Tu ce l'hai con me

Jul 06, 2010 23:51


Titolo: Tu ce l'hai con me
Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black
Pair: Wolfstar, che domande!
Rating: PG13
Parole: 3.146 (Word)
Avvertimenti: slash, PWP-senza-p0rn, citazioni non autorizzate, tentivi di comicità, epoca dei Malandrini ♥
Note: questa storia nasce grazie/per colpa di due persone, ovvero il Tessoro e la mia amica Claudia (che non leggerà mai questa storia, ma meglio così XD si spaventerebbe!). La prima perché... beh, siamo due paranoiche ed abbiamo la malata tendenza a chiederci quasi ogni giorno "ma ce l'hai con me? ç_ç". La seconda perché un giorno di dicembre, durante una lezione, ha iniziato a battibeccare scherzosamente con la sottoscritta, a suon di "Tu ce l'hai con me!" & "No, tu ce l'hai con me!". Sono due cose troppo stupide per non vederle applicate in una ff sui miei stupidoni preferiti.
Inoltre: la ff è stata scritta anche per il Wolfstar-day \o/ festeggiamo!
E infine: questa è il mio regalo a me per il mio compleanno! Ehhh, sono felice come un re! (dieci punti stellina a chi indovina la citazione ♥)



“Tu ce l’hai con me.”

L’affermazione è talmente secca e improvvisa che Remus, per un momento, è convinto che sì, ce l’ha con lui. Chiunque sia ad aver parlato.

Quando alza la testa verso la fonte della voce nota il quattordicenne Sirius Black che, abbarbicato sullo schienale della poltrona dove Lupin siede, lo guarda dall’alto come un falco farebbe con una lepre.

“Eh?” Domanda intimorito, cercando di nascondersi meglio dietro il grosso volume preso in prestito dalla biblioteca e sotto gli strati di polvere della poltrona.

“Poche storie, Lupin. Tu ce l’hai con me.” Ripete inalberato il giovane Black, circumnavigando il divanetto e sedendosi pesantemente sul poggiapiedi lì di fronte. La lepre non ha scampo: si guarda intorno freneticamente alla ricerca di una via di fuga, di un aiuto, ma sono soli nella Sala Comune - com’è possibile? Solo qualche minuto fa… No, un momento, è già l’una di notte?!

“Non ce l’ho con te, Sirius. Come ti è venuta in mente una cosa del genere?”

Sirius non è così sveglio, pondera Remus; nonostante i bei voti e l’indubbia intelligenza, manca di quella componente minima di empatia che ti fa accorgere degli stati d’animo altrui. E poi non è vero che ce l’ha con lui; Remus non ha niente contro nessuno, nemmeno contro il naso di Snape che, a detta di James, è davvero la cosa che più di tutte al mondo ispira odio. A Lupin ispira solo solidarietà, perché anche il suo naso è abbastanza grande e vistoso sulla sua faccia, e poi è un naso. Si può davvero odiare un naso?

Certo, riflette la lepre, Sirius è anche piuttosto intelligente, quindi se qualcosa non va, in genere, dovrebbe capirlo. Remus però era sicuro - fino ad un attimo fa - che il suo compagno di stanza preferisse ignorarlo, piuttosto che accorgersi che qualcosa non va in lui.

“Mi ignori.”

È il mio punto.

“Non mi guardi mai in faccia quando mi parli.”

Scoperto…

“E soprattutto ti mangi le unghie quando sono io a parlare con te!”

“Non mi sto mangiando le unghie.” Polemizza Remus, inutilmente dato che ha appena allontanato la martoriata unghia del pollice destro dalla bocca. “Non ci posso fare niente… È un riflesso condizionato.”

“Non m’importa. Significa che tu ce l’hai con me.” Insiste l’altro ragazzino, e dal modo in cui incrocia le braccia Lupin avverte l’aria intorno a lui farsi minacciosa e che quella sarà una lunga, lunga conversazione se non ammetterà che sì, ce l’ha con Sirius.

“In realtà,” pigola, lisciando la copertina rigida dell’enorme libro che ha sulle ginocchia, “sei tu che ce l’hai con me.”

A questo punto Remus si aspetta di venir come minimo picchiato, per cui chiude gli occhi preventivamente e si tira un po’ indietro; quando però nessun pugno, calcio, o altro oggetto contundente si scaglia contro di lui si sente abbastanza coraggioso da sollevare una palpebra e controllare la situazione.

Black è furioso e stupito, ma continua a tenere le braccia conserte - il che è un bene perché vuol dire che non verrà colpito - limitandosi a guardarlo come se non capisse.

“Perché lo pensi?” Gli chiede quindi, come se la domanda non fosse già abbastanza chiara sulla sua espressione che urla: ‘Remus Lupin, ma sei impazzito?’

“Perché ogni volta che parliamo mi guardi male, usi un tono di voce particolarmente aggressivo o… beh, non mi parli affatto.” Sciorina Remus, diligentemente; una parte di lui - la parte secchiona - s’aspetta di venir lodata per l’ottima spiegazione, sintetica e mirata.

Sirius però non lo loda e, per quel che ne comprende l’altro, probabilmente nemmeno lo sta vedendo in quel momento, perché è intento a strabuzzare gli occhi, arrossire, brontolare e agitarsi sul poggiapiedi. A volte Remus si chiede come faccia a fare tutte quelle cose insieme senza risultare strano o mentalmente disturbato.

“Io…” Fa Black e l’altro è sconvolto perché è la prima volta che Sirius Black è a corto di parole.

“Posso aiutarti?”

Non lo fa apposta. Anche quello è un riflesso condizionato: se uno gli colpisse forte il ginocchio, è molto probabile che lui se ne esca fuori con ‘quante zollette di zucchero vuoi nel tè?’ prima di prenderlo a calci¹.

“Sei sempre così…” Sirius è di nuovo a corto di parole e Remus va nel panico.

“Ansioso? Noioso? Stupido? Inappropriato? Imperscrutabile?”

“… ansiosamente premuroso. Saresti una mamma perfetta. Una mamma rompiscatole, ma perfetta…”

“Oh. È per questo che ce l’hai con me?”

“No. Non ce l’ho con te, sei tu, no?, quello che ce l’ha con me!” Puntualizza Sirius, ma non sembra più tanto convinto della sua tesi.

“Nemmeno io ce l’ho con te…” A quel punto sembra quasi inutile dirlo, come sembra inutile chiedere: “Quindi… non ce l’hai con me?”

“No. Pensavo che tu ce l’avessi con me, ma se non ce l’hai con me allora è okay.”

Remus annuisce perché gli sembra doveroso, non perché abbia capito il senso di quel vaneggiamento.

“Bene.” Dice Sirius.

“Bene.” Conviene Lupin, iniziando a masticare l’unghia del pollice sinistro. Se ne accorge solo quando l’altro lo fulmina con lo sguardo, allora allontana la mano dalla bocca, fa un sorriso di scuse e decide di battere in ritirata.

Qualsiasi cosa sia successa, Remus ne ignora il significato.

***

“Moony, hai un problema con me?” La domanda giunge inaspettata ed il quindicenne Remus Lupin, per qualche secondo, si guarda intorno con l’espressione persa prima di riuscire a focalizzare lo sguardo su Sirius.

A quel punto, sbatte gli occhi e si mette a ridere. “Come, scusa?”

Black sbuffa impaziente. “Ti ho chiesto se hai un problema con me.”

Remus non può fare a meno di ridere ancora; più per il fatto che è domenica mattina e loro hanno dormito tutti sul letto di James dopo aver passato l’intera notte a tramare qualcosa - c’entra, tanto per cambiare, il naso di Snape ed il fatto che probabilmente Sirius voglia mettergli qualcosa nello shampoo. Non sono molto svegli, in effetti: Lupin teme di avere delle occhiaie che gli arrivano fino alla bocca e Sirius ha i capelli disordinati e l’espressione di uno a cui evidentemente mancano parecchie ore di sonno. O di uno che vuole iniziare una rissa.

Questo pensiero, decide Remus, è molto poco rassicurante, per cui smette di ridere con una specie di grugnito e si guarda intorno. James e Peter sono magicamente scomparsi - suppone se ne siano andati nottetempo per poter dormire più comodamente in uno degli altri letti.

Restano solo lui e Sirius; il suo stomaco si contrae in un modo buffo.

“Io non ho un problema con te…” Risponde infine, ponderando le sue possibilità. Se provasse a scappare ora, gettandosi di lato e rotolando verso il bordo del letto, riuscirebbe in tutta probabilità solo a cadere dal materasso e a non raggiungere mai la porta; se affrontasse l’avversario dovrebbe poi spiegare il suo occhio nero alla McGranitt - qualsiasi cosa, ma non la McGranitt di domenica mattina!

Pertanto gli rimane l’unica flebile speranza di riuscire a convincere l’altro che no, davvero, non ha nessun problema col modo in cui si sente male ogni volta che Sirius gli sta intorno; niente in contrario al fatto che gli venga la tachicardia ogni volta che Sirius gli parla. Tanto per fare un paio di esempi, insomma.

“Non è vero. È come l’anno scorso, quando ti mangiavi le unghie e mi ignoravi, solo che adesso è peggio, perché hai iniziato a mangiarti anche le pellicine delle dita.”

Come dargli torto? Ogni giorno c’è una nuova crisi emorragica sul suo indice sinistro, o sul pollice destro. Tutto sommato bisogna dar conto a Padfoot del fatto che sia meno distratto di quel che sembra. O quello, oppure è una specie di ‘persecutore ufficiale di R. J. Lupin’.

Negarlo, comunque, sarebbe del tutto inutile, dato che si è appena dedicato ad una pellicina superstite sul mignolo. “Ho un problema di gestione dello stress.” Risponde allora, e la sua voce risulta un po’ mugugnante.

Sirius lo guarda attentamente per un attimo, sollevando un sopracciglio. “Ma hai davvero quindici anni?” Chiede, piuttosto scetticamente.

Remus si domanda che pertinenza abbia l’interrogazione in quel contesto, ma decide di ignorare quel problema e pensa bene che sia meglio non irritare ulteriormente l’altro. “Sì. Sono nato il dieci marzo del 1960… Basta fare un po’ di calcoli e vedrai che tutto corrisponde.”

“Era una domanda retorica. Non sei tu quello intelligente?”

“Ehm… Lo sono?”

Dovrebbe esserlo. Tutti gli dicono che lui è Quello Intelligente dei Malandrini - gliel’ha detto anche Lily Evans di nascosto da James, aggiungendo poi che il fatto che stia con gli altri tre, però, rovina il suo essere Quello Intelligente, quindi per lei lui è Quello Meno Cretino, il che, comunque, è un risultato più che ragguardevole.

Dovrebbe essere Quello Intelligente, o almeno Quello Meno Cretino, ma in effetti quando Sirius gli sta intorno, beh, per qualche motivo Remus diventa improvvisamente Quello Più Scemo.

“Perché ti mangi le unghie e le pellicine? Perché mi ignori? E perché non mi guardi mai in faccia quando ti parlo?”

A quel punto, Remus non sa se sia opportuno rispondere a quelle domande nell’ordine in cui gli sono state poste o se sia il caso di sdrammatizzare sull’ultima, anche se la battuta ‘non ti guardo perché hai una brutta faccia’ con Sirius non funziona. Oh, come vorrebbe che Padfoot avesse una brutta faccia!

Non passerebbe minuti interi a guardarla, se avesse un viso orribile; non perderebbe lezioni intere a fissarla, se non avesse quel bel volto. È una cosa strana, la faccia di Sirius, pensa vagamente, osservandola; gli causa sempre qualche capovolta allo stomaco. Buffo.

“Hai un problema con me, vero?” Domanda torvo Padfoot.

Remus ha un sacco di problemi con Sirius: la sua faccia, per esempio, è un problema. Ma non può dirglielo, perché sarebbe molto indelicato. E poi, in verità, Lupin non sa quale sia il problema, effettivamente; sa solo che ce l’ha.

“Non ho un problema con te, Padfoot.” Dice, cercando di suonare ragionevolmente pacato. Sputacchia una pellicina e poi decide di lasciar perdere le sue unghie per quella giornata. “Come ti ho detto: ho un problema di gestione dello stress. Troppo studio, suppongo. Cioccolata?” Chiede, offrendo la sua Scorta Segreta. Se Sirius è stato abbastanza attento ad osservarlo - e qualcosa gli dice che lo è stato - allora saprà di sicuro che la Scorta Segreta non viene mai condivisa; è un grosso privilegio ricevere un quadratino di quella cioccolata e non è da tutti poterlo vantare - Remus ne ha offerto uno a Peter quando ha dovuto affrontare la sua prima punizione da solo e subire anche gli strepiti di una Strillettera da sua madre; ne ha offerto un altro a James, quando, per fare il gradasso, è salito in piedi sulla sua scopa rompendosi una gamba e distruggendo la sua scopa. Infine ne ha offerti ben due a Sirius quando l’ha trovato tutto depresso sul suo letto; non gli ha chiesto qual’era il problema, ha solo pensato che la cioccolata l’avrebbe tirato almeno un po’ su. E così era stato.

Quindi, se ora Sirius capisce che quella che gli sta offrendo è la sua Scorta Segreta i suoi dilemmi si dovrebbero diradare; il problema sorge se Sirius si domanda perché gliela sta offrendo.

Ma dal sorriso ghignante che l’altro gli fa, Remus capisce che il perché è ben al sicuro.

***

“Uhm… C’è qualche problema?” Domanda Remus, sedici anni ed un realissimo problema di gestione dello stress, causato dall’approssimarsi inesorabile di un sacco di interrogazioni e test di fine anno scolastico e dalla vicinanza altrettanto inesorabile di Sirius.

È destabilizzante fare quella domanda, perché di solito il paranoico è Padfoot - cioè, almeno quando si tratta di andare da lui e dirgli “Tu ce l’hai con me” - ma al momento sente l’esigenza di chiedere.

“No.” Risponde gelidamente l’altro, senza nemmeno guardarlo. È ovvio che ci sia qualcosa che non va tra loro, ma nessuno - nemmeno James, che di solito sembra avere una soluzione per tutto - riesce a capire cosa sia. Remus meno degli altri, perché, come già appurato in diverse occasioni, quando c’è in ballo Sirius lui diventa Quello Più Scemo.

“Okay…” Risponde, annuendo e sorridendo cortesemente; Padfoot lo sbircia, poi sbuffa e fa un’espressione molto arrabbiata. Ma ha detto che non c’è nessun problema, quindi, anche se Remus insistesse, probabilmente continuerebbe a rispondergli che va tutto bene. O forse potrebbe picchiarlo.

Lupin ha sempre il terrore che l’altro lo picchi. È qualcosa di abbastanza sciocco, visto che Sirius non ha mai alzato le mani su nessuno - ecco, lui si limita a fare i dispetti a Snape, ma usa la bacchetta per quello - eppure sin dal primo giorno Remus ha pensato che Sirius avrebbe potuto picchiarlo. Forse dipendeva dal modo in cui lo guardava male, cosa che tra l’altro non ha mai smesso di fare.

“Piantala, vuoi?” Domanda Padfoot, furioso.

“Di fare cosa?” Chiede Remus, guardandolo stranito, ma ancora sorridente.

“Di fingere che vada tutto bene!”

Preso in contropiede, l’altro strabuzza gli occhi e si guarda intorno, come a chiedersi se magari l’amico non ce l’abbia con qualcun altro. Ma nella loro stanza, al momento, ci sono solo loro due.

“Ehm.” Risponde, in modo molto eloquente, tornando a guardare Sirius - che sbuffa di nuovo. “Hey, sei stato tu a dirmi che non c’è nessun problema, no?”

“Ma lo sai che c’è un problema!” Gli fa Black, incrociando le braccia.

“Allora: abbiamo o non abbiamo un problema, Padfoot?” Chiede esasperato Lupin. C’è qualcosa di terribilmente confuso che gli si agita nello stomaco, una specie di cenone di Natale non digerito, solo che sono molto lontani dal Natale ed in generale da qualsiasi pasto.

“Dimmelo tu.”

Remus alza un sopracciglio, poi decide che uno non basta a trasmettere tutta la sua confusione, ed alza anche l’altro. A quel punto, dato che Sirius continua a sbuffare e a non dire altro che ‘uff’, si innervosisce. “Non lo so, va bene? Sei… sei così irritante!”

“Ah-a! Vedi che hai un problema con me?”

“No, razza di imbecille! Sei tu che hai un problema con me! Mi rispondi sempre malissimo e non fai altro che ignorarmi e sbuffare quando ti parlo e…”

Prima che possa continuare con il suo sfogo, Sirius gli afferra il braccio. Per un attimo il pensiero ‘oddio, s’è deciso a picchiarmi-aiuto!’ s’impossessa della mente sconvolta del giovane licantropo, ma poi svanisce, scoppiando come una bolla di sapone. C’è qualcosa di strano nel modo in cui la sua mano gli artiglia il polso e gli occhi grigi che lo fissano fanno fare le capriole al suo ‘cenone di Natale non digerito’ nello stomaco. È come se Sirius fosse pronto a saltargli addosso, ma anche come se volesse che fosse lui a saltargli addosso. E Remus non lo capisce, perché nessuno dei due vuole picchiare l’altro ed è più una cosa di ‘avanti, toccami se ne hai il coraggio’; il che rende le cose ancora meno comprensibili di come sarebbero se volessero iniziare una rissa all’ultimo sangue. Remus, del resto, non ha mai partecipato ad una zuffa, e dubita che Sirius sia più esperto di lui in quel campo.

“Pe-perché mi fissi?” Domanda, ritrovando la sua voce e scoprendo che è diventata acuta come quella di una ragazzina. Si schiarisce la gola e continua a guardare l’altro, in attesa di una risposta.

“Sei tu che mi stai fissando…”

“Tu mi hai preso il braccio. Tu mi stai guardando. Vuoi dirmi qualcosa?” C’è una logica molto lineare in quel ragionamento, Remus lo sa; ma sa altrettanto bene che Sirius è del tutto illogico e che probabilmente adesso penserà che è lui che vuole dirgli qualcosa.

È una situazione di stallo abbastanza frustrante, oltreché imbarazzante; non fanno niente, si fissano e basta e continuano a ripetersi con lo sguardo ‘tu ce l’hai con me - no, tu ce l’hai con me’.

È a quel punto che Sirius sbuffa di nuovo e, contemporaneamente, gli tira il braccio; Remus gli capitola addosso, un po’ confuso e già pronto a gridare che non vuole essere picchiato e oddio-non-colpirmi-sul-naso-so-che-farà-male!

Solo che l’altro non lo picchia, ma lo bacia. Ed è… carino, davvero, ma soprattutto Lupin sente il suo stomaco riprendere a fare le capriole ed il cuore - lo giura - sta per uscirgli dal naso per quanto batte forte. Ed è ancora prima di capire quello che sta succedendo, che avverte le mani dell’altro girovagare libere lungo tutto il suo corpo - capelli, viso, gambe, braccia, petto, schiena, collo, qualsiasi cosa si trovino sotto, quelle toccano, impudenti e del tutto illogiche, come solo le mani di Sirius possono essere.

Ma si sorprende quando scopre che le sue mani fanno altrettanto, in una confusione tremolante, mentre Padfoot sembra volergli entrare in bocca, tanto lo bacia con trasporto e urgenza.

Remus finalmente capisce tutto - o ha l’impressione di capire tutto: è da quando avevano tredici anni che si girano intorno, guardandosi in cagnesco, solo perché in realtà c’era questa cosa che doveva venire fuori. Si piacciono, è evidente, ma non lo era due anni fa, quando erano ancora troppo bambini per capire che le occhiatacce che lanciavano erano sguardi di curioso interesse e non preludi ad eventuali e future risse; non lo era nemmeno l’anno precedente, ché appena adolescenti cercavano in tutti i modi di trovarsi a loro agio nei loro corpi un po’ troppo maturi per essere bambini ed un po’ troppo acerbi per essere ragazzi.

Ma ora che hanno capito come muovere le braccia e le gambe troppo lunghe², ora che si parla di sesso e non più solo di Quidditch e scherzi, ora che l’amore non è più quell’animale curioso di cui vaneggiano le ragazzine, beh… Tutto ha senso, persino i movimenti illogici delle mani di Sirius che dai suoi capelli scivolano senza soluzione di continuità verso le sue cosce; persino il suo bacio umido e veemente, così disperato da sembrargli quasi un bacio d’addio e non il loro primo bacio.

Allora Remus si stacca dalla sua bocca - giura che non vorrebbe, perché da qualche parte nella sua testa, il suo cervello gli sta gridando che le labbra di Sirius sono fatte per baciare le sue e viceversa - e guarda Padfoot con gli occhi semi-chiusi e quasi non lo vede, tant’è abbagliato dal suo sorriso.

“Senti… Allora è questo il problema?” Domanda, curiosamente sollevato dal fatto che era tutta una questione di volersi baciare - ma dovrebbe essere preoccupato, forse, ragiona la sua mente confusa, che gli piaccia baciare uno dei suoi migliori amici maschi.

“Non lo so. È un problema? Voglio dire, sei tu Quello Intelligente, no?”

Remus si chiede vagamente di cosa stia parlando, poi alza le spalle. “Quando ci sei di mezzo tu io divento Quello Molto Stupido. Ecco, questo potrebbe essere un problema.”

“Mi piace quando diventi Quello Molto Stupido.” Ragiona Sirius, guardandogli le labbra.

“Ah. Oh…” Ha tempo di dire l’altro, prima che Padfoot si sporga a baciarlo di nuovo.

Qualsiasi sia il problema, si dice distrattamente Remus, sicuramente ne parleranno dopo.

Fine

¹ Da “The shoebox project” by Jaida&Rave.
² In onore di Chiarina - no, nemmeno lei leggerà mai questa storia - che dice sempre che i maschi adolescenti si muovono in maniera buffa perché hanno le gambe troppo lunghe ed ancora non hanno imparato come muoversi nei loro corpi in crescita; è un'immagine che mi ha sempre fatto tenerezza ♥

one-shot, harry potter

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