Titolo: My Dear
Fandom: Bleach
Personaggi: Aizen, Grimmjow, Ulquiorra
Coppia: Grimmjow/Ulquiorra
Parte: 1/?
Rating: Giallo
Genere: Introspettivo, Drammatico, Sentimentale
Avvertimenti: AU, Shounen Ai
Riassunto: Padre, mai come in questo momento ho desiderato parlarti. Vorrei averti accanto, chiederti com'è stato, come sei giunto a prendere quelle decisioni. Vorrei la sicurezza che ti ha pervaso lungo il tuo cammino. Ora so, padre, cosa è successo, ho scoperto ogni singolo segreto. La verità, però, porta solo caos. E tanto dolore.
All'interno dell'Impero Sousuke Schiffer era uno dei migliori scienziati, all'interno della sua famiglia era il miglior padre che il piccolo Ulquiorra avesse mai potuto desiderare. Ma nessuno è dio, neanche chi crede di poter emulare il suo operato, e anche un genitore gentile può nascondere vittime innocenti all'interno delle mura di casa. Inevitabilmente giungerà il momento in cui Ulquiorra vedrà crollare il proprio idolo e dovrà scegliere a quale famiglia essere fedele: l'amato padre o Grimmjow, capo dei ribelli?
Note: Questa storia è ispirata al videogioco di genere horror-puzzle "Mad Father" ideato da Sen. L'idea e uno schema della trama erano già stati pensati molto prima di conoscere il videogioco, ma grazie a quest'ultimo ho capito cosa mancava alla storia per funzionare. Inizialmente Ulquiorra potrebbe sembrare OOC, ma assicuro che ciò è voluto in quanto utile ai fini della trama.
Prologo
Ho sempre amato il prato fiorito che vedevo dalla mia finestra. Quando pioveva, quando ero malato, quando faceva troppo freddo per uscire, quei fiori colorati rimanevano lì con me, a tenermi compagnia. Nei miei primi anni di vita erano l'unica cosa a rimanere al mio fianco tutto il giorno. Mia madre doveva occuparsi da sola dell'immensa magione in cui la nostra famiglia viveva. E mio padre...
Mio padre era sempre chiuso nel suo laboratorio nel seminterrato.
Era il suo lavoro, la sua passione, e lo capivo. Sapevo che mi voleva bene, che faceva di tutto per passare del tempo con me. Per me i momenti passati con la mia famiglia al completo erano piccoli tesori, perle che custodisco tuttora nel mio cuore. Quando ero piccolo credevo fermamente che la nostra fosse la famiglia più bella e felice del mondo. Ero felice di vivere in una magione immensa con fredde mura di pietra e spessi vetri scuri. Ero felice dei curiosi libri di medicina che riempivano ogni scaffale di casa nostra.
Ero felice di avere un padre così gentile e bravo.
Mi rallegravo ogni qualvolta vedevo arrivare gli amici di papà. Quando ero molto piccolo mi nascondevo nell'ombra ai piedi della scalinata che collegava l'atrio con il primo piano. Ricordo figure alte, scure, forse uomini in giacca e cravatta. Arrivavano a gruppi di cinque e chiacchieravano allegramente con mio padre. Li sentivo ridere, e sorridevo anch'io: per me quelle risa significavano che mio padre era simpatico, che era amato da tutti.
Col tempo quegli uomini smisero di far visita. Ciò mi rattristò, ero preoccupato per mio padre, temevo avesse perso i suoi amici.
Devo aver avuto circa quattro anni quando cominciarono ad arrivare i nuovi amici. Li osservavo dal mio nascondiglio, ai piedi delle scale. A volte erano in coppia, altre volte da soli. Erano alti, bassi, magri, in sovrappeso... Erano così diversi dagli amici in nero che avevo seguito nei miei primi anni di vita. Ciò che più mi aveva colpito, però, era stata la loro risata. Era diversa rispetto a quella degli uomini in nero, sembrava strana, vuota.
Ero preoccupato per mio padre, temevo avesse perso i suoi vecchi amici e si fosse dovuto accontentare di persone che non gli volevano bene. Avevo notato il dubbio nello sguardo di mia madre, l'avevo vista adombrarsi ogni qualvolta i nuovi amici facevano visita. Avevo provato a chiederle cosa stava succedendo, ma lei mi aveva semplicemente sorriso.
« Sono persone importanti, ci stanno aiutando molto. Dobbiamo essere grati della loro amicizia, mio caro Ulquiorra.»
Madre, padre, quelle parole le ricordo perfettamente tuttora.