamento estremamente formale che aveva indossato, visto che la maggior parte dei clienti indossava abiti abbastanza normali; inoltre, si sentiva fortemente a disagio nel camminare a fianco di un uomo in mezzo a tante coppie eterosessuali. Diverse donne inchiodarono su di lui sguardi inquisitori ed affatto amichevoli che lo fecero rabbrividire.
«Gaku... non potevamo andare da un’altra parte...?» domandò il castano in un bisbiglio concitato.
«Mh? Perché...? C’è qualcosa che non va?» chiese in replica Gaku, guardandosi intorno.
«È che... ci stanno guardando...» mormorò in un soffio Noriaki.
«Tu ignorali e basta, Aki. Non ti torceranno nemmeno un capello, finché ci sono io con te»
«O-okay...» acconsentì timidamente lo scrittore, abbassando lo sguardo, arrossendo: diavolo, perché Gaku doveva sempre fare il figo a quel modo?!
Si sentiva uno smidollato a confronto.
Mentre proseguivano, Noriaki notò che c’era un palcoscenico lungo una parete dove attualmente una coppia si stava esibendo in una sessione di karaoke. Riconobbe alla coppia la loro bravura, anche se sembrava essere la prima volta che facevano una cosa del genere.
Il cameriere li fece accomodare ad un tavolo particolarmente vicino al palco e se ne andò per lasciar loro decidere cosa ordinare.
Noriaki prese il menù e gli diede un’occhiata sommaria, per vedere la scelta che aveva, poi decise di ordinare solamente il secondo ed un contorno, bistecca e patatine.
Il cameriere che li aveva scortati tornò dopo qualche minuto a prendere le ordinazioni e Noriaki si sorprese quando Gaku ordinò il suo stesso piatto: di solito a cena mangiava decisamente di più di quel che mangiava lui - ed il fatto che non mettesse su nemmeno un grammo con tutto quello che ingurgitava quotidianamente mentre lui metteva su peso come se niente fosse era frustrante ed aveva dell’incredibile al tempo stesso.
«Allora, ti piace il posto?» chiese Gaku, osservandolo.
Il sorriso sul suo viso era carico di aspettativa.
«Sì, è carino...» constatò Noriaki, guardandosi attorno.
«Ovviamente, non lo è quanto te...» commentò Yamasaki, allungando indice e medio sopra il tavolo, carezzandogli il viso sotto al mento con un sorriso seducente ad increspargli le labbra.
Il giovane scrittore arrossì e piegò il viso verso il basso, come per sfuggirgli, lanciandosi occhiate guardinghe all'intorno: non voleva che qualcuno li notasse e capisse che erano una coppia.
Dopo poco arrivò la loro cena, accompagnata da una bottiglia di buon vino.
Noriaki si dedicò al proprio piatto osservando al contempo Gaku che mangiava: ingurgitava grossi bocconi masticandoli a malapena.
Era un atteggiamento tipico che teneva a tavola, eppure vederlo mangiare in quel modo poco salutare ed educato in un luogo pubblico lo metteva a disagio. Non era il fatto d'essere al centro delle attenzioni degli altri clienti, ma una sua sensazione personale; perciò si sentì in dovere di dirgli qualcosa.
«Ti fa male alla digestione mangiare in quella maniera...» gli fece notare, mentre portava alle labbra un piccolo boccone.
Gaku deglutì prima di rispondere: «Be', ho fame...».
«Anche se hai fame, dovresti mangiare in modo un poco più civile...» gli suggerì Noriaki, aggrottando serio le sopracciglia.
L'altro si strinse nelle spalle emettendo un debole sospiro.
«Okay, come vuoi...» si arrese senza far tante storie: andare a cena fuori con Noriaki era un avvenimento talmente raro che non voleva che una cosa insulsa come il suo modo di mangiare lo rovinasse.
Iniziò ad infilzare con la forchetta bocconi più piccoli, portandoli alla bocca per masticarli bene e solo poi deglutire.
Haru rimase affascinato dalla quiete che sembrava irradiare in quel momento, mentre si nutriva.
La cena proseguì serena, anche se Noriaki, istigato in modo più o meno esplicito dal compagno, finì con lo svuotare completamente la loro bottiglia di vino, ubriacandosi.
Accaldato, si allentò la cravatta, addossandosi contro lo schienale della sedia.
Gaku lo esaminò stirando le labbra in un sorriso: Noriaki sembrava sul punto di cadere addormentato da un momento all'altro.
«Gaku... sei davvero bello...» biascicò, come assopito, lasciando che il capo gli ricadesse inerte sul tavolo.
«Grazie...» replicò l'altro, lusingato.
Gli occhi di quest’ultimo caddero immediatamente sul palcoscenico su cui si stava esibendo nel karaoke l'ennesima coppia.
«Senti, Noriaki... hai voglia di cantare con me?».
Del resto, l'aveva portato lì con la precisa intenzione di cantare insieme al karaoke. Il farlo ubriacare gli era semplicemente servito a farlo diventare più accondiscendente.
Noriaki non si era mai preso una sbronza con lui, dacché avesse memoria, però l'essere meno cosciente delle proprie azioni avrebbe potuto senz'altro aiutarlo a conseguire il suo scopo.
L'espressione ebete che gli rivolse l'interpellato era dolcissima.
«Eh...?» domandò.
«Guarda, stasera c'è il karaoke» gli fece notare Yamasaki, accennandogli al palcoscenico.
L’Haru si volse verso il punto indicato, lo fissò per qualche attimo, poi disse: «Ihih... il karaoke? Andiamo anche noi!».
Si alzò in piedi, improvvisamente sveglio e vispo, dirigendosi verso il palco di gran carriera.
Gaku lo fissò, scioccato: avrebbe dovuto farlo ubriacare più spesso, se diventava così estroverso e pieno d’iniziativa.
Si alzò comunque e seguì il partner sul palco.
Impugnarono i microfoni e la musica partì, mentre sui due schermi agli angoli del palcoscenico iniziava a scorrere il testo della canzone.
Per pura coincidenza, si trattava di una canzone d'amore dalla melodia lenta e romantica.
Noriaki fu il primo ad iniziare. Contrariamente a quanto ci si potesse aspettare da una persona ubriaca, sembrava perfettamente cosciente di sé. L'unica cosa che lo contraddistingueva in quello stato era il carattere completamente opposto a quello che aveva di solito, ma Gaku trovava che un simile cambiamento - almeno temporaneo - fosse positivo.
Yamasaki trovò talmente stimolante la cosa che diede fondo a tutte le sue capacità per fare bella figura.
Il loro duetto romantico riscosse un gran successo presso gli altri clienti e, una volta terminata la cena ed usciti dal ristorante, Gaku si reputò soddisfatto del risultato.
«Sei stato bravo...» si complimentò con Noriaki, sorridendogli lascivo.
«Tsk! Mi sembra ovvio...!» si vantò quest’ultimo, incrociando le braccia sul petto con aria sostenuta «Se mi ci impegno sono bravo in tutto!».
A tutto c'era un limite. Adesso la sua momentanea estroversione stava scadendo in una fastidiosa arroganza - per non dire nell'antipatia vera e propria.
«Dannazione, non vedo l'ora che torni in sé. Prima di farlo ubriacare, avrei dovuto assicurarmi che rimanesse tutto sommato normale...» si rimproverò mentalmente Gaku, mentre facevano ritorno a casa.