[Sherlock BBC] The sixtieth minute

Jan 22, 2014 00:02

Titolo: The sixtieth minute
Autore: AliYe
Fandom: Sherlock (BBC)
Personaggi/Pairing: Original Character, Sherlock Holmes, implied Johnlock
Rating: PG
Genere: triste, introspettivo
Parole: 1940 secondo Word, 1921 per FDP
Avvertimenti: Slash (implied), Kidfic
Prompt (Per la community 500themes_ita): 339. Un tempo per stare in lutto.
Note: Non credo possa essere definita Johnlock. In primo piano John non c’è, così come nemmeno Sherlock(<3) o Mycroft (<3) agiscono direttamente. Non mi piacciono gli OC né mi fanno impazzire le prime persone, ma… Ma boh. Mi è piaciuto calarmi nei panni di un bambino. Credo che un giorno lo rifarò, anche se non in questo fandom.
A proposito, questa è la mia prima ff in questo fandom! … Che brutto inizio, nemmeno una Johnlock vera e propria. Oh, beh. Mi farò perdonare :D
Ultima cosina: avrei voluto aggiungere un pezzo finale in cui tornasse il personaggio di Nora, ma più ci provavo, più mi rendevo conto che il finale del compito era anche il finale della storia. Basta, doveva essere così. Essendo una bambina a scrivere, i (pochi) congiuntivi errati sono voluti - sempre che li abbia lasciati, i congiuntivi errati. (ps. Dovendo creare un personaggio che fosse cresciuto con Sherlock come unica figura di riferimento, l’ho creata con diverse somiglianze a lui, comportamentali ed intellettive.
Disclaimer: il mio nome non è né Moffat né Gatiss; fosse stato così, Sherlock e John avrebbero levato l’eye dall’eyesex sin dal primo episodio.


King’s Primary School, classe 3B.
Una dei pochi ancora a scuola nonostante l’orario tardo, la maestra Hathaway segna una svogliata B+, seguita dalle illeggibili iniziali “N. H.”, sul compito che Terry Berkeley le ha consegnato quella stessa mattina, stringendo compuntamente le labbra in una linea sottilissima - l’amore di Nora per i bambini è sempre stato smisurato, ma la lettura si è sempre contesa il posto d’onore con l’insegnamento, ed il fatto che a scrivere siano stati delle creature di otto anni non toglie che, ogni volta che legge “ho andato” e “se sarei”, lei rabbrividisca per il disgusto.
Le mancano pochi compiti: Nora allunga la mano e, prima di gettarsi a capofitto nella correzione, prende un lungo sorso di Earl Grey ancora fumante dalla tazza: nel leggere il nome scritto a caratteri tondi ed ordinati in penna nera le sale un sospiro. Pur essendo la più brillante, sempre che di brillante si possa parlare quando l’oggetto di discussione sono alunni delle elementari, Harriet Watson è anche la più svogliata tra i suoi compagni di classe: non è raro che si distragga, o che porti la pagina dei compiti a casa orgogliosamente vuota (<< Erano noiosi >>). Nora l’avrebbe da tempo sospesa (si possono sospendere alunni delle elementari?) se non fosse per le sue capacità eccezionali, come i calcoli a due cifre che è già in grado di fare a mente, o la nozionistica di un alunno delle medie, o vocaboli sorprendenti e conoscenza delle regole della grammatica quasi perfetta - e la letteratura è sempre stata uno dei grandi amori di Nora, che non può fare a meno di pensare quale futuro splenda su quella bambina.
Alla traccia (“Il giorno più bello dell’anno”) seguono varie pagine scritte con quella calligrafia precisa e minuta che Nora conosce bene. Prende un altro sorso di Earl Grey, si aggiusta gli occhiali e comincia a leggere.

Prima del compito ho chiesto a Gemma e secondo lei il giorno più bello dell’anno è il suo compleanno: anche a me piace il mio compleanno, ma non è il giorno più bello, e non è nemmeno Natale, anche se ricevo tanti dolci da Mrs. Hudson e dai miei nonni e a volte anche dei regali da zio che però non c’è quasi mai perché lavora quasi sempre.
Il giorno più bello dell’anno è quello che viene dopo il giorno del silenzio.
Il giorno del silenzio è il giorno peggiore dell’anno.
Viene ad agosto, poche settimane dopo il mio compleanno, ed è il giorno in cui il mio papà si chiude in camera sua e non lascia entrare nessuno, non si fa nemmeno portare il tè da Mrs. Hudson (lei non è la cameriera, anche se ogni tanto papà se ne dimentica, specie quando è tanto così dalla risoluzione di un caso; lei è Mrs. Hudson e basta). Però già in camera sua non ci entra quasi mai nessuno, solo che nel giorno del silenzio il mio papà non ne esce nemmeno.
Il mio papà non è il tipo da chiudersi in camera sua; quando è annoiato gli piace sparare allo smile sulla parete, anche se Mrs. Hudson dice che non fa bene alla mia educazione. Quando non lo è, va in giro per tutta Londra e segue persone che hanno fatto del male ad altre persone. Secondo me è un eroe. A volte porta anche me in giro e mi mostra come il cattivo di turno ha ingannato, derubato o ucciso la vittima di turno - a Mrs. Hudson questo non sta bene, dice che mi sta rovinando l’infanzia. Papà non l’ascolta, anche se a volte sembra rimanerci male: comunque, ha acconsentito a non portarmi a vedere i cadaveri.
In ogni caso, al mio papà non piace rimanere inattivo per tutto il giorno. Durante il giorno del silenzio, che è l’unico in tutto l’anno in cui lo fa, lo fa perché è tanto triste, e anche questa è una cosa strana, perché papà si annoia, si arrabbia, si esalta, ma non sembra mai triste.
Certo, mica mi viene a dire che lo è, ma lo capisco.
Nel giorno del silenzio, io di solito rimanevo da sola. Certo, con me c’era sempre Mrs. Hudson, ma lei passava la giornata a sospirare con le lacrime agli occhi e da un certo punto del pomeriggio in poi usciva di casa e spariva (lo fa ancora, e quando esce ha sempre un mazzo di fiori in mano, e prima di uscire va sempre a bussare alla porta di papà e gli dice: << Sherlock (il mio papà ha un nome strano ed un cognome che non è manco il mio), quest’anno sarebbe bello se venissi anche tu a portare i fiori >> e papà non risponde mai. Mrs. Hudson abbassa la testa e dice qualcosa come: << Lui lo faceva sempre, Sherlock >> e una sola volta ho sentito papà rispondere << Ma non andava a piangere un morto vero. >>).
Nel giorno del silenzio lei esce sempre, dicevamo, solo che è da tre anni che nel giorno del silenzio passa zio Mycroft a prelevarmi: andiamo a casa dei nonni, che si rammaricano dell’assenza di papà, e rimaniamo a pranzo lì.
Anche zio Mycroft è triste, e anche i nonni. Loro sono convinti che torte e dolci e i piatti della nonna e le storie divertenti del nonno mi distraggano, ma sono più intelligente di quello che pensano. Mrs. Hudson dice sempre che assomiglio troppo al padre sbagliato, anche se non ho mai capito cosa volesse dire.
Poi andiamo a fare una passeggiata. Andiamo a Hyde Park, alla Torre di Londra, facciamo un giro sulle biciclette (ho provato a spiegare a zio che le ruote delle bici e gli ombrelli non vanno d’accordo, ma lui non lo vuole capire) e zio Mycroft ignora quasi tutte le chiamate sul cellulare, tranne quelle veramente, veramente importanti.
Non è poi tanto male, il pomeriggio, perché non passo mai tanto tempo con zio Mycroft, e parlare con lui è come parlare con papà, solo diverso. Parlare con loro due è simile e allo stesso tempo è tutta un’altra cosa. È difficile da spiegare perché parliamo alla maniera della famiglia Holmes, cioè parlare senza spiegare nulla e poi aspettare che l’altro ci arrivi per deduzione. O induzione. Non mi ricordo quale delle due.
<< Lo vedi il Big Ben? >> mi ha chiesto l’anno scorso lo zio.
Certo che lo vedo, gli ho detto, ci stiamo proprio di fronte.
E zio ha riso, e poi ha detto che a volte le persone sono un po' come degli orologi, e una persona fa la lancetta dei minuti e l’altra quella delle ore. Quando cade la lancetta delle ore, quella dei minuti continua a girare per cinquantanove minuti, ma arrivata al sessanta si sente persa, perché è passata un’ora, è vero, ma un’ora da che? E la lancetta dei minuti si sente male e vorrebbe cadere anche lei, ma poi passa anche il sessantesimo minuto e tutto il giro ricomincia e la lancetta ha di nuovo uno scopo.
Lì per lì non ci ho dato peso, ma ho fatto male, perché quando si parla alla maniera della famiglia Holmes due parole possono essere più importanti di tutto un discorso.
Quest’anno, il giorno prima del giorno del silenzio, ho scorto papà steso sul divano, tutto distratto e un poco triste (no, papà non sembra mai triste, ma io l’avevo capito lo stesso. È difficile da spiegare), e mi è venuto in mente che forse è così che si sente la lancetta dei minuti durante il cinquantanovesimo minuto.
Dopo il pomeriggio passato con zio, torno a casa che papà è ancora chiuso in camera. Io vado a bussargli e gli dico che zio Mycroft mi ha riportato a casa, perché so che altrimenti papà si infurierebbe e chiamerebbe zio e darebbe tutta la colpa a lui (ma la colpa di che, quello non lo so), poi vado in camera mia, aspetto che Mrs. Hudson torni per cena e poi dopo aver mangiato vado a dormire.
È proprio brutto, il giorno del silenzio, perché tutti sono tristi e papà è il più triste di tutti. A volte lo sento piangere, ma Mrs. Hudson dice che mi sbaglio, che papà non è triste, che non piange mai.
Mrs. Hudson è o proprio cieca e sorda o proprio bugiarda, però alla fine del giorno del silenzio la perdono, perché vedo come guarda la porta della camera di papà e con quanta cura mi rimbocca le coperte al posto suo. Alla fine lei ci sta peggio di me, ma questo credo che sia normale, visto che nessuno mi vuole dire cosa succede, o è successo.
Il giorno dopo, però, è il giorno più bello dell’anno. È papà a svegliarmi con una tazza di tè ed un abbraccio, ed è stranissimo perché papà è tutto rigido quando deve abbracciarmi. Anzi, non lo fa quasi mai. Usciamo subito e andiamo in giro per Londra, e non importa che le gambe mi facciano male per la passeggiata con zio Mycroft del giorno prima. Spesso cerchiamo lavoro, perché diverte sia papà che me; una volta ha provato ha regalarmi una bambola, ma io non la volevo, anche perché ci eravamo fermati troppo a lungo nel negozio e il possibile rapinatore (che poi era un rapinatore vero, ma questa è un’altra storia) stava per sparire nella metropolitana.
Io lo vedo che papà si sente in colpa, e ogni tanto mi chiede se non io preferisca il parco giochi o quello di divertimenti, o “stare con i bambini della mia età”, però io voglio stare con lui nel giorno dopo il giorno del silenzio, perché voglio assicurarmi che l’orologio riprenda a funzionare per bene. E poi, io con papà sto benissimo.
Alla fine della giornata ci fermiamo a mangiare in un ristorante dove papà conosce i proprietari: ogni volta che entriamo, il cuoco chiede se abbiamo stampelle da dimenticarci, che non so che significhi. Mangiamo così tanto che alla fine mi sembra di scoppiare.
Quando usciamo è tardi e prendiamo un taxi, e già lì comincio ad avvertire il sonno. Spesso prima di arrivare a Baker Street mi sono già appisolata, così che papà è costretto a prendermi in braccio per portarmi in camera mia: nel farlo mi sveglia sempre, perché è la persona meno delicata del mondo, ma faccio finta di dormire ancora, anche se credo che se ne accorga quando uno mente e quando invece dorme sul serio.
Se sapesse che sono sveglia, però, forse mi farebbe camminare, e a me stare in braccio a papà piace tantissimo: mi “sveglio” solo sulla soglia di camera mia.
Papà mi rimbocca le coperte e resta con me fino a quando non mi addormento. Non canta ninnananne, anche perché credo non lo sappia fare, però se glielo chiedo mi suona qualcosa con il violino. però prima di chiudere gli occhi mi ricordo sempre di dirgli che gli voglio bene e che è il papà migliore del mondo, e lui sussulta sempre, come se non se lo aspettasse; poi spegne la luce, e io davvero non ce la faccio a rimanere sveglia con la luce spenta.
Provo a ripeterglielo, quando si alza, ma non riesco mai a sentire la risposta, se ce n’è una.
Lo so che tutti quanto lo dicono ai propri papà, ma nel mio caso è vero, perché nessun papà si rompe e si rifà nell’arco di un giorno. Ed è proprio questo che rende il giorno dopo il giorno del silenzio il giorno più bello dell’anno: non è perché facciamo qualcosa di straordinario, né perché ricevo tanti regali. Il giorno più bello dell’anno è quando papà ricomincia il primo minuto.

autore: aliye, prompt: 339, rating: pg, fandom: sherlock bbc

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