I luoghi di Roma che ricordano la Prima Guerra Mondiale. Parte 1.

Sep 02, 2017 18:50



La prima guerra mondiale fu il più grave conflitto armato che l’umanità avesse mai conosciuto, coinvolse non solo l’Europa ma anche gli Stati Uniti, il Giappone e si interessò anche le colonie degli stati europei e altri paesi extraeuropei. Si combattè dall’estate 1914 alla fine del 1918. Venne chiamata la “Grande Guerra”.



La causa scatenante fu l’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo Este avvenuto il 28 giugno 1914 a Sarajevo, in seguito a ciò l’Impero Austro Ungarico dichiarò guerra alla Serbia. A causa delle alleanze che esistevano da anni si formarono due blocchi di Stati contrapposti, da una parte gli Imperi Centrali: Germania, Austria-Ungheria e Impero Ottomano (a cui si unì la Bulgaria), dall’altra parte gli Alleati: Francia, Regno Unito e Impero Russo (ad essi si unì l’Italia nel 1915, con loro la Serbia, il Montenegro, la Grecia, la Romania, il Belgio, il Portogallo, e il Giappone. Dal 1917 gli Stati Uniti). Oltre 70 milioni di uomini furono mobilitati nei due fronti, di questi 9 milioni caddero sui campi di battaglia; altri 7 milioni di civili morirono in conseguenza della guerra. L’Italia ebbe 615.000 morti e quasi un milione di feriti, molti di più della seconda guerra mondiale che venne combattuta su tutto il territorio nazionale e venne attraversato da eserciti opposti con il fenomeno della Resistenza. Nella seconda guerra mondiale l’Italia ebbe 313.000 vittime militari e 130.000 civili.

Le prime operazioni militari videro una avanzata fulminea dell’esercito tedesco in Belgio, Lussemburgo e nel nord della Francia ma, gli anglo-francesi riuscirono a bloccare tale avanzata nella prima battaglia della Marna. Il contemporaneo attacco russo da Est spense la speranza tedesca di una guerra rapida, anzi divenne una logorante guerra di trincea su tutti i fronti, con questa caratteristica rimase fino alla fine.

Due fatti importanti accaddero durante il conflitto: lo scoppio della rivoluzione in Russia e l’ingresso in guerra degli Usa al fianco degli Alleati. La guerra si concluse con l’armistizio di Villa Giusti (4 novembre 1918) per il fronte italiano e con l’armistizio di Rethondes (11 novembre 1918).

PIAZZA VENEZIA

Oltre all’Altare della Patria, che conserva la sepoltura del Milite Ignoto,la piazza ricorda i trofei di guerra tolti agli austriaci.

Nel Vittoriano si trova il Sacrario delle Bandiere con i mas e altri armamenti, e il Museo del Risorgimento

con cimeli della Grande Guerra.

Sul lato Sud della piazza, addossato al colle Capitolino, si trova il MONUMENTO A VITTORIO EMANUELE II, detto anche VITTORIANO o ALTARE DELLA PATRIA.

Grandiosa mole dell’arch. Giuseppe Sacconi, iniziato nel 1885 per celebrare il cinquantenario dell’unità nazionale e inaugurato nel 1911. Il calcare di Botticino (Brescia) usato nella costruzione, di un bianco freddo e abbagliante non si armonizza con la tinta calda e dorata del travertino, la pietra dominante a Roma; né il monumento riesce ad ambientarsi nella scenografia delle rovine circostanti.

Un’ampia scalinata sale all’ALTARE DELLA PATRIA e si divide poi in due rampe che, girando dietro l’altare, si ricongiungono alla statua del re, si aprono nuovamente per sboccare su un vasto ripiano, dominato dal porticato a esedra che corona l’edificio.

Nell’esedra di destra la fontana del Tirreno di Pietro Canonica, in quella di sinistra l’Adriatico di E. Quadrelli. Davanti a quest’ultima i resti della tomba di Caio Publicio Bibulo, del I sec. a. C. importante caposaldo della della topografia di Roma antica: si trovava infatti fuori della cerchia delle mura Serviane (come è noto era vietato seppellire in città).

Alle testate della scalinata due grandi gruppi allegorici in bronzo dorato: Il pensiero di Giulio Monteverde a sinistra e L’azionedi Francesco Jerace a destra.

Sul primo ripiano l’ALTARE DELLA PATRIA, vasta e armoniosa composizione architettonica e scultorea con nel mezzo, contro un’edicola, la solenne statua di Roma, verso cui convergono, in altorilievo i Cortei trionfali del lavoro, a sinistra, e dell’Amor patrio a destra, opere dello scultore Angelo Zanelli. Ai piedi della statua di Roma si trova, dal 1921, la TOMBA DEL MILITE IGNOTO, la salma di un soldato sconosciuto morto nella prima guerra mondiale, costantemente guardata da due sentinelle armate.

Le scale salgono ai due portali del Museo del Risorgimento, quindi proseguono fino alla STATUA EQUESTRE DI VITTORIO EMANUELE II di Enrico Chiaradia, alta e lunga 12 metri, in bronzo già dorato. Poggia su un basamento con le statue delle città italiane di Eugenio Maccagnani.

Segue un altro grande ripiano conotto are con i simboli araldici delle città italiane liberate nella guerra 1915-18 e in mezzo un masso del monte Grappa.

Sovrasta il grandioso PORTICO in curva, composto di 16 colonne alte 15 metri; nell’attico le statue delle regioni d’Italia, alte cinque metri. Dal portico meraviglioso panorama di Roma.

Sopra i propilei spiccano due colossali quadrighe di bronzo con Vittorie alate, opera di Carlo Fontana e di Paolo Bartolini (1908).

Alla fine della Grande Guerra venne deciso di onorare tutti i soldati morti in guerra per la patria tumulando in questo luogo uno dei tanti caduti italiani di cui non si conosceva l’identità. Venne scelta la madre di un volontario delle terre irredente, che aveva disertato l’esercito austriaco, caduto in combattimanto senza che il corpo fosse stato ritrovato: Maria Bergamas [1]. Alla donna venne dato l’incarico di scegliere una salma tra undici tutte non identificate. La cerimonia avvenne ad Aquileia il 26 ottobre 1921, la donna passò davanti alle salme, giunta davanti ad una non riuscì più a proseguire, si accasciò al suolo pronunciando il nome del figlio: Antonio. Tale feretro fu collocato su un affusto di cannone e, accompagnato da reduci decorati di medaglia d’oro, fu deposto su un carro ferroviario.

Le altre dieci salme furono tumulate nel cimitero di guerra collocato nel prato dietro la basilica di Aquileia. Il viaggio venne effettuato a velocità ridotta, il convoglio si fermò in molte stazioni dove la gente ebbe modo di onorarlo. Una folla strabocchevole lo attese anche per ore. A Roma venne accolta dal Re, dai rappresentanti dei combattenti, delle vedove e delle madri dei caduti, inoltre erano presenti le bandiere di tutti i reggimenti, si fermò nella chiesa di Santa Maria degli Angeli, finalmente il 4 novembre 1921 venne tumulata nel Vittoriano.

Negli anni Trenta il feretro venne traslato nella cripta interna al Vittoriano costruita con rocce provenienti dalle montagne in cui si combattè la prima guerra mondiale: il Grappa, il Carso e altre.

Ogni capo di Stato in visita in Italia e il Presidente della Repubblica appena eletto fa visita al Milite Ignoto e gli rende omaggio.

MUSEO CENTRALE DEL RISORGIMENTO Fa parte dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano che comprende il centro di Studi, l’Archivio, le pubblicazioni e il museo vero e proprio. Nel museo è documentata la storia d’Italia dalla metà del Settecento a tutta la prima guerra mondiale. Queste testimonianze sono formate da documenti cartacei: lettere, diari, manoscritti; da quadri, sculture, disegni, incisioni, stampe, armi che rievocano fatti e protagonisti del periodo storico preso in esame. L’ultima sezione del museo è dedicato alla Prima Guerra Mondiale che secondo alcuni storici non è altro che la IV Guerra d’Indipendenza. Si possono vedere il calamaio d’argento con penna utilizzato per firmare l’armistizio di Villa Giusti, borracce, maschere antigas, uno dei volantini lanciati da Gabriele D’Annunzio su Vienna nell’agosto del 1918 e - nell’ultima sala - l’affusto di cannone sul quale venne trasportata a Roma la salma del Milite Ignoto. Di tale conflitto mondiale abbiamo anche filmati dell’Istituto Luce e registrazioni sonore. Alcuni artisti vennero ingaggiati dai comandi militari per documentare gli avvenimenti di guerra: tra questi Giulio Aristide Sartorio, Tommaso Cascella, Anselmo Bucci. Esisteva inoltre, un reparto di fotocinemaoperatori che documentò la vita di trincea e quella sul mare.

Il museo, dopo un lungo periodo di chiusura, è stato riallestito nel 2001, anche per interessamento dell’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi che molto si è adoperato per la valorizzazione del Vittoriano.

SACRARIO DELLE BANDIERE Raccoglie le bandiere di guerra dei reparti disciolti, nonché le bandiere degli istituti militari. Sono custoditi cimeli particolarmente importanti relativi alle guerre combattute dalle Forze Armate italiane. Tale area fu inaugurata nel 1968, in occasione del cinquantenario della vittoria nella Prima Guerra Mondiale. Il Museo Sacrario della Marina, ubicato al piano terra, fu istituito nel 1961 per celebrare i cento anni di vita della Marina Militare.

Il Mas 15 con cui, nei pressi di Premuda, Luigi Rizzo, effettuò il 10 giugno 1918 un audace attacco contro una formazione navale austriaca che culminò nell’affondamento della corazzata Szent Istvan. Accanto vi è il Siluro lenta corsa o maiale della Seconda Guerra Mondiale, di Tesei e Vicentini, con cui furono violate le più munite basi navali del nemico, da Gibilterra ad Alessandria, da Algeri ai porti italiani occupati dai tedeschi.

Il MAS è la sigla di Motoscafo Armato Silurante, è una piccola imbarcazione militare usata come mezzo d’assalto veloce. Fondamentalmente si trattava di un motoscafao da 20/30 tonnellate con una decina di uomini di equipaggio e armamento costituito generalmente da due siluri e alcune bombe di profondità, oltre a mitragliatrice o cannoncino.

Tra le altre bandiere vi sono quelle della fregata Re di Portogallo che si battè valorosamente a Lissa e quella della corazzata Duilio che al suo nascere rivoluzionò la tecnologia navale dell’epoca. Con i suoi 4 cannoni da 450 mm in due torri binate e la velocità di 15 nodi, al momento della sua apparizione fu, per velocità, protezione e armamento, unanimemente riconosciuta la corazzata più potente in servizio (varata nel 1880 - radiata nel 1909). La più antica bandiera attualmente conservata nel sacrario è quella della fregata Garibaldi, già borbonica Borbone.

PIAZZA DELL’ESQUILINO

E’ il luogo delle manifestazioni  interventiste, furono la spinta popolare all’entrata in guerra dell’Italia.

Questa fu il teatro delle manifestazioni favorevoli all’intervento italiano nella grande guerra. Tra via Cavour e via di Santa Maria Maggiore c’è un balcone (detto “Prua d’Italia”) dal quale si esibì Gabriele D’Annunzio in uno dei suoi discorsi pieni di retorica patriottica. Da tali discorsi e da questa mobilitazione prese successivamente spunto il fascismo per porsi come erede dello spirito della Grande Guerra. D’Annunzio parlò anche al Campidoglio, altre manifestazioni si tennero in piazza del Quirinale per sollecitare o sostenere il Re all’intervento in guerra.

La guerra mondiale scoppiò il 28 luglio 1914 mentre l’Italia era rimasta neutrale. Erano contrari all’intervento in guerra dell’Italia i socialisti e i cattolici; i primi perché era inconcepibile che proletari di un paese combattessero contro proletari di un altro paese, i secondi perché era altrettanto inconcepibile che i cattolici italiani combattessero contro i cattolici austriaci. Anche Giolitti e i suoi seguaci liberali erano contrari all’intervento perché avrebbe esposto l’Italia ad un cimento superiore alle sue forze. A favore della guerra erano i nazionalisti i socialisti riformisti (come Bissolati) e i socialisti rivoluzionari (come Mussolini), gli ambienti monarchici che vedeva una occasione di gloria per la monarchia ma soprattutto una possibilità per liberare le “terre irredente”, in breve Trento e Trieste. Un grande aiuto venne a questi ultimi dal poeta Gabriele D’Annunzio con la sua parola ricca i fascino.

Anche se il parlamento era in maggioranza contrario alla guerra, il capo del governo Salandra, esponente dell’estrema destra e la corona si adoperarono per la partecipazione al conflitto contando sul fatto che una vittoria militare avrebbe portato ingrandimenti territoriali, maggiore prestigio per la corona, minacciato dalla Settimana Rossa (giugno 1914).

PIAZZA DEI CINQUECENTO

E’ il luogo nel quale una grande folla accolse come trionfatori Armando Diaz e Pietro Badoglio alla fine del conflitto.

Un’altra manifestazione, alla fine del conflitto, accolse Vittorio Emanuele Orlando che aveva abbandonato
Parigi sede delle trattative di pace.

Nel clima di esaltato patriottismo determinato dai sacrifici della guerra e dalla vittoria contro l’impero asburgico, si tenne una vera e propria manifestazione tra piazza dei Cinquecento e piazza Esedra (oggi della Repubblica), con essa, una folla strabocchevole accolse il generale capo di Stato Maggiore Armando Diaz che aveva guidato l’esercito italiano dopo la sconfitta di Caporetto (24 ottobre - 12 novembre 1917) e Pietro Badoglio che, insieme a Gaetano Giardino, aveva affiancato Diaz nel ruolo di vice comandante di Stato Maggiore.

Si formò un corteo che raggiunse il Quirinale per omaggiare il Re.

Un’altra manifestazione di popolo, di grandi dimensioni avvenne per il rientro in patria di Vittorio Emanuele Orlando, capo del governo e Sidney Sonnino, ministro degli Esteri. I due stavano partecipando ai trattati di Pace. Un grave disaccordo era intervento tra l’Italia e gli altri paesi vincitori del conflitto sulle condizioni di pace. Vediamo di ricostruire brevemente quanto accaduto.

L’Italia era entrata in guerra in seguito al patto di Londra, con esso l’Italia aveva diritto a prendersi non solo territori indiscutibilmente italiani come il Trentino, Trieste e la costa dell’Istria, ma anche il Sud Tirolo tedesco e l’interno dell’Istria slavo, nonché la Dalmazia anch’essa slava ad eccezione di Zara italiana. Ciò era stato fatto al fine di garantirsi da una riscossa austriaca, ma l’impero asburgico era sparito, erano nati nuovi stati come la Jugoslavia, e l’Austria era ridotta a un piccolo stato con una capitale Vienna enorme, si disse un piccolo corpo con una grande testa.

Se quindi i rappresentanti italiani richiedevano la rigida attuazione del patto di Londra, la Jugoslavia reclamava le terre abitate da slavi sulla base del principio di nazionalità. A complicare le cose sorgeva il problema di Fiume che il patto di Londra lasciava alla Croazia come sbocco al mare, ma fin dal 30 ottobre 1918, la popolazione aveva proclamato la volontà di unirsi all’Italia.

Tutta l’intransigenza italiana si ritorceva contro di noi rispetto al problema delle ex colonie tedesche che avevano un valore economico ben più alto delle povere terre abitate da slavi. Inoltre l’Italia aveva tutto l’interesse ad avere buoni rapporti con la Jugoslavia dove la nostra industria poteva esportare i propri prodotti, tale interesse era anche della Jugolavia, ma la nostra rigidità ci creava nemici nei balcani invece di alleati.

Davanti a tutto ciò la delegazione italiana si ritirò dalla conferenza di pace, tale gesto restò sterile.

PIAZZA DELLA REPUBBLICA

CHIESA DI SANTA MARIA DEGLI ANGELI

Nella chiesa la sepoltura di Armando Diaz e Thaon di Revel.

Armando Diaz, oltre ad essere considerato il “Duca della Vittoria”, generale e capo di Stato Maggiore del Regio Esercito, dopo la guerra fu ministro della guerra tra il 1922 e il 1924 nel governo presieduto da Mussolini; ebbe il titolo di Maresciallo d’Italia.

La famiglia era di lontane origini spagnole, era nato a Napoli nel 1861, fu avviato giovanissimo alla carriera militare, frequentò la Nunziatella, divenne ufficiale all’Accademia militare di Torino. Prese servizio in un reggimento di artiglieria da campo. Dal 1895 lavorò allo Stato Maggiore nella segreteria del generale Alberto Pollio, nel 1899 venne promosso maggiore, nel 1905 tenente colonnello. Nel 1910, durante la guerra di Libia comandò il 21° fanteria, fu ferito a Zanzur nel 1912. Durante la prima guerra mondiale fu assegnato alla III armata che gli valse la medaglia d’argento per una ferita riportata alla spalla. La sera dell’8 novembre 1917 fu chiamato a sostituire Luigi Cadorna nella carica di capo di Stato Maggiore dell’Esercito, per via della disfatta di Caporetto. Organizzò la resistenza sul monte Grappa e sul Piave, decentrò molte funzioni ai sottoposti, riservandosi un ruolo di controllo. Nell’autunno del 1918 guidò alla vittoria le truppe italiane, iniziando l’offensiva il 24 ottobre, con 58 divisioni contro 73 austriache. Il piano prevedeva l’attacco in un solo punto, a Vittorio Veneto, preceduto da un’azione diversiva lungo il Piave. Nella notte tra il 28 e il 29 ottobre l’esercito passò all’attacco, il fronte austriaco si spezzò avviando una reazione a catena. Il 3 novembre si arrivò a Trento. Il 4 novembre l’Austria capitolò, in questa occasione Diaz stilò il celebre “Bollettino della Vittoria”. Alla fine della guerra divenne senatore. Venne onorato da una parata a New York, primo fra gli italiani. Entrò nel primo governo Mussolini su precisa condizione del Re che intendeva porre una figura di prestigio e di sicura fede monarchica. Da ministro accettò la costituzione della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale sottoposta direttamente a Mussolini. Terminata l’esperienza governativa si ritirò a vita privata, era sposato dal 1895, morì nel 1928.

La chiesa di Santa Maria degli Angeli venne sistemata da Michelangelo nell'aula del tepidarium delle terme di Diocleziano nel 1563-66 e rimaneggiata da Vanvitelli nel 1749. E' la chiesa preferita per le funzioni religiose di carattere ufficiale (matrimonio di Umberto II, funerali di Eleonora Duse). La facciata disadorna, in cotto, è formata dall'esedra di una sala delle terme, probabilmente il calidarium. Ai primi del Novecento si decise di demolire la facciata opera di Vanvitelli. Le due porte della basilica sono opera dell'artista polacco Igor Mitorj, rappresentano: a sinistra il Redentore, a destra l'Annunciazione (poste in opera il 28 febbraio 2006). Interno a croce greca. La navata trasversale veramente dà l'idea della grandiosità delle costruzioni romane, m 90,8 di lunghezza, m 27 di larghezza, m 28 di altezza; tre volte a crociera coprono la navata, 8 immense colonne di granito rosa, monolistiche sono parzialmente interrate perchè Michelangelo dovette alzare il livello della chiesa. Entrando in chiesa subito a sinistra e destra le sepolture di Salvator Rosa e Carlo Maratta. Nella cappella di destra "Cristo in Croce con San Girolamo e devoto" di Daniele da Volterra. Nella navata trasversale si trovano grandiose pale d'altare provenienti da San Pietro, nella tratto di sinistra "Caduta di Simon Mago" di Pompeo Batoni; nella navata trasversale sono sepolti il maresciallo Armando Diaz, "il generale della Vittoria" (di Antonio Munoz), il grand'ammiraglio Thaon di Revel e il capo di governo Vittorio Emanuele Orlando (entrambe del Canonica). Sul pavimento è presente una grandiosa meridiana voluta da papa Clemente XI per il giubileo del 1700 al fine di dimostrare la correttezza della riforma del calendario gregoriano. Notare le costellazioni che fiancheggiano la linea di meridiana. Nella tribuna si trovano il "Matirio di San Sebastiano" del Domenichino, il "Battesimo di Gesù" di Carlo Maratta e nell’abside il sepolcro di papa Pio IV.

CIMITERO MONUMENTALE DEL VERANO

Nel nuovo settore si trova il monumento che ricorda tutti i caduti, è opera dell’arch. De Vito.

Nel cimitero monumentale del Verano si trova un imponente e spettacolare monumento che ricorda le vittime del grande conflitto mondiale. Si trova la margine Est, lungo la tangenziale. Una parete di marmo bianco concava reca i nomi di tutti i romani caduti. E’ opera del 1926 dell’arch. Raffaele De Vico, il celebre architetto dei giardini romani (Villa Glori, Giardini di piazza Mazzini, Colle Oppio, ampliamento dello zoo con l’uccelliera, parco Nemorense e parco Savello sull’Aventino, serbatoio idrico di porta Maggiore). Al di sotto vi è una grandiosa cripta a pianta circolare dalla quale si accede da due scale circolari. E’ denominato Monumento Ossario ai Caduti della Guerra 1915-18. Tale monumento si vede anche dall’esterno del cimitero, passando da via Tiburtina e guardando dall’ingresso / cancellata di Portonaccio.

Il Verano è il Cimitero Monumentale di Roma la cui entrata è presso la basilica di San Lorenzo fuori le Mura, deve il suo nome alla gens Verani, senatori dai tempi della repubblica. La zona era da sempre luogo di sepoltura perché si trovava lungo una antichissima via consolare, la Tiburtina. Nelle catacombe di Santa Ciriaca fu sepolto San Lorenzo, sulla cui tomba sorse la basilica. Durante il dominio francese su Roma venne applicato l’editto di Saint Cloud che stabiliva che tutte le sepolture dovessero essere fuori dai centri urbani. Il progetto del cimitero si deve a Giuseppe Valadier, lo stesso autore di piazza del Popolo tra il 1807 e il 1812. Con la restaurazione i papi mantennero l’uso del cimitero. Sotto la direzione di Virginio Vespignani venne realizzato il quadriportico d’ingresso (1880), dopo l’unità d’Italia il cimitero si ingrandì ancora fino ad acquistare villa Mancini, zona oggi denominata il Pincetto. Dagli anni Sessanta nel cimitero possono essere sepolte solo le persone che dispongono di cappelle di famiglia, da allora le sepolture avvengono nel cimitero Flaminio detto dai romani di Prima Porta. Il 19 luglio 1943 un terribile bombardamento degli alleati, che aveva lo scopo di colpire lo scalo ferroviario, causò gravissimi danni nel vicino quartiere di San Lorenzo e la morte di circa 1.000 persone. Anche il cimitero venne colpito, furono danneggiati il quadriportico, il Pincetto, il sacrario militare e il crollo di un tratto di mura a destra dell’ingresso causando la morte di alcune persone che vi avevano cercato riparo. Anche le tombe di Petrolini e della famiglia Pacelli subirono danni.

L’ingresso al cimitero è caratterizzato da tre fornici, tra due corpi di fabbrica, con quattro grandi statue sedute de: la Meditazione (di Francesco Fabj-Altini), la Speranza (di Stefano Galletti), la Carità (sempre di Fabj-Altini) e il Silenzio (di Giuseppe Blasetti). E’ opera di Virginio Vespignani degli anni 1874-78. Da questo spettacolare ingresso si accede al quadriportico opera di Vespignani che ha nel fondo la cappella di Santa Maria della Misericordia dello stesso architetto ma precedente all’ingresso, all’interno della cappella “Le anime purganti”, pala d’altare di Tommaso Minardi. Per l’importanza storica e culturale da alcuni anni si organizzano visite guidate al cimitero stesso. Molti sono gli artisti degli ultimi due secoli che hanno realizzato tombe e sculture: Duilio Cambellotti, Mirko Basaldella, Raffaele De Vico e tanti altri.

Il 15 luglio 2003 è stato inaugurato il Centro di Documentazione dei Cimiteri Storici di Roma dalla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Collocato all’ingresso del portico è aperto su richiesta, nella settimana della Cultura (in primavera) e nel periodo della commemorazione dei defunti. Video, fotografie, proiezioni e cataloghi informatizzati costituiscono il materiale che si può consultare nel centro.

PORTA PIA

MUSEO STORICO DEI BERSAGLIERI

In questo, come negli altri musei storici delle armi, vari cimeli ricordano il contributo dato da ognuna nella Grande Guerra.

Il museo si trova all’interno di porta Pia, o meglio nella struttura ideata da Virginio Vespignani, che precede la porta stessa. In esso si trovano i cimeli ed i ricordi relativi alla istituzione del Corpo, seguendo il filo logico delle vicende alle quali parteciparono reparti di bersaglieri.

Nel lato Sud dell’edificio, il piano inferiore, è dedicato alla Prima Guerra Mondiale: targhe, fotografie, gagliardetti di reparto, statue celebrative, ritratti e medaglieri di comandanti e bersaglieri semplici, armi italiane ed austriache, tra queste la mitragliatrice che falciò, alle ore 16 del 4 novembre 1918 al Quadrivio del Paradiso, il diciannovenne sottotenente Alberto Riva di Villasanta ed i suoi bersaglieri, ultimi caduti nella Grande Guerra.

Il museo venne inaugurato il 18 settembre 1932 in concomitanza con quella del monumento al Bersagliere nel piazzale antistante. Nel cortile di ingresso al museo sono collocati busti in bronzo di alcuni dei più illustri rappresentanti del Corpo e il monumento al più romano dei bersaglieri Enrico Toti, volontario per vocazione. Al piano terreno una saletta è dedicata a La Marmora, il fondatore del corpo, vi sono esposte due carabine con fiaschetta per polvere a misurazione automatica per il rapido caricamento, furono ideate da lui nel 1836. Tra i cimeli la Proposizione originale, scritto di pugno da La Marmora per ottenere da Carlo Alberto la costituzione del corpo.

Il monumento al Bersagliere è opera dello scultore Publio Morbiducci (romano, autore dei dioscuri al Colosseo quadrato, della fontana al Viminale, monumento a Emanuele Filiberto in piazza Castello a Torino), mentre il progetto architettonico è di Italo Mancini, venne inaugurato nel 1932. Il progetto di Morbiducci risultò vincitore perché sembrò di facile impatto sul pubblico ed interpretava in modo autentico il carattere popolare del bersagliere. L’autore coniuga un esasperato realismo con un forte vigore plastico.

Il monumento è costituito da una imponente scultura in bronzo, alta 4 metri, che raffigura il bersagliere scattante all’assalto, posto su un basamento di travertino opera di Mancini. Sui lati maggiori dello stesso basamento si trovano bassorilievi in pietra di Trani che raffigurano personaggi e battaglie combattute dai bersaglieri: il ponte di Goito, Luciano Manara, Porta Pia a sinistra, Sciara Sciat, Enrico Toti, Riva di Villasanta a destra.

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