Fandom: Rogue One
Parole: 1000 parole
Prompt: Fandom!AU
Note: M1 della Week2 del CoWT 10
The strongest Jeager have hearts of Kyber
C’era stato un tempo in cui per Cassian Andor pilotare uno Jaeger aveva significato ogni cosa.
Ora, a distanza di cinque anni dalla sua ultima battaglia ancora se ne portava dietro gli strascichi, con la consapevolezza che le vecchie ferite - quelle dell’anima, non quelle del fisico - non si sarebbero mai davvero rimarginate.
La morte di Kay era stata per lui un colpo più duro di quanto non avesse voluto ammettere, non era stato solo il senso della perdita, il dover dire addio alla persona più simile a un fratello, a una famiglia, che avesse mai avuto, quanto il fatto di avere percepito ogni singolo istante della sua morte. L’aver provato tutto quello che Kay aveva percepito mentre veniva divorato: il dolore, la paura, il devastante senso di vuoto, di impotenza, di terrore.
Quando si era trascinato a riva, grondante di sangue e dolorante per le ossa rotte, aveva giurato a sé stesso che non sarebbe mai più salito su uno di quei cosi. Aveva guardato con sguardo appannato il Gipsy Danger ricadere su sé stesso, un ammasso fumante di metallo che andava a fuoco; era rimasto a fissarlo a lungo sperando che il tempo lo cancellasse dalla sua memoria.
Alla televisione stanno trasmettendo un servizio su un attacco avvenuto in Australia, ma Cassian è troppo impegnato a pensare ai cazzi suoi per prestarci attenzione, o almeno vorrebbe che fosse così, ma il gemito affranto degli uomini al suo fianco lo costringe a ruotare il capo verso lo schermo.
«Lo ha distrutto con un solo colpo» mormora qualcuno tra i denti.
«E stamattina un altro poveraccio è caduto dalla cime sfracellandosi al suolo. Per che cosa stiamo costruendo questa merda?» si lamenta qualcun altro.
«Che diavolo succede?» domanda avvicinandosi al vecchio schermo sospeso sopra una grata metallica.
«C’è stato un attacco in Australia, guarda come quel cazzo di mostro ha ridotto il muro, l’ha aperto come fosse di burro. Cosa stiamo qui a fare? Tanto questa roba non serve a niente».
Cassian osserva con sguardo vacuo il televisore nel quale sfilano immagini di battaglie a lui fin troppo note, schiocca la lingua, mentre analizza ogni mossa del pilota dello Jeager che è sceso in campo. Avventato, pensa tra sé osservando come si muove, ben sincronizzato, ma molto avventato. Come la camera passa a inquadrare i piloti Cassian perde un battito riconoscendo un volto conosciuto del suo passato che non pensava avrebbe mai rivisto; i sensi di colpa iniziano a farsi largo dentro di lui, come sempre quando lascia loro il minimo spiraglio.
«Cosa ne pensa del progetto governativo che prevede il ritiro degli Jeager per lasciare spazio al muro?» sta chiedendo la giornalista.
«Che è un’idea di merda» risponde lapidaria la pilota che sta venendo inquadrata «Ciò nonostante se questa è la decisione presa seguiremo il resto del team a Hong Kong. Anche se rimasta un’idea del cazzo».
Cassian sorride appena, quindi volge le spalle alla televisione e si avvia verso l’uscita. Ha sentito del progetto di ritirare gli Jeager dalla circolazione per lasciare che sia solo il Muro a proteggere la costa, e s bene quanto chiunque altro che è un’idea stupida, che non funzionerà, tuttavia lui il muro lo ha costruito lo stesso e ha ferma intenzione di continuare a farlo, perché la fuori per lui non c’è più niente.
Il fiume in piena dei suoi pensieri viene interrotto dal ritmico rumore delle pale di un elicottero; la neve fresca si solleva intorno all’ingresso del cantiere, volando con forza addosso agli astanti, sferzando loro il viso. Mentre tutti si allontanano tra mormorii sommessi, confusi più di quanto non lo siano già normalmente, Cassian si avvicina, procedendo incontro all’uomo che ha appena messo piede fuori dall’elicottero.
«Signor Andor» lo saluta l’uomo fissandolo con il suo occhio buono.
«Generale, la trovo in forma» Cassian si infila le mani nelle tasche, conscio di non poter più fingere di non essere nessuno.
«Ne è passato di tempo».
«Cinque anni, quattro mesi. Il tempo vola quando ci si diverte».
«C’è un posto dove possiamo parlare?»
«Come no, mi segua nel mio ufficio» lo prende in giro, finché può, ora che può. Ha sempre avuto molto rispetto per Saw Guerrera, ma non si sarebbe mai aspettato di vederlo lì, in quel cantiere che crolla a pezzi, ancora una volta a dargli ordini come se lavorassero ancora insieme.
«Andor ti sei spostato spesso in questi anni, non è stato facile trovarti» gli dice Saw, seguendolo tra le impalcature, fino a uno spiazzo leggermente più isolato.
«Forse perché ho fatto del mio meglio per non essere trovato. Che cosa vuole, generale?»
«Avrai certamente sentito del muro in Australia...» inizia per interrompersi subito dopo «Sto lavorando per radunare tutti gli Jeager rimasti attivi e i rispettivi piloti, apparentemente siamo riusciti a recuperare un vecchio Mark III, l’unico rimasto, un tuo vecchio amico...»
Cassian deglutisce appena.
«E immagino di essere proprio la sua prima scelta, non è così?» domanda sarcastico.
«Certo che sì» ride l’uomo «Sei l’unico pilota di Mark III ancora vivo».
Andor sospira e si passa una mano sugli occhi.
«Senta, non ho… non voglio più avere nessuno nella mia testa, non di nuovo, ero ancora connesso a Key quando è morto e non posso vivere quello che ho vissuto allora un’altra volta».
«Andor qua non si tratta di te, si tratta delle vite di centinaia di milioni di persone e la possibilità di mettere la parola fine a questa guerra. E io ho bisogno di te».
Cassian non risponde.
«Draven aveva fiducia in te, Andor, e ne ho anche io» Draven era stato al comando prima di Saw, era morto poco dopo che Cassian aveva lasciato l’esercito «Sei l’unico pilota di Mark III rimasto, e io ho un Mark III che ha un dannato bisogno di ammazzare qualche Kajiu».
Una parte di lui aveva sempre saputo che questo giorno sarebbe arrivato prima o poi così come aveva sempre saputo che non sarebbe stato in grado di dire no.
«A Hong Kong?»
«A Hong Kong».
Fandom: Rogue One
Parole: 705 parole
Prompt: Fandom!AU
Note: M1 della Week2 del CoWT 10
Not in Kansas anymore
Jyn si aggrappa con tutta la forza che ha in corpo al vecchio tavolo di legno, stringe in una mano la collana di sua madre e serra gli occhi, mentre la casa continua a traballare spinta dalla forza della tempesta.
Quando il vento si placa, la vecchia catapecchia crolla con un tonfo, precipitando al suolo con un sonoro “STUNCK” e Jyn sobbalza. C’è qualcosa che davvero non va, prima di tutto, si domanda come diavolo sia possibile che quel cesso di casa si sia sollevato dal suolo, e poi come diamine è possibile che sia atterrata rimanendo intera?
Apre con aria sospettosa la porta, che cigolando si sposta verso l’esterno lasciando entrare la luce abbagliante del sole. La casa è atterrata su un ampio colle erboso, fiori colorati spuntano da ogni dove e in fondo alla collina si estendono campi di grano dorato.
«Qualcosa mi dice che non sono più in Kansas» sussurra la ragazza uscendo dal portone e guardandosi attorno.
«Cazzo».
Non ha idea di dove si trovi, ma la cosa peggiore la nota facendo il giro della casa: atterrando ha seccato qualcuno. Da sotto le fondamenta della vecchia catapecchia spuntano due gambe striminzite e troppo lunghe, avvolte in pesanti calzini di… spugna? L’unica cosa bella paiono essere le scarpe, un paio di stivaletti argentati che qualcuno sta sfilando al cadavere.
Jyn scuote il capo, strabuzzando come meglio può gli occhi. Di fronte a lei ci sono degli strani individui che non sa riconoscere, coperti da pesanti mantelli blu, che stanno derubando - almeno questa è la sua prima impressione - il cadavere.
«Ma cosa-» fa un passo indietro.
«Oh!! Grazie nobile straniera» gracchia uno dei ladri di cadaveri notando la sua presenza «La tua casa a schiacciato la malvagia strega dell’est! Ora siamo finalmente liberi!»
Jyn Erso fissa la figura con aria confusa e apre la bocca come per dire qualcosa.
«Queste sono le scarpe della strega, prendile, come dono» continua la figura porgendole le scarpette sfilate al cadavere.
«Ma cosa diavolo… Chi diamine siete voi? E dove mi trovo?» borbotta senza accettare e calzature che le stanno porgendo «E perché dovrei volere le scarpe di un morto?»
Sente che sta per arrivare un attacco di panico, ma cerca di trattenersi consapevole di trovarsi… beh, consapevole di non avere la più pallida idea di dove si trovi.
«Che domanda, ragazza, sei nella terra di Oz, la magica terra di Oz» le risponde una delle figure «Noi siamo i Ghiottoni».
«O Succhialimoni» continua un secondo.
«O Golosetti» fa eco il terzo
«Alcuni ci chiamano anche Mastichini» prosegue il quarto.
«O Jawas» conclude il quinto.
Jyn non riesce a fare a meno di pensare che, qualunque si scelga, sono tutti dei nomi di merda.
«Molto piacere» borbotta, «Io mi chiamo Jyn Erso e vengo dal Kansas»
«Il cosa?».
«Kansas».
«Beh, mai sentito, non credo sia ad Oz, vero?» chiede ai suoi compari.
«Dubito fortemente» risponde il terzo.
«Oooof, quindi non sapete come farmi tornare a casa?» chiede la ragazza «E smettetela di piazzarmi sotto il naso le scarpe del cadavere!»
«Ah, ma queste sono le scarpe magiche della Strega dell’Est, dovresti accettarle. Anzi, dovresti indossarle» le dice di nuovo il primo dei Jawas con cui ha parlato.
«E ti condurranno nella Splendente città di Oz» prosegue il secondo-
«A che pro?» domanda la giovane ormai esasperata, afferrando con un gesto di rassegnazione le scarpe che le vengono porte.
«Ma per trovare il Mago, ovviamente» rispondono in coro.
«Il mago di Oz! Il mago di Oz! Il grande e potente mago di Oz!» gridano tutti insieme.
«Sono confusa».
«Se vuoi tornare a casa, devi seguire la strada che vedi in fondo alla collina, la strada di mattoni dorati. Ti condurrà a Oz, la città di Oz, là troverai il mago («Il mago di Oz! Il mago di Oz! Il grande e potente mago di Oz!» gli fanno eco i suoi compari) e lui ti aiuterà a tornare a casa» conclude il piccoletto, tutto tronfio.
Jyn guarda lui, guarda le scarpe che tra le sue mani stanno lentamente cambiando forma trasformandosi in un paio di scarponcini militari e annuisce piano. In fondo non ha niente da perdere.
«E andiamo a cercare questo cazzo di mago» borbotta piano.
Fandom: Sanremo
Parole: 561parole
Prompt: Fandom!AU
Note: M1 della Week2 del CoWT 10 ispirato a
click La nascita di Morgan: l'anticristo.
«Ama!» identifica quella voce sibilante ancora prima di appoggiare il ricevitore all’orecchio «È successo un casino!»
È Fiorello, demone infernale, suo acerrimo nemico, nonché compagno di mille avventure e suo grande amico. Sì certo Amadeus si rende conto che questa descrizione non ha granché senso, ma non importa, dopotutto lui è un angelo e a certe cose non fa più caso da svariate centinaia di anni. Non che possa ammettere che sono amici, ovviamente, Fiorello è un demone e in quanto tale hanno entrambi una rivalità di facciata da mantenere.
«Sei sicuro che sia una buona idea chiamarmi qui?» chi chiede non senza una buona dose di preoccupazione.
«Lascia stare i convenevoli, Ama, abbiamo un problema!» borbotta il suo degno compare dall’altro capo del filo «Un problema serio! Si tratta dell’anticristo!»
Oh no!»
«Eh, non mi dire, ora dici “oh no”, te sto a dire che è una cosa grave e tu non mi credi mai, dannazione».
«Sì, ma anche meno, Fiore, non c’è bisogno di essere passivo aggressivi» gli risponde molto placidamente, versandosi un tè caldo.
«AMA! Ti ho appena detto che si tratta dell’anticristo… stai facendo il tè, vero? Lo so che stai facendo il tè!»
«Sì, ok, ma l’anticristo cosa?»
«Ho appena aiutato una tipa a partorire l’anticristo».
«Una tipa?»
«Sì, beh è tecnicamente la moglie di un senatore, credo, non ho indagato, cioè, sono stato costretto a indagare, perché apparentemente il mio compito sarà far crescere il piccolo Morgan e aiutarlo nella sua missione di distruzione».
«Uhm, capisco, cosa possiamo fare?»
«Schifo?»
«Fiore!! Sono serio! Anzi sai cosa ti dico? Vado a parlare con Michael così vedo cosa mi dice».
«Oh per l’amor dell’inferno, non si fa chiamare Tiziano adesso?»
«Non mi sembra il problema principale, senti ti richiamo a casa tua. Non perdere di vista il bambino».
Attacca il telefono e aggrotta la fronte, quindi sparisce in un lampo di luce celeste.
La scala che conduce al Paradiso è composta da 15 scalini - è un modo di dire, almeno così crede Amadeus, perché il vecchio scalone è stato sostituito da una scala mobile parecchio tempo prima.
«Amadeus! Amico mio! Che piacere vederti?! Come stai? Hai sentito la grande notizia?»
«Ciao Tiziano, non so di cosa parli, sono qui perché -»
«Ma parlo dell’Anticristo, ovviamente!»
Amadeus si interrompe, leggermente interdetto: «Ah, quindi ne sei a conoscenza?»
«Certo, è il grande piano che prende forma! E sono contentissimo! Finalmente ci siamo, è il grande momento, questo bambino crescerà e presto potremo dedicarci a quello che il Grande Piano ha sempre previsto: la grande guerra tra Paradiso e Inferno!»
«Ma Tiziano, ma la terra?»
«Non capisco il senso della domanda, come tutte le cose verrà devastata e sarà parte della guerra, ma come sai anche tu, anche fosse l'ultima fermata per questo pianeta lo lasciamo molto meglio di come l’abbiamo trovato!»
«Ma...»
«Niente “ma” Ama, è il momento. Ho un compito speciale per te, questo bambino, questo Anticristo, abbiamo bisogno di qualcuno che gli dia un occhio e che lo tenga sotto controllo, e chi meglio di te sarebbe in grado di controllare che questo bambino diventi malvagio, sapendo però rimanere un passo indietro? Senza interferire!»
«Ma Tiziano!»
«Niente ma, forza, Amadeus, chop, chop, la terra ti aspetta».
Un lampo di luce e Amadeus si ritrova ancora una volta nella sua libreria, sospira rassegnato.
«Fiore non sarà felice».