Il ragazzo venuto dal nulla

Dec 03, 2010 15:17


Titolo: Il ragazzo venuto dal nulla
Personaggi: Gellert Grindelwald, Regulus Black (nominato Adolf Hitler)
Pairing: Gellert/Regulus
Prompt: "rapporto mentore/pupillo" da qui, voluto da miki_tr.
Rating: NC17
Avvisi: AU, vagamente D/s, lemon, one-shot, possibile OOC, slash. Attenzione! Grossa differenza d'età fra i due personaggi (Regulus, comunque, è maggiorenne e vaccinato ^^). Se la cosa vi disturba, cliccate la "x" rossa in alto a destra e amici come prima.
Parole: 2.876 (contatore)
Riassunto: Nella neonata Germania nazista arriva dal nulla un ragazzo apparentemente senza memoria, senza passato; con sé ha solo tre cose: il suo nome, la sua magia ed una manetina smussata.
Note: la fanfic deve la sua nascita alla storia di Kaspar Hauser, storia che mi ha sempre affinata tantissimo per tutto il mistero che la avvolge.
Troverete ulteriori note a fine storia, per il momento è tutto ^^
Dedica: per il compleanno della mia meravigliosa sorellina wolfstarica, miki_tr. Ti auguro di passare una giornata splendida e di ricevere un sacco di meravigliosi regali. Grazie per sopportare le mie bastardate, per avere sempre mille meravigliose idee e... Non sparirmi più, sorellina, ché senza di te sono persa!
Disclaimer: I personaggi appartengono a J.K. Rowling; i personaggi storici appertengono a sé stessi. Questa storia è frutto di fantasia e nient'altro che questo.


Germania, 1935

Regulus Black era arrivato pressoché dal nulla, un giorno freddo d’autunno. I suoi vestiti erano di foggia ricca e ricercata, ma erano lisi e strappati in più punti; barcollava, camminando quasi a fatica lungo una strada deserta, ed i suoi piedi erano nudi, sporchi e pieni di vescicole che dovevano fare molto male. Ma c’era qualcosa che si irradiava da lui: la magia scaturiva dal suo corpo senza che lui se ne rendesse conto.

Cosa ci facesse un ragazzino inglese di diciotto anni nella neonata Germania nazista era una domanda che era sorta spontanea nella mente di Gellert non appena lo aveva visto, sbirciando in quel vicolo, richiamato dalla magia. Ma quando aveva scoperto che era un mago purosangue le domande si erano centuplicate.

Regulus però non era in grado di rispondere: aveva perso la memoria e tutto ciò che aveva con sé della sua vita precedente erano il suo nome e una moneta che sembrava di bronzo, ma era smussata sugli angoli e le immagini che dovevano decorare le due facce erano troppo consumate per essere decifrabili.

Regulus non parlava il tedesco ed era stata una vera fortuna che fosse stato proprio lui a trovarlo e non qualcun altro. Gellert lo aveva praticamente raccolto come si farebbe con un gattino abbandonato in uno scatolone di carta; lo aveva lavato, riscaldato e vestito con abiti babbani, decisamente più appropriati per la sua posizione. Lo aveva confortato, perché il ragazzino si guardava intorno con espressione smarrita e gli occhi pieni di curiosità e confusione; più in profondità Gellert vedeva anche un vago terrore, come se avesse dimenticato di cosa aveva avuto paura.

Ma Grindelwald non era uno stupido; c’erano molti ostacoli lungo il suo percorso di gloria e potere, e Regulus poteva essere uno di quelli. Investigò sulla famiglia Black, scoprendo che esisteva effettivamente un Regulus Black, ma aveva quasi trent’anni e sicuramente non si trattava dello stesso Regulus che aveva accolto in casa. Fargli bere del Veritaserum non fu difficile, ma piuttosto fu inutile, perché il giovane Black aveva realmente dimenticato il suo passato. Per sua fortuna ricordava la magia e la praticava con naturale bravura; era un mago capace e l’idea di avere un giovane sottoposto con quel tipo di abilità non dispiaceva a Gellert.

Regulus, dopo le prime settimane di assestamento, riuscì ad ambientarsi con facilità, cercando di essere il più utile possibile a quello che considerava a tutti gli effetti il suo benefattore. Non c’era servilismo nei suoi modi di fare, ma voglia di apprendere quanto più poteva da Gellert, e quell’intelligenza vivace, quella curiosità acuta quasi strinse il cuore a Grindelwald, ricordandogli due giovani maghi di tanti anni prima.

Certo, Regulus non era Albus e gli errori sono maestri d’esperienza, pertanto Gellert non lasciava che il giovane sapesse troppo dei suoi progetti futuri, limitandosi a dargli una parte della sua conoscenza, divertendosi a vedere le sue capacità crescere di giorno in giorno. Non voleva più condividere con qualcuno i suoi sogni, piuttosto voleva che Regulus gli restasse accanto come un sottoposto fedele; c’erano momenti, seppur brevi, in cui riusciva quasi a considerarlo con affetto paterno, ma il ragazzo scansava via quelle attenzioni troppo famigliari, mostrandosi più propenso ad essere suo subalterno che suo ‘figlio’.

Eppure era nelle carte, quando Grindelwald era riuscito, senza troppe difficoltà, a far risultare Regulus come figlio adottivo.

La mossa non era piaciuta al giovane inglese, ma quando gli fu chiaro che in quel modo avevano un legame, non disse più una parola di protesta, limitandosi a svolgere i suoi compiti con serietà.

Gellert riconosceva quel tipo di determinazione, quella solennità: Regulus dava sempre il massimo, sapendo di essere bravo, ma non abusando di quel potere con l’arroganza. Con gli altri era freddo, altero, ma in sua presenza si scioglieva in un atteggiamento remissivo, senza neppure rendersene conto; cosa lo attraeva?

Il potere? La conoscenza?

Gellert lo controllava con la Legilimanzia, dapprima mentre il ragazzo dormiva, entrando nei suoi sogni e scoprendo grotte buie, corridoio tetri ed una moneta dalla strana foggia con passava nelle mani di due bambini. I sogni di Regulus erano sempre angoscianti, pregni di una nostalgia quasi atavica; ma erano anche pressoché incomprensibili e quella moneta dai contorni sbiaditi, che l’inglese custodiva ancora gelosamente nella tasca della camicia e che stringeva quando si coricava per dormire, era forse il fulcro di tutto. Ma una mente che non vuole ricordare non si apre con nessuna chiave.

Nei ricordi di Regulus la moneta era andata persa insieme a tutta la sua vita precedente, ma nella realtà era ancora lì, stretta nel suo pugno, come un talismano, un simbolo.

Non trovando nulla nei suoi sogni, Gellert non aveva esitato ad applicare la Legilimanzia sul ragazzo sveglio; la cosa che più lo sconcertò fu la facilità con cui la sua mente gli si apriva, come se non avesse nulla da nascondere, forse per dimostrargli esattamente quello. Sospettoso, Grindelwald non aveva mai smesso quelle sessioni di lettura della mente, ma più il tempo passava, più si convinceva che l’ammirazione di Regulus era autentica e che quella sorta di attrazione ossessiva lo rendeva schiavo del suo benefattore.

Da quando l’aveva trovato, sconvolto e confuso in quella strada deserta, era passato un anno; Gellert lo osservò mentre entrava, chiudeva la porta alle sue spalle e lo salutava formalmente. Lo aveva trasformato in un bravo soldatino ben educato e questo lo riempiva di orgoglio e soddisfazione ogni volta che lo vedeva.

“Signore,” disse, attirando la sua attenzione; aveva lo sguardo fisso oltre le sue spalle, e la rigida postura militare, unita alla divisa che indossava, lo faceva sembrare più gelido di quel che in realtà era.

“Puoi rilassarti, Regulus. Ci siamo solo io e te.”

Come previsto quelle parole ebbero l’effetto di far sciogliere il ragazzo in una posa più distesa. “Signore, ho dei documenti da parte del Führer che dovrebbe vedere,” proseguì, dopo aver incollato gli occhi al pavimento.

“Lasciali pure sulla scrivania del mio studio.”

“L’ho già fatto, signore.”

Non lo sorprendeva più l’efficienza del ragazzo, ormai; gli fece un cenno di approvazione, ma quando lo vide tentennare gli sorrise incoraggiante. “Cosa c’è, Regulus?”

Il giovane Black sollevò la testa, guardandolo con quel misto di ammirazione e desiderio; poteva quasi vedere le mani che venivano torte e ritorte dietro la sua schiena. “Signore, non… La nostra seduta di Legilimanzia?”

“Oh, quello. Non è più necessario, Kleiner König¹,” disse, incrociando le dita ed aspettando la sua reazione.

Regulus lo guardò stranito e sorpreso, ma fu per poco; nei suoi occhi, nel fondo dei quali Gellert vedeva ancora una paura che non riusciva a trovare spiegazione, si accese per un momento una piccola scintilla di soddisfazione. Anche quella si spense subito. “Vuol dire che ora si fida di me?”

“Vuol dire che non ho più motivo di dubitare di te.”

Vide l’espressione del ragazzo diventare rigida di delusione; poi le sue labbra si piegarono in un sorriso amaro. “Lei non si fida di nessuno, vero?”

Gellert rise, sistemandosi meglio sulla sua poltrona; di fronte a lui ce n’era una identica, ma Regulus non vi si era mai accomodato. Mai, nemmeno all’inizio, nemmeno quando aveva bisogno di calore e rassicurazioni; Grindelwald aveva smesso di chiedersi perché da tempo.

“Vedi, Regulus, la fiducia è qualcosa che viene fin troppo facilmente tradita.”

“È per questo che mi controllano,” annuì il ragazzo ed il mago più anziano non fu per niente sorpreso dal fatto che se ne fosse accorto; le spie che il Reich gli aveva messo alle calcagna erano state molto goffe e fin troppo visibili. Ma anche se non lo fossero state, Regulus era un ragazzo sveglio - aveva imparato a parlare in un tedesco ineccepibile in un tempo incredibilmente breve -, fin troppo sagace: si sarebbe accorto che lo controllavano anche con le migliori misure precauzionali.

“Hai avuto fortuna, quel giorno, che sia stato io a trovarti.”

“Non faccio che ricordarlo, signore,” disse prontamente, ma l’ombra della delusione aleggiava ancora sul suo viso.

“Vieni qui, Regulus. Siediti di fronte a me,” gli ordinò, sapendo che davanti ad un comando diretto non si sarebbe tirato indietro. Quando si fu accomodato - sedendosi rigidamente, come se fosse pronto a scattare in piedi da un momento all’altro, le mani strette sulle ginocchia incollate insieme - Gellert lo osservò per qualche attimo, prima di riprendere a parlare. “Sai perché ti ho tenuto con me?”

Regulus lo guardò vagamente terrorizzato, ma scosse la testa con decisione.

“Sei un mago, ma più di tutto sei un mago capace. Sei intelligente e sveglio, ma soprattutto sai essere un perfetto subordinato.”

Il ragazzo strinse i pugni, facendo diventare le nocche delle dita bianche. “Sono una buona pedina…”

“No, Hitler è una pedina. Tu sei qualcuno su cui posso contare, Regulus. Non sminuirti in questo modo; sei più intelligente di così,” lo ammonì Gellert, guardandolo con severità.

Regulus si morse il labbro inferiore, ammutolendo. Rimasero in silenzio per diversi attimi, il più giovane perso nelle proprie riflessioni, il più grande ad osservarlo con interesse, come se si fosse trovato davanti ad un puzzle. E a Gellert piacevano i puzzle.

“Non posso essere altro che un subordinato per lei, signore,” disse infine l’inglese, in un sussurro. “Ne sono stato consapevole sin dall’inizio. Nonostante ci sia un certificato che mi attesta come suo figlio adottivo, lei per me non sarà mai un padre. Ed io, certo… Io non sarò mai suo figlio.”

“Regulus…”

“Mi lasci finire, signore. Per favore,” pregò e quella, osservò Gellert, era la prima volta che Regulus gli chiedeva qualcosa. Aveva sempre preso e ringraziato per tutto quello che gli aveva dato, ma non aveva mai chiesto nulla. Nulla.

Aspettò di ricevere un cenno d’assenso, prima di proseguire.

“Le sono grato per tutto quello che mi ha dato, per avermi accettato in casa sua, per essersi esposto per me. Ma non voglio essere suo figlio. Preferisco la parte che mi ha assegnato… Essere suo subordinato. Se posso esserle utile in qualsiasi cosa lei stia progettando, signore, voglio farlo.”

Gellert rimase in silenzio a guardare l’altro, studiando il disagio che tentava di mascherare con disinvoltura. Gli sorrise quando i loro sguardi s’incrociarono. “Lo so, Regulus. So tutto.”

“Lo so. Ma dirlo è diverso che lasciarglielo leggere nella mia mente…”

“Questo è vero,” concesse il tedesco, annuendo. “C’è qualcos’altro che vuoi dirmi?”

Regulus prese un respiro, poi serrò le labbra in una fessura stretta; quando le aprì di nuovo erano rosse e gonfie, mentre il viso si faceva ancora più pallido. “Chi… Chi è ‘Albus’?”

Gellert, per la prima volta, venne colto di sorpresa. “Come?”

Il ragazzo abbassò il capo, arrossendo violentemente; le mani si serrarono attorno alle ginocchia, disperate. “Non volevo spiarla, ma una mattina lei non si era ancora alzato, così sono venuto a chiamarla. Ed ho sentito che pronunciava quel nome,” la voce di Regulus era incredibilmente ansiosa. Non aveva avuto quel tono nemmeno quando aveva cercato di capire dove fosse, cosa gli fosse capitato; nemmeno quando gli incubi lo tormentavano.

Guardandolo attentamente, Gellert si rese conto che Regulus aveva paura, anche se non riusciva a capire di cosa.

“Non volevo farla arrabbiare con una domanda indiscreta, signore,” si giustificò il ragazzo, facendo per alzarsi. “La prego di perdonare la mia maleducazione.”

“Non importa,” lo zittì con un’occhiata, facendogli cenno di restare dov’era. “La tua domanda mi ha sorpreso, ma non sono arrabbiato. Probabilmente, Regulus, incontrerai Albus prima o poi… Servirai lui come hai servito finora me?”

Gellert non poteva saperlo, ma Regulus vide la sua aria sognante; lo sguardo che, solo per un attimo, si perdeva oltre quella stanza, vedendo paesaggi che forse il ragazzo inglese avrebbe riconosciuto; per un momento le labbra del tedesco si erano ammorbidite attorno a quel nome.

Ma Gellert vide invece la delusione affacciarsi di nuovo sul viso imbronciato del suo pupillo; vide di nuovo i denti affondare nelle labbra morbide.

“Tutto questo… tutto quello che sta facendo è per lui?”

“È per noi,” lo corresse; poi si alzò e si avvicinò al ragazzo che continuava a mordersi le labbra come se avesse voluto mangiarle. Gli posò una mano fra i capelli, lasciandola poi scivolare lungo la linea morbida della guancia, fino ad arrivare al mento; gli sollevò il capo, guardandolo con un sorriso lusinghiero. “Qualcosa potrà essere anche per te, Kleiner König, se mi resterai fedele.”

Regulus non avrebbe rifiutato. Non poteva. Aveva lo sguardo troppo disperato per riuscire a lasciare quella mano che gli carezzava la guancia. Con gli occhi appena più lucidi del solito, si voltò lentamente e baciò il palmo della mano che gli sosteneva il capo.

“Non dubitate di me, signore.”

Gellert gli sorrise. “Bravo, Regulus. Molto bravo,” lo blandì, mentre cedeva alla tentazione di accarezzargli le labbra rosse con il pollice.

Il ragazzo le schiuse con docilità, chiudendo invece gli occhi con palpebre tremanti. Non c’era davvero bisogno che gli dicesse cosa voleva, perché il desiderio di Regulus era qualcosa di così chiaro in ogni suo gesto, in ogni suo sguardo, in ogni sua parola, che solo uno sciocco non avrebbe capito.

E Gellert sicuramente non era uno sciocco.

“Forse,” disse allora, in tono carezzevole, mentre afferrava il mento affilato del ragazzo, facendogli scivolare il pollice sul labbro inferiore, “posso darti già qualcosa?”

Regulus lo guardò con occhi languidi, poi arrossì lievemente, tentando di abbassare il capo, ma la presa di Gellert era decisa e non gli permise di farlo.

“Signore…” lo pregò, serrando le palpebre. “Non -”

Il mago più anziano fece scivolare la dita lungo il collo del giovane, avvertendone il brivido. “Alzati, Regulus.”

Senza nemmeno tentare di obiettare, l’inglese si alzò dalla poltrona, lentamente; una volta in piedi davanti a lui assunse una posa rigida, da perfetto soldato, e Gellert sorrise davanti a quell’atteggiamento così teso.

“Non c’è bisogno d’essere nervosi, Kleiner König,” gli disse, carezzandogli i capelli neri come la pece; erano morbidi, ma terribilmente ingarbugliati in nodi inestricabili. “Lasciati guidare.”

Regulus annuì, socchiudendo gli occhi e lasciando uscire dalle labbra rosse un sospiro; il tedesco lo avvicinò a sé, iniziando a togliergli lentamente pezzi della sua uniforme nazista ed intanto baciandogli il collo, con leggeri tocchi delle labbra. La pelle di Regulus era bianchissima ed aveva un odore che gli ricordava l’Inghilterra, la pioggia e le strade umide.

Quando il ragazzo fu completamente nudo, Gellert fece un passo indietro, osservando la fresca bellezza del suo corpo, ma, soprattutto, l’imbarazzo e l’eccitazione che arrossavano la sua pelle.

“Vieni,” gli ordinò dolcemente, prendendogli un braccio e tirandolo verso di sé. Regulus si avvicinò, obbedientemente, lasciando che l’altro uomo gli facesse posizionare le mani sopra la cornice dell’alto camino, sistemandosi dietro di lui.

Gellert fece scivolare le sue dita lungo gli avambracci, sui muscoli delle braccia, poi sul petto e sul ventre; gli afferrò i fianchi e li tirò indietro leggermente, con gentilezza e decisione. Sentì Regulus lasciarsi sfuggire un mugolio d’approvazione quando le sue natiche si posarono contro la stoffa tesa dei suoi pantaloni; sorrise ammaliato da quella reazione e si poggiò sulla schiena arcuata del ragazzo.

“Ora, Kleiner König, tieni le gambe unite,” gli sussurrò, avvertendo subito il corpo sotto di lui rispondere con un altro brivido a quel soffio. Baciandogli la base del collo, si abbassò i pantaloni e scivolò lentamente fra le cosce morbide di Regulus, allo stesso tempo prendendogli l’eccitazione in una mano e cominciando a masturbarlo.

“Signore…” chiamò il ragazzo, eccitato e sorpreso, mentre si spingeva verso di lui, facilitandogli i movimenti. Gellert riprese a baciargli le spalle, affogando in quell’odore così diverso dai suoi ricordi di tanti anni prima, eppure così affini; chiuse gli occhi, dimenticandosi solo per un momento del tempo e dello spazio intorno a lui, ricordando brevi momenti di un’estate rubata.

“Signore…” pregò Regulus, spingendo spasmodicamente i fianchi in avanti, verso la sua mano che continuava a toccarlo con lentezza esasperante. Allora riaprì gli occhi, osservando la schiena pallida del giovane e riprendendo le sue amministrazioni con più attenzione, aumentando il ritmo della sua mano ed anche delle sue spinte.

Gli ansimi dell’inglese si trasformarono velocemente in piccoli gemiti estatici e deliziosi, e quando il ragazzo raggiunse l’orgasmo sentì il suo corpo tremare, squagliandosi quasi come burro sotto le sue mani. Lo trattenne per i fianchi, continuando a scivolare fra la pelle calda e accogliente delle sue cosce strette, lasciando che l’altro voltasse leggermente il capo per guardarlo, oltre la frangia scura, con occhi affilati, sazi e riverenti.

Gli sorrise ed un momento dopo, stringendo la mani attorno al corpo ancora tremante del giovane, Gellert venne con un lungo sospiro soddisfatto.

Appoggiò il petto ancora vestito sulla schiena nuda di Regulus, riprendendo fiato e godendosi ancora per un momento la meravigliosa sensazione di mollezza che l’aveva investito. La mano timida dell’inglese, allora, gli scivolò lungo il viso e poi fra i capelli soffici.

“Mio signore…” mormorò in un sospiro soffice e Gellert non resistette a baciargli le labbra, ancora rosse, morbide come le sue gambe. Con un sorriso riconoscente e molle, come non l’aveva mai visto su quella bocca sempre imbronciata, sempre rigida, Regulus si lasciò cadere a terra, inginocchiandosi davanti al camino e guardando le braci che si spegnevano lentamente.

“Ora, Kleiner König, è ora di andare a dormire,” disse il tedesco, risistemandosi le vesti con noncuranza. Poi, guardando il giovane ancora imbambolato ai suoi piedi, si chinò e, afferrandogli il collo in una carezza, gli fece alzare il viso. “Dormi, Regulus,” sussurrò, baciandogli la porzione di pelle tenera all’incrocio delle clavicole.

“Sì, signore,” rispose l’inglese, di nuovo sé stesso, di nuovo il piccolo e bravo soldatino di sempre.

Gellert sorrise di nuovo, ancora una volta orgoglioso della sua creatura.

Qualche mese dopo, così com’era venuto, Regulus Black sparì nel nulla, lasciando dietro di sé solo la misteriosa moneta smunta con cui era arrivato.

Fine

¹ "Piccolo Re" in tedesco (mi aspetto che tutti voi sappiate bene che "Regulus" vuol dire proprio "piccolo re"... Altrimenti che ci fate qui, voi non-ossessionati da R.A.B.? XD). Ecco a cosa serve il corso che sto seguendo XD
² La convinzione di Gellert che tutto quello che sta facendo sia anche per Albus viene da Sogni crudeli di miki_tr.
³ La monetina smussata di Regulus è esattamente uguale a questa.
Bene... Io vi ho fornito degli elementi piuttosto chiari per darvi un'idea della provenienza di Regulus. Voi avete capito?
Infine: il rapporto tra Gellert e Regulus, nella mia testa, è molto simile quelli che si usavano nell'antica Grecia, con tutte le implicazioni del caso (il rapporto intercrurale - ovvero, senza penetrazione - veniva usato anche all'epoca, ma l'inserimento del "kink" nella storia non nasce da lì, ma piuttosto da una conversazione avuta con Miki qualche settimana fa XD). Non un mero atto sessuale, quindi, ma un momento educativo nella vita del ragazzo. Così ho inteso il rapporto "mentore/pupillo" XD
Detto ciò, vado a seppellirmi da qualche parte, sperando che nessuno si senta turbato da tutto ciò e che alla festeggiata sia piaciuto il regalo ♥

one-shot, challenge: slut meme, harry potter

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