[Game of thrones] Castle of glass

Jan 27, 2013 14:26


Titolo: Castle of glass
Fandom : Game of thrones
Personaggi: Arya Stark, Gendry Waters
Rating: rosso (arancione un po’ spinto in una breve parte, ecco)
Genere: introspettivo, erotico
Riassunto: Arya Stark non gli faceva bene.
Lo aveva capito dieci anni prima, quando l’aveva incontrata per la prima volta e pensava ancora fosse un ragazzino troppo magro e con la lingua troppo lunga.
E ne aveva avuto la conferma ora, dieci anni, una guerra e numerosi morti dopo. Ogni volta che c’era lei nei paraggi succedeva qualcosa di strano, finivano nei guai oppure lui iniziava ad arrovellarsi la mente su pensieri stupidi, che non avrebbe mai dovuto fare.

Note: scritta per il VI p0rn fest, dal prompt "GAME OF THRONES Arya Stark/Gendry, dieci anni dopo", anche se era in cantiere già da tempo.

Ovviamente i personaggi non mi appartengono e non ne ricavo nulla, se non un po' di soddisfazione personale. La citazione iniziale, quella finale e il titolo provengono da "Castle of glass" dei Linking Park.


CASTLE OF GLASS

I'm only a crack in this castle of glass

Gendry lasciò che l’acqua calda scaldasse i suoi nervi troppo tesi e osservò distrattamente il sole avviarsi verso il tramonto.

Arya Stark non gli faceva bene.

Lo aveva capito dieci anni prima, quando l’aveva incontrata per la prima volta e pensava ancora fosse un ragazzino troppo magro e con la lingua troppo lunga.
E ne aveva avuto la conferma ora, dieci anni, una guerra e numerosi morti dopo. Ogni volta che c’era lei nei paraggi succedeva qualcosa di strano, finivano nei guai oppure lui iniziava ad arrovellarsi la mente su pensieri stupidi, che non avrebbe mai dovuto fare. Perché anche se ora lui era una specie di principe, un Baratheon, e lei un’assassina vagabonda, per lui rimaneva comunque una Lady. Una Lady che non andava toccata neanche col pensiero, da un poveraccio come lui.

Lasciò cadere la testa indietro, sul bordo della vasca, e prese un profondo respiro che gli riempì i polmoni e gli fece bruciare la gola.

Un rumore improvviso lo fece sussultare e raddrizzare, mentre gli occhi scattarono verso la porta che si aprì un momento dopo. Eppure era convinto di aver detto alla servitù di non interromperlo…

Arya Stark entrò con passo deciso nella stanza, lo sguardo puntato sui guanti che stava ancora slacciando, e si chiuse la porta alle spalle con un colpo di tacco niente male.

Solo quando alzò gli occhi sulla vasca si rese conto di non essere sola e si bloccò di scatto, rigida e impettita.

« Gendry!» esclamò come se fosse colpa sua trovarsi nei propri appartamenti e nel proprio bagno.

« Arya» sorrise lui tornando a rilassarsi nella schiuma.

« Perdonami, non sapevo che eri qui» spiegò la ragazza finendo di togliersi i guanti e ritornano piena padrona di sé.

« Nessun problema, non mi hai disturbato» sogghignò lui ma Arya non si scompose di un millimetro e ancora una volta Gendry non poté evitare di ammirarla e temerla al tempo stesso.

La ragazzina spaventata aveva lasciato il posto ad una donna forte, arrogante e determinata, forgiata da allenamenti che avrebbero stroncato anche uomini più forti di lei. Arya era diventata degna del casato di cui portava il nome, una vera Stark, sebbene non usasse più quel blasone ormai da tempo. Ora era un’assassina capace di cambiare il proprio aspetto e il proprio nome a piacimento, capace di uccide un uomo a mani nude e non battere ciglio.

Eppure, mentre la osservava in piedi davanti a lui, col suo vero aspetto di ragazza del Nord, Gendry fu fiero di lei. Fiero e anche segretamente attratto da quel corpo apparentemente minuto e invece così letale. Aveva sempre avuto un debole per le contraddizioni, ed Arya Stark ne era un esempio perfetto.

Arya lo guardava dall’alto scocciata, le braccia incrociate al petto e un piede che martellava ritmicamente sul pavimento.

«Sì?» domandò Gendry quando fu evidente che la ragazza non sarebbe uscita dal suo bagno.

« Vuoi che mi volti? Guarda che ti ho già visto nudo» sbottò lei contrariata sganciando Ago dalla cintura e posandolo con cura su una sedia.

« Pensavo fossi un ragazzo. Ed è stato dieci anni fa’» le fece notare Gendry per poi esclamare « Aspetta, non ti aspetterai che me ne vada?».

«Devo fare il bagno» confermò lei facendogli un chiaro cenno con la mano e indicando la porta.

Il primo istinto del moro fu effettivamente quello di alzarsi e lasciare la vasca alla ragazza, ad una Lady, ma si riprese in tempo, ricordandosi che ora le cose erano cambiate.

« Aspetterai che io abbia finito» e per ribadire il concetto riappoggiò la tesa contro il bordo e chiuse gli occhi.

« Gendry!» sibilò Arya scandalizzata « Ho davvero bisogno di un bagno! Avanti, tu finirai in un altro momento!».

«Niente da fare, Lady Stark» sogghignò lui immaginando l’espressione furiosa dell’amica « Sono arrivato prima io, e non ho nessuna intenzione di lasciare il posto prima del tempo. Quindi o aspetti, o te ne vai».

Si aspettava qualche insulto parecchio colorito e indegno della raffinata educazione della ragazza, invece quello che seguì fu solo un lungo silenzio.

Silenzio che venne interrotto da un leggero frusciare di vestiti e dal tonfo di un paio di stivali che cadevano al suolo.

Allarmato Gendry aprì un occhio e rimase allibito nel vedere Arya slacciarsi la tunica e gli altri indumenti.

« Che diavolo fai?» esclamò iniziando ad agitarsi e ottenendo solo uno sguardo gelido da parte della ragazza.

«Te l’ho detto, ho bisogno di un bagno e non ho intenzione di aspettare i tuoi comodi. Ora, saresti così gentile da chiudere gli occhi mentre mi spoglio?».

Gendry boccheggiò per qualche istante, scandalizzato. Ripensandoci però avrebbe dovuto aspettarselo da quella ragazza che non aveva avuto alcun problema a fingersi un ragazzo per tanto tempo e poi la serva dell’uomo che aveva distrutto la sua famiglia.

Con un sospiro chiuse gli occhi e solo dopo averlo fatto si rese conto di quanto difficile fosse tenerli serrati. Tutto quello che desiderava, al momento, era guardarla e perdersi nel contare le sue lentiggini, le cicatrici e le bruciature.

« Ti ho vista in situazioni peggiori» le fece notare con un sorriso e la sentì trattenere una risata un attimo prima di entrare nella vasca.

L’acqua calda si mosse attorno a lui producendo leggere onde e quando si stabilizzarono aprì gli occhi.

Arya lo guardava dall’altra parte della vasca, le gambe strette al petto e i capelli castani raccolti in alto, ed oltre ai vestiti sembrava essersi tolta anche quella maschera di durezza e freddezza che indossava davanti a tutti gli altri.

Gendry l’aveva capito subito che era solo una splendida e solida barriera che aveva costruito per difendersi da tutti gli altri, per dimostrarsi diversa da Sansa e tutte le altre dame di corte.

Quando era entrata a palazzo, il giorno prima, avvolta nel suo mantello scuro e con il volto sporco di terra e cenere, aveva sentito che sotto quella corazza c’era ancora l’Arya che conosceva e che l’aveva salvato più di una volta.

Ed ora eccola lì, la pelle pallida ricoperta di brividi e gli occhi un po’ smarriti, incerti. Ed era bellissima.

Dopo quella che sembrò un’eternità di silenzio, Gendry decise che era il momento di dimostrare di avere anche lui un pizzico del coraggio dei Baratheon.

« Allora, in questi dieci anni dove sei…».

« Sta’ zitto» lo freddò Arya come se Gendry le avesse appena tirato un pizzicotto.

« Perché sei così scontrosa?» chiese lui rammaricato e iniziando anche a provare un certo indolenzimento alle gambe, nel tentativo di tenerle lontane da quelle della ragazza.

« Parliamo invece un po’ di te» sibilò lei e quello era esattamente ciò che Gendry temeva.

« E così ti sposi» concluse la ragazza con così tanto astio nella voce che solo un sordo non lo avrebbe notato.

Gendry si morse l’interno della guancia e pensò a come prendere il discorso. Considerando che davanti non aveva la solita ragazzina svenevole, ma una donna capace di ucciderlo  usando una mano sola, doveva andare con i piedi di piombo.

« Un matrimonio combinato. La conosco appena, ma mi dicono possa essere la sposa adatta per me».

« Capisco» soffiò Arya voltando il capo verso la finestra. I raggi del sole scarlatto le illuminarono i capelli donandole riflessi rossi e facendola assomigliare dolorosamente alla madre.

« E secondo te è la donna adatta?».

« Non lo so».

« è bella?».

« Non mi interessa. Non è lei la donna che vorrei sposare». Ecco, al diavolo la prudenza e i piedi di piombo. Come si poteva usare cautela e prendere in giro una come Arya Stark? Sarebbe stata un’offesa alla sua intelligenza e al loro rapporto. Rapporto che era stato interrotto per dieci anni, eppure non sembrava esser passato nemmeno un giorno da quando si erano separati e avevano scelto di prendere strade diverse. Non c’era stato un singolo giorno in cui lui non avesse pensato ad Arya, in cui non avesse lasciato la mente vagare per il regno e le terre oltre il mare, immaginando dove lei potesse essere.

« è per questo che sei così scontrosa nei miei confronti? Per il matrimonio?» insinuò con sempre maggior insistenza Gendry, mettendo alle strette la ragazza « Sei gelosa?».

Fu come se l’avesse presa a schiaffi. Arya spalancò gli occhi e socchiuse la bocca, mentre le guance si coloravano di un rosso intenso.

«Cosa…? Ma come osi!» rispose esterrefatta e brusca, mentre l’acqua attorno a loro ricominciava a incresparsi.

Gendry non rispose, ostentando una calma che non aveva e pregando che Arya non decidesse di andarsene proprio in quel momento. Rimase immobile, le braccia appoggiate ai lati della vasca e gli occhi posati in quelli di Arya.

«Devi credermi quando ti dico che io non avrei nessuna intenzione di sposare quella donna. Ma tu sai meglio di me come funzionano gli accordi in questo mondo, non sono cose facilmente evitabili».

Arya serrò la mascella e strinse le proprie gambe così tanto da farsi sbiancare le nocche.

Cercò anche lei di nascondere la tensione, ma nella sua voce risuonò comunque una nota di amarezza « So come funzionano i matrimoni, e so anche che se uno lo volesse veramente potrebbe uscirne fuori».

Gendry sbuffò e si passò una mano tra i capelli bagnati, scompigliandoli ancora di più. In quel momento non sembrava affatto il giovane erede dei Baratheon, ma un misero fabbro fradicio di pioggia.

« Te l’ho detto, non è lei la donna che vorrei sposare» e dopo una breve pausa aggiunse « Quella che vorrei non mi è concessa».

«Perché?».

«Perché è un’assassina mercenaria senza casa e senza patria, che preferirebbe morire piuttosto che legarsi per sempre ad un uomo e condurre la vita della brava moglie».

Gendry si sentì sollevato da un enorme peso e godette silenziosamente quando vide le mani e gli occhi di Arya tremare. Era esaltante vedere quella donna, di solito sicura di sé, così turbata a causa delle sue parole.

« Non dire sciocchezze, Gendry» lo rimproverò sforzandosi di sorridere l’erede degli Stark.

« Non sono sciocchezze, Arya. Se pensassi di avere una sola possibilità di sentirmi rispondere “sì”, allora non esiterei un istante a chiederti di sposarmi» e quando lo disse era determinato e sincero « Ma ti conosco, e so che non accetteresti mai di rinchiuderti in un castello e giocare a fare la principessa al mio fianco. Lo so, e probabilmente non mi piaceresti tanto se non fosse così».

Arya alzò aristocraticamente il mento e ritornò la donna composta e vigorosa che era sempre stata. C’era qualcosa, ora, nel suo sguardo che sembrava illuminarle il viso e darle di nuovo la sicurezza che sembrava aver perduto quando le era stato comunicato l’imminente matrimonio di Gendry Waters Baratheon.

Le sue labbra carnose si piegarono nell’accenno di un sorriso, e il moro si dimenticò di respirare per una frazione di secondo.

« Mi conosci troppo bene» confermò e il suo sorriso si fece più ampio, mostrando i denti bianchissimi « Ma lascia che ti dica ancora una cosa».

Gendry aveva chiuso gli occhi nell’udire la sua voce farsi più bassa e roca. Quando li riaprì se la ritrovò davanti, ad una spanna dal viso, e tremò nel constatare quanto fosse diventata abile. Così abile che non l’aveva nemmeno sentita muoversi e avvicinarsi.

Lasciò che lo sguardo vagasse per un istante sul collo sottile della ragazza, seguì le gocce giù sulle spalle, nell’incavo della gola fino a ghermire i seni appena accennati. Qualcosa iniziò a muoversi tra le sue gambe, crescendo e gonfiandosi, ma per fortuna la poca schiuma rimasta bastava a coprirlo.

« Se non fossi quella che sono, se non avessi visto quello che visto e fatto quello che ho fatto negli ultimi anni…» sospirò Arya piano «…allora non esiterei a risponderti di sì. Se mi fosse concesso di sposare un solo uomo nella vita, sposerei te».

Dopo ci furono solo labbra che premono le une contro le altre, lingue che si scontrano per avere il controllo del bacio e tutta una serie di movimenti di assestamento che si conclusero con Arya seduta sul bacino incredibilmente duro di Gendry. Le sue mani finirono tra i capelli della ragazza, sciogliendoli e affondandoci dentro fino a tirarli e farle male. Le accarezzò la pelle della schiena, sentì i suoi seni premere contro il proprio petto scolpito e le sue gambe atletiche serrargli il bacino come se fosse un’ancora di salvezza.

Gendry sapeva che non era corretto, che Arya era una signora in confronto a un rozzo fabbro come lui, e soprattutto che era la sua più vecchia e cara amica, ma in quei baci c’era così tanta possessività e violenza che non ebbe la forza di staccarsene

Forse, se fosse stato un uomo un tantino più decente e meno perso per quella ragazza, le avrebbe chiesto se andasse tutto bene, se fosse davvero sicura di quello che stavano facendo. Invece Gendry si limitò a baciarla, non dandole nemmeno il tempo di respirare, per paura di vederla staccarsi e andare via, lasciandolo lì come un perfetto idiota. Era terrorizzato all’idea che lei potesse rendersi conto di quello che stavano facendo e lasciar perdere tutto. Probabilmente non l’avrebbe sopportato, non avrebbe tollerato di vederla andare via un’altra volta.

Al solo pensiero di vederla di nuovo sparire le sue braccia dai bicipiti immensi ebbero uno spasmo e strinse con forza i fianchi magri di Arya, così forte da lasciare i segni. La ragazza non se ne lamentò, lasciò correre le dita sottili sul petto ampio e scuro dell’uomo e spinse il bacino contro il suo, facendo scattare anche quello di Gendry.

Era eccitato, ed era affamato. Affamato come mai prima. Non ricordava di aver mai desiderato tanto una donna prima di allora, nemmeno quelle belle cortigiane che lo guardavano con gli occhi pieni di malizia o le danzatrici che ogni notte ritrovava nel letto per servirlo. Arya era qualcosa di diverso, qualcosa che non aveva mai provato prima.

Gendry le morse il labbro inferiore e strusciò il proprio sesso gonfio e carico di piacere contro il ventre di Arya, per farle sentire quale fosse l’effetto che gli stava facendo. E non si trattenne.

« Lo senti? Senti l’effetto che mi fai?».

La ragazza spalancò gli occhi lucidi e tornando a baciarlo si sollevò sulle ginocchia, per poi lasciarlo entrare lentamente e con difficoltà dentro di sé.

Per un lungo momento a Gendry mancò l’aria nei polmoni. Fu come se gliela avessero aspirata via tutta d’un colpo, con violenza. Perché Arya era stretta, e bollente, e se non fosse stata lei probabilmente non avrebbe resistito dal muoversi bruscamente per averla tutta quanta. Ma non poteva, non poteva davvero permettersi di farle del male.

Quando finalmente le fu completamente dentro, Arya lasciò andare un lungo respiro direttamente sulla pelle del suo collo e affondò le unghie nei suoi pettorali, lasciando impressa la loro forma.

Gendry non sapeva se Arya fosse vergine oppure no, e non osava chiederlo per paura di come avrebbe potuto reagire in caso di risposta negativa. Non voleva pensare ad altri uomini con lei, ad altre mani che la tenevano ferma per le cosce come stava facendo lui, ad altri occhi che potevano vedere cosa stava vedendo lui.

Arya abbassò lo sguardo su di lui, e sembrava quasi che non avesse mai visto niente di più bello da come lo stava fissando. Ed era strano, perché lui si sarebbe sempre sentito un poveraccio senza padre che aveva soltanto i suoi muscoli e le sue mani per sopravvivere.

La verità è che era tutta una finzione: i vestiti eleganti, le feste, gli onori. Non erano cose veramente sue, nulla di tutto quello gli apparteneva veramente. Quando stava davanti agli altri nobili poteva anche fingere che andasse bene, poteva anche recitare la parte di un uomo che non era e non sarebbe mai stato, ma con Arya mentire sarebbe stato inutile. Davanti a lei sarebbe per sempre rimasto un ragazzo sporco e rozzo, e forse era proprio quello che li legava: il vedere quello che ad altri era celato, conoscersi così a fondo da non potersi più dividere. Lei sapeva chi era il vero Gendry, ed era con lui che stava facendo l’amore, non con il principe, il Baratheon.

Mentre lei, lei era perfetta e regale anche mentre ondeggiava su di lui, se lo spingeva sempre più dentro e lo portava un passo oltre la pazzia.

E quando Gendry la vide perdersi, perdersi per davvero, decise di fissarsi per sempre nella memoria quell’immagine, perché era certo che non si sarebbe mai ripetuta. Nel momento in cui se ne rese conto scattò violentemente verso di lei, facendola sussultare e quasi strillare, e poi tutto divenne di un bianco meraviglioso e accecante. E le sue dita erano ancora conficcate nei suoi fianchi.

* *

Vedere la città dall’alto, con i suoi tetti e le luci scarlatte, era uno di quegli spettacoli a cui Gendry non si sarebbe mai abituato.

Come non si sarebbe mai abituato a guardare quello spettacolo immerso nell’acqua tiepida con Arya Stark mezza appisolata tra le braccia.

Gli sarebbe piaciuto abituarsi a tutto quello, in particolare ad Arya che respirava sulla sua spalla, ma la situazione non glielo permetteva. C’era un matrimonio a cui pensare e la partenza di Arya era imminente.

Al solo pensiero qualcosa di spiacevole si mosse all’interno del suo petto e fu del tutto inevitabile stringere le braccia attorno alla ragazza con maggior forza.

« Non ci pensare, Gendry» sussurrò lei piano, intuendo ancora una volta il corso dei suoi pensieri. Ed era una cosa che riusciva a fare solo lei, nonostante fossero dieci anni che non si vedevano. Forse era quella che la gente chiamava “anima gemella”, o il destino, ma l’idea di perderla era qualcosa che non l’avrebbe fatto dormire per molte notti a venire.

« Non è facile. Non quando tutto quello che vorrei è tenerti qui con me».

« Non è fattibile, e lo sai. Come non è pensabile che tu lasci questo posto. Sei troppo importante per tutta questa gente, non puoi mollare tutto per…».

« Per te».

Calò uno strano silenzio tra i due ragazzi, entrambi persi ad osservare il profilo delle case e delle strade che si stagliavano sotto di loro. C’era una quiete irreale, come se il mondo intero volesse conceder loro qualche istante di pace prima di tornare all’attacco con le sue pretese.

« Io non appartengo a questo posto, Arya. Non sarò mai all’altezza delle loro aspettative».

* * *

Arya aveva fatto di tutto, anche cose poco onorevoli, per partire prima del matrimonio. Voleva essere già al di là del mare quando Gendry avrebbe finalmente preso per moglie quella donna, rendendo felici tutti quanti.

Aveva svegliato gli uomini dell’equipaggio ancora prima dell’alba, sorda alle loro lamentele, pur di salpare il prima possibile, e non si era curata di salutare nessuno. Nemmeno Gendry. Aveva semplicemente preso la sua sacca e aveva lasciato il palazzo quando ancora tutti dormivano, nel silenzio più assoluto, scivolando via come un ombra che si nasconde nel buio.

Se non fosse stata così disperata, probabilmente avrebbe riso di sé stessa e di tutte quelle scene da donnicciola isterica. Non era da lei comportarsi in quel modo, non era da lei fuggire davanti a qualcosa di così grosso senza nemmeno lottare. Dannazione, lei era quella che aveva visto morire suo padre davanti ai proprio occhi e aveva giurato vendetta, non si era nascosta dietro la gonna di sua madre o della regina.  Cosa le era successo per diventare una ragazza in fuga?

« Togliete l’ancora» ordinò al capitano della nave, dirigendosi verso la propria cabina e fingendo di non essere a pezzi. I suoi passi risuonarono sul legno del ponte mentre gli uomini scioglievano nodi e si preparavano alla partenza.

Tutto quello che voleva era non sentir mai più parlare di Gendry, di sua moglie o di quel regno che evidentemente portava ancora su di sé una maledizione per tutti gli Stark.

Sbattè la porta della cabina con troppa forza, facendo scricchiolare i cardini, e sospirò quando finalmente sentì l’imbarcazione muoversi e iniziare a scivolare sulle onde. Era una bella sensazione allontanarsi da lì.

Era stato uno sbaglio lasciarsi andare in quel modo tra le braccia di Gendry. Sul momento pensava che fosse la cosa giusta, l’unica occasione per averlo, invece poi si era rivelato solo un immenso errore.

Era riuscita a sopravvivere per dieci anni senza di lui, senza vederlo o sentirlo, e ci era riuscita benissimo. Non aveva sofferto, non troppo almeno. Gendry sarebbe sempre stato solo un bel ricordo, un amico del proprio passato.

Ora era tutto diverso. C’era stato qualcosa tra loro, ma non era esattamente quello a farla soffrire tanto. Era il fatto che ci sarebbe potuto essere dell’altro, tra di loro, e invece non ci sarebbe stato niente.
Gendry non poteva lasciare la vita che per anni aveva inseguito e sognato, esattamente come lei non aveva nessuna intenzione di chiudersi in un lussuoso castello a fare la brava principessa e guidare un intero popolo.

Non c’erano soluzioni.

Qualcuno bussò con insistenza alla porta, e Arya fu costretta ad aprire con alcuni epiteti che avrebbero fatto svenire sua madre.

« Signora, è meglio se viene a vedere una cosa…» borbottò il marinaio afferrandola per un polso e trascinandola sul ponte della nave.

La terra ferma era ancora così vicina da farle male al petto, e con uno strattone Arya liberò la mano.

« Se avete dimenticato qualcosa sulla banchina non mi interessa, non torneremo indietro per…».

E poi il suo sguardo si posò sul molo dal quale erano appena salpati.

Un grosso cavallo scuro scalpitava impaziente, mentre il suo cavaliere osservava la nave allontanarsi con una sacca in mano e l’elmo sotto il braccio.  Un elmo splendido, dalla forma di toro, che lui stesso aveva forgiato.

Anche se avesse avuto parole, Arya non sarebbe stata in grado di pronunciarle. Le mancava l’aria nei polmoni e nelle orecchie sentiva solo il rombo del proprio battito.

« Cosa facciamo, signora?» ghignò il marinaio « Torniamo a prenderlo?».

Take me down to the river bend
Take me down to the fighting end
Wash the poison from off my skin
Show me how to be whole again

game of thrones, p0rn, fanfiction

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