Capitolo Due
Merlin attese circa un’ora prima che Cassie e William lo raggiunsero. Era seduto su una delle panchine nel piccolo chiostro del suo campus, il naso congelato e le labbra screpolate a causa del freddo.
Aveva avuto la tentazione di riscaldarsi con un incantesimo, ma il pensiero di sua madre che lo sgridava, gli aveva fatto cambiare idea.
Così, aveva cercato di distrarsi osservando le persone che gli passavano davanti. Era un passatempo che lo divertiva parecchio; cercava di immaginare come potessero chiamarsi, cosa facessero nella vita, quale fosse la loro storia.
“Scusa, Merlin, ma la professoressa non la smetteva di blaterare” ingiunse William, non appena fu vicino al suo amico. Merlin si alzò dalla panchina con la paura che le sue gambe vi rimanessero incollate.
“Tranquillo” riuscì solamente a dire, le labbra tremanti per il freddo.
Si avviarono verso la fermata della metro e quando furono all’interno, Merlin non riuscì a credere di essere così felice di essere lì.
Generalmente odiava le stazioni ferroviarie o della metro, troppa gente, troppi spintoni. Però, quel tiepido torpore era un paradiso in confronto alla brezza gelata che c’era in strada.
Inoltre, essendo primo pomeriggio, non c’era poi così tanta gente. La maggior parte delle persone, a quell’ora, erano a lavoro o in pausa pranzo.
“Tra pochi giorni è il compleanno di mia madre” disse William, quando furono seduti in uno dei vagoni.
“Dovrei decisamente comprarle qualcosa” aggiunse poi, slacciando la giacca. Dentro il vagone della metro faceva quasi caldo. L’aria condizionata era probabilmente al massimo.
“Potresti comprarle una di quelle collane che le piacciono tanto” aveva suggerito Cassie. William sorrise e Merlin iniziò a scrutare il soffitto della metro.
Era sempre così con quei due. Tutti sorrisi e occhiate.
Merlin adorava spendere le sue giornate con loro, si divertiva molto ma detestava che entrambi non riuscissero ad ammettere che la loro amicizia era ormai divenuta qualcosa di più forte. Per non parlare del fatto che, a volte, la situazione si faceva davvero imbarazzante.
Quando William guardava Cassie, riusciva a scorgervi un amore così forte che avrebbe potuto sciogliere i ghiacciai se avesse avuto poteri magici, come lui. E spesso si chiudevano nella loro bolla, non facendo caso a chiunque li circondasse. Sarebbe potuta scoppiare la terza guerra mondiale e loro avrebbero continuato a fissarsi negli occhi.
Giunti al centro commerciale, Cassie e William iniziarono ad accelerare il passo e parlare tra di loro, dimenticando quasi la presenza di Merlin alle loro spalle. Ogni tanto si voltavano, chiedendogli cosa ne pensasse di ciò di cui stavano parlando, e poi si chiudevano di nuovo nella loro bolla d’amore.
Merlin li invidiava. Sapeva che per lui trovare un amore del genere sarebbe stato più complicato che per chiunque altro.
Innanzitutto a causa dei suoi poteri. Non poteva di certo permettersi di sbandierare al primo fortunato che lui in realtà era un mago, un piccolo Harry Potter senza occhiali e cicatrice sulla fronte.
Inoltre Merlin, sebbene non lo avesse ancora ammesso nemmeno a se stesso, era gay.
Sin dalle medie aveva iniziato a capire che le ragazze non erano il centro del suo mondo, così come era per gli altri ragazzi della sua età. Mentre i suoi compagni uscivano il pomeriggio e invitavano le ragazze ai balli di fine anno, lui rimaneva sempre in un piccolo angolo, ad osservare i ragazzi più carini della scuola con una delle sue amiche di avventura. Quando era al liceo, aveva una cotta pazzesca per il capitano della squadra di football, tanto che, ogni volta che quello passava al suo fianco, lui arrossiva violentemente e poi correva in bagno.
Eppure, ammetterlo, gli costava più che dire ad alta voce di essere un mago. Aveva paura che sua madre non avesse potuto sopportare di avere un figlio così al di fuori dalla norma. Non solo mago, ma anche gay.
Sapeva che non c’era nulla di male ad amare qualcuno del proprio sesso, eppure si sentiva terribilmente in colpa.
Quando Cassie e William si fermarono di fronte all’ennesima vetrina, notò che accanto c’era un piccolo bar.
Decise così di fare una fermata e prendere qualcosa da mangiare, mentre i due innamorati sceglievano assieme qualche collana da regalare alla madre di Cassie.
Era una scena così idilliaca e da coppia felice, che Merlin si sentì in colpa ad essere lì e fare da osservatore.
“Torno subito” si congedò, senza che gli altri due se ne rendessero conto.
In fila per pagare lo scontrino, Merlin iniziò a guardarsi attorno.
Il bar era fornito di qualsiasi tipo di leccornia.
Un enorme bancone mostrava ai clienti crostate di tutti tipi, torte, croissant, e muffin. Inoltre, in alto, vi erano vari manifesti che illustravano le varie bevande che potevano essere ordinate. Merlin fu particolarmente attratto dal caffè con sopra ingenti quantità di panna e cioccolato, che decise poi di accompagnare con un muffin al cioccolato.
La cosa buona di essere molto magro e avere un rapido metabolismo, era rimpinzarsi di schifezze e non ingrassare. Sebbene, qualche chilo in più, non gli sarebbe dispiaciuto.
All’improvviso ebbe una strana sensazione, un pizzicore proprio dietro la nuca. Non aveva mai provato una cosa del genere ma, qualcosa nella sua testa, gli diceva che non prometteva nulla di buono.
Si grattò il punto dove sentiva pizzicare ma, nonostante tutto, la sensazione non passò. Continuò a guardarsi attorno fino a che un ragazzo gli fece notare che la fila stava scorrendo, mentre lui era bloccato a fissare le nuvole.
“Mi scusi” abbozzò Merlin, voltandosi verso il ragazzo. Rimase immobile per qualche secondo.
Il proprietario della voce era un ragazzo alto e biondo, i suoi occhi erano azzurri, ma di un azzurro mai visto prima. Erano così intensi che Merlin pensò di poterci annegare dentro. Sapeva di non conoscerlo, diamine, non si erano mai incontrati prima, altrimenti Merlin se ne sarebbe ricordato, eppure aveva dentro di sé la sciocca convinzione di avervi già parlato prima. Sentì di conoscerlo da anni, eppure quella era la prima volta che i loro occhi s’incrociavano.
“Mi scusi” sussurrò di nuovo Merlin, mentre anche quello lo fissava incredulo. Quando si voltò, Merlin iniziò di nuovo a sentire quello strano pizzicore sulla nuca. Pian piano si era espanso anche alla fronte e alle braccia, fino a che tutto il suo corpo avvertiva che c’era qualcosa che non andava, come un’energia che lo toccava, un potere simile al suo.
Poi, accadde tutto in un battito di ciglia.
Un attimo prima era in fila per ordinare il suo muffin ripieno di cioccolata e il suo caffè stracolmo di panna, un secondo dopo era nel mezzo del bar del centro commerciale a bloccare il tempo.
Aveva appena allargato le sue percezioni per capire la fonte di quel potere che lo stava sommergendo, quando i suoi sensi erano riusciti a percepire un proiettile provenire verso di lui, specificatamente, verso il ragazzo biondo dietro di lui.
Non sapendo cosa fare aveva urlato a tutti di abbassarsi, cercando di rallentare la traiettoria del proiettile, e si era poi catapultato sul ragazzo per cercare di metterlo in salvo.
Merlin cadde a terra, addosso all’altro, il quale lo stava guardando sbigottito, privo di parole, mentre il proiettile aveva ora leggermente girato e lo puntava di nuovo. Merlin, a quel punto, incantò il proiettile, che cadde a terra. Non gli ci volle molto per capire che era stato precedentemente incantato.
“Mi hai salvato la vita” sussurrò intanto, al suo fianco, il giovane ragazzo, sul quale pochi secondi prima si era fiondato. Merlin si voltò verso di lui e lo guardò.
“Non ho fatto nulla” disse innocentemente, alzando le spalle. Inizialmente temette che quello avesse visto il riflesso dorato nei suoi occhi, quando aveva cercato di eliminare il proiettile. Quando però quello continuò a fissarlo, sorridendo, si rese conto che era impossibile che lo avesse notato.
Il ragazzo poi si alzò e, quando fu in piedi, porse una mano a Merlin per aiutarlo ad alzarsi.
“Io sono Arthur” disse poi.
Merlin non poté fare a meno di scoppiare a ridere.
“Oddio, non ci credo” rispose poi, cercando di riprendere fiato mentre l’altro stringeva ancora la sua mano, guardandolo come se fosse un malato mentale.
“No, scusami, è solo che..” provò a spiegare ma poi pensò che presentarsi avrebbe fatto meglio che mille parole.
“Sono Merlin” disse poi. L’altro lo guardò, ancora più con gli occhi sgranati.
“Mi stai prendendo in giro per caso?” chiese poi. Era ovvio che anche a lui non era sfuggito il collegamento alle leggende Arthuriane.
Merlin scosse la testa mentre cercava di trattenere altre risate.
“Io, Merlin, ho appena salvato la vita a te, Arthur” disse ad alta voce poi, riprendendo inevitabilmente a ridere.
Anche Arthur era incredulo. Cercava di non sorridere ma era impossibile. Che nome era poi, Merlin?
“Questa giornata si sta rivelando sempre più strana” disse. Merlin annuì.
“Oh puoi dirlo forte” rispose,”non sarai mica anche un principe, eh?” chiese poi inevitabilmente.
L’altro scosse la testa.
“No, non sono un principe. Però vorrei trovare davvero un modo per mostrarti la mia gratitudine. Mi hai salvato la vita” disse.
Merlin sorrise e cercò di dire ancora una volta che non aveva fatto nulla, ma Arthur era fermo sulle sue posizioni.
“Posso almeno offrirti un caffè?” chiese alla fine il giovane Arthur. Merlin annuì, ma in quel momento la folla stava iniziando ad accalcarsi attorno a loro per capire cosa era successo, mentre altri erano già in allarme e stavano chiamando la polizia.
“Forse da un’altra parte” aggiunse quindi. Arthur annuì sorridendo e dopo aver fatto un cenno ad un gruppo di ragazzi, uscì assieme a Merlin dall’affollato bar.
A quel punto però una pattuglia di poliziotti era giunta sul posto e li aveva bloccati.
“Eravate presenti anche voi al momento della sparatoria?” chiese uno dei poliziotti. Merlin aveva sbuffato e poi annuito. Era stato solamente un proiettile, gli sembrò eccessivo definirla una sparatoria. Per di più, il proiettile era stato incantato, quindi non vide come i poliziotti sarebbero potuti venire a capo dell’enigma. Se non era riuscito a rintracciare lui la fonte del potere, figurarsi loro. Inoltre, avrebbe davvero voluto prendere Arthur e portarlo via. Sapeva che era presto per dirlo, ma gli piaceva. Lo trovava decisamente molto attraente.
“Allora dovrete rimanere qui per compilare alcuni moduli e rispondere a delle domande” disse quello in risposta, come Merlin aveva previsto nella sua mente.
Arthur e Merlin allora si sedettero su di una panchina in attesa che i poliziotti andassero da loro per l’interrogatorio.
“Merlin!” sentirono poi urlare. William stava correndo verso di loro, Cassie subito dietro di lui.
“Dove diavolo eri? Ho sentito dire che c’è stata una sparatoria! Dio mio, tu come stai?” William sembrava un torrente in piena, non si riusciva a fermarlo.
“William, calmati. E’ tutto finito” riuscì poi a dire Merlin, in un secondo in cui William stava riprendendo fiato.
“E’ stato solo uno sparo e stiamo tutti bene” aggiunse poi. William sospirò di sollievo, poi spostò lo sguardo sul ragazzo seduto al fianco del suo amico, trattenendo a stento un sorriso malizioso.
“E tu chi sei?” chiese, andando con lo sguardo da Merlin ad Arthur.
“Sono Arthur, il tuo amico mi ha appena salvato la vita” disse stringendo la mano di William, il quale cercò a sua volta di trattenere una risata.
“Arthur?” chiese, incredulo. Merlin annuì alzando gli occhi all’aria.
“Si, lo so” disse Arthur, soffocando anche lui una risatina.
“Bè, direi che era destino,” aggiunse Cassie. Merlin arrossì.
“Siete pronti per rispondere ad alcune domande? Lì dentro dicono che tu, ragazzino, abbia salvato delle vite” disse poi un poliziotto a Merlin, il quale abbassò lo sguardo.
“Non ho fatto nulla, avevo solo sentito lo sparo,” cercò di giustificare il suo intervento.
“Non essere modesto ragazzo, se non fosse stato per il tuo senso di osservazione, lì dentro qualcuno sarebbe morto” aggiunse quello.
“Io sarei morto” disse Arthur, voltandosi verso Merlin e guardandolo con occhi indecifrabili.
“Avanti, sarà rapido ed indolore” disse poi il poliziotto, facendo segno a Merlin di seguirlo.
“Ti devo un caffè” lo ammonì Arthur, mentre Merlin si alzava dalla panchina.
“Domani mattina ho lezione più tardi, potremmo vederci al caffè del mio campus” propose Merlin, deciso a provarci. Sapeva che era assurdo avere una cotta per un ragazzo appena conosciuto e, per di più, sicuramente etero; eppure c’era qualcosa dentro di lui che gli diceva di andare, che, forse, quella era la volta buona.
Arthur annuì.
“Guy’s campus, vicino al Tamigi, domani mattina” disse Merlin, sorridendo, prima di andare verso il poliziotto che lo stava attendendo, mentre Arthur rimase seduto sulla panchina, guardandolo allontanarsi.
“Noi ti aspettiamo qui” aveva poi aggiunto William cercando di ricordare ai due che c’erano anche lui e Cassie. Merlin lo guardò, scoppiò a ridere e poi si voltò.
“Così hai rimorchiato Arthur” disse subito William, non appena Merlin ebbe terminato l’interrogatorio. Nonostante Merlin sapeva che sperare di ritrovare Arthur ancora seduto sulla panchina era ingenuo da parte sua, rimase deluso quando vide che il posto prima occupato da lui, ora era stato preso da una coppia di anziani signori.
“Stai zitto” rispose al suo amico.
“Non ho proprio rimorchiato nessuno e smettila di fare battute su Arthur e Merlin” aggiunse poi.
Nonostante Merlin non avesse mai detto ad alta voce di essere gay, William ne era ben a conoscenza, essendo abbastanza palese agli occhi di un attento osservatore; da anni ormai, cercava di spingere il suo amico ad uscire allo scoperto, con battute pungenti, ogni qualvolta Merlin posava lo sguardo su un ragazzo.
“Dai amico, è inevitabile!” disse William, iniziando a gesticolare, e quando William iniziava a gesticolare era la fine.
“Pensaci! Merlin e Arthur. Insomma, quante possibilità c’erano che incontrassi un ragazzo di nome Arthur? Quante? Insomma, Arthur non è un nome così diffuso, dai! E proprio lui è vittima di un attentato alla sua vita, proprio mentre tu sei nello stesso bar con lui e lo salvi! Merlin e Arthur! E’ destino!” iniziò a farneticare senza sosta, mentre Merlin accelerò il passo per lasciarlo alle sue spalle.
“Se non la fai finita, ti getto nel Tamigi” lo minacciò Merlin.
“Perché non vuoi ammetterlo? Ti piace anche!” aveva continuato William, imperterrito.
Merlin a quel punto si fermò sbuffando. Era giunto al limite. In fondo che male c’era a confessarlo almeno al suo migliore amico? Sapeva di sentire delle forti vibrazioni in presenza di un ragazzo fortemente attraente. Ne era consapevole. Continuare a negarlo, lo stava logorando.
Cassie, inoltre, era scesa ad una fermata della metro prima della loro, poiché abitava in un quartiere diverso da quello in cui si trovava la casa di Merlin e William. Non ci sarebbero quindi stati problemi a fare quella fatidica chiacchierata con William, il quale, non aspettava altro.
Dopo che Merlin si era allontanato, aveva scambiato qualche parola con Arthur, cercando di capire che tipo fosse. Gli era sembrato abbastanza simpatico e gentile. Lo immaginava già al fianco di Merlin. Per quello, aveva rifiutato di accompagnare Cassie a casa. Era intenzionato a far confessare Merlin, in qualsiasi modo. Aveva notato come Merlin fissava Arthur, mentre erano seduti sulla panchina. C’era qualcosa tra loro, non ne aveva dubbi.
“Mi sembra un po’ affrettato dire che mi piace, l’ho appena conosciuto” Merlin si limitò ad una risposta vaga, tutto quello che al momento riusciva ad ammettere; poi attese le reazioni di William, il quale, inizialmente, divenne paonazzo, cercando di trattenersi, e poi urlò, dando sfogo a tutti i suoi commenti trattenuti nel corso degli anni.
“LO SAPEVO” si limitò ad urlare ripetutamente. Merlin non poté fare a meno di scoppiare a ridere.
“Quindi, stai dicendo che ci proverai?” chiese poi William, una volta calmatosi.
Merlin alzò le spalle. Avevano ripreso a camminare, il Tamigi scorreva al loro fianco.
“Non esagerare, non credo, insomma, lo hai visto. Quel ragazzo sarà al cento per cento etero,” rispose abbattuto, “e non so se mi sento pronto a ‘provarci’” aggiunse poi. William sbuffò.
“Etero un cavolo, ma lo hai visto come ti fissava? Amico, era già perso per te,” disse provocando un’altra risata a Merlin.
“Vedremo” disse l’altro, “intanto sono davvero preoccupato. Se quello che oggi ha provato ad ucciderlo era un assassino, chi ci dice che non proverà ad attentare alla sua vita di nuovo, quando non ci sarò io a proteggerlo?” aggiunse poi, il suo tono si era incrinato.
Merlin era davvero preoccupato per Arthur. Sapeva di non poter fare nulla perché non lo conosceva e non era la sua guardia del corpo, però, saperlo al centro del mirino del killer, lo faceva sentire in dovere di fare qualcosa.
“Dovresti seguirlo e fargli da ombra, come il vero Merlin fece con Arthur” disse William, ormai convinto che la storia era destinata a ripetersi.
“Come pretendi che io faccia ciò, quando non ho la minima idea di dove abiti o dove studi?” chiese Merlin, esasperato. Avrebbe dato di tutto in quel momento pur di far azzittire William e i suoi pensieri.
“Uhm” disse William, prima di sprofondare in un silenzio assoluto per dieci minuti.
“Non ne ho idea. I tuoi poteri?” propose poi.
Merlin sbuffò poi rifletté per qualche secondo.
Non sapeva se avrebbe funzionato, però poteva provarci. Già in precedenza aveva sperimentato tale incantesimo, però era stato diverso, perché lo aveva provato con una persona che conosceva da tempo, di cui sapeva tutto. Con Arthur era sarebbe stato più complicato, anzi, impossibile, perché lo aveva appena incontrato; sebbene nella sua mente avesse una sua immagine vivida, per l’incantesimo serviva qualcosa di più, una forte connessione tra i due, un legame intimo, che decisamente mancava tra loro.
“Ci sarebbe quell’incantesimo che provai tempo fa per trovarti, quando ti perdesti nella foresta” disse Merlin. William iniziò a saltellare.
“Cosa aspetti allora?” urlò poi.
Merlin scrollò le spalle continuando a camminare.
“Con te funzionò perché siamo amici da tempo, ti conosco, ti voglio bene; ma Arthur..” Merlin chinò la testa e guardò le sue scarpe. Quale era il senso di avere così tanto potere, se poi non poteva farne uso?
“Provaci!” urlò William, agitato più di Merlin, il quale alzò lo sguardo verso di lui, quasi spaventato.
“Ok, ok” disse poi, quando William si fermò ed iniziò a fissarlo con fervore.
“Ci provo,” aggiunse, sedendosi sulla prima panchina che vide e chiudendo gli occhi per concentrarsi.
Erano anni che non faceva quell’incantesimo e, in più, era la prima volta che vi provava con qualcuno che conosceva a malapena. Quando lo aveva fatto anni prima, con William, era venuto istintivo, non aveva dovuto fare alcuno sforzo.
Stavano giocando nella foresta, Merlin aveva dieci anni e William ne aveva compiuti da poco undici. Nonostante le rispettive madri li avessero avvertiti di non addentrarsi troppo, allontanandosi dal sentiero principale, William aveva deciso di iniziare a correre verso il fiume.
Si stava facendo buio e William non era ancora rientrato quando Merlin, preoccupato per l’amico, aveva chiuso gli occhi e aveva sussurrato, tra sé e sé, “William, dove sei?”. In pochi secondi, davanti ai suoi occhi, era apparso vividamente William, seduto sulla riva del fiume, con le lacrime agli occhi e le ginocchia strette al petto. Qualche minuto dopo Merlin lo aveva raggiunto e assieme erano tornati a casa.
Merlin, seduto sulla panchina, con gli occhi chiusi, si prese qualche momento per respirare e calmarsi. Si sentiva sotto pressione. Poi l’immagine del proiettile che puntava Arthur gli tornò alla mente e non poté fare a meno di sentirsi preoccupato per lui.
“Dove sei Arthur?” sussurrò, senza alcuna speranza che l’incantesimo funzionasse. Non aveva una formula, era solamente un qualcosa che scattava nella sua testa.
Stava iniziando a perdere le speranze quando sentì l’energia del potere propagarsi al di fuori del suo corpo, correre nelle strade di Londra, attraversare il Tamigi.
“Arthur, l’ho trovato” sussurrò poi, contro ogni sua aspettativa.