[Hetalia] Buonanotte, Italia

May 08, 2013 21:04

Titolo: Buonanotte, Italia
Fandom: Axis Powers Hetalia
Rating: per tutti
Personaggi: Feliciano Vargas (Nord Italia), Lovino Vargas (Sud Italia), Roma antica, (presenti anche Germania e Spagna).
Genere: song-fic, introspettivo, storico, malinconico
Avvisi: vari riferimenti storici, parzialmente AU
Note: I personaggi non sono miei, non mi appartengono, e ovviamente non ci ricavo niente. Nemmeno la canzone citata mi appartiene, ma è, ovviamente, di Ligabue.


Buonanotte, Italia

Buonanotte all’Italia deve un po’ riposare
tanto a fare la guardia c’è un bel pezzo di mare

Di carezza in carezza
di certezza in stupore
tutta questa bellezza senza navigatore
Come se gli angeli fossero lì
a dire che sì
è tutto possibile

Ludwig lo guarda dormire, con le guance paffute leggermente arrossate e le labbra socchiuse premute per metà sul cuscino.
Dorme come se non ci fosse nulla di più bello e piacevole al mondo, mentre fuori da quella camera imperversano stragi e guerre.
Feliciano sembra un bambino, con il suo modo di stare acciambellato al suo fianco e le mani sottili strette in piccoli pugni. Germania non potrà mai vederlo se non come un bambino, troppo giovane e ingenuo per stare al mondo.
In verità Italia non è molto più giovane di lui, e sicuramente non è così puro e innocente come vorrebbe sembrare. Loro due hanno combattuto assieme, hanno perso assieme, e si sono risollevati assieme. Ludwig sa che Italia ha del marcio, come tutti loro del resto. Ha sulle spalle anni di guerre, di orrori, di terrorismo e di povertà. Eppure lo sa nascondere meglio di altri, sotto tutta quella bellezza infantile e splendente, e così profondamente dimenticata.
Lud solleva con movimenti lentissimi e attenti una mano e gli accarezza una guancia, perdendosi in quella morbidezza che profuma di colori ad olio e rose e viole. Gli scosta qualche ciuffo castano dagli occhi, e le palpebre fremono leggermente.
Chissà cosa sta sognando, la sua piccola Italia. I ricordi belli o quelli brutti? Le grandi campagne vittoriose o le sconfitte pesantissime? La sua unità o le sue scissioni interne?
Le palpebre fremono ancora ma un lieve sorriso gli solleva un angolo della bocca.
Quando lo guarda in questo modo, Germania si domanda se si può non amare Italia, con le sue mille contraddizioni, con le sue insensate stupidaggini e le sue infinite meraviglie.
Forse Feliciano dovrebbe essere il primo ad amare se stesso, ad apprezzare quello che ha, ad esserne fiero, e a sentirsi una Nazione come tutte le altre. Più di tutte le altre.
Eppure, nonostante i suoi anni, è ancora lì a litigare con suo fratello, come se fossero due bambini. A perdersi e poi a ritrovarsi più uniti che mai, anche solo per un giorno.
Ludwig sospira e lascia cadere a sua volta la testa accanto a quella di Feliciano, ad un soffio da quel naso all’insù e a quelle labbra carnose, mediterranee. Ed è perfettamente consapevole che non smetterà mai di meravigliarsi, o di scandalizzarsi, davanti a quel viso infantile.
- Buonanotte, Italia-.

Di canzone in canzone
di casello in stazione
abbiam fatto giornata
che era tutta da fare
la luna ci ha presi
e ci ha messi a dormire
o a cerchiare la bocca
per stupirci o fumare
Come se gli angeli fossero lì
a dire che sì
è tutto possibile

Lovino si stringe le ginocchia al petto e si perde a fissare le stelle sopra di lui. Sono milioni e milioni, e rischiarano la volta celeste, altrimenti di un nero profondo.
- Caffè?- domanda Antonio, mettendogli davanti una tazza fumante. L’amaro e inconfondibile profumo del caffè appena fatto con la moka gli fa socchiudere gli occhi e distendere le labbra in un sorriso tirato.
Accetta la tazza senza dire una parola, stringendola tra le mani fredde e sollevando ancora una volta lo sguardo al cielo.
Non sa esattamente dove sono, probabilmente in mezzo alla campagna toscana, ma potrebbero essersi tranquillamente persi senza essersene neppure resi conto. È quello che succede sempre quando si mettono in macchina per attraversare la penisola. Inevitabilmente finiscono per fare qualche deviazione, per prendere una scorciatoia, per fermarsi a vedere qualche scorcio pittoresco. Ed eccoli, quindi, fermi in una pensioncina rustica chissà dove, a guardare il cielo come due ragazzi qualsiasi.
-  A cosa pensi?- domanda improvvisamente Antonio in un soffio caldo, portandosi la tazza alle labbra.
Per una volta Lovino non ha voglia di litigare o di essere caustico. Vuole solo restare in ascolto del nulla, del silenzio quieto e sereno che precede la notte più profonda.
Scrolla le spalle sottili e sospira - A niente di serio. A mio fratello, principalmente. A mio nonno, alla mia casa, a tutto quanto-.
Antonio si gratta la nuca e attende in silenzio che il ragazzo continui. Perchè sa che continuerà, lo conosce meglio di quanto conosca se stesso. Lo conosce da sempre, da quando era poco più di un bambino. Sono cresciuti assieme e ancora ora c’è qualcosa di tacito, di assoluto, ad unirli.
- Mi manca-.
- Cosa?-.
- Mio fratello. La nostra vecchia casa. Lo stare assieme, come da bambini-.
Antonio annuisce, perdendosi ad osservare le fronde degli alberi davanti a loro. Annuisce perchè sa bene cosa significhi rischiare di perdere una parte di sé, venirne allontanato, dover lottare per restare assieme.
Lo sa, come sa che Lovino avrà sempre quel complesso nei confronti di Feliciano, e allo stesso tempo un amore profondo, quasi immorale. Non è sicuro di quello che lega i due fratelli, se sia amore o odio, ma sicuramente è qualcosa che va al di là delle semplici convenzioni, delle parole e delle apparenze.

Buonanotte all’Italia che ci ha il suo bel da fare
tutti i libri di storia non la fanno dormire
sdraiata sul mondo con un cielo privato
fra San Pietri e Madonne
fra progresso e peccato
fra un domani che arriva ma che sembra in apnea
ed i segni di ieri che non vanno più via

Prima di addormentarsi Feliciano osservava sempre il ricco soffitto decorato da antichi affreschi rappresentanti piccoli angeli grassottelli e bellissime donne vestite d’azzurro. Gli stucchi dorati della volta e degli specchi preziosi catturavano la luce e la riflettevano sulle pareti come se fossero tante stelle brillanti.
Ma quella notte la sua attenzione era tutta per il Nonno, che era venuto a rimboccare a lui e  Lovino le coperte. Li fissava dall’alto, con i suoi occhi castani e profondi, ed era mille volte più interessante degli affreschi alle pareti.
Era un evento raro che fosse stato proprio lui a metterli a letto, senza delegare il compito a qualche tata o cameriere. In quell’ultimo periodo era sempre in viaggio per lavoro, tra la Germania e la Turchia, sempre indaffarato e preso da i suoi impegni, ed era sempre più difficile averlo a casa con loro.  E la sua assenza, quando era in viaggio per l’Europa, si sentiva nell’aria come una lama appuntita pronta a colpire, come se non dovesse mai pià tornare.

Il nonno era un uomo vecchio e stanco, e forse un adulto avrebbe detto semplicemente “spezzato dagli anni e dalla propria grandezza”. Ma era ancora bellissimo e imponente, e col proprio passato faceva tremare le ginocchia a chi gli stava di fronte. Aveva lo sguardo di chi ha già visto e vissuto ogni cosa, e che sa già cosa lo aspetta. Giovani da ogni angolo d’Europa si recavano a fargli visita per chiedergli consiglio, per farsi aiutare, per imparare. O semplicemente per ammirarlo.
Lovino aveva sempre guardato con rispetto al nonno, intimorito dalla sua presenza solida e forte. Roma era un uomo che aveva avuto tutto dalla vita, che era partito dal niente, da una famiglia di contadini e delinquenti, e si era arricchito tanto da diventare il simbolo stesso del lusso più sfrenato e del potere.
E poi aveva perso tutto. Non era successo da un giorno all’altro, come alcuni sostenevano. Lovino era troppo piccolo per sapere cosa stesse succedendo attorno a lui, ma riusciva a distinguere i segnali dell’imminente crisi.
Quando tornava a casa, il nonno era sempre più stanco e di cattivo umore, non aveva più voglia di giocare con loro o di leggere le storie degli antichi eroi. Si limitava a sedersi alla scrivania, a spulciare carte su carte, a sbuffare sonoramente e a crollare addormentato a notte inoltrata.
E poi c’era quel maledetto Turco, a Lovino non era mai stato simpatico, che si presentava a casa loro alle ore più impensate, facendo trasalire il nonno e mettendolo di cattivo umore.
Lovino e Feliciano non capivano ma sentivano che c’era qualcosa che non andava, qualcosa che presto o tardi avrebbe fatto crollare il nonno su se stesso, come un vecchio qualunque.
Non potevano sapere che Roma in verità non sarebbe mai crollato completamente, non si sarebbe mai fatto vedere debole e spezzato agli occhi del mondo. Piuttosto sarebbe sparito dalla scena pubblica in silenzio, lasciando agli altri il compito di vedersela con le conseguenze.

Feliciano osservava con attenzione i gesti del nonno, mentre gli sistemava addosso la coperta e gli accarezzava i capelli, e si chiese come mai non li guardasse mai negli occhi.
Avevano fatto qualcosa di male? Era arrabbiato con loro? Ingenuamente spalancò la bocca per chiederglielo, ma il nonno lo precedette.
- Buonanotte, bambini- mormorò con la sua voce bassa e calda, che faceva impazzire le donne e tremare i rivali.
- Nonno, domani ci porti a cavallo?- domandò con uno sbadiglio Lovino, voltandosi verso di loro. Gli sembrava che fossero passati secoli da quando erano andati a cavalcare assieme l’ultima volta.
Roma esitò per un istante mordendosi il labbro inferiore. In quel momento apparve per quello che era: solo un vecchio tormentato dagli affanni e da troppi pesi. Ed un terribile bugiardo.
- Certamente. Ora però dormite. Buonanotte-.
Si voltò verso la porta e per fortuna i bambini non videro il luccichio doloroso, amareggiato, nei suoi occhi.
Sopra di loro i putti e le madonne continuavano a sorridere avvolti dalla luce dorata degli splendidi lampadari, come se non ci fosse nulla di cui aver paura, nulla di cui preoccuparsi.
Il giorno dopo Lovino e Feliciano vennero separati, il primo mandato in Spagna, il secondo in Austria.

Il nonno non li aveva mai portati su qualche collina, non gli aveva mai mostrato il paesaggio dicendo “Un giorno tutto questo sarà vostro”, perchè non aveva proprio più nulla da offrire loro, e lo sapeva bene.
Tutto quello che avrebbero avuto, un giorno, lo avrebbero guadagnato da soli, col sudore, e la fatica, e le lacrime. Si sarebbero ripresi quello che spettava loro non per diritto divino, o per concessione degli altri, ma sacrificando parte di loro stessi, lottando e sanguinando.
Ma per ora, ancora una volta, buonanotte, Italia.

fanfiction, aph, hetalia

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