Titolo: Birth
Fandom: Chobits
Character: Dita, Jima
Pairing: JimaxDita
Rating: PG
Challenge: Special #4@
it100Prompt: Novità
Conteggio Parole: 307
Note: Wow, è addirittura la terza fic che scrivo su questi due*_* e mi piace sempre particolarmente trattare il personaggio di Jima. Non so perchè, ma mi sono convinta che lui sia relativamente più giovane di Dita e che sia stata lei la prima ad impartirgli le basi da cui ha cominciato ad ampliare la sua conoscenza e cose del genere. Mah, mi piace vederla così XD
Aprì gli occhi e seppe di essere nato.
Si guardò attorno, con curiosità crescente, finché nella testa la propria voce -era sua, vero?- non riaffluì in mille domande, chiedendosi anche dove avrebbe potuto trovarne le risposte.
Azzardò un passo, riscoprendo di avere gambe e piedi e braccia…
Quando cercò di parlare -ne sarebbe stato capace?- si accorse di non sapere cosa dire.
All’inizio ne ebbe paura -si sarebbe sentito così per sempre?- e disperato esplorò nella propria memoria alla ricerca di dati, di un nome che fosse il proprio, di parole che gli avrebbero permesso di salutare l’intero mondo che si era ritrovato davanti.
Solo quando un uomo ordinò qualcosa che lui non comprese, la vide.
Lei era nata -no, erano stati creati, tutti e due- poco prima di lui. Per lui.
Perché potesse permettergli di vivere.
Quando si collegò a lui, un senso di familiarità gorgogliò nello stomaco -non che ne possedesse uno in effetti- e lentamente iniziò ad apprendere.
«Come ti chiami?» domandò, stupendosi al suono della propria voce.
Lei lo guardò senza capire e l’uomo che prima le aveva ordinato di connettersi sospirò, avvicinandosi.
Gli somigliava vagamente: aveva due braccia come lui, due gambe, un volto…
Ma percepì che nel suo petto c’era qualcosa in più.
Un cuore.
«Si chiama Dita.» gli sentì dire.
«Dita.» ripeté a sua volta, riconoscendo in qualche modo quel nome e registrandolo in una cella sicura della propria memoria, confortato da quel suono e dal lieve ronzio che lei emetteva direttamente nella propria testa mentre scaricava in silenzio tutto ciò che avrebbe dovuto sapere.
L’uomo parlò ancora: «Il tuo nome invece è...»
«Jima.» sorrise -non credeva di saperlo fare- e abbassò lo sguardo su Dita, che lo guardava di rimando «Me lo ha detto lei.»
Gentilmente posò una mano tra i suoi capelli.
«Mi ha anche detto… Ben Arrivato.»