Titolo: War ist nicht nur ein kuss?
Fandom: Axis Powers Hetalia
Coppia: Ludwig(Germania)\Feliciano(N. Italia)
Prompt: "Ti prego, solo un bacio!"
Rating: NC-17
Conteggio Parole: 6513
Riassunto: Nell'ultimo periodo passava spesso molte ore della giornata a studiare o semplicemente leggere, era un modo per staccare dallo stress giornaliero che comportava addestrare quell'impiastro di Feliciano, che ormai viveva con lui ufficialmente.
O più che altro un modo per evitare di perdere il controllo.
Warnings: Fluff? Un po' OOC maybe *dubbio esistenziale*
Note: Scritta per la terza edizione del
p0rn fest di
fanfic_italia.
Dedicata a Sara, Dalila e alla mia senpai, per avermi supportato, betato, esortato a scriverla e soprattutto sopportato i miei vaneggiamenti XD
Grazie mille <3
Il sole che filtrava dalle ampie finestre della casa di Ludwig inondava di luce il salone, conferendo a tutto un alone dorato e delicato; il tepore dei raggi che colpivano il tedesco, seduto comodamente sulla sua poltrona a leggere un buon libro, era talmente rilassante che se non fosse stato completamente assorto dalle parole si sarebbe di sicuro addormentato.
Nell'ultimo periodo passava spesso molte ore della giornata a studiare o semplicemente leggere, era un modo per staccare dallo stress giornaliero che comportava addestrare quell'impiastro di Feliciano, che ormai viveva con lui ufficialmente.
O più che altro un modo per evitare di perdere il controllo.
Sempre più spesso, ultimamente, si era scoperto a pensare che l'italiano, nei suoi comportamenti, nelle sue espressioni e nel suo carattere era tremendamente carino.
E ancora più spesso, la notte soprattutto, si era accorto di desiderare follemente di poterlo toccare. Sentire sulle dita la pelle liscia della sua guancia, le labbra morbide, o i capelli fini di quel colore castano chiaro.
Proprio per questo motivo ultimamente se non riusciva a prendere subito sonno scivolava via dal letto appena dopo che Feliciano si era addormentato, per andare a stendersi sul divano, e passare la notte li; e di giorno cercava di evitare situazioni che potevano compromettere la sua integrità, o fargli perdere il controllo.
Era una tattica che gli era sembrata buona al principio, e aveva funzionato. Però negli ultimi giorni faceva sempre più fatica a metterla in pratica, e il più delle volte falliva miseramente.
E mentre il sedicesimo capitolo del libro che aveva in mano volgeva al termine un rumore sommesso attraversò la casa da cima a fondo.
“Germaniaaaaaaaaa!!"
L'attacco arrivò da dietro le spalle, pochi istanti dopo che le porte sbatterono rumorosamente; il biondo non fece nemmeno in tempo a girarsi, prima che due braccia esili gli passassero attorno al collo, e lo tirassero contro lo schienale della poltrona.
“I-I-Italia?!" il rossore non tardò a spolverargli le guance, come sempre, dopotutto; Ludwig era un ragazzo estremamente timido, nonostante potesse apparire tutto il contrario.
“Che ci fai tutto solo qui dentro~?" canticchiò l'altro, poggiando il mento sulla sua spalla, e fissandolo.
“S-stavo... leggendo..." borbottò lui in risposta, voltando il viso dall'altra parte, poi verso il basso cercando con gli occhi il tomo che gli era caduto dalle mani durante l'assalto. Troppo vicino... troppo vicino... il suo profumo gli arrivava chiaro e delicato, e i suoi capelli gli solleticavano l'orecchio... e la sua bocca era così vicina...
“Eeh?! E non ti annoi?” chiese ancora l'italiano; e Ludwig pensò che no, non si annoiava, perché riusciva a stare fermo per oltre tre secondi, al contrario di lui. Ma non lo disse.
“No.” si limitò a rispondere, facendo spallucce. Feliciano sospirò, e il suo respiro caldo sul collo lo fece rabbrividire. “Tch... P-perché sei venuto qui?”
“Non è ovvio? Cercavo Germania~” cinguettò in risposta lui, sfoderando uno di quei suoi sorrisoni a trentadue denti. Ludwig non disse niente, continuò a fissare per terra, cercando di ignorarlo; e a quanto pare l'italiano fraintese, perché il suo sorriso si attenuò, fino a spegnersi, e assunse un'aria dispiaciuta. “Che è successo, Germania? Sei arrabbiato con me? Ho sbagliato qualcosa?" chiese, fissandolo come un cucciolo che non vuole separarsi dal suo padrone.
“N-non dire sciocchezze..." borbottò il biondo, vedendosi costretto a voltarsi verso di lui per non rischiare di farlo piangere; il cuore fece un balzo in gola, e le dita strette attorno ai braccioli della poltrona di pelle tremarono impercettibilmente. Rimase perfettamente immobile, a guardarlo per qualche istante, poi tornò a fissare un punto a caso.
“Ve~" sospirò di nuovo Feliciano, provocandogli un altro piccolo brivido.
Ludwig avrebbe voluto dirgli qualcosa, ordinargli di staccarsi, ma non riuscì a fare niente; non poteva negare di volere quel contatto, in fondo, e mentire a se stesso cercando di imporsi di non desiderarlo gli sembrava oltremodo stupido. Eppure, ancora, sentiva che non avrebbe portato a niente di buono...
Un miagolio sommesso raggiunse le orecchie del biondo, che si voltò, per vedere sulla soglia della stanza un gatto color crema, dal pelo folto e morbido. “Ehi!! Che diavolo ci fa qui?”
Prima che potesse fare qualsiasi cosa Feliciano era scattato in piedi “Ti avevo detto di restare di là!!" esclamò, gonfiando le guance, e si avvicinò al gatto, prendendolo in braccio.
“Perché l'hai lasciato entrare?” il tedesco sospirò rassegnato, guardando il micio che si godeva le coccole del ragazzo, facendo le fusa.
“Aveva fame. E ho pensato che dato che vive nel tuo giardino potevo dargli qualcosa da mangiare...” si avvicinò alla poltrona, con aria lievemente preoccupata “Non arrabbiarti... lo manderò fuori di nuovo...” sorrise, di nuovo come sempre, e si sedette sul bracciolo della poltrona, accarezzandolo “E' carino, vero?"
A quella domanda gli occhi azzurri di Ludwig si spostarono sull'italiano, comparandolo al gatto: e constatando che lui era mille volte più carino di quella palla di pelo. “E' un gatto." rispose vago. Di certo non si aspettava di trovarsi il muso de suddetto davanti al naso. “Wagh!" fece uno scatto indietro, e la schiena cozzò col morbido schienale di pelle.
“Daaai, davvero non lo trovi carino?" insistette l'italiano, avvicinandolo al suo viso; e Ludwig, vedendo quegli occhioni gialli e quel musetto ingenuo annuì. “Bacio?" cinguettò l'altro poi, avvicinandoglielo ancora di più.
“Eh?!" fece Ludwig, fissandolo scandalizzato. “Dovrei baciarlo?!"
“Sì!! Sono sicuro che sarebbe contentissimo!" gli occhi di Feliciano si illuminarono, e il biondo fissò poco convinto il musetto del micio.
“N-non posso baciarlo davvero..." borbottò imbarazzato il biondo, spostando lo sguardo prima sull'italiano e poi sulla bestiola.
“Perché no? E' carino!!" e a questa affermazione il tedesco pensò che magari fosse stato tutto così semplice.
“V-va... va bene..." si arrese, avvicinando il viso, e strusciando leggermente il naso su quello del micio, che emise un miagolio e si passò una zampetta sul muso “Q-questo... per i gatti è un... bacio..." borbottò, in difficoltà “L-l'ho... letto... da qualche parte..."
Feliciano rimase in silenzio per qualche lungo secondo, poi sorrise radioso “Danne uno anche a me!!"
“E-EH?!" Ludwig arrossì fino alla punta delle orecchie, e gli occhi spalancati si fissarono in quelli semichiusi dell'altro, cercando di capire se stesse scherzando o no. E qualcosa gli disse che no, non stava scherzando. “No-non posso farlo!!" esclamò scandalizzato.
“Eeeh???" fece Feliciano, mentre la sua espressione diventava delusa e abbacchiata “E perchééé???" gonfiò le guance come un bambino.
“Pe-perché... non... non siamo gatti..." cercò di giustificarsi il biondo. La verità è che aveva paura di perdere il controllo. E uno come lui non poteva di certo permetterselo.
“Ma è sempre la stessa cosa!!" ribatté Feliciano “ Ti prego, solo un bacio!" supplicò fissandolo con quell'espressione da cucciolo che non poteva che avere un effetto su di lui: farlo cedere.
“E... e va bene..."
“Evviva!!" l'italiano si avvicinò tutto contento, sporgendosi verso di lui, con quel sorriso allo stesso tempo ebete e dolcissimo. Ludwig lo imitò, anche se con molta meno naturalezza -in effetti sembrò che avesse qualcosa nel...
I loro nasi entrarono in contatto, e Feliciano strusciò il proprio allegramente, ridacchiando divertito. Quando si allontanarono il biondo, dal canto suo, per un attimo pensò che il suo cuore sarebbe schizzato fuori dal petto. Ma il peggio doveva ancora venire.
“Un altro!!"
“C-cosa?!" chiese Ludwig scandalizzato.
“Ne voglio un altro, dammi un altro bacio!!"
“No!!"
“Perché, Germania?" le guance di Feliciano si gonfiarono di nuovo. “Ti prego!!"
“Ho detto di no, Italia!!"
“Se non vuoi darmelo tu te lo do io!!" e detto questo il ragazzo si sporse di nuovo verso di lui, raggiungendolo, e sfregando la punta del naso sulla sua.
Nemmeno Ludwig stesso successivamente riuscì a trovare un perché alla sua reazione.
Ma mentre il profumo dell'italiano lo avvolgeva una sua mano gli si posò su un fianco, e lo attirò a se, mentre il gatto scappava indispettito dalle braccia che lo tenevano. E mentre il petto del ragazzo cozzava contro il suo, il biondo spostò il viso, e premette la bocca sulla sua.
Passarono secondi, di silenzio, in cui Feliciano fissava stupito i suoi occhi chiusi.
Poi Ludwig riaprì gli occhi, e la magia di quell'istante svanì come era arrivata. “S-scusa..." borbottò, al limite della vergogna, mentre lo respingeva delicatamente. “Non volevo..." Bugia.
L'altro lo guardò perplesso per qualche secondo, sussurrando solo un 'Ve~' pensieroso, poi sorrise. “Mi piace!! Mi piace, cos'era?"
“...eh?" il tedesco sbatté le palpebre, fissandolo come se avesse davanti un fantasma. E mentre Feliciano si sporgeva in avanti e poggiava di nuovo la bocca sulla sua si irrigidì come un ciocco di legno, stringendo la sua maglietta fra le dita. “E di nuovo il suo corpo si mosse da solo, la lingua scivolò fuori dalla bocca, accarezzando le labbra morbide dell'italiano, e un fremito fece rizzare i capelli sulla nuca di Ludwig.
“Cos'è questo?" chiese ancora l'altro, staccandosi da lui e leccandosi le labbra per riflesso.
“E' un bacio." rispose semplicemente il biondo, tenendolo vicino, e rinunciando, per la prima volta, ad ascoltare quella vocina interiore che gli diceva di respingere quel ragazzo e andare a chiudersi in bagno.
“Ma... i baci non si danno--"
“Solo fra gatti." disse, interrompendo il discorso dell'italiano. “Noi non siamo gatti, Italia..." la mano che era sul fianco morbido del ragazzo premette, e il suo sedere scivolò sulle sue gambe.
“Ger--" la sua voce venne interrotta di nuovo, dalla bocca di Ludwig, che lo baciò ancora, e gli leccò le labbra, senza riuscire a resistere. Con sua enorme sorpresa -e innegabile gioia- quelle labbra si schiusero, come ad invitarlo ad entrare, e lui non ci pensò certo su due volte. E mentre la sua lingua cercava quella dell'italiano le sue mani lo spostarono, facendolo sedere a cavalcioni sulle sue cosce. Il ragazzo non rispose al bacio, e il tedesco dal canto suo era così goffo nei suoi movimenti che fu davvero un bene che il suo compagno ne sapesse meno di lui, su come si bacia. Nel momento in cui le loro lingue si toccarono i cuori di entrambi saltarono un battito, per riprendere poi ancora più velocemente.
E quando si separarono nessuno dei due sapeva cosa dire.
“Bacio...?" chiese Feliciano, che al contrario del biondo non era diventato viola dall'imbarazzo di quei momenti. L'unica risposta che ottenne fu un cenno affermativo del capo. E fece qualcosa che l'altro non si sarebbe mai aspettato: le sue labbra si incresparono in un sorriso, ebete e dolcissimo, mentre gli occhi si dischiudevano leggermente, rivelando allo sguardo le iridi dorate. “Mi piace..." mormorò, sporgendosi in avanti, e poggiando la bocca sulla sua.
Per la prima volta in vita sua, Ludwig si ritrovò a pensare che i gatti portavano davvero fortuna. La bocca di Feliciano non si mosse, quindi fu lui a prendere l'iniziativa di nuovo, ripetendo quei gesti inesperti, e una delle sue mani si spostò in basso, infilandosi sotto la maglietta che l'italiano aveva indosso, e posandosi sul suo fianco. Poté sentirlo rabbrividire per il contatto inaspettato, e questo gli provocò un fremito; e mentre la lingua si muoveva lenta e sinuosa, accarezzando la gemella, le dita cominciarono a percorrere la pelle sorprendentemente liscia dell'italiano. Una cosa era sicura, chiara nella sua mente: avrebbe perso il controllo.
Come erano arrivati a quel punto? Ludwig ormai aveva perso la cognizione del tempo. Quando riprese coscienza di se stesso si staccò dall'ennesimo bacio, e abbassò lo sguardo fra le proprie gambe, dove il suo membro ormai completamente sveglio premeva contro la stoffa dei pantaloni e dei boxer, che facevano male ormai, per quanto gli stavano stretti. Per quanto tempo erano rimasti abbracciati sulla poltrona a baciarsi? In ogni caso, era stato abbastanza da farlo eccitare. E quando Feliciano si spostò in avanti col sedere, premendolo contro il suo inguine, non riuscì a trattenere un mugolio, che si spense fra le labbra rosse dell'italiano. Fu lui a staccarsi, e ad abbassare lo sguardo, per cercare di capire il motivo per cui stava scomodo. Il biondo seguì il suo sguardo, e sul suo viso passarono tutte le sfumature di rosso.
“M-mi di-dispiace Italia...” balbettò imbarazzato, e stava già cercando un modo per discolparsi, quando si accorse che aveva sotto gli occhi qualcosa di insolito: anche fra le gambe del ragazzo un'erezione premeva contro la stoffa.
“Ve~” sospirò il ragazzo, fissandolo mentre sbatteva le palpebre perplesso “Che è successo...?”
“N-niente...” rispose, continuando a fissare in quel punto. Allungò una mano, e ci poggiò un dito, facendolo scivolare verso il basso. Il mugolio che ottenne in risposta fece decisamente vacillare il poco autocontrollo che aveva riguadagnato. “Italia...” chiamò a voce bassa, talmente bassa che lui stesso faticò a sentirsi.
“C'è qualcosa che non va...” mugolò l'altro, più confuso di prima. Il tedesco stava per rispondere, ma l'altro lo precedette. “Sto scomodo...” mugolò, e si sistemò di nuovo sopra di lui, provocandogli un altro fremito quando strusciò contro di lui. Abbassò lo sguardo fra le sue gambe, e inclinò la testa da una parte, poggiandosi un dito sulle labbra. Quell'espressione adorabilmente ebete provocò in Ludwig il folle desiderio di saltargli addosso, e mutarla in una ben più diversa. “Che ti è successo...?”
La domanda dell'italiano, unita all'indicare del suo dito affusolato il suo membro che premeva contro la stoffa, lo lasciò più che perplesso. A me?, pensò, Stai scherzando?
No che non stava scherzando. Ovviamente.
Con un sentimento parecchio simile all'orrore Ludwig realizzò che l'italiano non aveva la minima idea di cosa fosse un'erezione. E questo ovviamente complicava parecchio le cose.
“E'... è successo anche a te...” cercò di fargli notare, ma ottenne solo un'occhiata interrogativa. Allora tentò un approccio diverso, allungò una mano, e toccò ancora la sua erezione.
Feliciano mugolò, e i suoi occhi si chiusero del tutto. “Che... cos'è...?” chiese con voce bassa, e leggermente rotta.
Ludwig non rispose, si chinò in avanti, e posò le labbra sulle sue, rubandogli un altro bacio; mentre la lingua s'intrecciava con la gemella il tedesco premette leggermente il palmo sull'inguine del ragazzo, e tanto bastò per farlo mugolare ancora, la voce smorzata nel loro contatto umido. E quando Feliciano tentò goffamente di rispondere al bacio il cervello del biondo gli disse 'Vedi? Puoi farlo, Ludwig... anche lui lo vuole, va tutto bene...'; tanto bastò perché la sua mano si insinuasse nei pantaloni, li sbottonasse, e li abbassasse insieme ai boxer quel tanto sufficiente per liberare la sua erezione. Si separarono, entrambi rossi e ansimanti.
“G-Germania... che... che stai facendo...?” chiese la voce insicura dell'italiano.
“Non preoccuparti... non farà male...” disse Ludwig, guardandolo negli occhi; esitò per un attimo, poi le sue labbra si incresparono in un sorriso dolce e imbarazzato. E dopo qualche attimo di sorpresa per quel gesto inaspettato e così raro nel tedesco -specialmente negli ultimi tempi- Feliciano sorrise a sua volta. “Rilassati...” mormorò lui, e toccò delicatamente il suo membro, prima di avvolgerlo fra le dita. I mugolii che quei pochi semplici gesti strapparono alla bocca rossa e semiaperta dell'altro bastarono per farlo decidere ad abbassare anche i propri, di pantaloni, se non altro per evitare che gli diventasse viola e gli si staccasse. Lo aveva letto da qualche parte. Poggiò l'altra mano sul fianco del ragazzo, accarezzando la pelle liscia, e l'italiano rabbrividì.
“Ha-hai... le mani fredde...” disse in un sussurro.
“Ah... s-scusa...” rispose lui, e le allontanò dal suo corpo, prima che un mugolio richiamasse ancora la sua attenzione.
“N-no...” le palpebre di Feliciano si dischiusero, rivelando le iridi “Non allontanarle...”
Ludwig lo guardò attentamente: la bocca leggermente aperta, a fare uscire il respiro più veloce del solito, gli occhi liquidi, le guance rosse, il tono di voce tremolante...
Dovette distogliere lo sguardo, e osservarsi attentamente in mezzo alle gambe. Per accertarsi di non essere venuto, sapete.
Una volta appurato che non era accaduto l'irreparabile lo sguardo gli cadde sul membro di Feliciano, stretto nel suo palmo: era strano vedere quanto fosse più piccolo rispetto al suo. Voglio dire, non così tanto in verità, ma...
La sua mano cominciò a muoversi, finalmente, prima lentamente lungo l'asta, poi si soffermò sulla punta, chiudendola e sfregandola delicatamente contro il palmo. E ad ogni movimento i suoni che rotolavano su dalla gola di Feliciano avevano sempre più effetto su di lui. Lentamente dal suo membro trascurato cominciò a stillare la prima trasparente goccia di liquido preorgasmico. L'italiano, dal canto suo, aveva gli occhi chiusi, e la schiena leggermente inarcata, e gli occhi di Ludwig divoravano letteralmente ogni millimetro della sua pelle. E mentre questo accadeva il suo cervello ancora tentava di razionalizzare, di chiedersi come era potuto succedere, di cercare di capire come diavolo erano potuti arrivare a questo punto. Zero risposte. Al momento era impegnato in altro.
L'altra mano del biondo salì lungo il suo fianco, conducendo con se la maglietta, mentre tutte le domande nella sua testa venivano sostituite da parole, parole lette sui libri -si, aveva anche libri del genere.
Una volta che il petto dell'italiano fu scoperto si soffermò ad ammirare per qualche secondo la pelle pallida, liscia come quella di un bambino. Poi il viso si avvicinò al suo, e la bocca si chiuse su un capezzolo; lo leccò in circolo, e ci passò la lingua sopra, stuzzicando la punta con i denti. Inspirò lentamente e profondamente, ubriacandosi del suo profumo, del suo respiro, della sua voce, del sapore della sua pelle... decisamente diverso e migliore di quello che si era aspettato.
I gemiti di Feliciano aumentarono, e anche la sua erezione cominciò a liberare il suo nettare.
Il biondo continuò a toccarlo e leccarlo per qualche minuto -forse-, ipnotizzato da tutto quello che era Feliciano.
Si corresse.
Quello che era Feliciano per lui.
“G-Ger... mania...” chiamò il ragazzo, e le sue mani cercarono a tentoni nell'aria, fino a chiudersi sulla sua testa; la strinse istintivamente, cercando di parlare, di spiegare quello che sentiva, ma uscirono solo mugolii e gemiti sconnessi.
“Sono qui...” rispose l'altro, staccandosi dal suo petto, e sporgendosi a baciarlo; continuò a sollevare la maglietta, staccandosi da lui il tempo necessario ad incastrarla dietro la sua testa, poi ci si riattaccò, mentre quella mano andava a tentoni di fianco, cercando il mobile. La sua mente gridò di non farlo, ma lui soppresse ogni pensiero, lasciando spazio all'istinto. Deliberatamente abbandonandosi all'istinto. Non avrebbe rinunciato per colpa dei suoi ragionamenti dettati dalla vergogna e dal panico. Non stavolta. Non ora che tutto quello che desiderava era li, davanti a lui, pronto per essere assaggiato. Eh si, caro Ludwig, ti sei preso una bella cotta... continuava a ripetere la vocina dentro di lui.
Le dita si chiusero sulla piccola maniglia del cassetto, e lo tirarono, per poi insinuarsi all'interno. Estrasse una piccola boccetta, delle dimensioni di una di profumo, che conteneva una sostanza trasparente. Lasciò andare il suo membro, ignorando i tentativi di Feliciano di fare qualcosa, non sapeva se protestare o cos'altro, e la stappò, versandosene un po' su una mano. Sfregò le dita, per controllare che ce ne fosse abbastanza, poi si staccò dalla sua bocca. “Fermami se non vuoi...”
“Se non voglio cosa...?” chiese Feliciano, inclinando la testa da una parte, con la sua solita espressione ebete. Ludwig pensò che probabilmente non aveva capito nemmeno cosa stava succedendo, ma questo stavolta non lo fermò.
Sospirò. “Quello che sto per fare... potrebbe darti fastidio... o farti male... o non piacerti... o...” o niente, non gli veniva in mente altro. “I-insomma... se non ti senti pronto...”
“Come capisco se non sono pronto?” chiese l'italiano a bruciapelo.
E Ludwig in un primo momento non seppe cosa rispondere. “Ahm... beh... immagino che... lo senti, se non lo vuoi...”
“Lo farai tu, vero?”
Questa non la capì. Davvero. “S... si...?”
Le labbra del ragazzo si incresparono, per poi piegarsi in un dolcissimo ed ebetissimo sorriso. “Allora va bene... sono pronto...”
“M-ma Italia...”
“E' Germania, no?” Ludwig ammutolì. “Se è Germania a farlo, lo può fare... Germania può fare tutto...”
Tilt. Tilt completo. Quell'ingenuità, quel candore assoluto, persino nel dirgli una cosa del genere... quell'innocenza che stava per sporcare... dio. Il cuore del tedesco si fermò per un istante, ne fu sicuro. Il gesto successivo, quello di abbracciare Feliciano e stringerlo a sé, fu istintivo e nemmeno se ne rese conto. E lo baciò ancora, mugolando frustrato dal non poter dire quello che avrebbe tanto voluto dire. Perché Feliciano non avrebbe potuto capirlo, lo sapeva. Era troppo puro per sapere quanto tremendamente non da lui fosse quello che Ludwig provava, troppo puro per capire quanto sporco fosse quello che Ludwig stava per fargli.
Il panico si impossessò di lui, la paura di sbagliare. E dall'altra parte il desiderio che lo stava bruciando violentemente, e la consapevolezza che quella sensazione nel petto non sarebbe passata.
Cosa fare?
Alzarsi e andarsene, abbandonandolo li, in piena erezione? Lo poteva immaginare, seduto su quella poltrona mentre cercava di capire come era successo, cosa era successo e come comportarsi. E non ci sarebbe riuscito, lo sapeva.
Oppure restare li, e finire quello che aveva cominciato. E dopo? E se gli avesse rubato la verginità per una debolezza di un attimo? Come avrebbe potuto vivere senza tormentarsi ogni dannato secondo di ogni dannato giorno?
“...Germania...?” la voce del ragazzo lo richiamò alla realtà: aveva gli occhi aperti, adesso, e fissava i suoi, con uno sguardo da cucciolo.
“Italia...” sussurrò Ludwig, ricambiando quello sguardo con uno più intenso. “Ti prego... se capisci che non vuoi fermami... ti prego.” lo supplicò. E Feliciano lo fissò stupito, perché mai aveva sentito il tedesco supplicare a quel modo. Mai. “Hai capito...?”
“S... sì, Germania...” rispose, annuendo. La mano di Ludwig, ancora impregnata di lubrificante, scivolò fra le sue natiche e toccò la sua apertura. L'italiano fece un salto, e pigolò sorpreso, e subito l'altro si ritrasse. “G-Germania... qu-quello è...” non finì la frase.
“Lo so... funziona così...” sollevò lo sguardo, già rassegnato “Vuoi che smetta?”
“...Non lo so...” Feliciano abbassò lo sguardo fra le sue gambe. Inclinò la testa, aveva un'espressione pensierosa... probabilmente -sicuramente- si chiedeva perché il membro di Ludwig fosse così diverso dal suo. Giorni e giorni di duro lavoro.
Il biondo sospirò, e portò una mano sulla guancia di Feliciano, accarezzandola delicatamente. Sorrise ancora. “Italia...” sussurrò, e lo passò il pollice sulle sue labbra prima di baciarle. “Sei bellissimo, Italia...” diventò rosso come un pomodoro. Sapeva sarebbe successo. Ma sapeva anche che se non gliel'avesse detto sarebbe impazzito.
Feliciano rimase in silenzio, osservandolo. Poi sorrise a sua volta. “Germania... fallo... anche se non so cos'è...” ridacchiò, una risata dolce e cristallina, e il tedesco lo guardò; aprì la bocca, ma l'altro lo anticipò. “Va bene... va bene se sei tu...” annuì mentre lo ripeteva.
“Italia...” sussurrò il suo nome come una preghiera, mentre tornava a baciarlo. La mano che non era sporca di lubrificante scese sul suo sedere, e strinse una delle natiche tonde e sode, provocando a Feliciano un mugolio delizioso. Toccò di nuovo la sua apertura, e un brivido scosse il corpo del ragazzo sopra di lui. Lo strinse a sé, cercando di rassicurarlo, mentre girava lentamente attorno al buchino contratto. “Rilassati... farò piano...” sussurrò nel suo orecchio, e ne mordicchiò il lobo, scendendo a baciargli e leccargli il collo candido e liscio. Premette con il dito, e nello stesso istante in cui la prima falange oltrepassò l'anello di muscoli il gemito di Feliciano lo colpì come una pugnalata, e la sensazione di stare facendo qualcosa di imperdonabile lo travolse come un fiume in piena. Le braccia dell'italiano erano strette attorno al suo collo, lo cingevano con tutta la loro poca forza, e tremava, dio, lo sentiva tremare contro di lui.
Non sapeva di che, e la sola idea di chiederglielo lo terrorizzava.
Ancora una falange, ancora un gemito, ancora frustrazione, senso di colpa... e desiderio. Dio, il desiderio. Snervante attesa; e poi l'ultima.
Il medio era completamente dentro il suo corpo, e Ludwig si fermò, chiudendo gli occhi. I muscoli di Feliciano si contraevano sul suo dito, stringendolo, e solo immaginare come sarebbe stato dopo... santo cielo.
“Ti fa male..?” chiese gentilmente, baciandogli una guancia, e portando il viso davanti al suo, con un dolce sorriso a increspargli le labbra.
Feliciano esitò, poi scosse la testa lentamente. “N-no... è... è strano...”
“Lo so...” gli baciò ancora la guancia, poi la punta del naso, poi le labbra. “Puoi sempre fermarmi... ricordatelo...” e mentre una mano si spostava dal sedere al suo membro per distrarlo la bocca scese lenta sul petto, tracciando una scia umida con la punta della lingua, e attaccò di nuovo quel bottoncino scuro.
Feliciano gemette, e inarcò la schiena. “Ah.... n-non... tutto insieme...” mugolò, e mentre inclinava la testa indietro il ricciolino ballonzolò davanti agli occhi del biondo.
Ludwig liberò il suo capezzolo, leccandogli una guancia per farlo girare, e insinuando la lingua nella sua bocca non appena la ebbe a portata di mano. Aveva deciso di provare una cosa. Lasciò andare di nuovo la sua erezione, e sfiorò con il dito quel piccolo ciuffo. Feliciano si irrigidì. Mentre diventava rosso -nemmeno lui sapeva perché, era istintivo ormai- insinuò la falange al centro della spirale, e cominciò a girarla lentamente, arricciandolo con il dito. Feliciano si staccò dalla sua bocca e inarcò la schiena, gemendo forte, e i muscoli si contrassero ripetutamente attorno al dito di Ludwig. Soddisfatto di aver trovato quel nuovo punto debole in lui il tedesco continuò a torturare quel riccioletto, cominciando a muovere il dito con estrema lentezza, dentro e fuori il suo corpo. Non passò molto perché potesse penetrarlo con più facilità, e aumentare la velocità. I suoi occhi divoravano la figura dell'italiano, così esile fra le sue braccia, e quella sensazione, quella splendida sensazione di potere, lo inebriò, annebbiandogli la mente. Si sentiva potente, sapeva di averlo completamente in pugno. E allo stesso tempo si preoccupava, per quello che sarebbe venuto dopo. Triste realtà (triste per lui), era vergine quanto Feliciano... e si chiedeva in continuazione se sarebbe stato all'altezza del ragazzo. Se avrebbe saputo agire, per non fargli male. Non se lo sarebbe perdonato mai, altrimenti.
Al primo dito se ne aggiunse un altro, e ancora, lentamente, una falange, pausa, un'altra falange, pausa, e ancora una. E poi i movimenti, lenti, snervanti quasi; quando sentì che poteva di nuovo muoversi con facilità allargò le dita a forbice, e le roteò su loro stesse, per lubrificarlo bene e per allargare quel buchino. Ed ogni gemito dell'italiano, ogni suo sospiro, movimento, brivido... servì solamente ad aumentare la sua eccitazione a dismisura, e nella sua mente il desiderio scoppiava come un fuoco. E lo bruciava, da dentro, sempre di più.
“Italia...” si chiese quanto era passato, aveva perso di nuovo la cognizione del tempo. Ma non gli importava niente della risposta. “Italia... non ce la faccio più...” confessò, e diventò rossissimo “Se... s-se non vuoi... andare fino in fondo, dimmelo... dopo non potremo tornare indietro...” gli suonarono strane quelle parole. Parlare in un modo così dolce a Feliciano... era così raro...
O meglio, non era raro. Ma Ludwig era così timido da parlargli in quel modo solo quando Feliciano dormiva, e non lo poteva sentire.
Una mano piccola e delicata si posò sulla sua nuca, le dita fini si insinuarono fra i suoi capelli biondi, che stavano cominciando a calare sulle orecchie e sulla fronte. “Va bene, Germania...” mormorò sorridendo, e lo baciò sulla bocca, leccandogli timidamente le labbra. Rimase fermo un attimo, poi premette leggermente con la lingua, e tentò di entrare. La risposta di Ludwig non si fece attendere, ma per essere sicuro che l'italiano fosse preparato bene inserì di nuovo le due dita, lentamente, e ricominciò a muoverle. Il corpo di Feliciano tremò sotto i suoi tocchi, e ricominciò a gemere, e soffocare la voce nelle labbra di Ludwig. Qualcosa però stavolta non andò come prima: quando ad un certo punto le dita del biondo toccarono qualcosa. Il ragazzo si staccò dalla sua bocca, e aprì gli occhi, e per quel breve istante Ludwig poté vedere le iridi d'oro brillare di piacere liquido, prima che le palpebre li nascondessero di nuovo. Il gemito che scivolò fuori dalle sue labbra fece scattare sull'attenti il membro del biondo, che pulsava ormai dolorosamente per le poche -inesistenti- attenzioni ricevute. Feliciano si inarcò indietro, e strinse le dita sui suoi capelli, tirandoli leggermente.
Le dita del tedesco cominciarono allora a muoversi rapidamente, dentro e fuori, sentendo i muscoli contrarsi ogni volta che toccava la sua prostata. Come poteva descriverlo? Come poteva trovare una parola che esprimesse il viso di Feliciano che si contraeva, il suo corpo che tremava, e si tendeva verso di lui? La parola meraviglioso, che continuava a picchiettargli in testa non sembrava abbastanza.
“G... G-Ger... ma... nia...” mugolò il ragazzo in un gemito. E Ludwig non riuscì più a controllarsi. Sfilò le dita dal suo corpo, e afferrò le natiche sode, stringendole fra le dita e godendo di quella sensazione morbida e liscia. Il corpo di Feliciano era perfetto. Meraviglioso.
“Italia... perdonami...” sussurrò sulla sua bocca, ora non poteva più fermarsi. Le separò con una, mentre l'altra finiva fra le sue gambe, per tenere fermo il suo membro. Spostò il corpo esile del suo amante -cielo, al solo pensarci... il suo amante- e si posizionò all'entrata, strusciando leggermente la punta contro il buchino pulsante, godendo dei brividi che percorsero la pelle dell'altro.
Poi, lentamente, si spinse dentro.
Il fiato si mozzò, il cuore smise di battere, tutto svanì. Tutto, all'infuori di loro due.
Si arrestò subito, il gemito di dolore di Feliciano gli arrivò poco dopo nelle orecchie.
Dio.
Dio.
Gemette sommessamente, sentendo i muscoli stringersi attorno al suo glande, il calore di quel corpo, come fuoco, che percorreva il suo membro, diffondendosi anche nel suo corpo.
Non immaginava che fare sesso...
Fare l'amore.
Non immaginava che fare l'amore fosse... così.
“G-Germania...” piagnucolò l'italiano, strizzando gli occhi, ai lati dei quali erano apparse due piccole lacrime trasparenti “Mi... m-mi fa male...”
“Lo so...” mugolò lui dispiaciuto, gli baciò le guance, gli occhi tergendo via le gocce, la punta del naso, le labbra, le labbra, e ancora le labbra. “Perdonami, ti prego...”
Lottò contro l'istinto di spingere, il desiderio di ubriacarsi di quel corpo. Lottò per lui, lottò perché voleva che piacesse anche a Feliciano.
Era stato un bastardo, lo sentiva, sentiva se stesso incolparsi; non aveva messo il preservativo. Era vergine, in fondo, e anche Feliciano lo era... ma c'era anche qualcos'altro che gli aveva fatto letteralmente dimenticare di metterlo: la voglia bruciante di sentire, almeno per una volta, il contatto diretto con quel corpo che amava, bramava, adorava, desiderava con tutto se stesso.
Era stato un bastardo, sì. Però a dirla tutta non se ne pentiva.
“Ger...mania...” il tono sofferente con cui chiamò il suo nome lo fece sentire davvero, davvero uno schifo. Cosa aveva fatto...? Cosa stava facendo..?
“Perdonami...” ripeté, fissando gli occhi nei suoi, ora aperti.
E Feliciano, che aveva le guance rosse, e il respiro affannato, sorrise. “Non... scusarti...” pigolò, e avvolse le braccia attorno al suo collo, posando il mento sulla sua spalla. “Non sono... mai stato così vicino... a Germania...” sussurrò, e il cuore di Ludwig perse un battito; forse anche due. “E'... è bello...”
“Dio... Italia...” lo abbracciò, e lo strinse a sé, nascondendo il viso nel suo collo; era troppo per lui... sentirsi dire quelle cose gli faceva quasi venire voglia di piangere, un misto fra senso di colpa, e gioia assoluta. Esisteva qualcosa di più bello? No.
Lentamente, mentre una mano scivolava sul davanti, toccando l'erezione di Feliciano e cominciando a masturbarlo per distrarlo, Ludwig guidò il suo corpo verso il basso, gemendo rumorosamente mentre il suo calore lo avvolgeva, facendolo sentire ad un palmo da terra. Rallentava quando sentiva i muscoli contrarsi, e Feliciano gemere, poi riprendeva. Continuò così finché il sedere dell'italiano non toccò il suo bacino. Ansimavano entrambi, erano rossi, e cercavano di riprendersi; il tedesco non smise un secondo di accarezzare, baciare, sfiorare il corpo del compagno.
“Posso... posso muovermi..?” sussurrò nel suo orecchio. “O ti fa ancora male...?”
Feliciano esitò a rispondere. “...Sì... sì, Germania...” rispose l'altro, annuendo. Gemette, quando il membro di Ludwig uscì lentamente dal suo corpo, fino alla punta, per poi rientrarvi; la mano libera del biondo gli accarezzò la testa, per poi arrotolarsi il ricciolo sull'indice. Feliciano fremette, mugolando eccitato, non aveva idea di quello che stava succedendo, ma sentiva che in qualche modo era... bello... e poi era con Germania... non poteva essere altro, se non bello.
Lentamente, un po' per volta e senza fretta, il ritmo delle spinte aumentò, facendosi più veloce, e più vigoroso; il tedesco stava attento ad ogni segno del corpo di Feliciano, appena si accorgeva che sentiva dolore, o fastidio, subito rallentava. La poltrona di pelle si rivelò essere estremamente comoda per quel genere di cose.
Dopo un po' Ludwig chiuse gli occhi, abbandonandosi al piacere che fare l'amore con l'italiano poteva dargli, e che gli faceva girare la testa, e desiderarne di più, sempre di più. E voleva vedere il suo compagno impazzire fra le sue braccia, voleva vederlo supplicare per averne di più. Si stupì a pensare cose tanto perverse, ma nemmeno più di tanto.
Quando riaprì gli occhi Feliciano lo stava guardando, pur continuando a mugolare, e chiudendo ogni tanto gli occhi “Ti... t-ti piace...?” chiese a bruciapelo.
Ludwig sorrise, e la sua risposta fu senza dubbi. “Sì... sei fantastico, Italia... mi piace tantissimo...” quasi a volerlo dimostrare dalla sua bocca rotolò fuori un gemito roco, che gli spezzò la frase in gola.
“A... anche a me...” pigolò l'altro, tutto rosso, e sorrise a sua volta, uno dei suoi dolci sorrisi ebeti. Ludwig pensò che stava per impazzire.
Il ritmo si fece sempre più intenso, e i gemiti dei due amanti riempirono ben presto la stanza, quelli di Ludwig bassi e caldi, mentre quelli di Feliciano deliziosamente alti e cristallini. Il loro contrasto perfetto componeva una musica fatta di piacere e baci, di mormorii senza senso, dettati dalla passione, di nomi sussurrati a fior di labbra, e brividi lungo la schiena; e la musica crebbe, sempre di più, mano a mano che si avvicinava l'apice del piacere per entrambi.
Il primo fu Feliciano, che si riversò con un piccolo grido delicato nella mano di Ludwig, e gli macchiò l'addome, e i vestiti.
E dopo un paio di spinte più forti e decise delle altre, sentendo i muscoli contrarsi ripetutamente attorno a lui per l'orgasmo appena raggiunto, anche Ludwig superò il punto di non ritorno. Venne nel corpo esile del ragazzo con un gemito che sembrò quasi un ruggito, e lo strinse forte a se, premendo la bocca contro la sua.
E alla fine entrambi si abbandonarono sulla poltrona, uno sopra l'altro, ansimando esausti ma felici.
Meno male che doveva essere solo un bacio...
Benedetti gatti.
Quando Ludwig riaprì gli occhi aveva perso di nuovo la cognizione del tempo. Sciolse l'abbraccio, voltando il viso per guardare quello di Feliciano: aveva gli occhi chiusi, e le labbra leggermente aperte, dalle quali usciva il respiro, ancora leggermente affannato. Sorrideva.
Anche le sue labbra si incresparono, e gli baciò una tempia, poggiando le mani dietro il suo collo, e facendole scivolare giù lentamente, seguendo la linea della spina dorsale con i polpastrelli, fino ad arrivare sotto i suoi glutei. Lo spinse verso l'alto, e uscì con estrema lentezza dal suo corpo, accompagnato da un mugolio prolungato e sommesso.
La sensazione che gli lasciò non essere più dentro di lui, a bruciare nel calore del suo corpo, fu come un macigno sulle spalle in un primo momento. Poi tutto tornò come prima; o quasi.
“G-Germania...” pigolò Feliciano nel tentativo di avvertirlo, ma non fece in tempo, e il seme del tedesco scivolò fuori dalla sua apertura, colando lungo le gambe accompagnato da un altro mugolio. “S-scusa...” pigolò, nascondendo il viso nel suo collo.
Ludwig sorrise intenerito, e lo baciò sulla bocca. “Sta tranquillo...” sussurrò, e passò un braccio attorno al suo collo. “Reggiti.” con un colpo di reni si sollevò sulle gambe, e adagiò Feliciano sulla poltrona, il tempo di tirarsi su i pantaloni, e sfilare i suoi. Lo riprese in braccio, e lo portò in camera da letto, posandolo delicatamente sul materasso e baciandogli la fronte. “Aspettami qui, torno subito...” sussurrò, e si allontanò da lui, salvo fermarsi quando le dita dell'italiano si strinsero attorno alla stoffa della sua maglietta.
“N-no...” pigolò lui “resta con me...”
Ludwig si sciolse. Si chinò su di lui, e lo baciò dolcemente, insinuando la lingua fra le sue labbra, e stavolta Feliciano rispose con maggiore fiducia. “Non preoccuparti... torno subito...” posò la mano sulla sua, facendogli lasciare la presa, e andò in bagno, pulendosi con un panno bagnato, e gettando i vestiti a terra. Ne prese un altro, sempre inumidito, e tornò da lui; con delicatezza, quasi avesse paura di fargli male, lo spogliò dei suoi abiti, che lasciò abbandonati sul pavimento, e lo pulì delicatamente, come per scusarsi di quello che aveva fatto. Poi lo mise sotto le coperte, e si sdraiò accanto a lui; l'italiano si rannicchiò contro il suo corpo nudo, e il biondo gli passò un braccio attorno alle spalle, stringendolo a sé, e lasciando che poggiasse la testa sul suo petto. Gli accarezzò i capelli, guardando il suo viso mentre chiudeva gli occhi; il dolce sorriso che gli increspava le labbra non voleva saperne di andarsene.
E' davvero bellissimo, pensò.
Il senso di colpa era sparito, ora c'era solo Feliciano, nella sua testa, nel suo letto... sentiva il suo profumo circondarlo, avvolgerlo, inglobarlo... e dio, se gli piaceva...
Per un breve stupido istante nella sua mente passò il pensiero che ora si appartenevano l'un l'altro.
Restava solo una cosa da fare.
Lentamente, avvicinò il viso al suo, e lo baciò a fior di labbra ancora una volta, prima di spostare la bocca di lato.
"Ich liebe dich..." un sussurro, appena accennato, con un tono un po' amaro forse, ma pieno della speranza di poter prima o poi dirglielo nella sua lingua, nel suo orecchio, dopo aver fatto l'amore. Ludwig accarezzò il viso di Feliciano, percorrendone i tratti delicati con la punta delle dita, chiedendosi se si sarebbe svegliato a momenti, se quell'attimo sarebbe sfumato nella consapevolezza del sogno.
"Germania... non conosco il tedesco, io..." pigolò l'italiano, con la voce assonnata e soddisfatta, aprendo un poco gli occhi per guardarlo.
Ludwig sorrise. "...lo so."