The power of orange knickers (seconda parte)

Jul 06, 2011 03:26


Qui per la prima parte.


Giugno 1995
“Fammi capire, Weasley,” ripeté Oliver per l’ennesima volta, massaggiandosi una spalla dolorante a causa dell’allenamento. I Puddlemore erano il suo sogno da sempre, ma i loro allentamenti erano più sfiancanti di quanto si fosse aspettato all’inizio del suo ingaggio. “Perché i tuoi genitori dovrebbero mentirti?”

Percy sbuffò e riprese a camminare su e giù per il salotto del suo appartamento: dall’ultima volta che l’aveva visto, mesi prima, era dimagrito ed aveva delle occhiaie piuttosto marcate sotto gli occhi. Gli aveva detto che il suo lavoro da assistente per Bartemius Crouch gli piaceva, anche se quell’uomo non riusciva proprio a ricordare il suo nome; ma a quel punto della storia non riusciva più a capire granché del Torneo Tremaghi e di quello che era successo al superiore di Percy.

“Non mi mentono coscientemente… Loro sono convinti che sia la verità, perché qualsiasi cosa dicano Silente e Potter per loro è vera! Ma la verità è che quei due sono paranoici! Per quanto io sia d’accordo con il fatto che Barty Crouch Jr. sia dietro a tutti gli incidenti che si sono verificati durante il Torneo dubito davvero molto che Tu-Sai-Chi sia tornato,” spiegò con fervore, non fermandosi nemmeno un attimo. “Il Ministero l’avrebbe detto se fosse così!”

Oliver arricciò le labbra e lo guardò andare e venire, andare e venire. Sapeva che non gli aveva raccontato tutto, così come sapeva che tutto quello era stata causa di più di un litigio con la sua famiglia e che, probabilmente, Percy era andato da lui proprio perché non sapeva dove altro andare. Conosceva bene quanto fosse profondo il legame del suo amico con i suoi famigliari e sapeva altrettanto bene che tutti i sacrifici che aveva fatto fino a qual momento non erano dovuti a mera ambizione personale, ma alla voglia di proteggere le persone che più amava al mondo. Era forse l’unico a sapere che Percy voleva diventare Ministro della Magia unicamente per far vivere meglio la sua famiglia.

“Hai mai pensato,” azzardò Oliver, grattandosi la nuca, “che magari è il Ministero a mentire?”

Percy si voltò verso di lui come una furia, inchiodandolo al divano. Aveva dimenticato quanta fiducia avesse in quell’istituzione; sembrava essere l’unico mago a non essersi accorto di quanto fosse corrotto e marcio dall’interno, quel suo Ministero.

“Ah, ma certo,” sbottò il ragazzo con i capelli rossi, diventando ancora più pallido. “Dimenticavo che tu hai sempre venerato Potter…”

Oliver sobbalzò sul divano e lo guardò incredulo. “Ora non fare tu il paranoico, Weasley! La mia era solo un’osservazione!”

“’Fanculo le osservazioni, Baston,” disse, voltandosi di scatto e ricominciando a camminare avanti e indietro.

Era la prima volta che lo sentiva dire una parolaccia e gli sembrò una cosa così inappropriata sulla bocca dell’altro. Ciononostante fu grato del fatto che non se ne fosse andato via di corsa, ma che fosse rimasto ancora lì, come un uccello che ha perso il senso dell’orientamento e che continua a sbattere con i muri per trovare l’uscita. Doveva essere esattamente così che si sentiva Percy e, per un momento, gli venne da sorridere all’immagine di un gufo con gli occhiali con la montatura di corno che svolazzava in tondo.

“Che hai da ridere, adesso?” gli chiese, lanciandogli l’ennesima occhiataccia.

Oliver gli sorrise paziente. “Penso che tu debba rilassarti, Perce,” disse e all’altro bastò sentire il suo nome, pronunciato con quel tono particolare, per bloccarsi e guardarlo da capo a piedi. Il collo si tinse di rosso, finché tutto il suo viso non fu colorato d’imbarazzo: amava fargli quell’effetto.

Giugno 1996
“Avevano ragione.”

“Lo so, mi dispiace.”

“Quanto sono stato stupido?”

“Un po’, ma sono i tuoi famigliari. Ti perdoneranno, se torni da loro e…”

“Non capisci? Non posso.”

“Certo che puoi.”

“No, non posso. Ho accusato Harry di essere un bugiardo ed ho voltato le spalle ai miei perché non sono stato in grado di ascoltarli. Non ho voluto, perché mi sono sempre fidato del Ministero, di quello che penso debba essere…”

“Percy, la tua idea di Ministero è… beh, è bella, ma non è reale.”

“Lo so, ma se non combatto per farla diventare vera non potrò mai tornare a casa.”

“Sei sicuro?”

“Sono sicuro. Lo faccio per loro.”

“… vorrei…”

“Cosa?”

“… che un po’ dell’amore che hai per loro… Lascia stare.”

“… Torno a casa. Ho un sacco di lavoro da fare.”

Luglio 1997
Oliver ancora non poteva credere che Silente fosse morto. Più leggeva i giornali, più si sentiva schiacciato dalla notizia. Aveva sempre pensato - come solo un bambino più pensare - che Silente sarebbe vissuto per sempre e che sarebbe sempre stato il preside di Hogwarts.

Certo, la guerra cambia tutto e morto Silente sarebbe stato difficile bilanciare le cose. Ma restava il fatto che era incredulo e sconvolto.

Avrebbe voluto vedere Percy, ma sapeva che in quel momento il caos regnava nel Ministero e che difficilmente l’amico sarebbe riuscito a liberarsi.

‘Amico’, poi. Continuavano a vedersi sporadicamente ed ogni tanto andavano a letto insieme; lui non vedeva nessun altro, perché il Quidditch lo assorbiva completamente e nessuno era come Percy. Era l’unica persona che, pur avendogli detto ripetutamente d’essere troppo fissato con il Quidditch, d’essere pesante e petulante, era rimasta sempre, nonostante il fatto che l’avesse ferito molto profondamente quand’erano a scuola. Ma soprattutto era l’unica persona le cui parole importassero davvero per Oliver; era solo per lui, solo per i suoi rimproveri, che aveva sempre sentito il bisogno d’essere un po’ diverso in sua presenza, meno ossessionato dal Quidditch, più rilassato, più come sperava sarebbe piaciuto a Percy.

Forse era ossessivo anche con lui, pensò.

Boccino, il suo piccolo gufo marrone, berciò dal trespolo. Era ormai vecchio e non riusciva più a portare la posta come una volta, ma Oliver gli era affezionato; ripensandoci era grazie a lui che aveva conosciuto Percy.

L’idea lo fece sorridere, prima di tornare a guardare il giornale, dove un toccante necrologio scritto da Elphias Doge in memoria di Silente faceva bella mostra di sé.

Marzo 1998
Oliver bussò alla porta tre volte, in modo discontinuo, poi attese qualche minuto. L’uscio si aprì e lui s’infilò velocemente nel piccolo appartamento, tirando un sospiro di sollievo. Percy lo guardò un po’ stranito, sempre più pallido e sempre più sciupato, e poi gli fece cenno di seguirlo.

“Non ho molto da offrirti a parte un tè,” gli disse, mentre lo faceva accomodare al tavolo della cucina. Oliver non si sedette.

“Mi sembri sfinito,” gli disse, avvicinandosi lentamente a lui.

“Le cose stanno precipitando talmente in fretta che non so più cosa fare,” ammise Percy, mentre faceva bollire l’acqua. “Continuo a pregare che i miei stiano bene e ad ascoltare di nascosto la trasmissione di Fred e George. Almeno so che loro stanno bene.”

“Lo so, lo immagino,” disse Oliver, guardandogli la nuca scoperta. “Vorrei poter fare qualcosa anch’io, ma… non so cosa.”

“Nemmeno io, nemmeno io.”

Lo vide stringere i pugni sul ripiano della cucina: le nocche bianche tremarono per lo sforzo o forse per il nervosismo e la paura. Oliver si accostò a lui, sfiorandogli la schiena con il petto, senza toccarlo; sentì l’altro irrigidirsi e poi rilassarsi quando si chinò a baciargli la porzione di pelle scoperta sul collo.

“Andrà tutto bene,” sussurrò nel suo orecchio. “Presto finirà, ne sono certo.”

Percy non disse nulla; preparò le due tazze di tè e poi gliene offrì una, andando a sedersi. Quando poggiò le mani sul tavolo, Oliver si accorse che non tremavano più.

Maggio 1998
Era il caos.

Oliver non sapeva più in che parte del castello si trovasse, perché c’erano solo polvere, detriti e macerie. Ad un certo punto gli sembrò di vedere Harry correre da qualche parte e lo seguì, perdendolo poco dopo.

Una confusione di volti più o meno conosciuti gli vorticava attorno, mentre lanciava incantesimi alla cieca, proteggendo i feriti, proteggendo sé stesso, cercando di avere la meglio su qualche Mangiamorte.

Quando vide i suoi professori combattere sul campo di battaglia, tra lampi verdi che volavano con semplicità assurda, ritrovò nuovo coraggio, nuova forza. Poteva essere forte come Lupin - l’aveva visto far fuori due Mangiamorte nel giro di pochi minuti - e coraggioso come la McGranitt che continuava ad andare alla carica, non importava quanto indietro la ricacciassero.

Continuò a correre a caso, finché tutto sembrò rimanere sospeso. Ora c’era gente che trasportava i feriti nella Sala Grande, l’unico posto che sembrava ancora reggere in quel delirio di macerie.

Oliver fece per andare nella stessa direzione, finché non si accorse che c’era qualcuno che chiamava aiuto. Si guardò intorno spaesato nel caos che lo circondava, e poi vide una faccia conosciuta, piegata su un corpo. Si avvicinò correndo e riconobbe Neville Paciock nel ragazzo che chiamava aiuto.

“Neville,” chiamò, inginocchiandosi a terra, davanti a lui. “Che succede? Stai bene?”

Certo era diverso dal ragazzino che aveva lasciato anni prima: non era più un bambino impacciato e quando lo guardò dritto negli occhi si accorse di quanto ciò fosse vero.

“Oliver,” disse con tono vagamente sorpreso. Oliver gli sorrise e poi abbassò lo sguardo, riconoscendo il piccolo Colin Canon.

“Cosa…?” chiese, sgomento.

“Oliver,” ripeté Neville, la voce grave e lo sguardo comprensivo. Oliver lo guardò di nuovo e strinse i denti: non erano feriti quelli che stavano trasportando nella scuola. “Mi aiuti a portarlo dentro? Da solo non ce la faccio.”

Oliver fece un unico cenno, poi aiutò Neville trasportare Colin. Rimase in silenzio a guardare davanti a sé, incapace di posare lo sguardo sul corpo che portava. Non si era accorto di nulla, non aveva realizzato che le cose stessero andando così male e che addirittura dei ragazzini potessero morire.

Una volta nella Sala Grande, adagiarono Colin lungo la fila di corpi che si estendeva lungo un muro; vagò con lo sguardo su quei visi, confuso e sopraffatto dalla paura e dallo sgomento. Poi i suoi occhi si fermarono su delle teste rosse rannicchiate tutte in un angolo. Non poteva sbagliare.

Si avvicinò lentamente, poi aumentò il passo quando vide le lacrime sul viso di Ginny. Fece per chiamare uno dei gemelli, ma qualcun altro fu più veloce di lui.

“Oliver!” esclamò Percy, accasciato a terra e tenere la mano bianca di qualcuno. Prima di realizzare che stesse piangendo, fu felice di ritrovarlo con la sua famiglia, di nuovo unito a loro; si avvicinò ancora di un passo, già pronto a sorridergli, quando vide Fred steso a terra, immobile. Sorrideva, eppure i suoi occhi erano chiusi, sigillati; allora realizzò che la mano che Percy stringeva era quella del gemello e che George era piegato in due sul corpo del fratello e le sue spalle tremavano.

“Oliver,” chiamò di nuovo l’amico, guardandolo con gli occhi rossi, il volto pallido.

Il ragazzo si avvicinò a grandi falcate e gli cinse le spalle con un braccio, stringendoselo contro il petto, mentre guardava Fred.

“È morto,” sussurrò Percy, “è colpa mia.”

“Shh,” lo zittì, chiudendo gli occhi e sentendo la gola legarsi in un nodo stretto.

“Dovevo morire io, dovevo essere io,” continuò l’altro, in un borbottio appena percettibile. Oliver scosse la testa, stringendogli la sua contro il proprio collo e sentendo le sue lacrime scorrergli lungo la pelle.

“Non dirlo nemmeno per scherzo, non dirlo mai più,” gli sussurrò in un lamento stridulo. Solo allora si accorse d’avere gli occhi umidi.

Di nuovo Agosto 1998
“Pensavi che non sarei venuto?” domandò Percy, poggiando le bottiglie di Burrobirra sul tavolo.

“Ogni tanto mi fai venire il dubbio,” sorrise Oliver, alzandosi in piedi. “Come stai?” chiese, osservandolo attentamente: ora che era tornato ad abitare con la sua famiglia, Percy era di nuovo in forma. Forse aiutava anche il fatto d’aver rifiutato un ambitissimo posto al nuovo Ministero della Magia per andare a lavorare con George ai Tiri Vispi. Ne avevano bisogno entrambi, del resto, dopo la traumatica morte di Fred.

Percy si accigliò, guardandolo male mentre si avvicinava e gli passava un braccio intorno alla vita. “Che ti viene in mente?” chiese caustico.

Oliver sospirò e lo lasciò andare, sedendosi di nuovo sul divano ed aprendo una Burrobirra. “Ti trovo bene,” gli disse.

“Lavorare con George è discretamente faticoso. Non sa tenere il registro di cassa e continua a sbagliare gli inventari. Penso che fosse il lavoro di Fred e che lui si rifiuti di farlo per questo,” sospirò, sedendosi accanto a lui, distante, ma non abbastanza.

“Per fortuna ci sei tu,” commentò distrattamente Oliver. “Lui come stai?”

“Male, ma meglio di un mese fa,” rispose asciutto l’altro, bevendo un sorso dalla bottiglia.

“E tu come stai?”

Percy gli lanciò un’occhiata obliqua. “Mi diverto a stare con George,” ammise, abbassando la testa. “Prima non mi rendevo conto di quanto mi fossero mancati i miei, ma adesso… voglio stare con loro il più possibile.”

Oliver sorrise nel vederlo così determinato e così tutto sommato sereno. Certo aveva perso un fratello, ma sembrava che la morte di Fred fosse stata un sacrificio necessario per far riavvicinare l’enorme famiglia Weasley. Fred, pensò Baston, doveva essere enormemente compiaciuto di sé, ovunque si trovasse.

“Che c’è?” chiese Percy, guardandolo da sopra i suoi occhiali con la montatura di corno.

“Penso di non avertelo mai detto,” iniziò Oliver, il cuore che iniziò a sussultare nel petto, “ma io ti -”

L’altro arrossì fino alla punta delle orecchie e si lanciò sulla sua bocca per zittirlo; faceva sempre così quando tentava di dirgli quello che sentiva. Lo guardò con gli occhi socchiusi, accorgendosi di quanto fosse rosso il suo volto, le lentiggini che quasi sparivano in quella distesa di pelle calda.

Gli poggiò una mano sulla nuca, spingendolo di più contro di sé e chiudendo gli occhi, mentre lo baciava lentamente. Percy era difficile da capire, da gestire; era tutto un gioco di interpretazioni talvolta sbagliate, ma dopo tanti anni Oliver sapeva esattamente cosa fare, come comportarsi con quel ragazzo che gli piaceva contro ogni logica, in un modo talmente assillante che lo faceva sembrare diverso quand’era con lui. Oliver Baston, che sembrava avere un unico grande amore per il Quidditch, era totalmente ossessionato da Percy Weasley.

Lo spinse indietro con una mano, sentendo il petto magro sotto le sue dita, accarezzandolo con gesti lenti, ma soprattutto adoranti. Gli baciò il collo, succhiando e leccando l’angolo morbido dove s’incontravano le clavicole e sentì Percy ansimare, insoddisfatto.

Uno che solitamente si mostrava sempre molto paziente sembrava strano che diventasse così irrequieto durante il sesso. Gli si strusciava contro, alzando in fianchi, tirandogli i vestiti, spogliandolo con urgenza; gli piaceva anche quell’apparente contraddizione, vedere la smania finalmente venire fuori da quel corpo nervoso, i muscoli magri che scattavano ogni volta per avere di più, per toccare di più, per sentire di più.

Non gli andava mai contro, Oliver, ma assecondava la sua irrequietezza; gli tolse i vestiti in fretta, spogliandosi anche lui e gli baciò ancora il collo e il petto, mentre le sue mani lo percorrevano dai fianchi fino alle gambe, risalendo su di nuovo.

Amava toccarlo quasi più di quanto amasse essere toccato.

Le mani di Percy sopra di lui erano sempre indecise e ansiose insieme, come se quella lotta interiore che c’era stata la prima volta che si erano toccati non avesse mai avuto esito, ma continuasse a perdurare in un’eterna battaglia fra desiderio e avversione.

Oliver fece scivolare le mani dietro la schiena, cingendogli la vita in modo che i loro fianchi fossero premuti gli uni contro gli altri; le loro erezioni sfregavano contro la pelle calda del ventre, in un massaggio sconclusionato, senza ritmo, delirante, ma piacevole.

Dalla vita, le sue mani scesero fino al sedere dell’altro, piccolo, magro, ma morbido; il ragazzo sotto di lui fece un mugugno insoddisfatto e Oliver gli alzò le gambe, sfregandosi contro di lui, scivolando nel solco delle natiche, quasi non avendo la pazienza di afferrare la bacchetta e lubrificarsi il membro.

Fu tutto questione di attimi, dopo quello: Oliver lo penetrò con forza, ma lentamente, aspettando che gli spasmi del corpo sotto di lui si acquietassero, trasformandosi in tremori di passione. Poi prese a muovere i fianchi con frenesia, perché la lentezza non era mai stata per loro: c’erano solo scoppi improvvisi di passione in mezzo ad una relazione altrimenti sfilacciata, incostante, senza nome.

Percy gli strinse le mani sulla schiena, premendolo contro di sé e gemendo in quel modo strano, come se stesse piagnucolando. Quei suoni davano alla testa e Oliver continuò a muoversi contro di lui, dentro di lui, finché non sentì il ventre umido e caldo e l’altro non aprì gli occhi di scatto, guardandolo travolto dall’orgasmo.

Spinse ancora, i fianchi che si muovevano frenetici e poi arrivò il piacere tanto atteso, quell’unico momento in cui avrebbe potuto liberamente gridare quanto adorasse quel ragazzo, quanto lo amasse, ma che lo rendeva incapace di formulare anche quella semplice frase di tre parole.

Rimase fermo sopra di lui, guardandolo con occhi appannati ed un mezzo sorriso sulle labbra socchiuse. Oliver si accorse solo allora che Percy aveva ancora gli occhiali addosso, leggermente storti sul naso, quasi fuori posto sulle sue guance rosse.

“Il mio gufo smarrito…” mormorò incoerente, baciandogli la fronte e scivolando fuori dal suo corpo, abbracciandolo.

Con la testa sul suo petto, sentì il corpo dell’altro tremare e poi un suono strano gli riempì le orecchie; quando alzò il viso per vedere di cosa si trattasse vide gli occhi di Percy lucidi di divertimento e la sua bocca piegata verso l’alto.

Oliver non l’aveva mai sentito ridere così tanto in tutta la sua vita.

Fine
Note finali. Un paio di appunti: 1) che Charlie, al suo settimo anno, lasci il posto di capitano della squadra di Quidditch a Olive rè scritto nel Lexicon; 2) che Percy riceva Hermes solo quando diventa Prefetto me lo sono dimenticato, va bene? Il mio subconscio voleva dimenticare l'esistenza di Crosta in tutto ciò XDD 3) due lemon. Perché? No, non sono improvvisamente diventata prop0rn, ma semplicemente avevo l'impressione che la prima lemon non fosse abbastanza. Sbagliavo e ne pago le conseguenze.
Ed ecco a voi il giudizio *___*

PRIMA CLASSIFICATA:
Chu - The power of orange knickers

Proprietà linguistica e stile: 14/15

Io adesso vengo lì e ti tiro le orecchie. Va bene che l'hai finita un po' all'ultimo, e che probabilmente l'hai riletta meno di quello che avresti voluto. Ma in uno stile così, praticamente senza una virgola fuori posto, con un linguaggio sempre preciso ed adeguato, con una sola ripetizione in sedici pagine, e un solo periodo un po' confuso, mi hai costretto ad abbassarti questo parametro con una serie di sviste che avresti corretto subito, con una rilettura fatta bene. "Oliver si sedette di slanciò", "ma non come meno entusiasmo", "perché mi avevi rispose in quel modo", "perché i tuoi genitore dovrebbero mentirti", "la prima volta che si erano toccati insieme". Complessivamente non alterano l'ottima qualità dello stile di questa fic, che è sempre fresco, scorrevole ed adatto alle età relative dei personaggi. Però, insieme appunto ad uno o due periodi un po' pasticciati e ad un paio di verbi stiracchiati ti hanno fatto fuori un punto che, ripeto, rileggendo una volta in più ti saresti assolutamente meritata. Sostanzialmente lo stile è ottimo, devi solo... rileggere.

Coerenza dei personaggi: 14,5/15

Hai costruito degli ottimi personaggi, ben caratterizzati nella fic, ben al di là degli stereotipi su di loro; sono vividi, interessanti e conflittuali, e sostengono da soli tutta la scansione della storia. Sono anche ben valorizzati: Percy ed Oliver, ed in maniera minore Charlie, sono senza dubbio il motore della fic.
Oliver: (10/10) L'ho trovato adorabile; è coerente con il canon e molto tenero a suo modo, e quello che mi è piaciuto di più è come si evolve attraverso gli anni il suo modo di pensare e di vedere, da quello del ragazzino a quello dell'adulto; in particolare mi è piaciuta anche moltissimo la bugia che dice a Percy quando litigano, lo rende più reale. Una piccola meschinità detta per ferire, e poi dimenticata, che approfondisce il personaggio e lo rende davvero tridimensionale.
Percy: (10/10) Eppure Percy mi è piaciuto persino di più. Partendo da un personaggio che nel canon non mi è particolarmente simpatico, avresti dovuto faticare di più per farmelo apprezzare; eppure non è stato così, anzi. L'ho trovato molto ben costruito, molto dolce in certi dettagli che forse sono nella mente di Oliver, ma forse no. E' un personaggio che fugge, dal crollo delle sue certezze, dai confronti, dalle parole di Oliver; ma si vede sempre dietro quel che lo muove, con una precisione che spinge a simpatizzare con lui per le stesse cose che nel canon lo rendono antipatico, a volte. Veramente bello.
Charlie: (9/10) Per certe cose mi è piaciuto da impazzire anche Charlie, questa sorta di punto di contatto tra Oliver e Percy. Sembra quasi, all'inizio, che abbiano bisogno della sua presenza o di parlare di lui per comunicare; e quando è in scena dà l'idea di un personaggio molto simpatico, un fratello maggiore esemplare. Quel che mi ha perplessa un attimo è la decisione di lasciare la squadra in mano ad Oliver; non ne vedo il motivo, e proprio per come l'hai dipinto all'inizio, mi sembra strano che di colpo voglia rinunciare al Quidditch, nonostante la spiegazione legata ai MAGO che si avvicinano. Mi sono chiesta se ci fosse un motivo sottinteso che non ho visto; per quanto sia adorabile la scena che ne consegue e la reazione di Oliver nel particolare, non ho capito il perché di questa scelta che ho trovato strana.
(9/10) Mi è piaciuto il cammeo di Neville; è un momento molto veloce che si riallaccia bene al canon, eppure hai avuto la cura di sottolineare i suoi cambiamenti agli occhi di Oliver. E' stato piacevole notare l'attenzione anche a dettagli così piccoli. L'unica cosa che toglie un po' alla voce "comparse" è la "sindrome dei compagni invisibili": dal punto di vista del realismo è curioso che non vengano mai nominati e non siano mai presenti i compagni di dormitorio di Oliver e Percy, quando molte scene si svolgono in dormitorio. Ma è un dettaglio.

Credibilità della coppia: 15/15

In questo caso questo parametro va di pari passo a quello della trama; in fondo, la storia è quella della nascita di questa coppia, e dell'evoluzione del rapporto attraverso lo sviluppo dei personaggi. E quindi ti rimando per la maggior parte del commento al giudizio sulla trama, qui sotto. In particolare, però, mi sono piaciute veramente molto le dinamiche del rapporto tra Oliver e Percy: mi ha affascinato come non cambino drasticamente dal primo incontro alla fine, ma come si evolvano coerentemente rimanendo simili a loro stesse; Oliver è sempre attratto al di là di ogni logica di carattere da Percy, sempre intento a punzecchiarlo in cerca di una sua reazione, sempre fedele in qualche modo a quel rapporto; Percy rimane sfuggente, dà confidenza ma non si allarga, teme il rapporto di amicizia, e anche quello più fisico successivo, ma si apre pian piano. Mi è piaciuto moltissimo il dettaglio di Percy che si nasconde quasi dal rapporto, che impedisce anche fisicamente ad Oliver di dirgli quelle fatidiche parole, fino alla fine. Hai dipinto un rapporto molto complesso e anche molto imperfetto, fatto di tensioni, scontri, paranoie e decisioni avventate; ma proprio per questo assolutamente bello e credibile.

Trama e svolgimento: 15/15

Questa storia mi ha conquistato. Hai raccontato la nascita e l'evoluzione di un rapporto complicato, e per nulla idilliaco, attraverso tutta una serie di scorci sulla vita dei personaggi che richiamano praticamente tutti gli elementi che il canon ci dà su di loro; ogni pezzetto si incastra alla perfezione tra gli eventi che già conosciamo, e di fatto ci racconta una storia che potrebbe benissimo essere tra le righe dei libri. I personaggi e la loro crescita la fanno da padrona, e sono il motore delle situazioni che si creano man mano; questo favorisce moltissimo l'introspezione, e fondamentalmente il focus dell'azione rimane sempre su di loro, sul loro modo di rapportarsi e di crescere. Mi sono piaciuti particolarmente i discorsi di Percy; trovo assolutamente credibili i suoi modi di fare e le sue considerazioni, e mi piace come in qualche modo il bello e il cattivo tempo della storia lo faccia lui, con il suo carattere peculiare.
L'unico errore, così secondario ai fini della trama che non mi sento di penalizzarlo, è nella parte iniziale, nell'incontro sul treno: Percy dice che non permette ad Hermes di allontanarsi; ma Percy riceve Hermes in regalo quando diventa Prefetto, al quinto anno. Ha un animale, il primo anno ad Hogwarts, ma non Hermes: è il topo Crosta, che passerà a Ron cinque anni dopo.

Qualità della lemon: 9,5/10

Qui mi si vizia, addirittura due lemon! Ho trovato la prima scena d'amore di una dolcezza incredibile, e me ne sono innamorata. E' una cosa da ragazzini, molto adatta a loro, un momento rapido e confusionario e dannatamente caldo. Io devo ammettere di avere un debole per le lemon non convenzionali (leggi: senza penetrazione) e anzi, personalmente, preferisco leggere questo sfregarsi confuso e veloce piuttosto che qualcosa di più comune; insomma, ho preferito decisamente la prima lemon rispetto alla seconda. Non c'è nulla che non vada, in nessuna delle due. Il linguaggio è appropriato, le immagini sono realistiche e personali, prive di quelle banalità che rovinano una buona lemon. Ad andare proprio a cercare dove farti un appunto, a livello di dinamiche la prima lemon rende un po' di più della seconda; è più adatta ai personaggi e più calda della seconda, che ha forse un po' il ritmo della "classica" lemon da fine fic. Ma è proprio un dettaglio.

Utilizzo del prompt: 5/5

Usato benissimo. Mi piace il duplice uso del prompt; quello più evidente, nella prima parte, con l'inizio dell'amicizia dovuto proprio al gufo smarrito; e quello alla fine, dove è Percy a diventare quel gufo, in una maniera molto dolce. Se tu avessi usato solo l'una o l'altra interpretazione non saresti arrivata al punteggio pieno, in questo parametro; ma adoro assolutamente quando un prompt acquista un significato sia letterale che simbolico, e la combinazione dei due usi, insieme al bell'effetto da "ring composition" che crea ti hanno garantito il massimo.

Gradimento personale: 5/5

E' uno dei tuoi lavori migliori, probabilmente. Potrebbe essere facilmente una fonte di propaganda per la ship, perché questa storia conquista, è credibile e fresca, e rappresenta benissimo i personaggi e la loro evoluzione. Una di quelle storie che alla fine restano nel canon mentale di chi le legge, e che mi fanno l'effetto di dire "sì, è così, è andata così". Mi è piaciuta moltissimo, e credo che tu possa esserne fiera, davvero.

TOTALE: 78/80

E ho vinto anche altri due bannerini per i premi speciali *___*



Premio sexy: per la scena nel bagno dei Prefetti.



Premio persinaggio: per la meravigliosa caratterizzazione di Percy.

one-shot, contest, harry potter

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