Nov 14, 2014 15:57
Marcus si incamminò verso la stazione dei treni con la stessa voglia che ha un condannato quando sta per essere impiccato.
Quello era uno giorno no. Avete presente quei giorni in cui ti svegli, ti guardi allo specchio e noti un piccolo dettaglio che non va sul tuo volto, qualcosa come un brufolo, o un ciuffo di capelli che non vuole rimanere al proprio posto, e il resto della giornata dipende da quello? Ecco, una cosa del genere era successa anche a Marcus.
Il nostro povero Marcus era tormentato da un microscopico particolare che avrebbe potuto sconvolgere la sua vita in maniera catastrofica. Il dubbio che lo perseguitava era così imponente che tutti gli altri pensieri erano passati in secondo piano. Infatti, l'ingenuo Marcus aveva completamente rimosso dalla propria memoria il fatto che quel giorno avrebbe dovuto consegnare l'articolo che gli avrebbe assicurato la promozione a redattore del giornale locale di Brighton.
Quel dubbio continuava ad infliggerlo ad ogni passo che lo avvicinava alla stazione. Non pensava ad altro. Non pensava al fatto che era in ritardo per prendere il solito treno delle 7.56. Non pensava al fatto che quel giorno il suo capo l'avrebbe aspettato nel suo ufficio con grandi aspettative sull' articolo dell'incidente all'aeroporto. Non avrebbe mai pensato che la sua collega Niomi, per la quale aveva una cotta da quando era stato accettato come stagista nell'ufficio, quel giorno aveva deciso di prendere quel famoso caffè che lui le aveva offerto il 3 ottobre del 2010, subito dopo averla conosciuta.
Come potete ben capire, la vita di Marcus avrebbe preso una fantastica svolta quel giorno, se non fosse stato per quel quasi fastidioso dubbio. Come poteva non pensarci? Più cercava di distrarsi, più la sua mente si bloccava su quell'unico flusso di pensieri.
Si avvicinava sempre di più alla sua meta, ma non ci fece nemmeno caso. Avrebbe potuto benissimo superare la stazione senza nemmeno accorgersene. E non siamo nemmeno certi che non l'abbia fatto per davvero.
In realtà questo dettaglio non è importante. Ciò che in realtà è importante è che Marcus alla fine quel treno non lo prese. Marcus non arrivò mai in ufficio per ricevere quella tanto desiderata promozione che si stava sudando da almeno quattro anni. Inoltre Marcus non seppe mai che Niomi era finalmente pronta ad uscire con lui, nonostante la sua quasi inquietante insistenza.
Tutto questo non accadde perché Marcus, dopo centinaia e centinaia di metri di camminata ininterrotta, d'improvviso si fermò. Si fermò in mezzo alla frenetica folla di turisti nel centro di Brighton.
Si fermò e guardò verso l'alto. Nessuno sembrò accorgersi della sua presenza.
Il suo guardo era fisso su un punto preciso del cielo. I suoi occhi si spalancarono come se avesse visto qualcosa fuori dal comune. Forse questo l'avrebbe distratto dal dubbio amletico che lo stava tormentando da tutta la mattina.
Di fatto era qualcosa di cui nessuno fino a quel momento aveva mai testimoniato la manifestazione. Si trattava di un raggio azzurro che si stava dirigendo verso la Terra; in particolare verso l'Inghilterra; in particolare verso Brighton; e se vogliamo proprio addentrarci nei dettagli si avvicinava sempre più ad alta velocità verso Marcus.
Prima che potesse accorgersene, Marcus aprì bocca e le uniche parole che ne uscirono furono: " L'ho chiuso il gas?".
Dall'altra parte dell'Europa, a Belgrado, in Serbia, Nina stava preparando la colazione per la propria famiglia, mentre i suoi genitori stavano ancora dormendo. Cercava di muoversi più silenziosamente possibile. Non aveva alcuna intenzione di svegliarli prima dell'ora prestabilita. Sapeva benissimo che suo padre era una di quelle persone a cui non va rivolta la parola di primissima mattina, nemmeno con un piccolo e innocente "buongiorno" . In più voleva evitare di avere una conversazione con loro prima della colazione. I suoi genitori non avrebbero mai capito la scelta che aveva fatto. Aveva paura che loro non l'avrebbero mai accettata, se solo avessero scoperto quello che le girava per la mente.
Dovete sapere che la famiglia di Nina era molto tradizionalista. Basta anche solo pensare a quella volta in cui, alle elezioni statali del 2008, Monika, la sorella maggiore di Nina, aveva votato per il partito democratico, da sempre ripudiato dalla famiglia. Da allora non si osa nemmeno pronunciare il suo nome durante i pranzi e le cene con i parenti più lontani.
Se vogliamo anche pensare a quella volta in cui Tanya, sorella minore di Nina, è tornata a casa dalle vacanze in Germania con un bambino in grembo. Sua madre , ovviamente, insisteva che abortisse, nonostante fosse già al sesto mese, ma Tanya preferì andarsene di casa. Sembrerebbe quasi inutile specificare che nemmeno il nome di Tanya viene menzionato durante gli interminabili pranzi di Natale.
Non lo si potrebbe nemmeno immaginare, ma Nina, in realtà aveva anche un fratello. Quello che accadde a Dimtri era chiaro a tutti. Tutta la famiglia ne era a conoscenza e nonostante ciò, nessuno pronunciò il suo nome da quando, nel lontano 1998, venne arrestato per spaccio e possesso di droga.
Nina quindi preferiva non avere discussioni con i propri genitori. E come darle torto?
Suo padre si svegliò e dopo di lui anche sua madre. Appena se ne accorse cercò di indaffararsi in tutti i modi possibili. Prima di tutto chiuse il gas, dopo aver preparato il caffè: suo padre odiava il solo pensiero di una possibile perdita di gas.
Poi si mise a riordinare la cucina, nonostante tutto fosse già in perfetto ordine. Quando i suoi genitori si avvicinarono alla cucina tutto era pronto. Era tutto perfetto. Nina intravide un piccolo sorriso sul volto di suo padre, fenomeno alquanto raro a quell'ora (in realtà ad ogni ora del giorno, ma questo è ciò che aveva riscontrato Nina dopo aver passato una settimana da sola con il padre in vacanza).
Quel sorriso durò molto poco. Questo perché il padre allungò gli occhi verso il tavolo e notò qualcosa di molto strano, diverso dal solito, e questo lo scombussolò. Quello fu il momento in cui suo padre aprì la bocca per chiedere a sua figlia, con aria molto confusa: "cos'è quella cosa?". Nina andò nel panico. Si era dimenticata un piccolo dettaglio. Un piccolissimo dettaglio. Sapeva che prima o poi l'avrebbero scoperta, ma non si aspettava che quello fosse il momento.
Nina non riusciva a respirare, e l'unica cosa che desiderava in quel momento fu che accadesse qualcosa che potesse distrarre i suoi genitori da questa sconvolgente scoperta.
Si potrebbe arrivare a dire che le sue preghiere furono ascoltate, o almeno così pensò Nina.
Una violenta luce azzurra penetrò dentro la cucina di casa Janovic. Una luce che solo Nina sembrava vedere. In quel momento Nina riprese a respirare con regolarità, si girò verso il padre e gli rispose, senza nemmeno accorgesene: "Quello è latte di soia, papà. Sono diventata vegana."
Sempre quella mattina Paloma, si stava dirigendo agli studi televisivi di Madrid per registrare l'episodio 42 della telenovela Corazòn Dorado, in cui aveva una parte da protagonista.
Era particolarmente fiera della carriera che aveva intrapreso. Aveva almeno 10 anni di esperienze di recitazione a livello nazionale: teatro, piccolo e grande schermo. Alcuni dei più grandi titoli erano presenti nel suo curriculum: Las cronicas de Zombie, Seňor Porque, la trilogia del grande regista Martinez, Dragones de Asturia, e moltissimi altri.
Non aveva mai fatto niente di umiliante e vergognoso, se non quella volta. Ma lei non ama parlare di quell 'esperienza. Era troppo umiliante per lei. Nessuno doveva venirne a conoscenza. Le sarebbe costata sia la reputazione che il suo ruolo da protagonista in Corazòn Dorado. Non voleva fare la fine di quegli attori i cui personaggi vengono uccisi senza alcun apparente motivo.
Non aveva alcuna intenzione nemmeno di finire come la sua amica Lola Mendez, che tanto amica non era, a insegnare recitazione a dei marmocchi che non capiscono nulla di arte.
Che dire? La nostra Paloma non era un tipo materno. Forse è dovuto al fatto che quando era piccola era stata ritrovata dentro il confessionale della Iglesia Santa Marìa de Campos, in una cittadella non molto lontana da Càdiz. Le uniche figure materne nella sua vita furono le suore che la crebbero. È anche grazie alle suore che Paloma oggi non crede in nessuna divinità e in nulla che non si possa spiegare scientificamente. Per quanto fosse grata alle suore, non appena ebbe compiuto 18 anni fece le valige e si trasferì a Madrid alla ricerca di una vera ispirazione. Ne aveva abbastanza di sentir parlare di Dio 24 ore su 24.
Ripensando a quello che ha vissuto, solo ora trova divertente il fatto che il primo ruolo importante che le fu assegnato fu quello di una donna che ritrova la propria fede in Dio dopo aver perso il figlio, e decide di farsi suora. Grazie a quella interpretazione, però, sono iniziate ad arrivarle richieste per film di ogni genere, per i classici del teatro e per serie televisive innovative. E quello fu lo slancio della sua carriera. Coincidenze? Chi lo sa.
Se non fosse per quel piccolo neo sulla coscienza, non dovrebbe nemmeno preoccuparsi di poter perdere l'interesse dei produttori. Quel piccolo neo che la perseguita dall'inizio della sua carriera. Aveva accettato quel ruolo solo perché era disperata e aveva bisogno di soldi per pagare l'affitto: non poteva permettersi di tornare della suore. Non l'avrebbe sopportato.
Solo ripensando a questo le venne la pelle d'oca. Aveva come il presentimento che qualcuno l'avrebbe scoperto. Forse una di quelle false sanguisughe che sono i suoi colleghi. Non riusciva a fidarsi di nessuno di loro. Era convinta che avrebbero fatto di tutto pur di mandarla via e prendere il suo posto nella telenovela.
Cercò di scacciare via questi brutti pensieri, e finalmente arrivò sul set. Ad aspettarla c'erano i sui colleghi, il regista e la troupe, e vide anche la sagoma di una persona che conosceva molto bene che stava scambiando due risate con gli attori di Corazòn Dorado.
Era Lola. Era venuta a trovarla. Paloma diventò molto sospettosa e iniziò a convincere se stessa che Lola aveva scoperto il suo segreto e che in quel momento lo stava raccontando ai suoi odiati colleghi.
Iniziò a nascere dentro lei un senso di odio e frustrazione. Iniziò ad avvicinarsi al gruppo di colleghi quando un bagliore colpì la sua retina. Era una luce azzurra. Lei amava l'azzurro. Fu così distratta dalla luce che non si accorse nemmeno di parlare :" Ragazzi lo sapete che il mio primo lavoro è stata la pubblicità di una crema contro l'herpes genitale?"
In una stradina del Queens, a New York, Rupert cercava di concludere l'"affare del secolo", come lui amava tanto definirlo. Sua madre l'aveva avvertito che quel lavoro che si era trovato gli avrebbe causato molti guai, ma lui non la stava nemmeno ad ascoltare. In realtà, non l'ascoltava mai. Non l'ascoltò nemmeno quella volta in cui lei gli aveva detto che aveva visto la sua ragazza Emma insieme ad un altro. Ma a lui non importava quello che diceva la sua povera vecchia, e fece lo stesso la proposta di matrimonio ad Emma. Se avesse ascoltato la povera Margaret, a quest'ora non dovrebbe indebitarsi per pagare gli alimenti a quell'arpia della sua ex moglie.
Una vita piena di preoccupazioni, quella di Margaret. Aveva detto a Rupert che avrebbe dovuto frequentare il college per trovarsi un lavoro dignitoso, ma lui come sempre non l'ascoltava. Preferiva invece ascoltare i Metallica e i Motorhead. Aveva persino formato una piccola tribute band dei Metallica. Lui era il batterista, ma non aveva mai preso lezioni di musica prima. A lui non serviva la tecnica. Lui suonava col cuore. Suonava talmente male che persino i componenti della band non vollero più avere a che fare con lui.
Rupert però non si scoraggiava mai. Aveva questo ottimismo che lo faceva andare avanti nonostante le brutte batoste che aveva preso durante la sua vita. E, bisogna ammetterlo, ne aveva prese davvero tante.
In quel momento, proprio mentre stava trattando di affari con dei contrabbandieri messicani, si era messo a pensare a tutte le volte in cui era stato fregato dalla vita. E quel momento fu catartico per lui dato che, per la prima volta in vita sua, dubitò di se stesso. "Sto facendo la cosa giusta?" si chiedeva. Forse questa era l'unica volta in cui aveva davvero ascoltato sua madre.
Il suo inconscio continuò a lanciargli segnali di pericolo, ma lui cercò di coprire quelle voci nel suo cervello canticchiando Nothing Else Matters dei Metallica.
Non c'è da stupirsi se i contrabbandieri iniziarono a guardarlo con aria confusa. Come potevano loro capire cosa stava accadendo al nostro Rupert? Tutto quello che interessava loro era riuscire a fare quella transazione, che era stata rimandata anche fin troppo.
Ciò che Rupert non sapeva era che El Losco, capo dei contrabbandieri, non era nemmeno messicano. In realtà nessuno dei contrabbandieri era messicano. Rupert lo dava per scontato, solo perché aveva sentito che il nome del capo era El Losco, e anche perché avevano una carnagione più scura della sua. Questo era dato dal fatto che lui era di origini scozzesi, per cui aveva la pelle molto chiara, quasi albina, e loro erano originari di San Diego. Ma non dovete condannare il povero Rupert. Per tutta la sua vita aveva dato le cose per scontate. Quindi è normale che lui pensasse che un gruppo numeroso di uomini di bassa statura che ha a capo un uomo chiamato El Losco, fosse un gruppo di contrabbandieri messicani. La cosa buffa è che non erano nemmeno contrabbandieri, ma vaglielo a spiegare tu al cocciuto Rupert.
Stava per porgere il pacco della consegna quando fu accecato da una luce azzurra che proveniva dal cielo. Il pacco gli cadde per terra, si aprì e ne uscì una confezione gigante di erba gatta. El Losco si innervosì quando vide il contenuto del pacco. "COS'E' QUESTA ROBA?" urlò a Rupert, prendendolo per il collo. Rupert era perso nell'immensità del raggio di luce azzurra e nemmeno si accorse di quello che gli succedeva intorno. Non pensò a quello che stava per dire, ma lo disse comunque. " E' quello che mi avete chiesto. Voi mi avete chiesto dell'erba. Non avete specificato quale tipo di erba."
Mads era stato sommerso dal bagliore azzurro così velocemente che non ebbe il tempo di sbattere le palpebre una seconda volta dopo un brusco risveglio.
Era come stato teletrasportato in un posto che non aveva mai visto prima. O forse ci era già stato, ma non ne aveva memoria alcuna.
Era circondato dal bianco, ma la cosa non lo turbava più di tanto poiché proveniva da un paese che nel bianco ci vive per mesi e mesi.
Provava a ricordarsi di quello che stava sognando, ma era troppo impegnato a identificare il luogo in cui si trovava per concentrarsi sul suo sogno.
All'inizio sembrava non esserci niente in quel luogo, ma pian pian che l'occhio di Mads si abituava all'ambiente, si accorse che il luogo sembrava la sala d'attesa di un ufficio di collocomento. C'era tutto quello che identifica una sala d'attesa. C'erano le sedie dove i clienti avrebbero potuto sedersi, c'era la scrivania della segretaria, c'erano persino delle riviste sui tavolini. Quello che mancava erano le persone.
La spiegazione del motivo per cui si trovava in quel posto, che Mads diede a se stesso, fu che si trovava di nuovo in un sogno e che continuava a svegliarsi e riaddormentarsi.
Notò che c'erano persino dei poster e iniziò a leggere quello che c'era scritto su uno di essi, quando la porta dietro di lui si aprì. Entrò un giovane uomo che sembrava confuso tanto quanto Mads, ma non per lo stesso motivo. Infatti, il ragazzo, non sembrava nemmeno essersi accorto di trovarsi in quella sala d'attesa. Era come se parlasse con se stesso, solo che Mads non riusciva a capire quello che diceva. L'unica parola comprensibile che trapelava da tutto quel blaterare confuso era la parola "gas", e Mads arrivò alla conclusione che quella non era la sala d'attesa di un ufficio di collocamento, ma bensì di un ospedale psichiatrico. Non poteva esserci altra spiegazione. Anche perché, ripensandoci, quella sala era un po' troppo grande per un semplice ufficio di collocamento.
La porta si aprì di nuovo ed entrò una giovane ragazza. Stava indossando un pigiama e l'idea dell'ospedale psichiatrico cominciava ad essere sempre più plausibile nella mente di Mads. Lei non diceva niente, anzi aveva la bocca serrata, anche se sembrava sotto shock, perché l'unica cosa che si poteva notare, oltre al pigiama, erano i suoi occhi. Erano spalancati. Incutevano quasi terrore. Quando lei entrò non sembrava nemmeno essersi accorta della presenza delle due figure maschili nella stanza.
Mads iniziava ad essere sempre più confuso. Non capiva come mai avrebbe dovuto sognare delle persone che non aveva mai visto in vita sua. E in più la situazione iniziava a diventare ridicola. E come se non bastasse la porta si aprì nuovamente, e da lì entrò una bellissima donna. "Ora sì che la situazione mi piace", pensò Mads. Lei non sembrava avere niente di eccentrico, e nemmeno lei borbottava nulla.
Più i minuti passavano, più a Mads sembrava che il tempo non passasse. Nessuno diceva niente. Nessuno sembrava accorgersi della presenza dell'altro. Nessuno a parte Mads, ovviamente. Non riusciva a darsi una spiegazione.
Passò molto tempo. Il silenzio regnava nella sala. Beh non proprio silenzio. C'era quella dannata parola che continuava ad essere ripetuta dal primo arrivato. Non c'è da stupirsi se Mads all'improvviso decise di alzarsi per avvicinarsi al ragazzo e pregargli di smetterla. Quando Mads era già di fronte al giovane, qualcosa di strano accadde. Dagli altoparlanti, sì c'erano anche gli altoparlanti ma Mads non sembrava essersene accorto fino a quel momento, partì una di quelle musichette che in situazioni come quella trovereste inquietanti. Avete presente quelle musichette odiose che si sentono quando ti mettono in attesa al servizio clienti di una qualsiasi azienda che ti promette assistenza telefonica, ma tutto quello che fa è farti spendere milioni in chiamate? Ecco! Si trattava di una di quelle.
La situazione cambiò perché tutti sembrarono accorgersi della situazione. E all'improvviso le due porte si aprirono all'unisono. Dalla porta dietro Mads entrò un uomo adulto, e lui non era confuso. Lui probabilmente aveva capito che stava succedendo, al contrario del povero Mads che sembrava sempre più confuso. "Da dove è sbucata quella seconda porta? C'è sempre stata? E cosa significava quel gigante "1" stampato sulla porta?"
Da quella porta, che , agli occhi di Mads, era apparsa dietro quella che sembrava essere la scrivania della segretaria, uscì un'altra donna che indossava un camice azzurro.
"L'avevo detto io che siamo in un ospedale psichiatrico" pensò Mads.
La donna prima di tutto si guardò intorno, e poi iniziò a parlare: "Bene, vedo che ci siete tutti."
Tutti allora si girarono verso di lei, con aria attonita, ma in qualche modo rassicurata.
"Ci scusiamo per il disagio, ma dovevamo mettervi da qualche parte. Temo che dovrete aspettare ancora qualche minuto".
La donna uscì dalla porta da cui era entrata lasciando nuovamente i "clienti" da soli.
Gli altri iniziarono a guardarsi intorno, come se quello fu il momento in cui si accorsero di non essere soli. Il giovane, finalmente aveva smesso di borbottare, e Mads ne fu sollevato.
"Dove siamo?" domandò Marcus agli altri ma senza riferirsi ad una persona in particolare.
"Dannazione!" esclamò Rupert, senza alcun contesto. "Stavo facendo qualcosa di importante!"
Paloma gli lanciò un'occhiataccia, come per dire "E quindi?".
"L'unica spiegazione che io ho trovato è stata che siamo tutti dentro un sogno", disse Mads.
"Come potrebbe essere un sogno? Non ho mai visto nessuno di voi prima di oggi" esclamò Paloma.
"Secondo me siamo stati rapiti dagli alieni! Oh. Lo spero! Non avete idea di quanti soldi potrei fare, se vendessi uno dei loro equipaggiamenti!" contribuì Rupert con aria sognante.
"Non dire cavolate! Gli alieni non esistono! Piuttosto, qualcuno di voi si ricorda quello che stava facendo prima di arrivare qui? Io ho le idee molto confuse al riguardo." Marcus iniziò ad analizzare la situazione, per cercare un spiegazione plausibile. I soliti giornalisti!
"Io, miei cari ragazzi, stavo concludendo l'affare del secolo. Ma poi ad un certo punto ho visto una luce azzurra, e da quel momento non ricordo più nulla." Rupert voleva dare il suo contributo a tutti i costi.
"La luce azzurra! Quella l'ho vista anche io, quando sono arrivato qui!" Disse Mads.
"Ve lo ripeto, secondo me sono gli alie..." aggiunse nuovamente Rupert, rendendosi inutile all'indagine.
"Io stavo per dirigermi verso il set della telenovela in cui sono la protagonista. E da lì non ricordo nulla. Beh, niente oltre a quella dannata luce azzurra." Paloma confermò la presenza della luce, rubando bruscamene la parola a Rupert.
"Allora quello che ci accomuna è una stupida luce azzurra? Non abbiamo nient'altro?" Marcus era scettico. Doveva esserci una spiegazione.
"Beh quello e anche il fatto che abitiamo tutti a New York!" aggiunse Rupert, rivelandosi utile all'indagine.
"Io non abito a New York, ma a Madrid!" esclamò Paloma.
"Io sono di Oslo", aggiunse Mads.
"Brighton" da come lo disse, si capì che Marcus continuava a diventare sempre più sospettoso.
Qualcosa stava sfuggendo ai clienti, ma non capivano cosa. Ce l'avevano sotto gli occhi, ma proprio non ci arrivavano. Erano troppo impegnati a dare la propria opinione che a guardarsi intorno per comprendere meglio la situazione.
Passarono un paio di minuti in silenzio. Ognuno di loro cercava di analizzare la propria esperienza con la luce azzurra.
"Ci deve essere una spiegazione!", come avrete capito ormai, Marcus era tipo da ossessione. Quando gli si presentava un dubbio o una missione, ne era ossessionato finché non trovava risposta.
I minuti continuarono a passare e come sottofondo c'era ancora quella stupida musichetta.
A Mads venne un'idea, e si sentì stupido per non averci pensato prima. Ritornò alla sua posizione iniziale, ovvero davanti alla porta. Con decisione la aprì. Almeno avrebbero scoperto dove si trovavano. Attraversò lo stipite della porta e fece due passi in avanti. La delusione si dipinse sul suo sguardo, quando, guardandosi intorno scoprì di non essersi mosso di mezzo millimetro.
"Non è scientificamente possibile" esclamò Paloma. "E' impossibile!"
"Non è impossibile! E' improbabile" Quelle furono le prime parole di Nina, da quando era arrivata nella sala.
Gli altri la guardarono come se quello fosse il primo momento in cui l'avevano notata.
"Vorresti dire che questo qui ha ragione?" domandò Paloma indicando Rupert con un gesto quasi di condiscendenza.
"Non sto dicendo che ha ragione. Tutt'altro. Sto solo dicendo che nulla è impossibile. La nostra mente non ha una conoscenza totale dell'universo. Non possiamo escludere che certe cose non possono accadere solo perché noi non ne conosciamo le origini." Spiegò Nina.
"Sono confuso. Se non sono gli alieni cos'altro potrebbe essere? Avanti, cervelloni rispondete!", Rupert era veramente confuso. E anche deluso. Ci sperava sul serio nell'esistenza degli alieni.
"Io ho una teoria." Marcus iniziò a parlare come in una delle riunioni del Giornale in cui si discutevano i casi più misteriosi. "E se fossimo sospesi nel tempo? Se fossimo stati riuniti qui perché qualcuno ha bisogno del nostro aiuto? Se partiamo dal fatto che niente è impossibile, perché non questo?" Marcus stava iniziando a delirare, e dopo le sue domande il caos iniziò a regnare nella sala.
Ognuno voleva dare la propria opinione riguardo al problema. Tutti parlavano e non si ascoltavano. La discussione era incomprensibile, come se stessero parlando tutti in lingue diverse.
Solo Nina non si era intromessa nella discussione inutile che tutti stavano avendo. Si era messa a gironzolare in giro per la sala cercando dettagli in ogni elemento presente nella sala. Tutto aveva una spiegazione. Persino la situazione assurda in cui si trovavano.
"Ve lo dico io che sono gli alieni"
"La luce azzurra cosa c'entra?"
"Non voglio più sentire parlare di alieni!"
"E' dall'inizio che ve lo dico! E' un sogno!"
"Non è un sogno!"
"Alieniiiii"
"Non vi sopporto più"
"Alieniiiii"
"Non può essere altro che un sogno!"
"Dovete accettare l'esistenza degli alieni"
"SILENZIOOO!" Nina impose la sua presenza per la prima volta da quando erano finiti in quella sala.
"Credo di aver capito cosa ci è successo. E penso proprio che non vi piacerà." Iniziò a parlare. E man mano che parlava il tono della sua voce diventava sempre più triste. Si prese del tempo per dirlo. Quel tempo le serviva non tanto per creare della suspence, ma le dava il tempo di accettare quello che stava per dire. "Mi dispiace, ma noi siamo tutti morti."
Il silenzio calò nella sala di nuovo. Questa volta la musica non risultava più fastidiosa, ma bensì inquietante. Tutti nella sala passarono le 5 fasi dell'elaborazione del lutto.
All'inizio scoppiarono tutti a ridere e a negare che questa teoria potesse minimamente essere applicabile alla loro situazione. Come potevano essere morti? Se ne sarebbero ricordati. Non è mica una di quelle piccole azioni quotidiane che ti passano per la mente, come ad esempio chiudere il gas.
Il momento della seconda fase arrivò quando Marcus iniziò a prendere a calci una delle sedie. Paloma, seduta su una sedia a gambe incrociate, continuava a far tremare una delle gambe, e provava a nascondere la sua evidente rabbia. Mads prendeva semplicemente a pugni la porta alle sue spalle, mentre Rupert bussava all'altra porta come per richiamare l'attenzione della ragazza col camice azzurro.
La terza fase fu molto breve poiché non c'era nessuno con cui contrattare. Quindi caddero tutti in depressione. Beh tutti, tranne Nina che ormai aveva avuto il tempo di accettare la notizia.
Vi chiederete come ha fatto Nina a capire che erano morti. Non è una spiegazione molto difficile in realtà. Dovete sapere che nei poster della sala, quelli che Mads stava per leggere, ma di cui si è dimenticato dopo l'arrivo dei 5 sfortunati, c'erano tutte le informazioni di cui avevano bisogno per capire ciò che gli era successo. Infatti, 5 dei poster in realtà erano dedicati alla morte di ognuno dei clienti.
Il primo era quello di Marcus, nel quale c'era scritto che quella mattina, era talmente teso per la consegna dell'articolo, che si era seriamente dimenticato di chiudere il gas, dopo essersi preparato la colazione. E mentre stava revisionando l'articolo per l'ultima volta, prima di uscire dall'appartamento, si era acceso una sigaretta per alleviare la tensione. E.. con questi elementi potete benissimo capire cosa sia successo.
Il secondo era quello di Paloma. Forse vi sarà utile sapere che il set in cui stavano girando la telenovela era all'esterno, in una delle strade più trafficate di Madrid. Paloma era talmente presa dai propri pensieri che non aveva guardato alla sua sinistra, prima di attraversare la strada e... dai c'è davvero bisogno di specificare cosa sia successo?
Di fianco a quello di Paloma c'era quello di Rupert, che ha strappato un piccolissimo sorriso a Nina. Durante la transazione, che stava avvenendo in un vicolo imboscato, al settimo piano del palazzo alle spalle di Rupert, stava avvenendo un trasloco. In quest'appartamento ci viveva una signora che aveva vinto alla lotteria dopo aver speso migliaia e migliaia di dollari in gratta e vinci. Gli addetti al trasloco avevano già quasi finito, quando, per sbaglio, uno dei due aveva confuso la finestra principale con quella sul vicolo e ci aveva posato un vaso di peonie. Quello che non sapeva l'addetto al trasloco era che il piano di quella finestra era leggermente in pendenza verso l'esterno e quindi il vaso di peonie è scivolato giù dalla finestra dritto verso il vicolo. Adesso, se il vaso fosse caduto da un secondo piano, probabilmente non avrebbe ucciso il povero Rupert, mentre stava concludendo l'affare della sua vita. Forse.
Il poster di Mads era molto più triste, a confronto con quello di Rupert. Se vi stavate chiedendo perché Mads pensava di aver già visto la sala d'attesa, ora vi sarà data spiegazione. Sono anni che Mads è in coma all'ospedale principale di Oslo. Ha avuto all'incirca 7 ricadute. Effettivamente, sono 7 le volte in cui Mads si è ritrovato in questa sala d'attesa senza sapere cosa gli fosse successo, e ricordando solo la nostra amata luce azzurra. Sul come, le 6 volte precedenti, sia riuscito a lasciare la sala d'attesa ancora non si spiega. Infatti i responsabili della sala lo detestano e ogni volta sperano che risvegli dal coma perché non vogliono più avere a che fare con lui.
E alla fine arriviamo alla nostra cara Nina, che sembrava una ragazza così innocente. In realtà, quello che premeva la coscienza di Nina era il fatto che erano almeno 6 mesi che aveva iniziato a lavorare come spia per il governo albanese, tradendo così la sua stessa patria. Non si aspettava di essere scoperta così in fretta. Infatti nel palazzo di fronte a casa sua un cecchino era pronto a spararle da un momento all'altro. E' ammirabile che il cecchino abbia scelto di spararle proprio nel momento in cui confessava ai suoi genitori di essere diventata vegana. Immaginate se avessero scoperto che era una spia per il paese rivale. Probabilmente avrebbero assunto loro un cecchino per farla fuori. E non sto dicendo che l'abbiano fatto. Anche se...
In uno dei poster invee era spiegato che la luce azzurra non era la causa delle loro morti, ma bensì una specie di sollievo, dato che, dopo anni di statistiche, gli addetti della sala hanno scoperto che l'azzurro è un colore rasserenante per circa il 98% dei visitatori della sala. Quel 2% che non pensava che l'azzurro fosse un colore rasserenante erano quelli che durane la vita erano daltonici e non pensavano che una tonalità di grigio fosse più rasserenante di un'altra. Avevano scelto di mettere quel poster come prevenzione, in caso qualcuno decidesse di fare loro causa nell'Afterlife. Non volevano che succedesse di nuovo, dopo quella volta con quell'avvocato che riuscì a convincere il giudice dell'Afterlife a ridare la vita a 10 dei suoi clienti. Era l'ultima cosa di cui avevano bisogno, dato che dopo l'invenzione dell'antibiotico tutto il sistema era caduto in crisi.
I cinque clienti avevano finalmente accettato la propria morte dopo che ognuno di essi ha letto il proprio poster.
La musica continuò a suonare finché, ad un certo punto dall'altoparlante si sentì la voce della ragazza con il camice azzurro, che annunciava: "Il treno delle 7.56 è finalmente in arrivo sul binario 1. Siete pregati di avvicinarvi."
original,
oneshot,
fiction