Titolo: -MOON-
Gruppo/Artista: KAT-TUN / Jin Akanishi
Parte: 1/2
Parole: 2800 Ca
Personaggi: Jin, Tatsuya, Junno, Maru, Koki, Kame
Genere: Introspettivo, angst, romantico
Rating: nc-17
Avvertimenti: Yaoi
Disclaimer: i nomi non sono miei, i personaggi sì
Note: Il titolo inizialmente era勇気の花 (“Fiore del coraggio”, poi capirete anche il perché xD) ma alla fine ho optato per quest’altro... perché mi piaceva di più ^^ Insomma... l’ispirazione è arrivata questa mattina tipo alle 6 xD Non riuscivo più a dormire (strano, dato che avevo dormito solo 5 ore per poter leggere il manga della Mizushiro che mi ha prestato ieri Rory :P Grazie!!!) ma, non sapendo che ore fossero esattamente, credevo che la luce che entrava dalle persiane chiuse fosse quella della luna (è già accaduto altre volte!) allora ho pensato: “La luna deve essere proprio brillante”... e invece era il sole che stava per sorgere x°D Comunque! Questo mi ha ispirato :P Capirete perché ^^ Basta chiacchiere... buona lettura!!
Dedica: a Rory!!!! <3<3
Ora sto continuando a immaginare questi sentimenti, notte dopo notte.>>
“Akanishi...” gli sfugge dalle labbra. Solo un sussurro impercettibile.
E le lacrime iniziano a scendere a fiotti dai suoi occhi. Lo abbraccio improvvisamente.
“Non piangere, torniamo a casa” gli dico e lui annuisce debolmente. Lo lascio andare e, dopo aver raccolto la sua maschera, gliela porgo. Non era stata una bella idea portarlo qui.
“Grazie...” mi sussurra, è la prima volta. Sorrido e gli prendo la mano.
Il giorno dopo, sebbene sia vacanza, sono a scuola per delle prove importanti. Il nostro spettacolo di fine anno si sarebbe tenuto la domenica successiva e non potevamo permetterci di perdere l’allenamento, dal momento che una coreografia, la più importante forse, non era ancora pronta. Poi, improvvisamente, suona la campana delle dodici e trenta e io mi fiondo fuori dall’aula di danza alla sua ricerca, senza preoccuparmi di fare una doccia prima. Dopotutto ero andato a scuola con quel pensiero, e le lacrime di Tatsuya non volevano abbandonare la mia retina.
Perlustro ogni aula e corridoio, e infine lo vedo che esce dall’edificio . Inizio a correre per raggiungerlo.
“Akanishi!” grido, la voce che esce nemmeno sembra la mia. Lui si volta stupito e non fa nulla per evitare che un mio pugno lo colpisca in pieno volto. “Come ti sei permesso di farlo piangere?!”
Akanishi si rialza da terra toccandosi il labbro inferiore che inizia a sanguinare e sorride. “Non m’importa se sei il suo ragazzo...” sibila e, senza che me rendessi conto, mi arriva un colpo al viso. Barcollo indietro e porto una mano alla gote sinistra.
“Non m’interessa!” continua a gridare, qualche studente dell’accademia si ferma a guardare ammutolito “Non m’interessa, capisci? Lo amo, e ora che l’ho ritrovato non posso lasciartelo!”
Mi avvicino di colpo e lo prendo per il collo della t-shirt bagnata di sudore. “Ripetilo se ne hai il coraggio...” sussurro, fissandolo negli occhi. Lui regge il mio sguardo.
“Amo Tatsuya” ripete, senza paura. Rimango un momento sconvolto, poi carico un altro pugno. Lui stringe gli occhi.
“Junnosuke-kun!” sento che mi chiamano. E’ la sua voce...
Mi volto di scatto.
“Nakamaru-sensei...” sussurro e lascio andare Akanishi immediatamente.
“Voi due, venite nell’infermeria che vi disinfetto le ferite” dice semplicemente, con aria dolce.
Akanishi schiocca la lingua. “Non c’è bisogno, professore” e se ne va senza aggiungere altro.
Io chino la testa e rientro insieme al sensei.
Una volta arrivati in infermeria, il sensei mi fa sedere su una sedia.
“Cosa stavi facendo?” mi chiede, il suo tono non è arrabbiato, poi prende una scatolina dallo scaffale di medicinali e si avvicina aprendola. Un odore forte pervade improvvisamente la stanza.
“N-niente, sensei...” e lui inizia a spalmare quella pasta fredda sulla mia gote “Non accadrà più, mi dispiace.”
Sorride a pochi centimetri dal mio volto e io non riesco a guardarlo. “Non devi scusarti, da quel poco che ho capito, stavi difendendo una persona importante, no?”
Con un guizzo i miei occhi incontrano i suoi. Arrossisco e, lentamente, dico di sì con la testa.
Poi si allontana e rimette a posto la scatolina di pomata.
Porto involontariamente le dita nel punto in cui poco prima erano poggiate le sue.
“Non toccarti, ti sporcheresti le mani...” mi ammonisce, sempre con quel sorriso dolce, e io sobbalzo. Sei così gentile con tutti i tuoi pazienti?
Poi il sensei mi dà le spalle e inizia a sistemare dei fiori che sono sul tavolo sotto la finestra. Mi sporgo per cercare di vedere, ma non conosco quei fiori. Sono bianchi, e sembrano delle soffici stelle.
“Ti capisco...” dice improvvisamente, come se quella frase fosse il frutto di un suo ragionamento “...sai, queste stelle alpine mi ricordano una persona importante... anche io l’avrei protetta come hai fatto te... ma non sono riuscito a cogliere Edelweiss...”
Rimango immobile sulla sedia. Che vuol dire?
Ma non faccio in tempo a chiedere nulla, perché lui si volta di scatto.
“Ha la tua età... ma nella danza non è così brava... forse ora è migliorata... non la veda da tre anni.”
Perché mi stai raccontando questo?
“Okay, Junnosuke-kun,” dice poi “puoi andare” e mi apre la porta. Annuisco, ed esco senza aggiungere altro.
Una volta tornato a casa spero che Tatsuya stia ancora dormendo. Entro senza far rumore, ma non appena mi infilo le ciabatte lo sento che mi saluta dalla cucina.
“Okaeri!” grida. Cavoli... non posso farmi vedere così. “Jun!” grida ancora, ma io non rispondo e mi fiondo in bagno tentando di chiudermi dentro. Non faccio in tempo e lui blocca la porta con un piede.
“Hey, apri!” dice “Che hai?”
Alla fine cedo e lui riesce ad entrare. Mi guarda allibito, porto subito una mano sul volto.
“Chi ti ha preso a pugni?” dice scioccato, continuando a guardare il mio zigomo sinistro. Scuoto la testa. Non puoi saperlo, non posso dirtelo...
Mi prende per le spalle e mi fissa intensamente, intimandomi di parlare solo con lo sguardo.
“Avevi detto che nessuno sarebbe stato geloso se ti avessi presentato come il mio fidanzato...”
“E’ stato... Akanishi?”
Annuisco. “Ma sono stato io il primo a colpirlo... scusa.”
“E perché?”
“Ti ha fatto piangere! Non potevo perdonarlo!”
Rimane a bocca aperta.
“Non dovevi farlo...” commenta e mi lascia andare. Io gli sorrido, sai che per te potrei anche morire.
“E poi ci siamo presi a pugni...” e scoppio a ridere, di una risata isterica “Non mi era mai successa una cosa simile!”
Ride anche lui.
“Sei un deficiente!” mi dice dandomi un colpo sul braccio.
“Lo so, ma è stato istintivo... e poi lui mi dice che ti ama! Come potevo non colpirlo!” si paralizza “Mi sono ingelosito! Una persona egoista come quel tipo non ti potrà mai rendere felice!” e continuo a ridere. Poi mi avvicino e gli do una pacca sulla spalla.
“Non ti preoccupare, Ta-chan... ti tengo lontano io da persone del genere!” e esco dalla stanza, senza che lui possa notare la mia espressione vuota.
“Jun...” sussurra all’improvviso, e io torno indietro stampandomi un sorriso sul volto.
“Cosa?”
“E se invece non volessi stargli lontano?”
Il sorriso scompare dal mio volto, ma dura poco. Capisco, non posso tenerti legato a me per sempre...
“Davvero?” chiedo e rientro in bagno “Ti piace?”
Qualche secondo, poi Tatsuya annuisce piano con la testa. Sorrido e batto una volta le mani. Okay.
“Ma chi l’avrebbe mai detto!” dico “Allora l’ho picchiato per nulla!”
Scuote la testa sorridendo.
“Ti ringrazio per quello.”
Annuisco orgoglioso. “Se ti fa piangere ancora avvisami che lo aspetto per il secondo round!”
Si mette a ridere piano.
“Ah...” esclamo poi “Chi gli dice che non è vero che stiamo insieme?”
“Lo farò io” risponde sicuro “Domenica questa”
“E perché domenica?”
“C’è il vostro spettacolo di fine anno no? Verrò a vederlo.”
Rimango sorpreso e sorrido.
“Mi auto convincerò che vuoi venire per vedere me e basta!”
“Okay!” e ride ancora “Ma sono convinto che sei molto più bravo di Akanishi!”
“Non c’è dubbio!” ribatto io, e lui torna in cucina. Lo osservo allontanarsi e sospiro.
La mattina dopo, prima di andare a scuola, accendo il PC per fare una piccola ricerca: digito Stella Alpina.
“E’ il fiore che simboleggia il coraggio,” leggo “per via dello sprezzo del pericolo che talvolta esso richiede per essere raccolto sulle rocce.” Faccio una pausa, sento dei movimenti dal piano di sopra, dalla stanza di Tatsuya, e mi sbrigo a leggere il seguito: “Secondo una leggenda svizzera questo fiore sarebbe stato un tempo una fanciulla così bella, pura e nobile di animo che, sebbene desiderata da molti cavalieri, non incontrò mai nessuno degno di diventare suo sposo. Quando morì, ancora non sposata, fu trasportata sulle vette più eccelse delle montagne e trasformata in un fiore che fu chiamato Edelweiss (che significa nobile bianco) e che nasce in luoghi inavvicinabili per gli esseri umani.”
Chiudo in fretta lo schermo del PC portatile e saluto Tatsuya che scende le scale in quel momento.
“Giorno, Jun...” rispose lui ancora mezzo addormentato “Che fai già in piedi?”
“Questa mattina abbiamo altre prove...”
“Ah, ecco... ma tu una pausa no?” chiede ed entra in cucina.
“Dopo lo spettacolo” e rido. Sento che apre il frigo. “Ti ho preparato un paio di toast,” grido prendendo la giacca di jeans “Ci vediamo questa sera!”
“Ah, grazie! Ma non torni per pranzo?”
“No, oggi dobbiamo metterci sotto! Ittekimasu!”
“Itterashai!” e chiudo il portone dell’appartamento.
Arrivo a scuola e passo davanti all’infermeria di proposito, sebbene quella fosse la strada più lunga.
“Ciao, Junnosuke-kun” mi saluta il sensei che se ne stava appoggiato allo stipite della porta come ogni giorno.
“Buongiorno...” ricambio io e faccio finta di nulla sorpassandolo.
“Ah!” esclama e io mi volto “Scusa per ieri, ti ho detto delle cose senza senso...”
Scuoto la testa.
“Deve amare molto quella persona.”
Lui resta ammutolito un secondo, “Forse, ma è una vecchia storia...” dice poi.
“L’ha colti lei quei fiori che tiene nel vaso?”
Annuisce, “Ogni volta che ho del tempo libero, mi piace andare a camminare sulle alture.”
“Ci vuole del coraggio, so che le stelle alpine crescono in punti difficili da raggiungere” dico io, ma non oso guardarlo.
“Me lo sono imposto, da quando se ne è andata...”
“La smetta, per favore...” replico senza pensare, “E’ pericoloso” e me ne vado senza aggiungere altro.
Raggiungo in fretta la mia aula un po’ scombussolato. Perché ho risposto al sensei in quella maniera fredda? Ho reagito come ieri, senza pensare... devo smetterla di farmi prendere dalle emozioni. Devo essere più razionale. Non avrei dovuto dirgli di smettere... è come se qualcuno mi dicesse di smettere di voler bene a Tatsuya... scuoto la testa, quello è un altro discorso... il sensei ama quella persona.
“Amo Tatsuya”
Io posso dire di amare il sensei in questo modo? Così, senza paure, come ha detto Akanishi? E’ impossibile...
“Mi sono ingelosito!”
Sono forse geloso di quella Edelweiss? Ma ora è un altro sentimento... non è la stessa gelosia che provo per Tatsuya, giusto?... mi metto le mani nei capelli, che confusione! La mia testa sta per esplodere.
Fortunatamente l’insegnante di danza ci richiama all’ordine e io ritrovo un po’ di controllo.
Mi metto in posizione e la musica mi svuota da ogni timore.
All’uscita della doccia mi imbatto in Akanishi che entra nel bagno in quel momento.
“Ah, sei tu...” dice solo e mi sorpassa.
“Akanishi!” lo chiamo e lui si volta “...mi dispiace per ieri.”
Scuote la testa. “E’ il tuo ragazzo, io avrei fatto lo stesso...”
Stringo i pugni. “Vuoi parlarci?” gli domando e lui mi guarda incredulo.
“Eh?”
“No, niente...” aggiungo e me ne vado di corsa. Prima voglio mettere in ordine i miei sentimenti.
Una volta fuori dall’edificio principale mi dirigo verso i dormitori della scuola e busso ad una camera.
“Taguchi-senpai?” dice Kamenashi, stupito di vedermi ed io entro senza farmi troppi scrupoli.
“Yo!” mi saluta Tanaka, seduto sul divano, intento a leggere una rivista sportiva. Ricambio il saluto e mi siedo su una sedia accanto a lui. Anche Kamenashi ci raggiunge nella stanza e si appoggia al muro.
I secondi passano ma nessuno dice niente.
“Kamenashi,” inizio poi “ti ricordi quando mi avevi detto che potevo chiederti qualsiasi cosa?”
“Mmm... sì, era quando ti sei trasferito nella scuola, vero?”
“Già... ecco, avrei bisogno ora del tuo aiuto, e anche di quello di Tanaka-kun.”
Tanaka alza lo sguardo dalla rivista e guarda prima Kamenashi, poi me, infine torna a leggere.
“A me sta bene” dice solo e anche Kamenashi annuisce.
Prendo un respiro profondo: “Potrei guardarvi mentre vi baciate?”
Kamenashi sgrana gli occhi.
“Eh?”
“Ah... volevo solo...” voglio solo vedere se mi fa qualche effetto. “No, niente...”
“Okay. No, Kazu?” dice invece Tanaka e invita con un gesto l’altro ad avvicinarsi mentre posa la rivista sul piccolo tavolino ai suoi piedi.
Kamenashi si avvicina al divano scettico e Tanaka, prendendolo per un braccio, lo fa sedere su di lui.
“Aspettate!” dico improvvisamente e i due si voltano a guardarmi. Devo essere completamente rosso in viso, lo sento scottare. “Prima... vorrei sapere... come avete fatto ad accorgervi che vi... insomma... che vi amavate.”
Koki sorride.
“E’ stato facile,” inizia Kamenashi “Lo sapevamo già, mancava solo l’occasione giusta per rompere il ghiaccio.”
Poi Tanaka lo tirò a sé e vidi le loro lingue incontrarsi prima delle labbra, che si sfiorarono solo. Kamenashi sorrise e l’altro lo baciò una seconda volta.
Mi immobilizzai sulla sedia e strinsi forte le mani: improvvisamente quelli che vedevo non erano più i miei due kohai. Erano Nakamaru-sensei, e io.
Quando uscii dalla loro camera ero decisamente scombussolato, e il mio cuore non voleva tornare a battere normalmente.
Raggiunsi l’entrata principale barcollando, e mi appoggiai al cancello per non cadere.
“Junno!” mi chiamano? “Junno!” cerco di mettere a fuoco. Il sensei tenta di reggermi, non preoccuparti, sto bene.
“Hey, mi senti?” continua a dire e io annuisco, poi alzo il viso e gli fisso le labbra che continuano a muoversi. Cosa dici? Mi avvicino per sentire meglio, i nostri visi sono a pochi centimetri.
Improvvisamente mi riscuoto e mi allontano di botto.
“S-sto bene...” balbetto, cercando di tornare lucido “...sarà perché non ho fatto colazione...”
Il sensei mi guarda attonito. Sono arrivato talmente vicino con le labbra che, forse, l’ho baciato? Oddio, non lo so.
“Mi dispiace!” dico spingendolo lontano, ma mi gira di nuovo la testa e devo appoggiarmi al cancello della scuola per non cadere. Tatsuya me lo dice sempre di fare colazione... ma questa mattina avevo altro per la testa...
“Mi dispiace...” dico ancora. Lo vedo scuotere la testa.
“Junno, non scusarti, non hai fatto nulla...” poi mi fa sedere a terra, “Ecco, mangia questo cioccolatino, ho solo questo con me, ma ti farà bene...”
Lo accetto ringraziando.
“Ti ho visto uscire dai dormitori che ciondolavi in questo modo... mi hai spaventato...”
“E’ solo un calo di zuccheri...” commento mordendo il piccolo pezzo di cioccolato. Poi alzo gli occhi e gli sorrido.
Lui ricambia.
Sei sempre così gentile... lo eri anche con quella persona? Vorrei chiederti perché... perché lo sei anche con me, e mi illudi in questo modo...
Tento di rialzarmi e lui mi aiuta. Mi inchino velocemente.
“Ora devo andare a casa...”
“Dalla persona speciale che ti sta aspettando?”
“Eh...?”
“Ci vediamo dopodomani... verrò allo spettacolo... metti che qualcuno si fa male...”
“Ah sì... arrivederci...” lo guardo un’ultima volta, e mi allontano. Sto meglio.
Credo che lo spettacolo sia andato bene perché alla fine tutti applaudono e si alzano in piedi sorridendo. Anche io sorrido, e cerco Tatsuya tra il pubblico, ma lui non mi sta guardando... guarda... Akanishi?
Il sipario si chiude e io sospiro. Almeno durante il mio solo è stato attento, e non ha mai smesso di fissarmi. Io ovviamente non potevo distrarmi, ma sentivo perfettamente il suo sguardo su di me.
“Junnosuke!” mi chiama Akanishi, dopo avermi raggiunto “Ti prego... voglio parlarci.”
Lo osservo senza scompormi.
“Come?”
“Me l’hai chiesto l’altro giorno, ti ricordi? Ti prego...”
Mi avvicino e lo prendo una seconda volta per il colletto della camicia, al diavolo gli stilisti dello spettacolo.
“Ti giuro che, se provi a farlo piangere...”
“Non potrei mai farlo piangere!!” grida, e nei suoi occhi c’è la stessa sicurezza dell’altra volta. Lo lascio andare.
“Aspetta nel mio camerino” sussurro, e il tono della mia voce si addolcisce un po’.
“Grazie...” e poi fugge. Io mi porto una mano tra i capelli e mi dirigo anche io nel backstage.
Mi faccio largo tra la folla che continua a congratularsi con me e infine lo vedo: Tatsuya viene dalla direzione opposta.
Bene, siamo proprio davanti al mio camerino. Mi avvicino a passo svelto, lui vuole dirmi qualcosa ma non lo lascio parlare, la sua voce mi distrarrebbe.
Lo prendo per un braccio e lo spingo oltre la soglia.
“Jun!” ma riesco a chiudere la porta di scatto. Rimango più di un minuto là davanti, con le dita incollate alla maniglia.
Ho fatto la cosa giusta? Temo di poter sentire qualcosa provenire dall’interno, eppure... non riesco a muovermi. Vorrei tornare indietro, ma non si può più oramai. Ormai l’ho fatto.
“Junnosuke!” mi volto lentamente, il sensei è sorridente come sempre. Mi inchino, e le mie dita si staccano dal pomello della porta con facilità.
“Sensei...”
“Sei stato eccezionale” commenta.
“Troppo gentile, ma credo che sia andata bene.”
“E andata più che bene! E nemmeno un ferito!” dice, e mi esce una risata. Lui mi fissa.
“Posso offrirti da bere?”
Rimango impietrito.
“Da... bere?”
“Sì, vorrei parlarti...” risponde “Conosco un locale qua vicino, vuoi?”
Dico di sì senza pensarci. Dopotutto... questa è l’ultima volta che posso stare con il sensei prima delle vacanze estive.