[Harper's Island] Remember ~ Madison Allen

Dec 18, 2009 10:14

Titolo: Remember
Fandom: Harper’s Island
Beta: vedova_nera
Prompt: 77. Remember @ Criticombola
Personaggi: Madison Allen, Shea Allen, Jimmy Mance; apparizioni varie di John Wakefield, Henry Dunn, JD Dunn e Abby Mills.
Pairing: Wakefield/Madison vago, vaghissimo JD/Madison, ma credetemi è tutto molto velato che potete far finta di nulla ù_ù
Rating: Pg15
Conteggio Parole: 2.295 (W)
Avvertimenti: Future!fic, speculazione, problemi mentali di varia natura, accenni al suicidio e all’omicidio (ma niente di grafico).
Disclaimer: I personaggi della storia appartengono ai rispettivi proprietari e creatori, che ne detengono i diritti. Nulla di ciò è scritto a scopo di lucro.
Note:
• Ambientata post-serie, tenendone completamente conto e senza modificare nulla.
• Vany mi ha accompagnata e assecondata in questo delirio, quindi il ringraziamento le spetta. XD
• Le note vere e proprie sono a fine fic, comunque, per non svelare nulla.


Remember

Madison ha appena compiuto dieci anni quando gli incubi cominciano.

È stato un compleanno colorato e allegro, quello appena trascorso, con una torta di panna bianca alta tre strati, tutti i suoi compagni di scuola presenti e persino qualche amico famoso di mamma, per riempire i vuoti lasciati da suo padre e dal resto della famiglia; una festa simile a tante altre passate, organizzata fin nei dettagli come se nulla fosse mai accaduto, come se lei e sua madre non fossero due sopravvissute.

Riesce anche a divertirsi, a non pensare ad Harper’s Island per un’intera giornata. Li sogna per questo, la notte. Per essere punita.

Il bosco di Harper's Island è scuro e freddo, mentre lei lo attraversa, e il terrore le fa tremare le ossa. Madison continua a camminare, tuttavia, anche quando ai lati del sentiero, tra gli alberi, compaiono i visi di sua zia Trish, di suo padre, del nonno. Prosegue e Wakefield è là, proprio al limitare della macchia d’alberi - dove dovrebbe essere la salvezza -, e l’attende.

Quando lo raggiunge e l'uomo la stringe in un abbraccio, Madison si sveglia urlando.

Sua madre non ha mai più voluto incontrare Abby Mills. Ha sorriso, quando ha sentito la notizia della sua sopravvivenza insieme al pescatore, ha quasi sospirato di sollievo - per poi piangere subito dopo al pensiero che era stato Henry, il proprio futuro, perfetto cognato, l’artefice di quell’incubo -, ma successivamente non ne ha più parlato.

Madison ha provato a proporle di andarla a trovare, una volta, ma in risposta ha ricevuto unicamente pavide giustificazioni: «Non possiamo lasciare la città, adesso», «Abby avrà da fare», «Non hai saltato la scuola già troppe volte questo mese, signorina?»

Dietro di esse, ne leggeva una sola, sempre la stessa: Abby non vorrà vederci per nulla al mondo. La considerava totalmente inutile, certa che la ragazza, esattamente come lei, le incontrasse ogni notte insieme a tutti gli altri.

Compie spesso quel percorso nel bosco. Guarda dritto davanti a sé, tentando di non prestare attenzione ai visi sbiancati e scarni dei suoi famigliari, scacciando il desiderio di girarsi per cercare sua madre, perché ha paura di vedere che il suo volto è tale e quale a quello di zia Trish - sbiancato e scarno.

Continua a camminare e Wakefield l'aspetta alla fine del sentiero, come sempre. La stringe per le spalle quando lei arriva e dice: «Ti ricordi, Madison? Ti ricordi?»

Lei annuisce, spaurita, e lui le accarezza il viso. «Brava ragazza.»

La bambina si sveglia urlando ancora una volta.

Sua madre è l'erede di un enorme patrimonio. Madison è convinta che tutto sommato si stia riprendendo bene, che l'aspetto da donna ricca e fortunata le si addica. Lo pensa con un briciolo d’orgoglio per lei e con il desiderio bruciante di sapere se ha dimenticato, se è riuscita a lasciarsi gli eventi di Harper’s Island alle spalle.

Così una mattina, durante la colazione, la domanda che pone risuona nel silenzio della cucina - un eco delle sue parole avvertite nel sonno. «Ti ricordi, mamma, cosa ci è successo? I morti, papà, il nonno, la zia. Henry.»

Il volto di Shea - sereno e tranquillo fino all’attimo prima - si fa bianco di colpo e, improvvisamente, le sue occhiaie sembrano più accentuate, la sua bocca meno sorridente, i suoi occhi vacui. «Sì,» confessa, in un sussurro che è poco più d’un soffio d’aria.

Madison ha tredici anni e capisce che tentare di dimenticare è una battaglia persa in partenza.

Alcune notti il sentiero nel bosco non è un sentiero nel bosco, bensì un tunnel sotterraneo. Lo attraversa correndo e sa che qualcuno la sta seguendo; sente i passi risuonare rapidi dietro di sé, l'affanno di un altro respiro accompagnarla metro per metro.

Davanti a lei non compare nessuno; c’è una porta, invece, e la spalanca in fretta, quasi sbattendoci contro con la speranza di trarsi in salvo. Ma non c’è salvezza e in fondo al cuore lo sa persino nei sogni.

Si ritrova nella stanza dove era tenuta prigioniera e corre a rannicchiarsi sulla branda, cercandovi rifugio. Pensa di essere al sicuro, pensa che non le accadrà nulla, perché Wakefield è il suo nuovo amico e ha promesso di non farle del male. Ma un tonfo metallico l’avverte dell’ingresso di qualcuno nella camera ed è un’altra voce a terrorizzarla.

«Madison? Sei qui? Ti abbiamo cercata dappertutto,» dice Henry, e i suoi passi pesanti raggiungono il letto in un baleno. Lei non si volta, continua a tenere gli occhi chiusi nella speranza che, quando li riaprirà, l'incubo sarà finito.

Ma, prima che possa svegliarsi, il ragazzo le accarezza una spalla e le ricorda: «Non dovevi scappare da noi. Sei stata molto cattiva.»

La notizia della morte di Abby arriva una mattina d’agosto. È Madison a ricevere la telefonata di Jimmy Mance, perché sua madre è fuori per una riunione e non tornerà prima di pranzo.

«Forse è meglio se richiamo e parlo con lei,» tenta il ragazzo, la voce stanca, venata di tristezza, ma lei insiste: «Riguarda Abby, vero?»

Riguarda Abby. E quando l’altro replica, vincendo le proprie reticenze, «Si è suicidata. L’ho trovata ieri sera», l’ammissione non le giunge realmente come una sorpresa.

Shea non reagisce bene nell’apprenderlo - le sembra, per un attimo, sovrastata dal peso del passato; pensa che quello la sommergerà e la piegherà, ma la donna, con calma, torna a reggersi stabilmente sulle proprie gambe. Ci mette delle ore a convincerla a partecipare al funerale, ma il giorno dopo sono a Los Angeles, in un cimitero enorme e silenzioso.

Jimmy ha gli occhi rossi di pianto e l’aspetto di chi non dorme da notti intere. Le rivolge sguardi vacui, quasi si ricordi a stento chi sia; solo alla fine della cerimonia si affianca a Shea per salutarla.

Guarda fisso la bara mentre viene ricoperta di terra e mormora, sfiancato anche da quel minimo sforzo, «Pensavo l'avesse superato. Sembrava stare meglio e... Invece.»
La donna annuisce comprensiva e gli sfiora un braccio in un istintivo gesto di consolazione. Sta per dire qualcosa, ma Madison la precede.

«Non poteva stare meglio,» afferma, il tono alto affinché le parole siano perfettamente udibili. «E non poteva superarlo. Li ricordava troppo bene tutti quanti.»

Sua madre la richiama subito e poi l’afferra per un polso e la spinge via, muovendosi a passo rapido in direzione della macchina. Lei si gira a guardare Jimmy un’ultima volta ed è certa che lui non abbia capito, che nemmeno Shea ne sia capace - che solo pochi possano davvero farlo.

Scopre che la porta della propria prigione sotterranea si può aprire. Wakefield la osserva scendere dal letto e raggiungere la maniglia, seduto su uno sgabello in un angolo ad affilare il proprio coltello. Madison gli rivolge uno sguardo, prima di sgusciare fuori, e lui si limita a ricambiare l'occhiata senza parlare o accennare a seguirla, quasi dandole il permesso.

Si ritrova nella hall del Candlewick e cammina fino a raggiungere il salotto. Sono tutti lì.

Su un divano posizionato sul lato della stanza, illuminato dal sole che filtra dalla finestra dietro di esso, vede seduti Henry e Abby. Lei ha la testa appoggiata alla spalla del ragazzo, l’espressione serena e gli occhi chiusi; non li apre nemmeno al suo arrivo e sembra non importarle di nessun altro che non sia il proprio vecchio amico.

Li fissa in silenzio per un lungo momento, finché JD non le compare accanto. «È felice, sai, adesso che è tornata,» afferma, indicando con un gesto del capo il fratello.
Madison sposta la propria attenzione su di lui e, in un filo di voce, domanda: «È questo che volete da me? Che muoia e torni da voi?»

JD emette uno sbuffo divertito e, con un sorriso storto a piegargli le labbra, nega con il capo.

«E cosa allora? Cosa?!» chiede, ma non fa in tempo a sentire la risposta. Si sveglia che la domanda le riecheggia ancora nelle orecchie, eppure, questa volta, non sta urlando.

Manca poco al suo diciottesimo compleanno, quando Harper’s Island viene riaperta al pubblico. I pochi abitanti del luogo - rimasti lì nonostante l’orrore che si è consumato appena fuori dalle loro porte - ricominciano ad avere la compagnia dei forestieri che arrivano dalla costa di Seattle.

Il Candlewick e la chiesa subiscono un completo restauro e gli omicidi diventano una leggenda per attirare turisti; John Wakefield solo una figura mitologica sfruttata per spaventare i ragazzini.

Madison segue le notizie passo passo e pensa che loro abbiano tutte le ragioni di essere infuriati. La notte non le danno tregua e, nonostante abbia smesso da tempo di considerarli veri incubi, il fatto che quelle immagini non spariscano nemmeno durante il giorno inizia ad inquietarla.

«Dovremmo tornarci,» propone una mattina a sua madre, l’attenzione rivolta all’ennesimo servizio pubblicitario trasmesso sulla rete locale.
Shea quasi si strozza con il caffè. «Stai scherzando, spero. Se c’è un posto dove non metterò più piede, quello è Harper’s Island.»

La ragazza si stringe nelle spalle. «Dovrebbero sapere che ciò che ci è successo è vero. Dovrebbero ricordare il nonno e la zia e papà. E Wakefield, anche,» continua, indirizzandosi alla donna e vedendola lentamente impallidire. Incrocia il suo sguardo e lo sostiene con determinazione, lasciandole comprendere che non sta scherzando - e mettendola, forse per l’ultima volta, alla prova.

Shea, di fronte a lei, cede nuovamente. Si alza in fretta, sbattendo la tazza nel lavello, e sbotta: «Non voglio mai più sentirti tirare in ballo questa storia.»
L’attimo dopo scivola fuori dalla cucina, in fretta, quasi fuggendo.

Madison sospira e pensa che sua madre non è in grado di fare nulla se non scappare.

Il salotto del Candlewick è luminoso in modo innaturale e l’albergo le appare deserto. Madison tiene lo sguardo fisso fuori dalla finestra, alla ricerca di qualcuno; sente la loro presenza tutto intorno, come sempre, ma non riesce a scorgerli - e questo un po’ la spaventa.

Si avvia fuori dalla sala principale ed esce nel porticato, attraversando di corsa lo spiazzale; sulla gradinata che porta alla strada, trova JD, chinato in avanti ad accendere dei petardi.

«Vuoi giocare?» le domanda, sapendo che è lì senza bisogno di girarsi.
Lei sbuffa, «Sono diventata troppo grande per i petardi.»

Il ragazzo ride e, dopo aver lasciato cadere la scatola di fiammiferi che teneva in mano, finalmente si volta e le va incontro. «Lo vedo,» commenta, accarezzandole la guancia con affetto. «Allora facciamo un altro gioco,» aggiunge subito dopo, l’espressione divertita già ricomparsa sul suo viso; senza darle modo di rispondere, corre giù dalle scale, dritto verso la stradina che conduce nel bosco.

«Aspetta!» grida Madison e gli va dietro immediatamente, sapendo che non c'è nulla da temere, che nessuno lì le farà del male - sono tutti amici e lei è l’unica speranza rimasta loro.

Il sentiero è scuro e freddo e correre sulla ghiaia sbeccata non è semplice; riesce a non perdere JD di vista, però, e lo segue fino alla spiaggia, fin dentro un capanno degli attrezzi sporco e polveroso.

All’interno scopre che il ragazzo non è solo: Wakefield la fissa dall'angolo più buio e lontano. Davanti a lui, posate su un lungo tavolo, le lame di una serie di coltelli luccicano ai raggi del sole che filtrano dalle spaccature nel legno delle pareti. Madison sente il cuore battere forte in gola; il suo sguardo resta incagliato sulle lame che brillano, tanto che impiega qualche istante ad accorgersi che JD le sta tendendo una mano.

La prende esitando e si lascia poi condurre davanti al lungo tavolo. Il ragazzo le circonda le spalle con un braccio e, chinandosi al suo orecchio, «Vuoi fare un altro gioco con noi?» domanda di nuovo, la voce che è poco più di un sussurro.

Lei fissa gli occhi in quelli di Wakefield - che sono freddi come il ghiaccio ma allo stesso tempo brucianti - e annuisce, piano. Il capanno si riempie in quel medesimo istante: alle spalle di JD compaiono Henry, Abby, la zia, il nonno e tutti gli altri - tutti.

«Cosa devo fare?» chiede, lo sguardo che si abbassa di nuovo sui coltelli, quasi magneticamente attratto. La risposta, le dice una voce nella testa, è quasi ovvia.

«Ricordaci, Madison,» mormora Wakefield, dolcemente, come in una preghiera. «E fa’ in modo che anche gli altri ci ricordino.»

Si sveglia in quel momento, con la voce dell’uomo che l’accarezza e le indica la via.

Madison ha vent’anni esatti quando riesce a tornare ad Harper’s Island, vincendo le resistenze di sua madre e dimenticando la vita da futura erede della fortuna dei Wellington. Ha dovuto attendere, ha dovuto prepararsi e preparare Shea a quello che sarebbe successo - pregarla di non fermarla, all’inizio, e intimarle di lasciarla in pace, alla fine.

La vita sull’isola e l’isola stessa sembrano identiche, nonostante gli anni trascorsi, e lei si muove tra la gente locale come una normale turista. Alloggia al Candlewick, va a bere qualcosa al Cannery, visita il villaggio, fa gite nel bosco e va in spiaggia: è come tornare a casa, come riscoprire i confini di un luogo conosciuto da sempre e abbandonato per forza. Si sentirebbe in pace, se non mancasse così vistosamente qualcosa.

Di anni ne ha venti e quattro mesi, invece, quando la gente, ad Harper’s Island, ricomincia a morire.

Madison alloggia ancora al Candlewick, di giorno, ma di notte vive nei tunnel sotterranei. Sceglie le sue vittime in modo completamente casuale, studiandole a lungo e poi chiudendo gli occhi, chiedendo la sua approvazione. Solo dopo che Wakefield ha sorriso e annuito, lei agisce.

In breve, la vera storia di Harper’s Island inizia a correre di bocca in bocca e quelle che prima erano solo leggende di cui ridere diventano improvvisamente concrete e spaventose. Ci vuole poco perché gli abitanti dell’isola ricomincino a tremare di paura e a ricordare - tutti, uno dopo l’altro.

Adesso, e solo adesso, Madison è davvero in pace.

Note, parte seconda:
Credo che tutto ciò sia nato da due fattori: a) il mio amore per Madison e il fatto che la trovassi creeposa all’ennesima potenza, b) la convinzione che i sopravvissuti ad Harper’s Island non vivranno liberi da problemi. o_ò Da qui, questo potenziale “epilogo” e la scelta di rendere Madison una killer e far suicidare Abby (eh, concedetemelo, ma quel finale alla “e vissero felici e contenti” per lei e Jimmy l’ho trovato disgustoso e poco realistico >_<), perché mi sono sembrate le due che più potessero risentire di ciò che è avvenuto. E, in più, ho sempre pensato che Madison sarebbe stata un’assassina perfetta. XD

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