Gift for:
scrapheap_samaTitle: Calzini, Bentley e libero arbitrio
Author: Secret Santa
Beta-Reader:
Fandom: Good omens / Buona apocalisse a tutti!
Pairing/Characters: Crowley/Azirphale
Rating: PG14
Warning: Slash
Word Count: 4026
Summary: Un angelo, un demone, parecchio alcol e filosofia spicciola lungo la strada nella prima alba dopo il flop dell'armageddon;
NdA: Mi scuso con Scrapheap per non essere riuscita a eseguire esattamente le sue richieste ma scrivere una lime è risultato uno scoglio insuperabile per me. Mi auguro anche di aver mantenuto i personaggi sufficiantemente fedeli a loro stessi, scrivere su questo fandom mi crea insicurezze notevoli. Spero comunque che quello che ho scritto risulti apprezzabile come Gift
Domenica, alba del primo giorno del resto delle loro vite.
Il mondo si stava svegliando solo marginalmente consapevole di essere scampato qualcosa di, è il caso di dirlo, apocalittico.
Nonostante la sopravvivenza del creato c'era qualcuno che, già in quelle prime ore della seconda chance offerta al cosmo, non era completamente soddisfatto e appagato per alcuni dettagli degli eventi del giorno precedente.
Nel particolare un demone, e non uno qualunque, ma qualcuno che aveva avuto un ruolo, sminuendo i fatti, determinante sugli eventi del giorno appena trascorso.
Volendo essere completamente sinceri, lo aveva avuto su quelli degli ultimi dieci anni.
Il viaggio sulla jeep, inconsapevolmente offerta dalla base americana, fu accompagnato dalla miracolosa persistenza delle note di Handel negli altoparlanti, ma nonostante questo durò meno di quanto ci si sarebbe aspettati. Quantomeno non fino a Londra.
Qualche decina di chilometri dalla loro partenza, Crowley aveva iniziato a dare segni di insofferenza, apparentemente generati esclusivamente dalla vettura su cui stavano viaggiando. Dall’estetica scarna degli interni alla forma e consistenza stessa del volante, tutto sembrava irritare il demone.
Dopo una serie di brusche frenate e curve che, oltre a sfidare la meccanica dell’auto, avrebbero attentato alla loro vita se fossero stati mortali, con un’ultima sterzata stridente e definitiva, il demone aveva accostato ed era sceso dalla vettura senza dire una parola.
Aziraphale avrebbe definito quella manovra azzardata se si fosse permesso di proferire parola, ma soprattutto se non fosse stato troppo impegnato a districarsi dalla cintura di sicurezza.
Erano fermi a una curva sul lato di una collina, Crowley si era seduto sul bordo di stentato praticello al lato della strada, le gambe piegate e le braccia appoggiate sulle ginocchia, fissando con insistenza la linea dell’orizzonte.
Un sole titubante stava imbastendo un'alba incerta quasi in attesa della conferma che nulla fosse accaduto e che i suoi servizi fossero ancora richiesti.
Certo, se il demone non avesse avuto addosso gli occhiali da sole ciò gli avrebbe permesso di apprezzare il momento e il panorama, ma anche questa osservazione Azirphale ebbe il buon senso si tenerla per sé.
Invece l’angelo si sedette sul ciglio della strada di fianco all’altro, distante solo qualche manciata di centimetri, sebbene in maniera più composta, anche lui con lo sguardo fisso sull’ incerta performance del sole che iniziava a sentirsi intimidito di tutta quell’attenzione.
Trascorsero dei minuti condividendo un silenzio che sarebbe potuto essere significativo , non fosse stato causato esclusivamente dall’incapacità dell’angelo di iniziare un discorso, anche solo alla lontana, relativo al nervosismo di Crowley.
Aziraphale, per essere un angelo, mancava di quell’empatia che ci si sarebbe aspettati da una creatura celeste e che avrebbe dovuto concedergli l’innata capacità di dire cose significative o consolatorie nei momenti difficili. Mancava anche di quel minimo di frequentazione con altri esseri viventi, non strettamente legata al discutere delle capacità ignifughe della sua libreria(1) che gli avrebbe permesso un minimo di comprensione delle dinamiche squisitamente umane. Il consolare qualcuno, per esempio, era una pratica che risultava a lui totalmente oscura.
Tali abilità che lo avrebbero aiutato parecchio ad approcciarsi in maniera più saggia al principio di depressione demoniaca seduta di fianco a lui.
Purtroppo, sprovvisto delle suddette capacità, decise di conformarsi ad una soluzione di cui si erano valsi milioni di esseri umani prima di lui.
Con un distratto movimento della mano dell’angelo, qualche ignara manciata di atomi si ritrovò trasformata in due spessi bicchieri di vetro e una bottiglia di liquido ambrato pregiato, costoso e soprattutto alcolico.
Nello sguardo allucinato con cui Crowley reagì al bicchiere che gli veniva passato si sarebbero potuti leggere moltissimi significati.
Sorpresa, ironia, disorientamento e, raschiando bene oltre la superficie ed un poco più a fondo, qualche traccia di sincera gratitudine. Questo ovviamente se gli occhi del demone non fossero stati schermati dalle lenti scure degli occhiali da sole e se Azirphale si fosse degnato di voltarsi verso di lui per incrociarne lo sguardo.
“Hei angelo…”
“È solo una piccolo miracolo.” la giustificazione dell’angelo al gesto suonava più incerta di quanto lui stesso si sarebbe aspettato “Con tutto quello che è appena successo non credo che né i miei, né i tuoi faranno caso a qualche piccola cosa fuori posto.”
Crowley prese il bicchiere accompagnando il movimento con una risata ironica e lo svuotò velocemente. “Angelo, non è per niente carino da parte tua indurmi in tentazione così apertamente” dal suo tono erano state accuratamente cancellate le tracce delle emozioni compromettenti che l’avevano colpito poco prima.
Un velo di ironia stava scendendo anche sul volto dell’ angelo mentre fissava il contenuto intatto del suo bicchiere. Poi si voltò verso l’altro, fissandolo.
“Penso tu ti stia confondendo. Dei due quello bravo a tentare non sono certo io, caro il mio serpente. Personalmente questo lo chiamerei più rincuorare” ‘o almeno provarci’ concluse silenziosamente fra sé.
Nei secoli non era mai stato facile lasciare senza parole Anthony Crowley, o qualunque fosse il nome che usava nel relativo decennio. Risposte caustiche e taglienti gli erano fedeli come lo erano le carte ad un baro.
In questa particolare occasione il demone imputò la sua mancanza di mordente più a una debolezza momentanea causata dallo stress da apocalisse o dalla perdita della sua adorata Bentley, arrivando anche a chiamare in causa la beneamata farfalla che batte le ali a Pechino, tutto pur di non ammettere che dopo millenni di reciproca compagnia e antagonismo le azioni di Azirphale avevano ancora la capacità di lasciarlo basito per la naturalezza con cui l’altro si preoccupava per lui, nonostante l’assurdità cosmica del comportamento.
In un silenzio perfetto, per quanto possa esserlo quello di una strada secondaria e sperduta alle prime luci dell’alba, quindi accompagnati da un concerto di insetti e ritardatari animali notturni, la prima bottiglia si svuotò quasi equamente condivisa e subito l’angelo ne evocò una seconda, passando a un vino pregiato che causò una battuta sul fatto che qualche cantina ne avrebbe di certo sentito la mancanza.
“Dopotutto ce lo siamo meritato. Se non fosse stato per noi non ci sarebbe più alcuna cantina, cosa ne dici angelo?”
“Dico che la nostra incompetenza è stata provvidenziale in questi giorni. Sarebbe stato tremendo in caso contrario, prova a pensarci…” ma l’attacco di una qualche considerazione metafisica fu precipitosamente interrotto dall’intervento di Crowley.
“NO , no. Io non penso e non voglio pensare proprio nulla, alla sola idea di cosa avrebbe potuto combinare quel ragazzino o di cosa avrebbero potuto combinare con noi, io penso solo di aver bisogno di un altro bicchiere.”
Azirphale lasciò perdere e non si fece pregare per esaudire quella richiesta. Nel giro di qualche secondo il bicchiere del demone era di nuovo pieno e fu di nuovo rapidamente svuotato.
Il loro discorso andò avanti per un bel po’, un bicchiere dopo l’altro, tra colpi di sarcasmo e inevitabili osservazioni filosofiche sul cosmo, immancabili durante lo sfrenato consumo di alcolici. Le prime più da parte del demone, le seconde più esposte dall’angelo.
Ormai avevano consumato un quantitativo d’alcol che avrebbe potuto fare la felicità di un’intera distilleria con relativi rivenditori al dettaglio.
Il suolo accanto a loro era costellato di innumerevoli bottiglie di varie forme e dimensioni che si accatastavano pigre e vuote attorno alle loro gambe, alcune evocate dal demone durante moti di protesta sui gusti dell’angelo, altre da Azirphale in slanci di accondiscendenza verso i capricci dell’altro.
Crowley butto giù il contenuto del bicchiere che aveva in mano e, ai limiti della coscienza, si chiese chi dei due fosse così ubriaco da aver evocato della vodka liscia. Poi, vagando oltre i fumi dell’alcol che gli annebbiavano la mente, si voltò a guardare l’altro che, ormai immobile da qualche minuto, osservava il mausoleo di vetro e tappi intorno a loro.
Anche Azirphale sembrava impegnato nel ritrovare il bandolo del pensiero razionale perduto diversi bicchieri o forse intere bottiglie prima.
“Crowley?”
“nghm?” Il demone si stava dedicando a cercare la bottiglia di vodka incriminata sul terreno ai suoi piedi per sincerarsi che fosse vuota o, in caso contrario, offrirne alle margherite e all’erba.
“Dici che per quanto occupati lassù si chiederanno il perché di un.. di una..”
Il parlato dell’ angelo risultava vagamente sconnesso e si limitò a indicare con un gesto del braccio tutt’altro che coordinato le bottiglie e i vari tipi di bicchieri che li circondavano “…di tutto questo?”
“Con l’anticristo che ha appena deciso che l’armageddon è un giocattolo superato?” Si alzò incerto per guardare se la bottiglia incriminata si nascondesse alle sue spalle. ”Nhaa angelo tu ti preoccupi… ti preoccupi…” Il demone stava fallendo nel tentativo di far coincidere la sua ricerca e il controllo della parola.
Individuò il suo obbiettivo, poco a destra dei suoi piedi, appena prima di inciamparci sopra. Si riaccasciò a terra più o meno composto e, dopo un attento esame, la bottiglia venne dichiarata vuota.
“dicevo che… dicevo?”
L’angelo che lo aveva osservato per tutto il tempo gli fornì l’imbeccata necessaria “Che mi preoccupo.” suggerì l’altro.
Crowley recuperò miracolosamente il giusto punto della conversazione “Si, ecco ti preoccupi troppo! Non dovresti… e poi non vedo come tutto ciò possa peggiorare la nostra posizione… “ Il demone gesticolò vago cercando di esprimere un concetto che continuava a sfuggirli probabilmente più per il suo tasso alcolemico che per l’enormità cosmica del fatto che un angelo e un demone avevano cooperato per scongiurare l’apocalisse.
“Adesso, in questo momento, potremmo fare… potremmo fare qualunque altra cosa e non ci succederà comunque nulla di peggio… “ Ci pensò su “Almeno nulla di troppo brutto.”
L’angelo aspettò pazientemente che l’altro riuscisse a incastrare sintassi e parole l’una con l’altra.
Una piccola parte di lui si chiedeva, cercando di ricordare trai fumi dell’alcol, se la pinacolada l’avesse evocata prima o dopo il jack daniels o se davvero Crowley gli avesse passato un irish coffe ustionante poco dopo qualcosa con più ghiaccio che liquido.
“Prendila come una pausa. Ci metteranno un po’ prima di ricordarsi di dover essere fiscali e puntigliosi: devono ancora accettare che il mondo è stato più imprevedibile di quanto pensassero.” Crowley sembrava aver concluso anche se ci mise ancora qualche secondo prima di riabbassare le mani ancora congelate nel tentativo di dare enfasi a un concetto di un paio di frasi prima.
Azirphale annuì vagamente in direzione dell’altro, poi si accorse di avere ancora in mano un bicchiere contenente due dita di sospetto liquido trasparente. Ispirato dal momento lo finì in un unico sorso, tossendo poi per la vodka che gli aveva bruciato la gola.
Passò qualche minuto di silenzio ubriaco in cui Azirphale calmava i colpi di tosse e Crowley evocava temerariamente l’ennesimo dark drink(2).
“Alla fine ce la siamo cavata abbastanza bene” Crowley parlava fissando metidabondo il bicchiere appena apparso fra le sue dita.
“Eh?” Azirphale faticava a risalire dall’abisso in cui la sua coscienza stava placidamente affondando.
“Noi due intendo, poteva andare peggio, molto peggio”
Azirphale si lasciò sfiorare da pensieri taglienti e sofferenti che comprendevano schiere di creature eteree e demoniache in abissi di fiamme, eserciti di umani morenti impotenti davanti al loro destino e la consapevolezza malinconica che aveva rischiato di non avere più occasioni di battibeccare sui meriti e colpe delle azioni umane o su a chi spettasse il conto del ritz.
“Sì, poteva andarci peggio.” Alla fine fu felice che la nebbia che aveva in testa gli impedisse di pensare alle immagini che gli baluginavano dietro agli occhi.
Crowley scolò quanto aveva in mano ed Azirphale accanto a lui cercava, senza alcun successo, di capire quale fosse il corretto utilizzo delle sue gambe e quali fossero le regole che governavano il mondo della gravità.
“Però mi mancherà sai?” Ammise il demone.
“Chi?” Azirphale si sentiva sempre più perso nell’abisso paludoso della sua autocoscienza.
“La Bentley intendo, era…” Crowley cercò un paragone calzante osservando malinconico il fondo vuoto del suo bicchiere “…era adatta… ci ero abituato, sì ecco ero abituato a quella macchina, era la mia macchina.” L’angelo lo fissava con sguardo perso domandandosi quanto “affezionato” sarebbe stato un termine più adatto alla frase.
“Avresti dovuto provare a metterla a posto… ” Nel dirlo cercò di mettere a fuoco il demone e la sua espressione “ Ti avrei anche dato una mano.” Azirphale si costrinse a fissare la figura dell’altro come se ai suoi occhi non apparisse tremolante e annebbiata “ Ci saremmo potuti riuscire magari, magari…” Era difficile essere sinceri e coerenti parlando a una indistinta figura nera priva di espressione
“Magari non sarebbe stata come nuova, ma… ma poteva anche esserlo ecco!” L’angelo arrivò alla fine della frase con poco fiato, come se non avesse respirato nell’esporre quel concetto.
Crowley per la seconda volta quella mattina fu colto di nuovo dalla sensazione frastornante che l’angelo avesse davvero troppo a cuore non solo la sua incolumità fisica- già quello un fatto discutibile- ma anche, in una qualche maniera strana e contorta tipica di Azirphale,che fosse fin troppo attento ai suoi sentimenti.
Ma probabilmente era troppo ubriaco per pensarci davvero, già faticava a comprendere i ragionamenti dell’altro da sobrio. Sperare di intuire le sue ragioni in quel momento sarebbe stato folle.
Era paradossalmente più facile spiegare la questione della macchina.
“Non è tanto una questione di ‘nuovo’ è … è difficile” l’alcol di certo non lo stava aiutando ad essere chiaro, ma Azirphale lo guardava silenzioso spingendolo a continuare.
“Non è tanto la forma, certo posso, possiamo - era bello dirlo - farla ritornare senza ammaccature, della stessa identica forma e colore ma…” Crowley stava disperatamente cercando di non farsi sfuggire il punto dentro il flusso alcolico che gli scorreva nelle vene. “…ma non sarebbe la stessa cosa, ecco la sostanza sarebbe diversa.”
“Sì capisco, come il calzino di Locke.”
“Eh?” Era il turno del demone di perdersi nell’incoerenza di quella conversazione.
“La tua Bentley, è come il calzino di Locke(3)…” Lo sguardo di Crowley implorava un chiarimento. “Sì non sono proprio uguali, ma il discorso è lo stesso” Un gesto vago della mano sottolineava l’ovvietà apparente della cosa.
“Ti giuro che fra una Bentley e un calzino c’è parecchia differenza” Il demone decise che non era lui a non capire ma che fosse l’altro a essere finito oltre la soglia e osò anche sperare che il discorso fosse finito lì. Speranza inutile.
“Ma, no! Ha senso, ascolta: pensa di avere un calzino bucato.” Evidentemente Crowley era un illuso. Da sobrio Azirphale non si sarebbe lasciato sfuggire l’occasione di annoiarlo con qualcosa di fuori luogo e di certo la sua pedanteria non si sarebbe placata da ubriaco.
“Per tua norma e regola io non ho mai i calzini bucati.”
Azirphale gesticolò nella sua direzione per farlo tacere. “Fai conto che hai questo calzino, e tieni a questo calzino, ci sei?”
“Non so perché ma sì, ci sono. Ho in calzino e mi piace il mio calzino quindi, per quanto tutto ciò mi sembri assurdo, cosa faccio con questa mia amata calza?”
L’angelo non diede segno di percepire il suo sarcasmo e si versò da bere centrando miracolosamente il bicchiere al primo colpo. “Ecco tu hai questo calzino, ma nel calzino c’è un buco e lo ripari mettendoci una toppa.”
“Inutile dirti che io non riparerei mai un calzino vero?”
L’angelo lo ignorò di nuovo e gesticolando scoordinatamente proseguì: “Ecco, sul calzino poi appare un altro buco e un altro ancora e li ripari con altre toppe finche della calza originale non rimane più niente. Quindi… quindi…” Azirphale aggrottò le sopracciglia cercando di ricordarsi quale fosse il punto di quello che stava spiegando. “Quindi il calzino alla fine avrà ancora la stessa forma ma.. ma tutta la stoffa è stata completamente sostituita, la sua essenza non è più quella originaria.”
Ci fu un momento di attesa mentre la frase successiva prendeva posto nella sua mente “ Ed è un paradosso, perché la calza è ed allo stesso tempo non è il tuo calzino di prima.”
Crowley osservava basito l’angelo continuando a domandarsi quanto avessero bevuto per essere arrivati a parlare di calze e paradossi, L’angelo, dalla sua visione annebbiata del momento, interpretò quel silenzio come bisogno di un ulteriore chiarimento.
“Si spiega lo stesso concetto cosa anche con la nave di tes.. tes.. Teseo(4), sì, mi sembra lui. Teseo sostituisce tutte le assi rotte della sua nave durante un viaggio, non ricordo verso dove…”
“Angelo.”
“…quindi alla fine ti ritrovi con un calzino o con una barca che non è più quella di prima, oppure che potrebbero esserlo.” L’angelo era fin troppo perso nella sua esposizione .
“Azirphale?”
“Hem.. sì?”
“Smettila mi sono perso a verso la seconda toppa e non so cosa c’entri la mitologia ellenica ma va bene, anche Omero era un bravo ragazzo, soprattutto prima che gli attaccassi l’abitudine di bere vino non annacquato ” Crowley sancì privatamente una resa incondizionata e riluttante all’abitudine dell’altro di portare ogni loro sbronza sui binari dell’assurdo. “Ora però dimmi cosa vuoi dire perché sono davvero troppo ubriaco per starti dietro.”
“Voglio dire…”
Cosa voleva dire ? Un milione di cose, alcune che non riusciva nemmeno a capire, altre troppo grandi essere ammesse “Voglio dire che lo capisco, cioè che ti capisco. Non puoi riportare indietro la Bentley perché sapresti che non è la stessa cosa.” Azirphale lo fissava con lo sguardo lucido per l’alcol pervaso da un’insicurezza che non gli era propria. Una tensione che svanì quando Crowley annuì di comprensione.
L’angelo per un po’ rimase in silenzio a fissarlo, per poi lentamente appisolarsi, andando ad appoggiarsi sulla spalla del demone, mugugnando a mezza voce qualcosa di incomprensibile prima di chiudere gli occhi.
Crowley aveva pensato che si fosse assopito in quella posizione mentre lui centellinava l’ultimo bicchiere di quella strana mattinata.
“Però posso fare qualcosa per te?” La frase era sorta dal nulla, dal completo silenzio aveva posto quella domanda senza muoversi, senza nemmeno aprire gli occhi.
A Crowley era occorso qualche secondo per collegare la domanda alla Bentley, ai calzini e probabilmente a qualche altro complicato discorso di poco prima.
Lo fissava da sopra la spalla, osservando il profilo dell’angelo, che ora ricambiava il suo sguardo in attesa. Si ritrovò ancora una volta senza parole, con la testa pensante per l’alcol che non era ancora evaporato dal suo corpo e, di nuovo, quella pulsante, assurda sensazione che Azirphale si preoccupasse, o addirittura ci tenesse alla sua, non proprio degna, persona.
Per un istante una parte atrofizzata e inutilizzata da tempo dell’interiorità di Crowley si chiese se in qualche maniera si fosse meritato davvero tutto quell’interesse.
Non rendendosi conto che non c’era nulla di assurdo o insensato.
Sebbene lui stesso non ne fosse completamente conscio e in una maniera sicuramente diversa da quella dell’angelo, anche lui , dopo secoli di convivenza, non riusciva e forse non era mai riuscito a concepire , la mancanza di quell’entità petulante nella sua esistenza.
“Crowley tutto bene?” Forse la sua risposta si stava facendo attendere troppo o forse era lui che ragionava davvero troppo lentamente.
Alla fine giusto o sbagliato, da quella prima notte tra mele e paradisi perduti, erano sempre stati troppo assurdamente confusi per essere distinti l’uno dall’altro.
In quel momento il mondo si stava svegliando, salvato proprio da un’improbabile conseguenza di eventi che aveva rimesso in gioco quei due concetti, scombinato i piani di entrambe le parti e aveva rimescolato le carte del bene e del male, delle cose corrette e degli errori.
Proprio in quel preciso momento alla fine non ci poteva essere nulla di giusto o sbagliato da fare. Quelle erano parole senza significato e forse non lo avevano davvero mai avuto. Forse era davvero tutta una questione di libero arbitrio e di scelte.
Una voce nella testa di Crowley gli ricordò che in ogni caso la loro situazione non sarebbe potuta peggiorare. Avevano rotto i giocattoli preferiti di paradiso ed inferno; nessuna grande guerra con cui giocare a chi fosse il migliore, qualunque cosa avessero fatto da quel momento in poi difficilmente la loro posizione sarebbe stata compromessa ulteriormente.
E se era davvero tutta una questione di scelte, di libero arbitrio e di cosa lui volesse fare allora tutto diventava improvvisamente semplice e chiaro.
Ai limiti della sua mente qualcosa si chiese se era a causa dell’alcol che era stato così lento comprendere o se era per merito di questo che finalmente aveva capito. Crowley liquidò quella domanda molesta risolvendo che, in ogni caso, in futuro avrebbe imputato all’alcol qualunque conseguenza, nel bene e nel male.
“Sai angelo c’è una cosa che potresti fare per me.”
Azirphale annuì, confuso dall’attesa e dall’intensità che vedeva negli occhi di Crowley. Anche lui ancora stordito per il troppo bere.
“Sta zitto.”
Quasi non si accorse di nulla, un secondo prima si stavano fissando in un momento di confessioni alticce, l’istante successivo aveva già posato le sue labbra su quelle dell’ angelo, assaporandole con la lingua, senza che questo stesse scatenando alcun tipo squilibrio cosmico o ritorsione universale.
Ed era bello ed era giusto, o se non lo fosse stato non sarebbe cambiato assolutamente nulla.
Doveva solo ricordarsi di non lasciare ad Azirphale la possibilità di porre delle domande.
Qualche settimana dopo l’apocalisse, in una trascurabile libreria di Soho.
“Angelo, stiamo facendo tardi, finiscila di pasticciare con quel computer. Sai che odio arrivare in ritardo”
Crowley non ottenne la reazione che si aspettava, solo l’alzarsi di un sopracciglio biondo parecchio perplesso mentre gli occhi di Azirphale non si erano nemmeno staccati dallo schermo.
“Sto chiudendo i registri contabili e, in ogni caso, non possiamo essere in ritardo su nulla, non c’è nessuna prenotazione sulla quale fare ritardo.” Detto questo tornò a ignorarlo completamente nonostante si aggirasse per il negozio con fare afflitto e aria annoiata.
Poco dopo il demone gli si era portato alle spalle e sbirciava lo schermo da sopra la sua spalla con le mani sullo schienale della sedia.
Azirphale stava riuscendo a ignorarlo con abilità ammirevole mentre continuava a digitare i resoconti quasi inutili di una libreria che non vendeva niente per fiera volontà del proprietario. Questo almeno fino a che non sentì il respiro del diavolo sul collo solo un istante prima di percepire anche la sua bocca. Gli esseri umani non sono in grado di fare alcune cose con la lingua, evidentemente agli angeli caduti era invece concesso l’improbabile.
Azirphale si dimenticò di respirare per un attimo, mentre i dati che apparivano regolari sullo schermo venivano abbandonati a se stessi.
Il demone per un istante pensò di averla avuta vinta, questo prima che la mano dell’ altro impattasse contro la sua faccia, spostandola senza troppa gentilezza accompagnata da uno sbuffo frustrato.
“Crowley smettila!”
Ma risaputamente il demone non faceva mai quello che gli veniva ordinato. Con un gesto veloce tirò indietro la sedia e la fece ruotare su se stessa fino a trovarsi di fronte un’irritatissima creatura celeste pronta a punirlo per la sua esistenza come fonte cosmica di distrazione.
"Dai angelo lasciati tentare lo dicono anche i grandi della letteratura si può resistere a tutto tranne alle tentazioni" non vorrai mica contraddire Wilde."
L’angelo accarezzò l’idea di scoppiare a ridere di fonte a quell’espressione convinta ed ammiccante, ma si trattene per amore della buona creanza.
Chiuse gli occhi tirando un sospiro, fingendo di cercare la pazienza necessaria a sopportare il demone, quasi prevedendo di sentire da li a poco la pressione delle labbra dell’altro sul suo viso. Cosa che avvenne quasi all’istante.
Il corpo del demone lo spingeva contro lo schienale della sedia, una delle sue mani, prima appoggiate sui braccioli, si era spostata a slacciare i primi bottoni della sua camicia. Purtroppo Crowley non era mai riuscito a far stare Azirphale zitto, in nessuna situazione.
“Adesso non ti infastidisce più l’arrivare in ritardo al ristorante?”
Il demone per un istante lo fissò astioso: “Azirphale per l’amor di... di qualcosa stai zitto!” Ed all’angelo scappò una risata mentre l’altro si fingeva offeso per un istante e poco dopo ignorandolo a poco riprese dove si era interrotto.
La Cosa fra di loro, di qualunque cosa si trattasse e qualunque fosse il nome che si sarebbe voluto attribuirle non era in gioco da tempi lunghi anzi brevissimi, soprattutto considerate le tempistiche della loro esistenza, ma la sua improbabilità era di una portata tale da attribuirle la maiuscola, qualunque essa fosse ovviamente.
(1)Capacità che si erano rivelate scarse se non inesistenti
(2)
Dark Drink(3)
Calzino di Locke(4)
Nave di Teseo