Citazione di una Vita 1/5

Aug 24, 2011 15:39

[ Titolo: Citazione di una Vita ]
[ Rating: Verde ]
[ Genere: Romantico ]
[ Avvertimenti: Slash ]
[ Capitolo: 1/5 ]
[ Serie: Original ]

Era cominciato tutto come un gioco, un esercizio di stile.
“Sei troppo stringato.” Gli aveva detto il suo professore di Scrittura Creativa, gettandogli quasi addosso la raccolta di racconti che aveva con pazienza scritto, limato, curato, stampato e rilegato come fosse tanti piccoli bambini, creature della sua mente, dei suoi pensieri e, perché no, del suo sangue.
Si era sentito morire, ucciso a freddo con un colpo di pistola sparatogli a bruciapelo dritto al cuore.
Aveva sempre creduto che la lunghezza non contasse e che, anzi, la sua incisività fosse una caratteristica spiccata della sua letteratura che l’avrebbe portato ad essere riconosciuto e chiaramente apprezzato, messo in contrasto con quegli scrittori che riempivano i loro romanzi o racconti di soliloqui inutili e immotivati.
“I racconti sono anche buoni, interessanti, variegati…” Aveva continuato il professore, assecondando ogni sua parola con un cenno della mano, come accarezzandola, forse temendo che il suo primo gesto, troppo brusco, avesse in qualche modo turbato la quiete dell’universitario. “Ma sono decisamente troppo troppo corti. Devi trovare il modo di dilungarti di più.”
All’inizio non aveva capito chiaramente ed esattamente cosa volesse dire il professore con quelle parole, troppo confuso, ancora, dalle critiche che mai si sarebbe aspettato di ricevere.
Cosa avrebbe dovuto fare, secondo il professore?
Non c’era null’altro che servisse sapere, nei racconti che scriveva, se non quello che già c’era scritto, era sua abitudine scrivere tutto il necessario e gli pareva davvero strano potesse aver dimenticato qualcosa di utile, non sarebbe stato da lui.
Doveva forse aggiungere pagine e pagine di inutili disquisizioni, solo per rendere il racconto di una lunghezza più ragguardevole? Non l’avrebbe mai potuto fare!
D’altronde, era sempre e solo il racconto a decidere come essere scritto, lui poteva farci poco. Era il racconto che imponeva soluzioni quasi obbligatorie. Citazione.
“Scrivo tutto ciò che è utile sapere.” Aveva obiettato, infatti, persino offeso.
“Non ti soffermi sui personaggi, Derek, non crei alcuna empatia tra il lettore e il personaggio che rappresenti, devi approfondire di più la psicologia delle persone che ritrai o saranno solo manichini senza forma e senza personalità.” Gli aveva spiegato più chiaramente il professore, accalorato nel mostrargli, e nel cercare di fargli capire, il suo punto di vista.
Si era trattenuto, ma a stento, dal dire che se i suoi personaggi apparivano così era perché così erano le persone reali: pallide figurine di carta, bidimensionali, svuotate dall’interno da un qualsivoglia obiettivo, ideale, credo. Pallide imitazioni di ciò che un tempo erano, quando erano ricolme di desideri e di voglia di fare, ormai non erano che pura passività, che si lasciava trasportare dai flutti come un’alga staccata dallo scoglio. Citazione.
“Che cosa dovrei fare?” Aveva quindi chiesto, decidendo di assecondare il professore, finché seguiva il suo corso di studi.
“Devi concentrarti per approfondire di più la psicologia dei personaggi. Chiedi aiuto a qualche compagno, magari. Michael è molto bravo, per esempio, potresti imparare molto da lui.”
‘Imparare’ non era mai stato un termine affine a Derek.
Sin da quando era bambino era stato fermamente convinto di sapere già molte delle cose che volevano in qualche modo fargli imparare e così era sempre stato uno studente brillante, ma insofferente, pronto a distrarsi ogni secondo, perso nei suoi labirinti mentali da cui difficilmente usciva, persino con gli amici.
Amici.
Quella branca di idioti che frequentava per far contenta la mamma, che si preoccupava eccessivamente per lui.
“Stai sempre in casa! Esci, prendi aria!”
Come se poi facesse bene, inalare quell’aria viziata, ricolma di smog, ipocrisia e passività.
Era meglio stare chiuso in casa, con qualche bel libro, immergersi nella fantasia e illudersi che esistesse un’altra realtà, una realtà migliore rispetto a quella che c’era fuori la porta, in cui le persone vivevano come automi sotto il controllo mentale del porno.
“Derek…” Lo aveva richiamato alla realtà il professore. “Ci sono delle persone vere, là fuori, come me e te. E dev’essere così anche dentro i tuoi racconti o a nessuno interesseranno. E sarebbe un peccato, perché sono davvero belli.”
I complimenti sapevano sempre convincerlo, era fatto così, era un egocentrico.
D’altronde l’ego era uno sforzo costante per andare controcorrente (citazione) e lui aveva bisogno di andare controcorrente per restare lucido e vivo e sano di mente.
Perché se si fosse abbassato al livello degli altri, della passività fuori la sua camera ricolma di poster di film in lingua, di cantanti sconosciuti e di squadre sportive a cui nessuno importava, sicuramente avrebbe perso la testa.
“Ci sono persone vere come noi.” Aveva detto il professore.
Non aveva mai creduto che il professore fosse una persona vera, l’aveva sempre visto come qualcuno che insegnava cose imparate secoli prima, senza davvero capirle nel profondo, e che poi la notte si ubriacava delle orge che passavano in televisione, eppure forse si era sbagliato, forse poteva dargli una possibilità.
Forse poteva darla a quel fantomatico Michael che aveva citato.
D’altronde, bisognava vivere e imparare, altrimenti non si avrebbe vissuto affatto. Citazione.

Aveva conosciuto Michael così.
“Sei tu Michael Murray?”
Il 23enne, con dei capelli mori che ti veniva voglia di scombinare, alzò uno sguardo azzurro limpido su di lui, sorridendogli con un sorriso sinceramente cortese.
“Sono io.” Confermò. “Tu sei?”
“Mi chiamo Derek Humper, frequentiamo lo stesso corso di Scrittura Creativa.” Si presentò, senza però allungare la mano, per farsela stringere.
“Ah, sì! Quello sempre in prima fila!” Ricordò Murray, ma non c’era alcuno scherno, nella voce, alcuna accusa.
“Sì.” Confermò Derek, piuttosto neutro, senza dare alcuna inclinazione alla risposta. “Avrei bisogno del tuo aiuto.”
“Tu?” Domandò incredulo il moro, sgranando impercettibilmente gli occhi e schiudendo le labbra, forse anche un po’ eccessivamente, per mostrare tutta la sua sorpresa. “Credevo tu fossi troppo bravo per aver bisogno di aiuto.” Questa volta, nella voce, una nota d’ironia c’era eccome, ma Derek decise di non farci caso.
“Il professor Phillips mi ha detto che i miei racconti mancano di qualcosa…” Ammetterlo a voce alta era una tortura, ma mostrarsi quieto come stava facendo era comunque una vittoria: potevano criticarlo, ma lui non si sarebbe comunque scosso, era sicuro di sé. “Mi ha detto che forse tu puoi aiutarmi.”
“Quale onore!” Esclamò Murray a voce alta, ridendo poi, rumorosamente.
A quel punto, una smorfia di fastidio colorò il viso di Derek e l’altro universitario tacque subito.
“Scusami.” Mormorò, con un sorriso sincero. “Mi sono lasciato prendere un po’ la mano, ma non credevo davvero tu potessi avere bisogno di aiuto. Del mio aiuto, poi! Sono molto sotto di te, di media.”
Quello era il secondo motivo per cui Derek aveva esitato tanto prima di andare a chiedere l’aiuto del compagno di corso.
Il primo era che chiedere aiuto non era affatto qualcosa di adatto a lui.
A convincerlo a farlo era il sincero desiderio di essere il migliore al mondo.
Se il professore non apprezzava e diceva che doveva farsi aiutare da Michael, per quanto ritenesse fosse un idiota non poteva che assecondarlo.
D’altronde c’era chi era affogato, per non chiedere aiuto. Citazione.
E così si era ritrovato davanti al moro, a implorare aiuto.
Quasi si faceva schifo.
Se l’era sempre cavata da solo, Derek, sin da bambino.
Secondo figlio di una coppia asfissiante sulle cose inutili e fin troppo permissiva sulle cose importanti, aveva visto suo fratello morire in camera sua, con un laccio legato al braccio e una siringa in vena, piena ancora a metà di sangue ed eroina.
Aveva smesso presto di soffrire per lui, il dolore sopraffatto dalla pura rabbia e dall’odio.
La droga non era una malattia, era una decisione (citazione) e suo fratello l’aveva presa e aveva deciso di andare fino in fondo. Era morto? Era ovvio lo facesse.
Se non ci fosse riuscito con la droga, forse l’avrebbe fatto in un altro modo.
Non era riuscito a soffrire per lui per più d’una settimana, dopo la quale la consapevolezza l’aveva afferrato allo stomaco e alla gola: suo fratello si era suicidato. E suicidarsi era semplicemente irragionevole. Citazione.
Lui aveva preso una decisione diversa da quella del fratello, ma, come la sua, era una decisione che riguardava solo lui.
Decidere di essere una brava persone e un bravo studente, di non fumare, di non drogarsi, di non fare sesso con il primo che passava, di non mettersi nei guai era sempre stata una decisione che aveva riguardato solo e soltanto lui e non i suoi genitori, perché i suoi genitori non c’erano mai stati.
Nessuno c’era mai stato, se non i libri che aveva a lungo letto e amato.
Dover chiedere aiuto, a qualcuno che, tra l’altro, era tanto più in basso rispetto a lui, era nauseante e vomitevole, eppure non aveva altra scelta che stringere i denti e accettare la realtà dei fatti: se voleva essere il migliore, doveva accettare alcuni compromessi, tra cui essere aiutato da quel Michael Murray che il professor Phillips tanto decantava.
Avrebbe attinto alle sue capacità, avrebbe imparato, l’avrebbe superato e sarebbe stato il migliore.
Semplice, pulito, lineare.
Tutto sarebbe tornato come doveva essere.
Sarebbe stato il migliore.
“Vuoi aiutarmi? O devo chiedere a qualcun altro?” Domandò Derek, dissimulando a stento il tono spazientito che gli era salito in gola.
“No, no, ti aiuto volentieri.” Rispose rapidamente Murray, con il sorriso smagliante che spesso aveva mostrato già solo in quella breve discussione.
“Bene.” Mormorò l’altro, allungando una penna usb al ragazzo. “Qui ci sono i miei ultimi racconti, quelli che non convincono il professore, vorrei gli dessi un’occhiata, così poi mi dici.”
In realtà non voleva affatto che il ragazzo leggesse i suoi racconti, aveva ormai il terrore che non li ritenesse in qualche modo adatti alla nomea che si era conquistato nell’università di brillante scrittore, ma se voleva farsi aiutare -e sebbene non volesse davvero, voleva- doveva anche essere pronto a partire da una critica.
Poi si sarebbe migliorato e sarebbe stato il migliore.
Doveva solo resistere a qualche folata di vento.
“Li leggerò con piacere.” Gli disse il moro, sorridendogli.

“Sono fintissimi.”
Derek alzò lo sguardo sul giovane, che aveva gettato la pennetta usb sul libro che stava leggendo, incredulo.
“Come?” Mormorò.
“Sono scritti davvero molto bene, Humper, sono splendidi. Dio, sono affogato, letteralmente, in ciò che hai scritto, sono le cose tipo più belle che io abbia mai letto in vita mia. Ma sono vuote, aride. Sono belle parole che avvolgono il nulla ed è un grande peccato perché, dannazione, sono davvero belle!” Spiegò Murray con tono affranto, afferrando poi una sedia e voltandola, sedendovisi a cavalcioni, poggiando il petto contro lo schienale, incrociandovi le braccia su e poggiandovi sopra la testa. “Sembra quasi che tu non abbia mai vissuto quello che descrivi dal vero, ma solo attraverso racconti o libri, perché non mostri affatto quello che è il mondo psicologico delle persone.”
Derek rimase in silenzio a lungo, senza guardare il compagno mentre gli parlava, allungando una mano a prendere la penna usb, rigirandosela tra le dita.
“Beh, non ho… mai vissuto le esperienze che racconto, immagino come possano andare.” Spiegò.
“Ma certo, per alcune cose è normale, ma sembra tu non abbia mai vissuto il mondo! Il modo in cui i personaggi interagiscono… cazzo, ma tu fai così con i tuoi amici?” Rise Michael, con quella risata sincera e gioviale che pareva essergli caratteristica.
“Io… non ho amici.” Rispose lentamente Derek, muovendo appena le labbra nel pronunciare quelle parole. “Conoscenti. Forse.”
Murray strabuzzò gli occhi, rizzandosi tutto su una sedia, come se qualcosa l’avesse appena punto.
“Come sarebbe a dire che non hai amici?” Domandò incredulo. “Non si può non avere amici!”
“Le persone sono vuote, inutili, tutte la copia l’uno dell’altro, con la testa chinata sotto moli di spazzatura e pornografia a vivere vite allucinante dall’alcool e dalla droga e dal sesso senza capire nulla della realtà che li circonda!” Ribatté con convinzione l’altro ragazzo.
Di nuovo, Michael Murray scoppiò a ridere, passandosi le mani tra i capelli.
“Oddio.” Rise tra sé e sé. “Oddio, tu stai fuori. Tu vivi in un altro mondo!” E rise, ancora, con una mano sul viso, gli occhi chiusi, di gusto, con puro divertimento.
Con un movimento secco della sedia, Derek arretrò dal tavolo, alzandosi, prendendo penna e libro e allontanandosi in lunghi passi.
“No!” Lo richiamò Michael, alzandosi e seguendolo di corsa, fermandolo per un braccio. “No, aspetta, voglio aiutarti. Ti farò conoscere il mondo.” Gli rivelò.
Derek si volse, accigliato.
“Come?” Mormorò, turbato.
“Stasera si esce.” Rispose Murray, con il solito immenso sorriso sulle labbra.

writing, slash, citazione di una vita

Previous post Next post
Up