Non importava quanto Stiles si aspettasse una risposta di questo tipo: la frase di Derek lo lasciò sotto shock, al punto da rimanere immobile per qualche istante, il ché ovviamente attirò l’attenzione del professor Argent.
“Stilinski, Hale! Non siete qui per chiacchierare. Se avete così tanto da condividere ci sono migliaia di occasioni per parlare, ma qui dovete lavorare.”
“Sissignore,” bofonchiò Derek, mentre Stiles continuava a passare la spugna sul pavimento. Dopo che ebbe finito prese un secchio contenente delle salamandre e iniziò a pulirle senza togliere lo sguardo da Derek.
Perché Derek ne stava parlando con lui? Cosa gli aveva fatto capire che si poteva fidare di Stiles?
Se solo avessi tenuto la bocca chiusa, pensò Stiles. Ora, che lo volesse o meno, quella faccenda lo riguardava.
Derek gli fece un cenno che indicava che ne avrebbero parlato dopo, portando il suo barattolo di salamandre pulite sulla scrivania del professore. Dopo averlo congedato con un segno della mano, lo salutò. Stiles fece per alzarsi, ma Argent chiuse la porta con un gesto della bacchetta.
“Il tuo amico è arrivato prima di te, Stilinski,” disse sogghignando. Stiles rivolse gli occhi al cielo e si dedicò alle salamandre con anima e corpo.
Dopo circa mezz’ora (o cinque minuti, sei ore, quattro giorni; in quell’ufficio il tempo si dilatava e smetteva di scorrere regolarmente) il professor Argent si avvicinò a Stiles.
“Puoi andare. Ci vediamo domani alla stessa ora.”
Stiles corse via il più veloce che poté; non appena uscì, si accorse che Derek lo stava aspettando fuori dalla porta.
“Mi hai fatto spaventare,” borbottò, sistemandosi i capelli.
“Ho detto che ti avrei aspettato fuori.”
“Non l’hai detto ad alta voce, forse l’hai solo pensato,” gli rispose Stiles. “Secondo me non sei tanto abituato a… parlare con le persone.”
Derek tirò un pugno al muro.
“Per l’ennesima volta, Stiles,” ringhiò. “Smettila. Di. Darmi. Fastidio. Non pensi che per me sia già abbastanza dovermi preoccupare di un marmocchio che ha messo il naso in una faccenda più grande di lui?”
Stiles scosse la testa.
“Come ti pare. Andiamo,” continuò Derek, indicandogli un’aula vuota. Non appena Stiles entrò chiuse violentemente la porta e si sedette su un banco.
“Allora. Dov’eravamo rimasti?”
“Lupi Mannari,” mormorò Stiles grattandosi la testa. “Studenti che… si trasformano e… ululano.”
“Ottimo riassunto. Lascia che ti chieda una cosa.”
“Sono tutto orecchie.”
“Perché, Stiles. Perché proprio tu, tra tutti gli studenti di questa scuola, sei venuto a impicciarti?”
Stiles non poteva negare di essere un po’ nervoso - altro che un po’, era davvero nervoso. Derek poteva aver mostrato buone intenzioni, ma era comunque il doppio di lui e non riusciva a non avere un’aria minacciosa. Poi sembrava odiarlo, ma forse era Stiles che esagerava.
“Mi ero preoccupato, allora sono uscito a cercare di capire. Ho letto troppo sui Lupi Mannari e volevo assicurarmi che non ce ne fosse uno qui a Hogwarts.”
Derek sembrava fuori di sé.
“Ma ti ha dato di volta il cervello? Uscire di notte, da solo… hai idea di cosa ti sarebbe potuto capitare con un dannato Lupo Mannaro tra i paraggi? Come avevi intenzione di difenderti, con qualche incantesimo del primo anno e le tue battutine?”
“L’anno scorso sono risultato il migliore del mio anno, a Incantesimi.”
“E cosa c’entra, per le mutande di Merlino? Un Lupo Mannaro ti avrebbe ucciso o trasformato in un mostro, come lui.” Derek aveva gli occhi bassi. Stiles non riusciva bene a capire perché, ma aveva l’impressione che l’argomento gli stesse particolarmente a cuore.
“Volevo capire.”
“Maledetti Corvonero.”
“Oh, andiamo. Dov’è finita la solidarietà tra le Case?”
“Stiles, non cambiare discorso. E comunque, cos’è successo?”
Stiles si schiarì la gola.
“Ho camminato per un po’ fino a raggiungere la Foresta Proibita, poi qualcuno mi ha colpito alla testa e ho perso i sensi per un istante.”
“Hai visto chi è stato?”
“Allison Argent, credo.”
“Allison?” chiese Derek, stupito.
“Sì, proprio lei. La nipote del professore.”
“So perfettamente chi è, grazie. C’era solo lei?”
“No,” rispose Stiles. “Subito dopo sono stato raggiunto da altre persone, ma erano incappucciate e non sono riuscito a capire chi fossero. Tra di loro c’era il professor Argent. Per questo mi ha messo in punizione.”
Derek tirò un altro pugno contro il muro.
“Ehi, guarda che ti fai male,” gli disse Stiles, che si beccò immediatamente un’occhiataccia. “Comunque… secondo te cosa ci faceva Allison insieme al professore fuori di notte? Che strano modo di passare del tempo in famiglia!”
“Erano alla ricerca del Lupo Mannaro, ovviamente.”
Stiles lo guardò a bocca aperta.
“Cos’hai detto?”
“Senti, Stiles, quello che sto per dirti non deve uscire da questa stanza. Siamo intesi?” Stiles annuì.
“Come perfettamente saprai, i Lupi Mannari sono un pericolo per la società magica e quella babbana, per questo devono essere tenuti sotto controllo dal Ministero della Magia. Per un lungo periodo di tempo sono stati visti come mostri e per loro era impossibile avere una vita normale, ma una decina di anni fa le regole sono state allentate, considerando l’alto numero di maghi trasformati in mannari durante la seconda guerra magica. Tuttavia, c’è ancora un folto gruppo di persone che pensa che i licantropi siano degli abomini e che debbano essere eliminati per evitare ogni pericolo.”
Stiles non riusciva a credere che Derek avesse parlato così tanto senza fermarsi.
“E quindi?”
“Forse non lo sai, ma all’epoca il professor Argent lavorava al Ministero della Magia. È stato proprio lui a cercare di far promuovere una legge disumana contro i Lupi Mannari.”
“Per quale motivo?”
“Sua figlia Kate morì per colpa del morso di un licantropo. Ma questo non vuol dire niente,” ringhiò Derek, stringendo i pugni così forte da far diventare bianche le nocche.
“Come fai a sapere tutte queste cose?” domandò Stiles.
Derek cercò di non intercettare il suo sguardo.
“Provengo da una famiglia di licantropi. È stato mio zio a uccidere Kate Argent.”
Stiles sbiancò completamente. Erano decisamente troppe cose tutte insieme.
“È complicato,” mormorò Derek. “È davvero una storia troppo lunga.”
“Quindi gli Argent sono alla caccia di tutti i licantropi ancora viventi?”
“In un certo senso, sì.”
“Allora cosa ci facevi fuori, ieri notte?”
“Cercavo di proteggere una persona.” Derek si mise una mano nei capelli. “Per questa volta mi è andata bene, ma alla prossima luna piena…”
“Proteggerla? Come? E chi era?”
“Senti, ti ho detto anche troppo. L’unica cosa che ti serve sapere è che devi stare lontano da me e da questa faccenda. È vero, sei insopportabile, ma non voglio che tu ti faccia male solo perché hai ficcato il naso dove non dovevi.”
“Sono preoccupato. Il mio amico Scott si è comportato in modo strano, ultimamente.”
“Chi è Scott e cosa c’entra?” sbraitò Derek. “Siamo in una dannata scuola di magia, è ovvio che la gente si comporti in modo strano.”
Stiles scosse la testa.
“Non so, continuo ad avere l’impressione che anche lui abbia a che fare con questa faccenda.”
“Beh, sia come vuole, l’importante è che tu e questo tuo amico ve ne teniate lontani.” Derek guardò l’orologio magico che aveva al polso e si colpì la fronte con la mano.
“Per la miseria, devo scappare! Ricordati di stare attento, Stiles,” gli intimò, uscendo di corsa dall’aula.
Stiles notò che era quasi finito l’orario dedicato alla cena e si apprestò a raggiungere la Sala Grande.
Quando vi arrivò notò che il tavolo di Corvonero, in particolare il gruppo formato dai ragazzi del suo anno, era in particolare fermento.
“Che c’è?” chiese a Danny, un ragazzo che trovava piuttosto simpatico ma con cui non parlava molto.
“Ehm… a Divinazione è successa una cosa strana.”
“Di che parli?” Stiles non poteva credere che in quel maledetto castello ci fossero ancora delle stranezze di cui lui non fosse a conoscenza.
“È Lydia.”
“Cosa?” urlò Stiles.
“Ha detto di aver visto un Lupo Mannaro nella sfera di cristallo e poi ha urlato. Ma non è stato un urlo umano, era… qualcos’altro.” Danny sembrava genuinamente preoccupato.
“Dov’è adesso?”
“In infermeria. Dove vai, Stiles? STILES!”