Feb 24, 2012 11:55
Hy guys, I'm Italian and I just created an account and here I wanted to post my QAF fic. Sorry, but it's in Italian... When I have time I will translate it into English.
Back to you
1. Who are you?
"Ho solo un problema: una mano che fa i capricci."
Mi sono chiesto se ci credeva veramente o se voleva solo che ci credessi io.
Nel caso lui ne sia convinto, deve essere in fase di negazione, perché quando entra nel loft ha la schiena tesa e si guarda attorno come se non ci fosse mai stato. Sembra non sapere dove mettere la sua roba, e non si è posto questo problema neanche quando mi conosceva da u n paio di settimane. Poi, quando gli tolgo la borsa dalle mani mi guarda un po' spaventato, come se avesse tre anni e io gli stessi rubando l'orsacchiotto. Come se volesse riprendersela e scappare. So che in realtà vuole stare qui, ma sembra quasi che tema che io stia per saltargli addosso -cosa che avrei potuto fare effettivamente qualche mese fa, ma questo di certo non lo avrebbe preoccupato-. Gli chiedo se ha fame e no, non ha fame. Ma sentilo... solo questo mi dice che è messo proprio male. Justin Taylor ha sempre fame.
Se davvero pensava che gli avrei creduto, bè, deve proprio credermi uno stupido.
Bè, non sono sua madre: se non vuole mangiare, che digiuni. Perciò, annuisco e lo guardo e non è mai stato così tra noi. Non ha mai evitato il mio sguardo. Non si è mai guardato attorno mordendosi le labbra, senza dire una parola. Forse è meglio se lo lascio stare un po', così si rilassa e magari comincia a fare come se fosse casa sua. Lo è stata, in passato, casa sua, anche se per poco. E anche quando non abitava più da me, qui era sempre a casa.
"Io ho un po' di lavoro da fare al computer... tu... fai quello che vuoi."
E' strano dirglielo. Dio, non gli ho mai detto una cosa del genere. E, da come mi sta guardando, direi che lo trova strano anche lui. Allora mi volto, così non si sentirà osservato e vado al computer. Lo sto accendendo quando mi guarda e mi chiede: "Posso andare in bagno?"
Alzo le sopracciglia. Cavolo, Justin, penso che l'unica volta che mi hai chiesto se potevi andare in bagno sia stata la mattina dopo la nascita di Gus. Dopo di che, tutto quello che facevi era avvertirmi che saresti andato in bagno, senza chiedere.
"Justin... pensavo avessimo passato la fase del 'fa come se fossi a casa tua' mesi fa. Non c'è mai stato neanche bisogno che te lo dicessi. Adesso vivi qui, quindi... fatti pure tutte le seghe che vuoi."
Mi sorride un po' esitante, poi si gratta il retro del collo e lo so, si sta mentalmente dando dell'idiota, poi si volta e va al bagno, chiudendosi la porta dietro. Mi prendo un momento per respirare, perché vederlo così mi uccide e capisco cosa intendesse sua madre quando mi diceva che non era più se stesso. Ma come fa a credere che riuscirò a sistemare la situazione? E lui? Lo crede anche lui?
Non so bene come agire. Sua madre mi ha chiesto di toccarlo e lo sapeva bene che quello implica che io lo scopi. Per me non sarà di certo un problema. Ma per lui? Lo aiuterà davvero?
E quando dovrei provarci?
Forse stasera, dopo che si sarà un po' ambientato. Prima ceniamo, poi non lo so... possiamo guardare un film forse. Michey mi ha chiesto di vederci da Woody, ma non credo sia il caso di lasciarlo da solo stasera, e l'altro giorno quando si è presentato al bar non sembrava esattamente a suo agio, perciò... suppongo che staremo qui. Guarderemo un film. Magari "Yellow Submarine".
E poi, più tardi, a letto... bè, vedremo.
Sento l'acqua frusciare. Si sta lavando la faccia, riconosco il suono del getto del lavandino. O magari le mani. O magari vuole solo che io senta l'acqua.
Sto impazzendo. E' vero, non sta bene, ma non è pazzo.
Adesso esce dal bagno, e si guarda di nuovo attorno. Smettila, ti prego. Si avvicina alla sua borsa, e io fingo di non notarlo.
"Brian?"
"Mmm?"
"Dove posso mettere la mia roba?"
Questa domanda posso sopportarla. Sembra quasi normale.
"Ho liberato l'ultimo cassetto del comò per la tua biancheria. Il resto dei vestiti puoi metterli nell'armadio. E... poi, se hai altre cose puoi metterle dove vuoi."
La prima volta che è venuto a stare da me non aveva niente a parte i vestiti e il blocco da disegno. Chissà se se lo è portato, adesso che non può disegnare. Probabilmente sì. Questo mi ricorda che quando ho chiesto a sua madre se c'era qualcosa che dovevo sapere prima che venissi a stare qui, mi ha detto che deve fare gli esercizi per la mano... e che non deve bere il caffè, perché ti agita. E che se sembra agitato devo dargli un calmante. Speriamo che non succeda, perché non voglio davvero vederlo confuso e drogato.
Torno a guardare il desktop, mentre apre la sua borsa con un po' di difficoltà. Forse dovrei aiutarlo, ma non credo gli farebbe piacere essere trattato come un invalido. Io lo detesterei. Lo lascio fare e torno al lavoro. Ma chi voglio prendere in giro? Non riesco a concentrarmi. Va bene, aspetterò che lui finisca di sistemare la sua roba e poi spengo il pc, perché mi sento ridicolo a fingere di lavorare.
Ha sistemato la biancheria, anche se dubito che sia riuscito a piegarla, e ora sta cercando di appendere un paio di Jeans. Si vede che ha un po' di problemi, ma lo lascerò fare, perché deve imparare a non affidarsi a nessuno, neanche a me, se può evitarlo.
Ci vuole circa una mezz'ora e un paio di "Cazzo!" sussurrati perché finisca con i vestiti, poi tira fuori dalla borsa l'album da disegno. Lo guarda per un attimo e poi lo appoggia sul comodino. Poi estrae dalla borsa l'immancabile cassetta "Yellow Submarine". E' bello sapere che alcune cose non sono cambiate.
Lo guardo andare verso la TV e sta riponendo la cassetta vicino alla mia collezione di DVD, quando squilla il telefono. Rispondo io, mentre lui si volta a guardarmi.
"Pronto?"
"Brian? Sono Daphne."
"Daphne, che piacere sentirti", dico mentre gli faccio un cenno.
La sento ridere.
"C'è Justin?"
"Ma come? Mi liquidi così", mi fingo ferito, ma non aspetto una sua risposta per passare la cornetta a Justin. La prende con la mano sinistra e, nel farlo, mi sfiora. Lo guardo per un istante, ma ha distolto lo sguardo.
Resta in piedi davanti a me, ma mi dà le spalle, così che io possa ammirare il suo sedere. Ok, la situazione è strana, ma è ancora sexy come la sera che l'ho conosciuto, e, Dio, ho una voglia matta di scoparlo. Con calma, Kinney. Con calma.
"Hey, Daph."
"Ho chiamato a casa tua, e tua madre mi ha detto che eri andato a stare da Brian. Cos'è questa storia?"
"Oh... sì, è stata una cosa affrettata. Stamattina mamma mi ha detto che Brian mi veniva a prendere e... bè, sono qui."
E' andata più o meno così. Ieri sera Jennifer Taylor alla mia porta e stasera Justin Taylor nel mio letto. Senza tanti discorsi. Non avevo dubbi che a lui sarebbe andato bene, conoscendolo. Sua madre mi ha detto di passare a prenderlo dopo pranzo ed era lì, sul portico, con la borsa sulle spalle. Ha salutato la madre con la mano ed è salito in macchina. Io non sono neanche sceso a salutarla, ci siamo detti tutto ieri sera.
"Justin... è meraviglioso", dice Daphne.
"Mmm."
Non riesco a capire dal tono che cosa prova. Prima dell'incidente, era così facile capirlo. Era solo capace di provare tre emozioni: felicità, tristezza, e sesso. Era anche facile determinare quale stesse provando al momento. Adesso, sembra pieno di emozioni contrastanti che non riesce a tirare fuori.
"Bè, non dimenticarti di mettere l'allarme, stavolta."
Adoro questa ragazza.
"Già. Potrebbe uccidermi."
Infelice scelta di parole, Justin. Ti prego, non scherzare.
"Cosa state facendo adesso?", chiede Daphne.
"Niente di che. Sistemo la mia roba e Brian lavora."
Veramente, sto origliando la conversazione di due diciottenni. E' triste, ma non posso farne a meno.
"Ah... quindi non stavate...?"
Non è difficile dedurre cosa voglia dire. Magari, Daphne, magari.
"No, Daph", sembra esasperato.
"Bè, da quello che mi hai sempre detto, quella casa è tipo il set di un film porno."
Ci siamo quasi, direi.
Ridacchia, ma non è veramente divertito.
"Già.... ehm... devo andare, Daph. Ci sentiamo domani, va bene?"
"D'accordo. Mi racconterai i particolari piccanti."
Di nuovo quella risatina. Poi la saluta.
Resta un attimo con il telefono tra le mani, poi lo rimette a posto e, ma che strano, si guarda attorno. Basta così!
Spengo il computer e mi alzo. Sobbalza appena, ma abbastanza perché io decida di non andargli vicino.
"Che ne dici se facciamo un po' di esercizi per la mano?"
Mi guarda stupito.
"Non dovevi lavorare?"
"Ho finito. Allora, ti va?"
Annuisce e va a prendere la palla da tennis e una scatola di plastica con delle grappette colorate dentro. Guarda la palla, ma la rimette dentro la borsa. Non lo so perché, non glielo chiedo.
Non so bene cosa deve fare con quelle grappette, perciò lo seguo fino al tavolo della cucina e mi siedo vicino a lui. Siamo molto vicini, così vicini che potrei baciarlo senza sporgermi troppo, ma non lo faccio, perché non è il momento. Perché non so come reagirebbe, perché non sembra volerlo. Ma io lo voglio.
Appoggia la scatola davanti a sé e con la mano sinistra tira fuori una manciata di grappette e le mette sul tavolo.
"Che devo fare?" dico piano. Siamo così vicini che mi viene naturale parlare piano.
"Solo..." sorride, perché anche a lui viene da parlare piano, "solo, tieni la scatola ferma. Io devo rimetterle dentro."
Prendo la scatola tra le mani e la tengo ferma, mentre lui alza la sua per prendere le grappette, ma si ferma e mi guarda.
"Potrebbe volerci un po'", mi dice, a mo' di scusa. Non scusarti, è colpa di tutti tranne che tua. Gli sorrido e alzo una spalla.
"Abbiamo tutta la sera."
"Niente Babylon?"
"Naaaa... Oggi c'è la serata Over-trenta", gran cavolata, non è mai esistita nessuna serata del genere, ma lui è giovane, inesperto...
"Ahaha, allora dovresti andarci", sogghigna. Mi sembra quasi di rivedere il vecchio Justin Taylor, per un attimo.
"Taci e lavora, prima che ti metta la testa nel water."
Mi è sempre piaciuto farlo sorridere, perché al suo viso succede una cosa strana. Illumina la stanza. Saranno i denti bianchi, o forse gli occhi, non lo so. So solo che ogni volta che sorride sento qualcosa allo stomaco che mi fa venire voglia di spogliarlo e scoparlo subito. Adesso sta sorridendo, e sembra tutto uguale a prima, solo che adesso non posso saltargli addosso così, perché sembra così spaventato ogni volta che lo guardo un po' troppo intensamente.
Sospira e allunga la mano verso le grappette. La tiene incurvata e non riesce a stendere le dita, sembra un cagnolino con una zampa ferita. Ne prende una. O meglio, ci prova. Gli ci vuole un po' prima di riuscire a tirarla su. Ha la lingua tra i denti e gli occhi concentrati, come quando disegna, solo che adesso non sembra perso nel suo mondo, sembra solo frustrato.
Alla fine però ce la fa e la mette nel barattolo. Si vede che gli fa male aprire la mano, ma non si lamenta e io non dico niente.
Va avanti così per un po' e, a dirla tutta, potrebbe tenerlo con l'altra mano il barattolo, ma non mi dà fastidio aiutarlo, anzi. Mi piace stargli così vicino, e mi piace guardarlo in viso senza che lui se ne accorga perché è concentrato su quello che sta facendo. E' fisicamente provato, tanto che alcune gocce di sudore gli scendono sulla tempia. Senza pensarci, le asciugo con una mano. Si immobilizza e mi fissa dritto negli occhi. Le pupille sono appena dilatate. Restiamo un attimo così, con la mia mano sul suo viso, a guardarci come ci guardavamo prima che tutto questo incubo succedesse. Quando ci guardavamo così, dopo qualche istante ci stavamo già spogliando. Ma i suoi occhi sono tristi, troppo tristi perché io provi a sedurlo adesso.
Allora ritiro la mano dalla sua guancia e gli faccio segno di continuare, e lui riprende l'esercizio. Forse dovremmo fermarci perché è stanco, ma non ho il coraggio di dirglielo, perché non voglio dovermi allontanare da lui. Averlo qui, sano e salvo, vivo, parlante... sembra quasi un sogno.
Continua così per altri dieci minuti, poi nel prendere una grappetta la mano gli trema incontrollabilmente, spasmodicamente. "Cazzo!", dice e sbatte il gomito sinistro sul tavolo.
"Ok, ok, basta. Abbiamo fatto abbastanza per oggi" dico, e mi accorgo che la mia voce sembra quasi spaventata, perché mi sta davvero facendo paura. Questo nuovo Justin, silenzioso, lunatico, che non si fa toccare, che non sorride. Non sei più tu. Chi sei?
qaf fic