Titolo: It’s everything and nothing new
Fandom: DC Comics/Marvel -
earth_618Beta:
namidayumePersonaggi:
Bart West,
Judy WestPairing: Bart/Judy
Rating: Pg
Conteggio Parole: 1.095 (FDP)
Avvertimenti: Interesse tra consanguinei non grafico
Disclaimer: I personaggi della storia e l’universo in cui si muovono appartengono a
levy e
kitten_21. \o/ Non ci lucro, mi limito solo a rompere le balle con coppie improbabili. *_*
Note:
• Ehm. *_*" *si nasconde* Per una volta non è colpa mia, però!!!!!
• Non so bene quand’è ambientata precisamente. \o/ Certo è che mi stata ispirata da
Le conseguenze di Levy e
Speedup/Slowing down di Kit , che mi hanno messo strane cose in testa. ._. La fic non ha assolutamente pretese di essere canon o particolarmente IC (non so se li ho beccati!!! T_T Cazziatemi, nel caso), (non fui cazziata, yay \o/) ma ha rischiato di farmi impazzire perché continuava a ronzarmi in testa. Quindi bon, l’ho scritta. ._. TANTO POTETE SEMPRE REBOOTARMI!!!!
• Titolo da Why degli Elefant.
It’s everything and nothing new
«Com'è il mondo, quando corri a supervelocità?»
Judith mantiene l’espressione assorta e continua a fare i suoi esercizi di stretching, senza nemmeno voltarsi verso di lui, dopo aver posto la domanda. Bart, che è lì per caso - è lì per lei -, la guarda attentamente, incerto su quale risposta dare. Lento, vorrebbe dire, ma ha paura che quella parola la offenda, che sia di troppo.
Così le si avvicina, tende una mano verso di lei - non riesce mai a toccarla, non se Judith non gli dà un esplicito consenso - e dice: «Vieni, te lo mostro.»
La ragazza si immobilizza e solleva il viso ad incrociare finalmente i suoi occhi. Si concentra su di essi e poi sulla mano che lui le tende, come se si trattasse di uno scherzo che non riesce a capire; Bart vede la diffidenza brillare abbagliante nel suo sguardo e per un attimo desidera correre via e fingere di non averci nemmeno provato, a raggiungerla, perché un suo rifiuto farebbe fin troppo male.
Judy aggrotta le sopracciglia. «Come?» domanda.
«Ti posso portare in spalla,» risponde lui, scrollando le spalle. Non ritira la mano, in attesa che l’altra valuti la situazione, che decida. Sa che quello che le sta chiedendo non è solo una prova di fiducia, ma anche un’ammissione di debolezza, un’ulteriore presa di coscienza di quelle che sono le sue incapacità.
Aspetta e una parte di lui - la parte codarda che non ha mai osato proporle qualcosa del genere, o forse la parte ragionevole - vorrebbe già ritirare la domanda, mentre un’altra - quella coraggiosa, o forse quella più avventata - vorrebbe incalzarla e dirle che non c’è niente da perdere, pregarla di accettare.
Prima che possa fare una qualsiasi delle due cose, Judy annuisce, togliendolo d’impiccio. «Ok,» soffia fuori e prende la mano che lui le porge con un movimento lento, quasi incredulo.
L’aiuta a salire a cavalcioni sulle sue spalle e quando lei gli stringe le braccia attorno al collo e le gambe ai fianchi si permette finalmente di sorridere. Il respiro di sua sorella gli sfiora l’orecchio ed è qualcosa di così piacevole e sorprendente, averla finalmente così vicina, che Bart pensa che, anche se lei gliene desse modo, non riuscirebbe mai ad abituarcisi.
«Tieniti,» si raccomanda e lei stringe più forte la presa, mentre domanda: «Dove andiamo?»
Bart sorride di nuovo e inizia a correre ancor prima di darle una risposta. «Papà non mi permette di fare il giro della Terra,» replica, acquistando sempre maggiore velocità. Sua sorella si lascia sfuggire un’esclamazione di sorpresa, per il modo in cui il vento le urta addosso, quasi avesse una propria consistenza concreta. «Però immagino potremmo arrivare fino al Gran Canyon.»
«Wow,» mormora Judy, mentre il mondo attorno a loro perde i suoi contorni per farsi sfocato, indistinto. Bart si sforza di non andare al massimo, per paura che qualcosa possa danneggiarla, e sta bene attento che lei non si accorga di quanto si sta trattenendo, che l’idea che lui possa correre ancora più veloce di così non le faccia a sua volta del male.
Arrivano al Gran Canyon in pochi minuti e il ragazzo si scopre capace di poter gestire le emozioni di sua sorella, rallentando o accelerando; scopre di poterle tirar fuori un piccolo grido di paura, mentre risalgono una delle gole, e gli sembra finalmente di essere un tutt’uno con lei, di averla sotto la pelle così come dovrebbe essere sempre.
«Stai bene?» le domanda, mentre inverte la marcia per fare ritorno verso il Salem Center.
«Credo di avere un po’ di nausea.»
Bart soffia fuori una risata e, una volta giunto a destinazione nei pressi del lago, si sente quasi triste nel fermarsi e permetterle di scendere - sa che non ci sarà una seconda occasione, non tanto presto. Judith espira forte, tenendosi la testa per un giramento improvviso, e si lascia cadere distesa sull’erba. «Wow,» sospira di nuovo, «è bello.»
Il ragazzo fa scivolare lo sguardo sul panorama che hanno intorno, sul sole rosso che supera di poco la linea dell’orizzonte, sul cielo azzurro scuro dove già si intravedono le prime stelle. Si sdraia accanto alla sorella e, girandosi a guardarla, replica: «È bello anche star fermi, a volte.»
Lei ricambia lo sguardo e accenna un piccolo sorriso, velato appena di malinconia, che gli fa intuire come non abbia davvero compreso ciò che intende, non fino in fondo. Allungare una mano verso Judy allora gli viene istintivo, un gesto che si rende conto di star compiendo solo quando è già a metà. Posa le dita sul suo braccio e si accorge solo allora dello sguardo della ragazza, della diffidenza che è tornata prepotente nei suoi occhi; lo sta fissando pronta a scattare via, aspettandosi chissà quale dispetto, chissà quale trucco ai suoi danni.
Bart vorrebbe spiegarle che in certi casi ha solo bisogno di toccarla, ha solo voglia di lasciar scorrere le dita sulla sua pelle e impararne la consistenza, scoprire quanto è ancora simile alla propria; vorrebbe ricordarsi com’è fatto il suo corpo, imprimerselo a fuoco nella mente. Non riesce mai a raccontarle niente del genere, tuttavia, perché non riesce a concepire una sua reazione.
«Non ti faccio niente, davvero,» è tutto ciò che si permette di dire, infatti, continuando a far scorrere le dita lungo il suo braccio. La frase tranquillizza sua sorella appena un po’, il giusto per convincerla che non c’è bisogno di scostarsi, che può concedergli quelle briciole che le sta chiedendo. Bart vorrebbe di più - vorrebbe tutto - ma quello è un desiderio che Judy ignora e che lui è deciso a non rivelare, mai.
«Bart?» lo chiama, dopo alcuni istanti, incapace di decifrare i suoi sguardi, di intuire quello che gli sta passando nella testa. «Che succede?»
Ha un’espressione confusa, sul viso, e il ragazzo si costringe ad interrompere il contatto, ad arretrare, a mettersi in piedi e a recuperare la loro consueta distanza. Gli piacerebbe che ci fosse qualcuno, lì con loro, così da poter usare un pretesto qualsiasi, da non dover fare tutto da solo, ma è diventato bravo a correre via - in particolare da Judy -, ad essere scattante e pronto, a non permettere a nessun ostacolo di interrompere il suo movimento.
Si concede uno sguardo al cielo, al sole che è ormai quasi del tutto scomparso oltre l’orizzonte, e dice: «Niente, è tardi. Devo vedermi con Johnny.» Si volta e fa per andarsene, mentre si rende conto di provare l’acuto desiderio che lei lo fermi, che gli chieda di spendere altro tempo insieme.
Ma Bart è troppo veloce e si è già allontanato di metri e metri, prima che Judith riesca anche solo a realizzare di volere che lui rimanga.