[Originali - Epico] Et nos cedamus Amori

Oct 03, 2014 18:23

Titolo: Et nos cedamus Amori
Autore: AliYe
Fandom: Originale - Epico
Personaggi/Pairing: Afrodite, Artemide (Olympus-cest, andate avanti per capire che coppia sia)
Rating: PG
Parole: 680 secondo Word, 678 per FDP
Avvertimenti: //
Prompt (per 500themes_ita): 265. Meglio che resti non detto
Note: brevissima flash che mi è scattata perché stavo studiando greco e improvvisamente mi è venuto in mente che non scrivevo da troppo, troppo tempo. Pensavo che la prima volta che avessi scritto su questa coppia sarebbe stato più… incentrato su tale coppia. Me lo riservo per il possibile sequel dell’altra flash che ho pubblicato nella stessa sezione.
Non ho riletto, non so cosa io abbia scritto, so solo che non c’è spannung e che ha poco senso. Però ve lo tenete lo stesso :3
Ah, lo so che il titolo è in latino (devo smetterla di usare Virgilio) e idealmente questa si ambienta nel mondo greco, ma vi tenete anche la contraddizione <3
Riassunto: //


L’amore vince sempre.
Forse Zeus governa l’Olimpo, e a Poseidone gli umani fanno sacrifici prima di issare le vele, pregando Ade di risparmiarli per un giorno in più. È Era che siede alla destra di Zeus e con sussurri e laide promesse ne influenza le decisioni, Atena che si consulta preparando una guerra, Ares che si vuole al proprio fianco in battaglia. Componendo si chiedono l’illuminazione e la benedizione di Apollo, forgiando una spada ci si augura che Efesto la renda più resistente e affilata di quella con cui si scontrerà, viaggiando si confida nella protezione di Ermes. Ogni sera, i mortali fanno festa in nome di Dioniso.
Di queste futili sciocchezze, Afrodite ride.
Ride con allegria, senza pudore, della stupidità degli uomini e degli dei, perché sui loro capi pendono i suoi capricci come minacce di morte, o promesse di gioia eterna, e non hanno ancora voluto rendersene conto.
Non è suo il trono del padre degli dei, eppure detta storie d’amore e storie di guerra, tradimenti, assassinii e frodi che nemmeno Zeus può impedire.
Per merito suo, Efesto ed Ares portano avanti da secoli una faida che diletta l’Olimpo e la terra; pur non corrompendo Era in una sorta di rispetto, si diverte ad immaginare come suscitare in nuovi modi l’ira della venerabile tra le dee, spingendo l’amato suo marito a follie; grazie a lei, innumerevoli miti hanno avuto origine.
E le basta sapere questo per accostarsi, sorridendo del suo laido e vezzoso sorriso, al tavolo dell’Acropoli, consapevole, seppur non sedendo sullo scranno che domina la scena, di occupare il più importante tra i dodici troni celesti, e nei confronti degli altri non prova altro che la stessa compassione dei vincitori per i vinti - perché, dopotutto, ciascuno di loro ha perso contro Afrodite.
<< Non io, Cipride, e non mi aggiungerai ai tuoi trofei. >>
Ma di Artemide Afrodite ride ancora.
È una risata più tenue, quasi trattenuta - ma non per questo più amara, perché Afrodite vince sempre.
Quando si cantano inni in onore della più bella tra le dee, invocando Artemide ed il suo fascino fanciullesco di indomita e casta, Afrodite non cova rancore.
Quando una nuova fanciulla si consacra alla Cacciatrice, o entra a far parte del suo corteo di ancelle, Afrodite non si cruccia - i giuramenti sono vani di fronte alle sue decisioni, e per sua volontà una vergine può smettere di esserlo prima che il sole tramonti.
Quando, nelle rare volte in cui Artemide sale all’Olimpo, incrociano gli sguardi e Artemide la scruta, impassabile, per poi distogliere lo sguardo e avvicinarsi al posto che le spetta fra i troni dei Dodici Dei, è allora che Afrodite deve accostare una mano alle labbra per nascondere il suo proverbiale sorriso.
La lascia incedere con passo sicuro, non parla per non turbare la sua espressione. Aspetta.
E quando la sedia dorata alla destra dell’Arciera viene occupata, è allora che il bel petto minaccia di scuotersi a ritmo di una risata che è più un canto di vittoria.
La più splendida, la più gloriosa delle vittorie - e non le importa che nessuno le dedichi un canto di trionfo o le offra doni e ricompense.
Il suo premio è l’espressione guardinga di Artemide, ormai assente da troppo tempo dall’Olimpo per essere a suo agio, che si illumina al << Bentornata a casa, sorella >>, sussurrato perché lei sola lo carpisse - come se l’udito dell’Amore si lasciasse sfuggire il più tenue dei mormorii! -; è lo scambio di sguardi complici, la corona di alloro che le cinge il capo.
Manca il perentorio << Non è questa casa mia >>, puntuale risposta a chiunque altro le auguri lo stesso.
Al suo posto, un sorriso.
“Mia piccola bimba, prima ancora che sfidarmi, proteggiti da te stessa.”
Agli occhi degli altri dei, i figli di Latona si sono ricongiunti, ma di fronte anche alla nuda verità gli altri dei sono ciechi, e tanto più lo sono quanto più queste li riguardano da vicino.
Contempla i suoi trofei con soddisfazione prima di prendere posto.
L’Amore vince sempre - e le vittorie taciute mietono altrettante vittime.

prompt: 265, rating: pg, fandom: originali

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