Titolo: I haven't left here yet (but I'm trying)
Fandom: DC Comics
Beta:
namidayumePrompt: Dick Grayson/Helena Bertinelli - Non potevano stare dieci minuti, nella stessa stanza, senza litigare. + "Ti stai decisamente sopravvalutando." "Ma ne sei davvero sicuro?" @ Gomitoli
Personaggi: Dick Grayson, Helena Bertinelli
Pairing: Dick/Helena
Rating: Pg13
Conteggio Parole: 936 (FDP)
Avvertimenti: Vago What if?, se vogliamo. In realtà, potrebbe tranquillamente essere ambientata nel
lovvoverse, ecco. XD
Disclaimer: I personaggi della storia appartengono ai rispettivi proprietari e creatori, che ne detengono i diritti. Nulla di ciò è scritto a scopo di lucro.
Note:
• BUON COMPLEANNO
izzieanne! ♥♥♥
Avrei voluto fare di più, ma ultimamente Ispy era parecchio contro di me. Però spero che ti piaccia lo stesso. ♥ Ti lovvo tantissimo, adorata. *_*
• Titolo da One hundred things you should have done in bed degli Snow Patrol.
I haven't left here yet (but I'm trying)
Ai tempi degli Outsiders, non potevano stare dieci minuti nella stessa stanza senza litigare. Battibeccavano sulle missioni, su come svolgerle, sui loro esiti; prendevano di mira gli altri membri del gruppo, i reciproci atteggiamenti e qualsiasi dettaglio che potesse fungere da pretesto.
Grace era convinta che tutto quell’astio fosse dovuto alla tensione sessuale; Shift, invece, lo imputava alle differenze di carattere. Dick si giustificava dando la colpa a lei - ogni benedetta volta - e Helena, di rimando, la colpa l’attribuiva a lui.
In realtà, a quei tempi, non le era importato molto di quale fosse la causa; sapeva di avere davvero parte della colpa e sapeva che stuzzicare la vanità di Dick era una delle cose che più la divertivano. Ad essere sinceri, sapeva anche che la tensione sessuale, tra loro, esisteva realmente.
Il fatto che quel particolare atteggiamento, però, non sia venuto meno le provoca del vago sconcerto. Perché, nonostante gli anni passati, la crescita, la Crisi e tutto ciò che hanno visto durante quel tempo trascorso, Dick e Helena non riescono ancora a stare dieci minuti nella stessa stanza senza litigare.
*
«Senti,» comincia lui, cercando di essere ragionevole, ma con troppa stanchezza nel tono per risultare credibile. «New York è la mia zona, ormai, la conosco palmo a palmo. Se tu stai qui…» si interrompe e agita una mano in aria, in un gesto nervoso. «Oh, lo sai come andrà a finire.»
Helena, di rimando, ghigna. «Ci scontreremo di continuo o finiremo a letto insieme?»
Dick sospira e leva gli occhi al cielo. «Ti stai decisamente sopravvalutando,» ribatte, però non riesce affatto ad eliminare dal viso della ragazza quell'espressione sfacciata.
«Ma ne sei davvero sicuro?» continua lei infatti, senza smettere di sorridere.
Dick vorrebbe - vorrebbe davvero - esserlo, ma le sue certezze, come al solito, vacillano. Così, semplicemente, rinfodera i bastoni e le dà le spalle, sparendo poco dopo alla sua vista.
*
«Te l'avevo detto,» esordisce Dick, il braccio sinistro premuto sugli occhi e il respiro ancora leggermente affannato.
Helena gli lancia un’occhiata e scuote la testa esasperata. «Wow. Proprio quello che una donna vorrebbe sentirsi dire dopo il sesso.»
L'altro non replica nulla, abbozza appena un sorriso, così lei scivola sotto le lenzuola fino al bordo del materasso e vi si mette a sedere, cercando i propri vestiti con lo sguardo.
Sa già adesso che deve andarsene e che quanto accaduto è stato uno sbaglio, senza nemmeno il bisogno di rifletterci sopra. Sa che tentare di far funzionare qualcosa con Dick sarebbe vano, stupido e anche potenzialmente pericoloso; finirebbero col farsi del male a vicenda e ad altra gente - perché Dick non riesce mai a liberarsi delle sue donne e Helena non avrebbe mai la pazienza di dividerlo -, con l'odiarsi e rendersi reciprocamente la vita un inferno. Ha già affrontato questo discorso con se stessa mille volte prima d'ora, tanto che ripeterselo ulteriormente non porterebbe alcun vantaggio.
Allora, semplicemente, si mette in piedi, raccoglie i propri vestiti e li indossa, con lo sguardo di Dick puntato sulla schiena che non si perde nemmeno uno dei suoi movimenti. Si aspetta che da un momento all'altro lui parli, che le chieda di rimanere, ed è questo che accade, infatti.
Mentre lei si dirige verso la porta, Dick si tira a sedere e dice: «Forse… adesso che siamo qui insieme, potremmo…» Lascia cadere la frase nel vuoto, permettendo ad Helena di completarla nella propria testa.
Qualcosa le si agita nello stomaco, mentre lo fa, ma non permette alle emozioni di emergere. Voltarsi e restare richiederebbe troppo - troppo senso del rischio, troppa fiducia - e lei, semplicemente, non ne ha la forza.
«Non potremmo,» replica, secca, aprendo la porta della stanza e avviandosi verso l'ingresso.
*
Ovviamente, stargli lontana è più facile a dirsi che a farsi. Esattamente come aveva preannunciato Dick, vivere entrambi a New York li porta a non fare altro che scontrarsi e finire a letto insieme. Durante la decima notte nel giro di un mese che succede, Helena inizia a sentire alcune delle sue resistenze sul punto di cedere e sa, istintivamente, che non dureranno ancora a lungo.
«Dobbiamo finirla,» cerca di dire, mettendosi a sedere e provando a porre più distanza possibile tra loro. «E' stupido e infantile e, Dio, credevo avessi detto che mi stavo sopravvalutando o cosa?» conclude girando gli occhi al cielo.
«D'accordo, forse non ti stavi sopravvalutando poi così tanto,» sbotta lui, mimando il suo gesto e sedendosi all'altra punta del letto. «Ma… vuoi che finisca? Allora fai le valige e tornatene a Gotham. O in qualsiasi parte del mondo che non sia New York.»
«Ho tutto il diritto di stare a New York quanto ne hai tu,» ribatte Helena, puntandogli un dito contro con fare minaccioso.
Dick, in risposta, scrolla le spalle e allarga le braccia. «Perfetto, restaci allora. Ma non dare la colpa a me quando finiremo inevitabilmente a fare sesso di nuovo.»
Termina di parlare e resta a fissarla per un momento, prima di tornare a sdraiarsi e sistemarsi meglio le coperte attorno al corpo. Poi, le lancia un'ulteriore occhiata e domanda: «Adesso te ne andrai come tutte le altre notti?»
Non aggiunge altro, non fa nessuna richiesta esplicita, e Helena vorrebbe mettersi a ridere, per dimostrare che le sue parole non l'hanno affatto scalfita; invece, c'è un fondo di verità in ciò che ha detto e di far finta di nulla proprio non le riesce.
Così borbotta: «A che servirebbe se tanto tra qualche giorno sarò di nuovo qui?» e si stende a letto a sua volta. Quando scivola verso Dick, sfiorando il suo braccio con il proprio, cerca, in un ultimo, vano tentativo, di convincersi che è solo per questa notte che sta cedendo, che sta abbassando le difese.
In realtà, sa benissimo che è una bugia.
Scenetta divertente:
Qualche giorno fa io e Nami ci siamo consultate per il suddetto regalo a Chez.
Nami: “Scrivile del Dick/Helena!”
Linda: “Eh… ma non so, è difficile, non ho idee.”
Nami: “*mmm* Io proprio non posso perché Helena non la conosco.”
Le ultime parole famose. Giuro, giuro, giuro che non ci siamo messe d’accordo.