Titolo: I don’t know you.
Cliché: #24. Ma tu… chi sei? (Casual Clichè)
Fandom: Claymore.
Rating: PG.
Avvertenze: Missing Moment, One-shot, lievissima presenza di violenza, piccolissimo e quasi insignificante spoiler per chi non seguisse le scan del manga.
Disclaimers: l’ambientazione e i personaggi non sono miei, ma dell’autore del manga Norihiro Yagi, fatta eccezione per Janice, che invece mi appartiene. Non scrivo a scopo di lucro, ma per puro divertimento personale. Occorre il mio permesso per citare pezzi della storia, tradurla, riprodurla altrove o trarne ispirazione.
Riassunto: - Tua sorella non ricorda più nulla del suo passato.[…]
Avrebbe voluto non crederci, ma di fronte allo sguardo freddo di Cloe e a quella domanda che le aveva spezzato il cuore -“Chi sei tu?”-, non era riuscita a convincere neppure se stessa: quella non poteva essere una menzogna.
Aveva urlato, aveva supplicato, aveva pregato. Aveva pianto nel buio della sua cella, aveva lottato come mai aveva fatto nella sua breve vita, aveva cercato con ogni mezzo rientrasse nelle sue possibilità di liberare Cloe da quella gelida coltre che l’aveva avvolta, ed aveva fallito.
Una fra le tante vicende di sangue, lacrime e dolore che hanno costellato la storia dell’Organizzazione.
Note: oltre che per questa community, la storia è stata scritta anche per l’iniziativa
Una ficcy… al prompt (prompt Perdita della memoria) e per la
Challenge: Angst - Fluff - Missing Moment- AU (tabella Angst, prompt 01. Dolore), entrambe indette dal forum
Contest & Challenge Mania. I gradi delle guerriere (numero 30, numero 4) sono scritti volutamente in numero e non in parola, perché mi sembrava che in questo caso fosse più corretto così. Per una nota sul personaggio di Cloe, vi rimando a fine storia. Spero vi piaccia, buona lettura ^^
Ormai, Janice piangeva senza nemmeno tentare di trattenersi. I singhiozzi facevano sussultare senza sosta il suo petto e le lacrime scendevano copiose dai suoi occhi d’argento; le pareva che bruciassero sulle sue guance, che anziché liquide fossero di fuoco, tanto era il dolore che la tormentava e che le impregnava. Cloe la guardava, e ogni secondo che scorreva la sofferenza si faceva più intensa.
- Abbracciami - gemette Janice, e sebbene avesse usato solo un filo della sua voce quella parola sembrò risuonare nel bosco come un grido tanto era intrisa di disperazione. La ripeté più di una volta, chiamò il nome dell’altra guerriera, ma invano: lei non mosse un passo.
Una crudele ironia pareva aleggiare su quella scena.
- Tua sorella non ricorda più nulla del suo passato. Eravate svenute quando vi abbiamo preso. Non sappiamo se la memoria di Cloe sia scomparsa in seguito alla perdita dei vostri genitori, o a causa della carne Yoma che ha ricevuto nel suo corpo, o per entrambi questi motivi. Di solito la trasformazione non ha quest’effetto, in realtà. Ad ogni modo, comunque stiano le cose la conclusione è la stessa: non vale nemmeno più la pena di considerarla tua parente.
Avrebbe voluto non crederci, ma di fronte allo sguardo freddo di Cloe e a quella domanda che le aveva spezzato il cuore -“Chi sei tu?”-, non era riuscita a convincere neppure se stessa: quella non poteva essere una menzogna.
Aveva urlato, aveva supplicato, aveva pregato. Aveva pianto nel buio della sua cella, aveva lottato come mai aveva fatto nella sua breve vita, aveva cercato con ogni mezzo rientrasse nelle sue possibilità di liberare Cloe da quella gelida coltre che l’aveva avvolta, ed aveva fallito.
- Non voglio accettarlo - singhiozzò Janice. Lo urlò un’altra volta, e cadde in ginocchio. Radunò tutte le proprie forze per strisciare ai piedi di colei che un tempo l’avrebbe ricoperta di carezze e di parole affettuose per consolarla; ma quella realtà ormai non esisteva più.
- Provaci - sussurrò tra le lacrime, abbracciando le gambe della sorella ormai perduta - Provaci! Ricorda la nostra casa… noi… me… ricordati di me!
La implorò a lungo senza che Cloe dicesse una parola o facesse un movimento di sorta. Si interruppe, senza smettere di piangere, e solo in quel momento l’altra si scosse dalla propria immobilità. Fece un passo indietro, sottraendosi al tocco di Janice.
- Non ricordo, e nemmeno m’interessa ricordare - mormorò, e fu come se le sue parole provenissero da un luogo remoto, distante - Mi basta combattere per l’Organizzazione. Dicono che diventerò molto forte. Te l’ho già spiegato altre volte.
- Sono tua sorella! - gridò Janice in preda al dolore - Avevamo gli stessi capelli rossi e gli stessi occhi verdi, e se qualcuno vedeva me o te da sola si stupiva, perché eravamo sempre insieme! Mi volevi bene, eri più grande e mi proteggevi. Perché accetti di aver perso tutto questo? Perché la tua vita umana non ti interessa? Perché non mi ami più?
- Perché non ti conosco.
Singhiozzi più rumorosi e disperati che mai seguirono quelle parole dure come la pietra e taglienti come le lame di mille Claymore, ma Cloe non parve curarsene.
- Mi hai fatto perdere molto tempo, numero 30. Devo tornare ai miei compiti - disse asciutta, e voltò le spalle a Janice.
- Aspetta!
La guerriera si era rialzata. Tremava e si reggeva sulle gambe a stento, come se il dolore oltre che al suo cuore stesse divorando anche tutte le sue forze, ma negli occhi le brillava una scintilla nuova. Era una luce folle di sofferenza, ma intrisa di una speranza tanto ardente quanto fragile: l’ultima.
- Fuggiamo insieme.
Un lungo silenzio aleggiò tra gli alberi per secondi che parvero eterni, e quella frase suonò stupida perfino alle orecchie della stessa Janice, ma non bastò questo a far crollare il sogno che in pochi attimi si era formato nella sua mente.
- Nascondiamoci dall’Organizzazione. Viviamo da umane. Torniamo sorelle, ti insegnerò tutto io. Saremo felici, Cloe!
- No. Non m’interessa. E se non vuoi che ti uccida, ora lasciami in pace.
L’espressione di Janice era mutata ad ogni parola, diventando sempre più contrita. Toccò a lei a rimanere immobile come una statua delle due Dee, anche quando non riuscì più a sentire lo Yoki di Cloe in lontananza.
Il dolore scorreva nelle vene, tremendo ed implacabile.
***
- Sai - disse Rubel, un sorriso totalmente privo di calore stampato sul volto - non esiste guerriera abile quanto tua sorella a maneggiare la Claymore con due mani. Di solito preferite usarne una sola, ma lei sta sviluppando una sua tecnica di combattimento particolare. Non molto aggraziata, ma potente. La forza bruta che Cloe ha nelle braccia è eccezionale, e la sta aiutando a scalare rapidamente la graduatoria delle guerriere. È un peccato che tu non abbia un talento pari al suo.
Janice era ben lontana dal provare invidia. Di forza, velocità e abilità non le interessava nulla, né voleva essere una guerriera migliore di ciò che non fosse in quel momento. Odiava gli Yoma tanto quando detestava l’Organizzazione, non sapendo chi dei due fosse il vero responsabile della disgrazia che le era crollata addosso e di quel dolore che non l’abbandonava nemmeno nel sonno. Si domandò se Rubel intuisse tutto ciò, ma rimase in silenzio, ricacciando in gola le lacrime.
- Credo - continuò l’uomo in quel momento - che Cloe sia destinata a diventare una delle più forti nella nostra storia.
“Ed è per questo che ti toglieranno di mezzo, Janice. Non lasceranno che tu la convinca a tradirci. Temo che tu non abbia speranze di vivere a lungo”.
***
Sarebbe bastata lei sola ad uccidere quella Risvegliata, Cloe lo sapeva bene; eppure l’Organizzazione le aveva affiancato in quella missione tre compagne inette ed inutili, tra cui anche la fastidiosa numero 30, il cui corpo ora giaceva riverso sul terreno, privo della testa.
Aveva provato a proteggerla. Non perché fosse sua sorella -lo era davvero? Non riusciva a rammentarsene-, ma perché ciò era nei suoi doveri come capitano, come numero 4 dell’Organizzazione. Ma i deboli rimangono deboli anche se affiancati dai forti, ed inoltre Cloe dovette ammettere a se stessa di non aver messo tutto l’impegno necessario nel tentare di salvare la vita a quella ragazzina che tanto la seccava.
Non pianse, non gridò. Nessun tipo di dolore la scalfì. Il suo passato era stato luminoso? Aveva amato quel cadavere mutilato? Erano state sorelle? Era stata umana? La risposta più spontanea che riuscì a darsi fu: no. Lei era sempre stata per metà Yoma, si era trasformata da bambina a donna senza sapere che cosa volesse dire essere bambina ed essere donna, e ora combatteva. Tutto ciò che sapeva riguardo a se stessa era questo, e le bastava. Era sola, ma non desiderava compagnia, perché non ricordava cosa si provasse ad averne.
Era soltanto una guerriera che ambiva a diventare la più potente tra le guerriere, e fu tra quelle che vi riuscirono.
Cloe dalla Spada Pesante non rammentava il suo passato, ma in un certo senso sapeva che il suo nome nel futuro sarebbe stato ricordato da persone ben più importanti di una debole ragazzina sempre in pianto, morta con il cuore ancora preda di un dolore inutile e senza senso.
Nota: Cloe dalla Spada Pesante non è di mia invenzione: è una delle otto numero 1 più potenti della storia dell’Organizzazione citate nel capitolo 110 del manga. In ogni caso la caratterizzazione che le ho dato è puro frutto della mia mente malata, visto che di questo personaggio si conosce solo il soprannome (a cui ho provato a dare un senso). Spero solo che Yagi non salti fuori con qualche speciale per smontarmi la trama.