Character: Fuyuki H. Roodobin {oc}; Wolf Erin {oc-kinda};
Pairing: //
Rating: PG
Genre: Angst; Fluff;
Words: 965
Prompt: missione Langley - prematuro
Disclaimers: I personaggi sono stati creati per un gdr su Fairy Tail (con ambientazione ispirata al manga di FT) e, se i prestavolto appartengono a chi di diritto, loro appartengono invece ai player che li hanno creati, solo ai player, tutti ai player.
Io li ho solo rapiti per farne i miei porci comodi.
Scritta per la 4° Settimana del
Cow-t8 @
lande di fandom Se gli avessero detto che Fuyuki fosse stata una di quei bambini nati prematuri, così minuscoli da non avere nemmeno la forza di respirare da soli, così deboli da non possedere nemmeno la forza per far battere da solo il proprio cuoricino, non vi avrebbe creduto nemmeno per un secondo. Avrebbe azzannato la base del sigaro spento ancora incastrato tra i denti (il fumo non è il suo migliore amico, né avrebbe quell'affare con sé, se non si fosse preso una pausa forzata dal set, svignandosela di nascosto quando ha visto un cappello familiare e un visetto conosciuto) e vi avrebbe sbuffato contro una sfiatata perculatoria.
È difficile - se non impossibile - per Wolf Erin perfino immaginarla più piccola di quanto non sia ora nei suoi... quanti? diciassette, diciotto anni?, anche se la pittura come una bambina sgambettante e vivace, che scorrazza per l'intera casa dei genitori pretendendo attenzione o giocando ai pirati. Non sa quanto sia lontano dalla verità e come quello della sua infanzia fosse un mondo fatto immerso nei suoi silenzi e affondato nel pianto infinito di sua madre. Nei suoi ricordi di lei, okaasan[1] piange sempre.
Ha imparato a parlare tardi, quando gli altri bambini già creavano frasi complesse e componevano temi tra i banchi di scuola. Non ha avuto nome finché non se l'è scelto da sola, un giorno - è stata la prima cosa in assoluto che abbia mai rubato, nulla di ciò che ha è davvero suo, nemmeno quello.
Sua madre le si è sempre rivolta con singhiozzi incomprensibili o urla e accuse e se non fosse stato per te, mi avrebbe amata ancora, adesso chi mi amerà più?
Se avesse avuto l'età per capire (se avesse conosciuto le parole adatte), Fuyuki glielo avrebbe detto: lei avrebbe potuto amarla, perché di amore, anche se non sembra (anche se lo nasconde con tutte le proprie forze come se fosse la cosa più importante che possiede, insieme al proprio cappello, alla piuma di Ares e all'anello di Regulus) ne ha così tanto che alle volte è impossibile non notarlo traboccare dai suoi sorrisetti furbi o dalle occhiate che tira ai suoi nakama, ai suoi amici, alla sua famiglia, quando è convinta di non essere vista - anche se Wolf Erin, più di una volta le ha colte.
Invece è cresciuta da sola, imparando troppo tardi a vivere, ma troppo presto a soffrire e a doversi difendere dalla crudeltà del mondo.
Wolf Erin la guarda sistemarsi una camicia rossa che le sta enorme - la riconosce immediatamente e il primo pensiero, il più ovvio nonché il più realistico, è che l'abbia rubata chissà quando ad Ares - e le dita passano ripetutamente sulle pieghe, stirandola sul lato destro del fianco ed assicurandosi che i bottoni siano tutti chiusi. Non ha mai notato la maniacale attenzione con cui si assicura di non mettere in mostra troppa pelle, il pudore con cui - perfino in abiti da stracciona, o rubati ad un qualsiasi nakama (e poco importa che quel qualsiasi nakama risulti essere sempre Ares) - tiracchia i lembi della camicia perché le coprano anche le cosce snelle e bianche e le stirate delle dita concentrate sul fianco. Stira, stira, copre, copre.
«Che cos'hai lì?» le chiede un giorno, seduto sulla cima delle mura che delimitano uno dei ponti di Crocus Garden.
«Lì dove?» chiede.
Wolf Erin, però, è sicuro che abbia capito benissimo il suo cenno rivolto al fianco destro, tanto che le dita bianche e sottili si affrettano a premere in quel punto, come se dovesse tenere tamponata una ferita ancora sanguinante.
Aggrotta la fronte. A quello non aveva pensato.
«Ti sei fatta male?» domanda, ora preoccupato. In quel caso dovrebbero andare da un medico.
Ma, dopo un attimo di smarrimento e un volto che inizia a colorarsi di una sfumatura rossa piuttosto sospettosa, Fuyuki scuote il capo e sorride. Per Wolf Erin, che di professione fa l'attore e ha il fiuto dei beast soul, non ci vuol niente a capire che sia un sorriso falso.
Carino, si ritrova ad ammettere, ma falso.
«No, certo che no, sono stata attenta. Non voglio rischiare la vita per aver macchiato di sangue la camicia di Res, sa'?» poi con una teatralità che, davvero, forse dovrebbe proporla al proprio agente, si tappa la bocca con entrambe le mani «La camicia che Res mi ha regalato, volevo dire. Perché ormai è mia. Mia di me!»
Wolf Erin sorride. Non è per niente convinto, ma ha capito che la ragazzina non gli racconterà che cosa la segna sul fianco e quando la guarda sospirare e distogliere lo sguardo, in colpa per avergli mentito o perché si vergogna di quello che le traccia brutalmente la pelle all'altezza del fianco, forse riesce a intravederla a malapena quella bambina nata prematura che, in silenzio e con il timore di disturbare, apre a fatica gli occhietti al mondo e chiede solo di essere amata.
Chi mi amerà mai?
«Io lo farei.»
Fuyuki si volta a guardarlo.
«Hai detto qualcosa?»
Wolf Erin sorride e balza oltre il muro, apre una mano alla nuca di lei e la raccoglie tutta tra dita grandi e lunghe, che stringono piano la presa, ma abbastanza perché lei non possa ignorarlo. E Fuyuki non lo fa (d'altra parte si tratta di Wolf Erin, sarebbe come ignorare la presenza di un lupo sulla strada e pretendere di uscirne incolumi), socchiude gli occhi, incassa la testa tra spalle sottili e guarda in alto, con un rossore più marcato.
Forse, in qualche modo, riesce ad intuire cos'abbia appena detto. Forse si illude e allora scuote il capo e sorride.
Wolf Erin sospira e, infine, avanza, sospingendola con gentilezza.
«Andiamo, ti riaccompagno in locanda.»
Non è che non voglia conoscere i suoi segreti.
Lo farà.
Col tempo, lo farà.