No, non riesco a scegliere un titolo decente: surprise, surprise!

Dec 09, 2010 01:31

Titolo: Dead Star
Autrice: arial86 
Fandom: Supernatural
Rating: G
Sommario: Lucifer e Michael. Insieme nella caduta, insieme nella prigionia eterna. Quando ogni fede è ormai crollata, l'Inferno potrà essere un luogo di perdono?
Personaggi: Lucifer, Michael.
Note: Dedicata ad axia_85 , perché, ci scommetto, darebbe un rene per spiare la situazione nella gabbia. Uno speciale ringraziamento alla splendida  orchidea_lover : lei sa cosa succede davvero lì sotto (coraggio, dillo al mondo!), ed è la beta migliore che potessi desiderare <3


"And you used to be everything to me
And now you're tired of fighting
Tired of fighting
Fighting yourself
Shame on you for thinking
You're all alone
If you want I'll make you wish you were
Failing to impress
Why can't you sleep with
Someone who'll protect you?"
(Dead Star, Muse)

Il nulla non ha colore, non possiede forma, consistenza o struttura. Non ricorda il fuoco incandescente che dà la vita, né l’oscura morte pronta a soffocarla nel suo gelido abbraccio.
È un’assenza. L’assenza, probabilmente.
Ti avvolge e sommerge, impedendoti però di annegare. Compagna fedele, la certezza che mai riemergerai dalle sue stagnanti acque. Alienata qualsiasi lusinga o speranza, persino quella, spaventosa, di toccare un giorno il fondo dell’abisso.
Inutile lottare e ribellarsi. Niente può fermare quest’inesorabile caduta, tranne, ovviamente, una Sua parola. La cosa renderebbe però sterile ogni tentativo di condanna e redenzione.
Peso, attrazione, gravità, vento. Sono parole senza significato, in questo luogo. Ciononostante, non ci si illuda di poter spiegare le proprie ali e volare via: finirebbero squarciate come fragili vele durante una tempesta. Lo so. Ho imparato questa lezione, la prima volta.
Adesso mi limito a godermi il viaggio, aspettando che arrivi, dolce e atteso, il dolore. Un impatto impossibile, una scarica venefica che attraversa ogni singola cellula del tuo corpo e, finalmente, la conferma di essere ancora vivo. Di esistere e soffrire. Non sei parte del niente che ti circonda, non ancora.
Ed eccolo, il suolo.
Migliaia di cristalli di ghiaccio si sollevano tutt’intorno, per ricadere infine in uno scroscio di fini diamanti. Li osservo uno a uno, piccole gemme che svaniscono nel buio senza aver raccolto il minimo riflesso.
Mi rialzo su gambe tutto sommato stabili e non posso fare a meno di complimentarmi con me stesso: un atterraggio da manuale. Magari, in futuro, toccherò terra agile e leggero come un gatto. La pratica rende perfetti, si sa.
Getto la testa all’indietro e scoppio a ridere. Sento che potrei andare avanti per tutta l’eternità. Ci siamo: sono forse impazzito?
Un rumore alle mie spalle e ricordo: non sono solo.
Le mie risa si spengono, ma un ghigno caparbio mi tende ancora le labbra. Sembra quasi poetico.
È in piedi e si guarda attorno. Scommetto che la prospettiva dall’alto di cui ha goduto in passato non rendeva giustizia al posto. Un buco infernale, letteralmente.
Non si è ancora accorto della mia presenza, ma la cosa non dovrebbe stupirmi: è sempre stato alla ricerca di qualcos’altro, di qualcun altro. Di un’approvazione che a dispetto di tutti i suoi sacrifici pare non abbia ancora meritato.
“Era questo che ti aspettavi?”
Si volta.
Un profondo squarcio verticale sul volto tumefatto e pesto, l’occhio destro quasi del tutto chiuso, un braccio innaturalmente abbandonato lungo il fianco.
“Sta’ zitto” mi intima, la voce malgrado tutto salda.
Mi dà nuovamente le spalle. Le sue ali sono danneggiate e screziate di rosso, in diversi punti si intravedono le ossa.
Si è opposto con tutto se stesso alla caduta, dev’essere esausto. È per questo che non guarisce le sue ferite?
Una parte di me sente il bisogno di stargli accanto, di fargli capire che non è solo. Di aiutarlo.
Sono qui, Michael. Ci sono sempre stato.
Eppure quel viso costantemente rivolto verso qualcosa che non sono io e quella schiena inflessibile mi impediscono di avvicinarmi. Come può sfoggiare tanta superiorità quando è conciato da buttar via? Da dove vengono tanta noncuranza e distacco? È il suo mondo che è stato fatto a pezzi, cazzo.
Bah, che cuocia nel suo brodo: i prossimi millenni di isolamento gli insegneranno a bramare un po’di compagnia, fosse anche la mia…

* * *
Il capo chino, il palmo che saggia la nuda parete rocciosa, sembra in attesa.
Sì, il viso sfiora la possente muraglia che ci imprigiona come a volerne carpire i segreti. Alle sue spalle, l’Inferno.
Senti le loro voci, Michael? O anche per te non sono che sussurri indistinti?
D’un tratto, ghermisce uno spuntone. Tutto il suo essere all’erta.
Che l’abbiano percepito? Probabile, un’aura pura e splendente come la sua non può restare celata a lungo. Mi concentro e visualizzo centinaia di demoni al di là della nostra prigione, Asmodeo al loro comando. Il demone dell’ira e della vendetta: è questo che provi, fratello? È questo che vuoi?
Un mio pensiero e l’intera legione scompare. Non posso tollerare quella feccia tanto vicina a lui.
Solleva lo sguardo, sorpreso. I nostri occhi si incontrano un istante, poi Michael li distoglie nuovamente.
Ha inizio una sorta di routine.
Abaddon, Astaroth, Vassago sono distrutti uno dopo l’altro. I re dell’Inferno, la mia sola speranza di abbandonare ancora questo posto! Vorrei quasi credere che sia tutto un suo piano per tenerci inchiodati qui, ma Michael è del tutto incolpevole.
Tiene la testa reclinata sulle ginocchia, le ali raccolte al corpo. Non fa niente per attirare alcun tipo d’attenzione. Già, tutto perfettamente in linea col suo carattere.
Un giorno, i demoni smettono di accalcarsi al macello. Che li avessi sottovalutati a tal punto? Che abbiano finalmente capito cosa significhi provare a sfiorare il frutto proibito?
No, non è così. La luce di Michael è cambiata. Fredda, opaca, indistinta. Semplicemente, non li attrae più.
Il terrore mi attanaglia le viscere. Non può essere, non lui.
Mi avvicino, ogni pretesa di circospezione scomparsa.
È brina quella fra i suoi capelli?
“Michael?”
Mi guarda, e i miei sospetti trovano conferma. I suoi occhi sono smarriti, tormentati. Dov’è la creatura che sosteneva il mio sguardo con serafica sicurezza? L’angelo sordo a qualsiasi voce che non fosse quella del Padre suo?
Un timido sorriso si fa strada sulle sue labbra. È dolce. Di perdono. E dire che ho sempre sostenuto che Michael avrebbe preso a calci anche il figliol prodigo. Forse, in punto di morte, persino lui è disposto a fare concessioni. Perché è di questo che si tratta, no? Mio fratello ha perso la sua fede e questo lo sta uccidendo. Non possiamo vivere senza uno scopo, un principio a fondamento della nostra esistenza. La verità è che la maggior parte degli angeli ama Dio perché deve, non perché vuole.
Sfioro una delle sua ali, e una smorfia gli deturpa il viso. Sono ghiacciate, ancorate al suolo e alla roccia. Scuote il capo e mi trattiene la mano: basta.
E si aspetta davvero che finisca così? Che lo lasci andare in questo modo?
Un angelo può sopravvivere alla sua fede, io ne sono l’esempio lampante; bisogna solo sostituirla con qualcosa di più costruttivo: odio, risentimento, voglia di rivalsa e vendetta. Macchiano in maniera indelebile chi le prova, è vero, ma sono di gran lunga preferibili all’alternativa.
Rafforzo la mia stretta, e il suo disagio si trasforma in dolore. Le sue ali si incrinano e le prime grida fendono l’aria.
Mi dispiace. Mi dispiace.
“Qualcosa senti ancora, vedo.”
Sorpresa, agonia, tradimento. Cazzo, Michael, dov’è la rabbia?
Mollo la presa e faccio un passo indietro.
“Allora? Te ne stavi lì seduto ad aspettare la cavalleria? SOS, un arcangelo è inciampato ed è finito all’Inferno?”
Si sporge in avanti, ignaro delle goccioline che corrono lungo le sue ali e del fatto di aver trasformato la nostra gabbia in una fornace rovente.
“Vattene” sibila.
“Sì? E dove? Non sei mai stato una cima, ma dovresti aver capito che siamo entrambi imprigionati: finché morte non ci separi.”
Si rialza: “Appunto.”
“Oh” lo schernisco, “hai persino il coraggio di attaccarmi, e senza l’aiuto di paparino!”
Al solo menzionare nostro Padre, perde il controllo.
Mi artiglia le braccia e mi spinge a terra. Resto inerte sotto di lui: non potrei fermarlo neppure se volessi. Sembra che Michael stia per adempiere al suo destino, dopotutto.
Mi stringe le dita intorno alla gola e chiudo gli occhi: non voglio che li veda spegnersi. Le sue mani si separano: una sale alla nuca, l’altra scende a ghermirmi le spalle. Mi attira a sé in un abbraccio disperato e lascia andare tutta la sua rabbia. Un terribile incendio divampa intorno a noi, e i millenari ghiacci dell’Inferno si riducono a un fiume in piena. Si alza un vento incandescente che sibila sinistro lungo le pareti della gabbia. È la sua stretta a tenermi in vita, lo so.
Urla ancora, e stavolta la terra trema. L’eco della sua voce è violentissima, alti lamenti di terrore si levano tutt’intorno: sta scuotendo le fondamenta stesse dell’Inferno.
Un chiarore improvviso balugina davanti a noi. È un evento che ritenevo tanto improbabile, da non riuscire a comprenderlo immediatamente: Michael ha forzato le porte della nostra prigione, anche se di pochissimo. Siamo liberi.
Affonda la testa nell’incavo della mia spalla, stremato, e l’Inferno torna a chiudersi su di noi. Potrei scappare, ma lui non riuscirebbe a seguirmi. Ricambio la sua stretta, osservando la roccia ritornare un blocco compatto. Avremo un’altra occasione, insieme: non posso lasciarlo indietro, non qui. Non da solo.
E se nostro Padre avesse sempre voluto questo? Che io l’avessi al mio fianco, che Michael fosse libero? Amava forse anche noi?
No, non è questo che mio fratello ha bisogno di sentire.
Avvicino la bocca al suo orecchio: “Non ti ha mai amato, Michael” sussurro. “Eri soltanto una pedina nelle sue mani.”
Sento le sue lacrime calde scivolarmi lungo il collo e gli sfioro delicatamente una guancia: “Tranquillo, avrai la tua vendetta.”
E anch’io: ho fra le braccia lo strumento della mia vittoria.

fan fiction, dediche, spn

Previous post Next post
Up