Con l'arrivo del caldo torrido arriva anche il nuovo capitolo dei Nameless, dopo ben due mesi di nulla XD
Sono pessima, ma posso giustificarmi con il fatto di aver iniziato un nuovo lavoro (orribile ma retribuito) ed essere stata bocciata per l'ennesima volta al mio ultimo esame universitario. Ora basta lamentarsi e postiamo, va!
TITOLO: Nameless
GENERE: Azione, Introspettivo, sentimentale, AU (Wild 7)
FANDOM: Kanjani8, Arashi e qualche senpai qua e là
PAIRING: AibaMaru
RATING: NC-17
DICLAIMERS: Kanjani, Arashi e i vecchiacci non sono di mia proprietà, ma sono sicura che il prossimo Natale troverò almeno un Maru o un Aiba sotto l'albero.. Questo sarà l'anno giusto!!
1 *
2Si svegliò mezz’ora prima del suono della sveglia a causa dei primi raggi del sole che filtravano dalla finestra e dal ronzio di una moto che faceva avanti e indietro sotto casa. Aveva la bocca impastata e a stento riusciva ad alzarsi dal letto, forse quelle lattine di birra bevute tornato a casa, non erano state una grande idea. Si ritrovò sdraiato sul letto a pensare alla serata precedente.
“Spero di rivederti presto.” Ma anche no, stupido ragazzo presuntuoso. Se solo sapessi chi sono io.. Se fossi il mio avversario in un combattimento all’ultimo sangue saresti morto, pensò stringendo i pugni. Si alzò dal letto e iniziò a volteggiare per la stanza come un pugile professionista.
“Beccati questo! E anche questo! Ne vuoi ancora? Eh?” e, urlando queste parole al vento, si avviò in cucina. Preparò velocemente la colazione e, terminata, si buttò sotto la doccia. Uscì dal bagno ancora bagnato, legandosi alla vita l’asciugamano e godendosi l’aria fresca del condizionatore che gli solleticava la pelle ricoperta di goccioline. Si inginocchiò di fianco al letto ed estrasse, da sotto di esso, una scatola che aveva trovato la notte prima dopo essere ritornato dal locale. All’interno vi era un completo: pantaloni blu scuro che riprendevano il colore della cravatta, una camicia azzurra e una giacca. Vestito di tutto punto, si mise davanti allo specchio gli sfuggì un fischio di approvazione.
“Tutte le ragazze della scuola si gireranno al mio passaggio!” disse pavoneggiandosi.
Quando fece per mettersi l’orologio si accorse di essere già in ritardo rispetto alla tabella di marcia che si era prefissato e, dato che doveva camminare un bel po’ prima di arrivare alla metropolitana e così abbandonare quel posto dimenticato dalla società, si buttò fuori dalla porta di casa.
Il caldo incominciava a farsi senti e chiunque gli avesse portato il completo con quella giacca aveva fatto una pessima scelta. Iniziò ad accelerare il passo pensando che sarebbe arrivato in ritardo, con le pezze sotto le ascelle e che nessuno si sarebbe girato per guardarlo. Dal professore super figo era passato drammaticamente a quello puzzone e trasandato.
“Masamune!” si sentì una voce maschile alle sue spalle accompagnata dal ronzio di una moto, ma lui fece finta di niente e proseguì a passo spedito.
“Masamune, fermati!” ripeté la voce.
La moto si avvicinò e, quando si girò verso la strada, Masamune si ritrovò faccia a faccia con un ragazzo con addosso un casco e che guidava con solo una mano sul manubrio mentre con l’altra si indicava il volto.
“Sono io, Pyro! Quello di ieri sera!” poi fermò la moto.
L’istinto gli stava urlando di andare via, correre verso la metropolitana e scomparire dal mondo, ma era talmente incredulo da quell’incontro che rimase immobile. Come cavolo aveva fatto ha trovarlo?
Pyro si tolse il casco, i capelli scompigliati e un po’ appiccicati al viso arrossato dal caldo, un sorriso quasi irritante. Cosa aveva da sorridere a quel modo?
“Me lo sentivo che abitavi da queste parti! Ieri, al locale, non sei venuto in moto e quindi ho pensato che il tuo appartamento fosse qui vicino.”
Pure lo stalker Sherlock Holmes gli doveva capitare. “Bene, hai indovinato. Ora, però devo andare” fece per girarsi, quando si sentì prendere un braccio. Dovette sforzarsi per non buttarlo a terra con una sola mossa. Pyro, accorgendosi dello sguardo poco amichevole, lo lasciò subito.
“Se sei in ritardo posso darti un passaggio.” disse armeggiando nello zainetto che si era tolto dalle spalle “Guarda, ho anche un casco per te!”
Masamune roteò gli occhi verso il cielo. Possibile che non riusciva a capire che non voleva avere niente a che fare con lui? Doveva per caso spaccargli la faccia per farglielo entrare in testa?
“No, guarda, sono in ritardissimo e devo veramente scappare.” e senza nemmeno salutare incominciò a correre.
“Guarda che non riuscirai ad arrivare puntuale!!!” sentì urlare alle sue spalle. Si fermò un attimo a guardare l’orologio.
“Cazzo..” bisbigliò tra sé. Odiava dargli ragione, ma doveva ammettere che non poteva riuscirci da solo. Si voltò verso Pyro “Allora! Cosa ci fai ancora lì? Vuoi farmi arrivare in ritardo il primo giorno di scuola?” gli urlò serio, ma vedendo la reazione festosa del ragazzo pensò che il suo viso stesse perdendo di espressività.
Si sedette dietro a Pyro e, piuttosto che cingergli la vita, si attaccò al sedile, ma dovette aggrapparsi a lui quando la moto partì improvvisamente a tutta velocità. A quel contatto sentì Pyro sussultate e, facendo quasi finta di niente, lo strinse più forte quasi per metterlo ulteriormente a disagio.
La moto sfrecciava velocissima tra il traffico mattutino di Tokyo, solo un miracolo poteva evitare una multa dalla polizia. Più volte aveva pensato che il modo di guidare di questo tizio fosse decisamente fuori di testa, ma era anche vero che, il vento che gli faceva svolazzare la giacca e l’adrenalina che gli stringeva la bocca dello stomaco, gli stavano facendo provare un misto tra eccitazione e nostalgia. In fin dei conti questo stupido non era proprio malaccio.
Fece fermare la moto qualche isolato prima della scuola, non si voleva far vedere dai colleghi e dagli studenti così trasandato. Si tolse il casco, si sistemò i capelli e spolverò la giacca cercando di riordinarsi un po’. Quando tirò su lo sguardo trovò Pyro che lo stava guardando sorridendo. Il suo sorriso era così genuino, quasi innocente, gli ricordava i lunghi pomeriggi passati all’Accademia, gli ricordava il suo sorriso.. Pensare a lui gli faceva sempre male e per paura che i ricordi lo sommergessero, cercò di ritornare in sé ringraziando il ragazzo e congedandosi.
“Aspetta, ho qualcosa per te!” tirò fuori dallo zaino una mela, scese dalla moto, gli prese la mano e gliela posò “Buon primo giorno di scuola, Masamune-sensei!”
Cos’era quel calore che sentiva all’altezza delle guance si chiese perplesso.
“Ah! Domani, la pausa pranzo la passerai con me!” e se ne andò senza lasciargli il tempo di replicare.
Il cuore accelerò ed era sicuro che quel miscuglio di sensazioni che stava provando non gli fossero permessi. Il senso di colpa lo colse all’improvviso, per fortuna il suono della campanella gli fece dimenticare momentaneamente quel sentimento che strisciava subdolo nel suo cuore.
**
Appena uscito dalla scuola trovò Shingo ad aspettarlo appoggiato all’automobile. Gli aprì la portiera e lui si buttò sul sedile, distrutto dal suo primo giorno da insegnante.
“E’ andata così male?” gli domandò sedendosi al volante e porgendogli un sacchetto di tela.
Incuriosito guardò all’interno, c’era un bento e senza aspettare un attimo lo aprì: era stracolmo di cibo.
“E’ tutto per me?” chiese incredulo, Shingo annuì e lui incominciò ad abbuffarsi.
“Shingo, una scuola elementare!! Dove sono finite le ragazze dalle gonnelline striminzite e i ragazzi dalle spalle larghe che mi ero immaginato?” si lamentò con la bocca piena.
L’uomo scoppiò in una fragorosa risata. “KT, non ti facevo così.. Come dire.. Allegro!”
“Ma cosa dici?” si stava quasi strozzando con un boccone di carne “Diciamo che.. lo sono solo nella mia mente, la realtà mi ha insegnato a non affezionarmi alle persone. Sono solo distrazioni, punti deboli che mettono in pericolo la nostra vita. Non ne vale la pena legarsi a qualcuno.” Era come se le ultime parole le stesse recitando a memoria come quando le aveva studiate all’Accademia.
“E cosa mi dici del ragazzo con la motocicletta? Anche lui è una distrazione?”
“Cosa scusa?” sbottò. “Come hai..” venne interrotto da Shingo, letteralmente piegato in due dalle risate.
Uno dei suoi doveri era quello di essere invisibile, un fantasma che doveva non doveva farsi notare da nessuno eppure, in una sola giornata, avevano scoperto due cose che dovevano rimanere segrete. Era decisamente fuori allenamento.
“Sì, è solo un ostacolo alla mia missione.. Un ostacolo che mi ha invitato a pranzo fuori! Cosa devo fare?” si sentiva una ragazzina che chiedeva consiglio alla migliore amica.
“Domanda stupida.” gli disse guardandolo dallo specchietto retrovisore. “Ovviamente dirai di sì e ovviamente ti divertirai un sacco, non so se ci siamo capiti…” A quel commento malizioso KT gli diede una botta sulla spalla e, facendo il finto offeso con le braccia incrociare, cercò lo sguardo di Shingo.
“E comunque mi seguivi! Perché? Non hai niente da fare al mattino?”
“Cocco, dovresti essere felice che ero io a seguirti. Se fossero state altre persone ora saresti nei guai, non credi? Con me i tuoi segreti saranno al sicuro.”
Arrivarono davanti alla sede della Higashiyama Corporation.
“Domani ti aspetto davanti al conbini qui vicino, ok? Non puoi arrivare qui da solo, darebbe troppo nell’occhio.” gli bisbigliò aprendogli la portiera.
MK annuì prima di essere preso in consegna da un ragazzo dello staff che lo portò all’interno del palazzo. Appena varcò la soglia delll’edificio, il suo stato d’animo cambiò all’improvviso: sentì lo stomaco stringersi e il battito cardiaco aumentare. Era la prima volta che l’inizio di una nuova missione lo rendeva così agitato, forse perché erano passati molti anni dall’ultima, oppure perché stava per rivedere Hunter. Conosciuto da tutti come Higashiyama Noriyuki, era il più grande benefattore di Tokyo e della maggior parte del Giappone. Non esisteva un ospedale, una scuola, una biblioteca o un museo che non avesse una sezione a suo nome come ringraziamento per generose offerte di denaro che offriva agli enti. In realtà la sua vera professione era quella di preside nell’Accademia in cui aveva studiato KT.
Si fermarono davanti ad una porta, il ragazzo gli disse che il signor Higashiyama sarebbe arrivato tra qualche minuto e lo invitò ad entrare nella stanza. Era una sorta di spogliatoio, con al centro due panche e ai lati quattro armadietti. Sul primo c’era una targhetta con su scritto KT, doveva essere il suo, l’aprì e all’interno vi trovò una giacca di pelle, dei pantaloni neri e degli scarponi. Decise di non aspettare Hunter e di vestirsi. Si trovava a suo agio con i suoi nuovi abiti che gli stavano a pennello. Mentre aspettava iniziò a girovagare per lo spogliatoio e si soffermò sugli altri armadietti. Quello vicino al suo doveva appartenere ad un certo Riida, poi c’era quello di Nino ed infine quello di J. Avrebbe voluto aprirli per curiosare un po’, ma sentì la porta alle sue spalle aprirsi e l’unica cosa che riuscì a fare era stata irrigidirsi come un baccalà, voltarsi e fare il saluto militare. Hunter lo stava guardando, sguardo glaciale ed espressione impenetrabile, poi si mosse velocemente verso di lui e lo abbracciò. KT rimase impietrito da quel gesto improvviso.
“Bentornato nella banda, KT!” disse sorridendo.
“Grazie, Signore!” rispose con voce leggermente più alta del solito, guardandolo negli occhi.
“Non c’è bisogno di tutta questa formalità. Ricordi? Ti conosco da quando eri alto così e non sei più uno studente dell’Accademia, quindi rilassati, siamo tra amici!”
Al suono di quelle parole KT non si sentì affatto a suo agio, anzi gli vennero i brividi, però cercò comunque di sembrare più tranquillo.
“Ti ho richiamato in servizio per proteggermi. E’ da qualche mese che una banda organizzata di motociclisti sta cercando di mettermi i piedi fra le ruote e le miei guardie del corpo non riescono a farcela da soli. Spero non te la sia presa che abbia pensato a te."
Figurati, la mia nuova vita incominciava ad annoiarmi.
"Collaborerai con i tre ragazzi che si occupano dei miei spostamenti in auto, anche loro sono diplomati all’Accademia, ma hanno ancora bisogno di qualcuno che li metta in riga, soprattutto il più giovane."
Ah, bene! Devo fare anche il baby-sitter.
"In realtà il lavoro non è tanto, il tragitto che dovrai percorrere è quello che porta da questo edificio all’Accademia e viceversa. Cosa ne dici? Sarai in grado di occuparti della mia sicurezza?”
Lo stava prendendo per in giro? Certo che sono in grado di fare una cosa così semplice pensò irritato, aveva compiuto missioni ben più difficile che proteggere il culo del capo. Cazzo era KT, se n'era forse dimenticato?
“Certo! Farò del mio meglio, come al solito.”
“Bene, allora andiamo in garage a raggiungere gli altri tre.. Cosa fai non prendi il casco?” domandò vedendo MK dirigersi verso la porta.
“Casco? Ah!” si sorprese vedendolo dentro al suo armadietto. “Non me n’ero accorto!” lo prese stringendolo a sé. Se doveva indossare il casco voleva dire solo una cosa, avrebbe guidato una moto. La sua giornata stava decisamente migliorando.