Titolo: Ich gehöre dich
Autore: AliYe
Fandom: Vocaloid
Personaggi/Pairing: Len/Rin, Gumi
Rating: PG (qualche parolaccia qui e là, ma nulla di eclatante)
Genere: Commedia, Slice of Life (+ Stronzata Colossale, genere di mia invenzione)
Parole: 1691 secondo Word, 1657 disse FDP
Avvertimenti: //
Prompt (Per la community 500themes_ita): 106. È tutto ciò che ti chiedo
Note: se avete aperto questa storia aspettandovi meravigliosi approfondimenti psicologici, introspezione, grandi exploit sui sentimenti, characer development e tutte quelle stronzate che fanno di una storia una buona storia, fate dietrofront; questa è una SC (vedete sopra) scritta prima circa due mesi fa, poi cancellata oggi pomeriggio e riscritta tutta daccapo in meno di un’ora. Mentre qualcosa di veramente big aspetta nella cartella da secoli di essere rivisto, completato e ritoccato, mentre una Miku/Luka (devo decidermi a cambiare pairing quando si tratta di Vocaloid, dammit) attende che mi decida a pubblicarla, e mentre aspetto che il blocco dello scrittore passi del tutto, questa è una piccola shot fatta per strapparvi un sorriso, così come lo ha strappato a me nello scriverla. Se ci sono riuscita, sono contenta. Se vi ho fatto perdere tempo, mi dispiace.
Ho sfruttato la conoscenza del tedesco di Giuls (Claud10107), dal momento che google traduttore è capace di tradurre “il gatto è sul tetto” in “il tetto è rosso”, facendo sparire il gatto.
Disclaimer: il giorno in cui i Vocaloid mi apparterranno, avremo una canzone + AMV Yamashizuke ogni settimana.
Riassunto: //
<< Non posso, devo finire storia. >>
<< È tutto ciò che ti chiedo, dai - non puoi dirmi di no! >>
<< No. >>
<< Rinny, per favoooooooore! >>
Fu più per evitare di sentire ancora l’orribile nomignolo affibbiatole che per l’effetto riscosso dalle preghiere di Gumi che Rin alzò gli occhi al cielo e si appoggiò allo schienale della sedia, sistemandosi il cellulare contro l’orecchio: << … Perché è così importante, per te? >>
<< Per un progetto di tedesco, te l’ho detto. >>
Trattenne un commento alquanto acido (“Non hai studiato tedesco per tutto l’anno, perché ti sei impuntata proprio a marzo?”) e alzò platealmente gli occhi al soffitto, nonostante non ci fosse nessuno ad osservarla: << E perché non ne parli direttamente con Len, scusa? >>
<< Perché >> e qui assunse un tono irritantemente saccente, << Non posso essere io a parlargli se vogliamo coglierlo di sorpresa >> “Siamo messi male se già parla al plurale”, << Quindi c’è bisogno di te, che del tedesco non conosci nemmeno le basi! >>
<< … Qual è la frase? >>
Sentì Gumi trattenere un gridolino entusiasta dall’altro capo del telefono: << Ich will dein Kuss - ich gehöre dich >> trillò velocemente, con una naturalezza tale, come se l’avesse recitata più e più volte, che Rin non comprese nemmeno quale fosse il soggetto - certo, il suo tedesco si fermava a “Ich liebe dich”, quindi forse non avrebbe dovuto sorprendersi della sua incapacità.
Inaspettatamente paziente, Gumi ripeté la frase instancabilmente fino a quando Rin non fu sicura di averla imparata a memoria.
<< Bene, adesso recitamela. >>
<< Ich will dein… dein Kuss >> traballò sulla gutturale, incerta sulle parole da farle seguire, << ich gehöre dich >> concluse con soddisfazione - peccato che Gumi non avesse affatto gradito la performance improvvisata in una lingua di cui Rin non conosceva nemmeno i rudimenti.
<< Non ci metti abbastanza sentimento. >>
<< Ma cosa ti import- >>
<< Se ti rivolgi a un madrelingua con naturalezza, lo prenderai di sorpresa e avrà una reazione molto più spontanea. Se esitassi, ci penserebbe su! >>
A quel discorso che, per quanto campato in aria, Gumi aveva scandito con sicurezza, come se si fosse preparata una risposta anche a questa domanda, Rin obbiettò solamente: << Ma Len non è un madrelingua. E fa tedesco con te, quindi sa del progetto. >>
<< … >> Gumi era stata colta in contropiede, << Dettagli. E adesso, puoi ripetermi quella frase? Per favore, Rin >> e qui il tono si fece incredibilmente abbattuto, << non posso prendere un’insufficienza in tedesco. Rischio davvero di essere espulsa dal corso, quest’anno… >>
E Rin si sentì una grandissima strega egoista - quante volte Gumi l’aveva aiutata senza chiedere nulla in cambio?
…
Forse la domanda andava riformulata: quante volte Gumi l’aveva aiutata?
<< Ich will dein Kuss - ich gehöre dich! >> tentò di nuovo, aggiungendo enfasi alle ultime parole. Le parve di sentire Gumi sorridere: << Grazie, Rinny. >>
<< Sappi che mi devi un favore. E non chiamarmi Rinny. >>
<< Va bene Rin-Rin. Mi raccomando, Rin-Rin, chiamami subito dopo e descrivimi tutto per filo e per segno, okay, Rin-Rin? >> Gumi doveva ringraziare di essere la sua migliore amica, perché, se fosse stata qualcuno di meno importante, l’avrebbe uccisa da un pezzo. Ovviamente Gumi non ignorava una tale fortuna, e se ne approfittava ogniqualvolta ne avesse l’occasione.
<< Posso sempre decidere di non andare a rendermi ridicola con una frase del genere, sai? >>
<< Meglio che tu non lo faccia >> e qui il tono di Gumi divenne tetro e lugubre, << O lascerò che Gach tocchi il secondo libro di Cronache del Ghiaccio e del Fuoco. >>
<< … Non oseresti. >>
Eppure, Rin non dubitava che Gumi avrebbe allungato il volume che le aveva prestato al fratellino di soli sei anni pur di punirla: certo, Gumi lo avrebbe tratto in salvo prima che succedesse qualcosa di irreparabile come, ad esempio, vuoi perché Gach non era ancora del tutto uscito dalla fase “vediamo cosa passa nello scarico del gabinetto e cosa no”, vuoi perché stava lentamente accedendo alla fase “piromania”, del libro non rimanesse altro che un ammasso di ciò che si poteva indovinare essere stato, un tempo, pagine.
E Gumi non ritenne necessario aggiungere altro: << Allora, mi dirai come reagisce? Mi serve per l’esperimento, sai. “Come ragazzi e ragazze reagiscono a frasi a sorpresa in lingua straniera”. >>
Le parve un titolo strano e fu sul punto di parlare - poi pensò al suo amato bambino di carta e inchiostro per il quale aveva sudato sette camicie (Dio se era difficile trovare autori stranieri nel discount sotto casa!) e si morse la lingua: << Vedrò di inviarti un messaggio… la frase in sé cosa vuol dire? >>
<< Oh, quella? >> “come, solo ‘quella’?”, << “Mi è morto il gatto - sono triste.” Devi vedere quanto… quanto tempo ci mette a farti le condoglianze, e come, >>
<< … Mi stai prendendo in giro? >>
<< Ho la voce di una che sta prendendo in giro? >>
<< Tu hai sempre la voce di chi sta prendendo in giro. >>
<< Rinny, il libro. >>
<< Gugu, il progetto. >>
Fu solamente dopo un buon quarto d’ora di battibecchi (<< Lui lo sa che non ho un gatto >> e << In che senso “come fa a saperlo”, viviamo insieme da tre anni, porca miseria >> e << Non ti presterò mai più niente in vita mia >>) che Rin si ritrovò nella cucina al piano di sotto, dove Len, seduto alla penisola con una tazza di tisana in mano e una penna nell’altra, la testa china sul libro di una qualsiasi materia, faceva finta di aver bisogno di studiare.
“Come se avesse bisogno di studiare, lui.”
Non lo interruppe, non subito: rimase ferma sulla soglia ad osservare il fratellastro - ed era strano considerarlo tale, un po' perché l’aspetto traeva in inganno persino i genitori, che, scherzando, li chiamavano gemelli, un po' - e soprattutto - perché, dopo aver trascorso tredici anni della sua vita come figlia unica di una madre vedova, trovare un “fratello” coetaneo compreso nel pacchetto “nuovo fidanzato divorziato di mamma” non significava considerarlo automaticamente un parente.
Fosse stata più incline ad ammettere la sua attrazione, Rin si sarebbe sprecata in complimenti - “Guarda il suo profilo meraviglioso, la concentrazione che riserva alle equazioni di quarto grado, il modo sexy con cui morde il tappo della penna, gli occhi azzurri come il mare”; trovando, però, più facile bloccare il flusso di coscienza quando i pensieri cominciavano a farsi particolarmente scomodi, tutti i suoi pensieri si ridussero più o meno ad un ‘Brutto cretino, perché non ti sei neanche accorto della mia presenza?’
“Anche se mordicchia la penna in modo davvero sexy.”
<< Coso, alza lo sguardo. >>
Len alzò lo sguardo dal libro: << Buonasera anche a te. >>
Ignorando la velata ironia, Rin avanzò a grandi passi fino a piazzarglisi davanti, le braccia incrociate ed un cipiglio anche alquanto cupo - “A quel paese Gumi e la sua capacità di farmi fare figuracce.”
Aggrottando le sopracciglia, Len si girò sulla sedia, rivolgendosi completamente verso di lei: << Rin? Tutto ben- >>
<< Ich will- >> “Oh cacchio. Cacchio, cacchio, cacchio, come continuava?”, << << Ich will dein… dein Kuss - ich gehöre dich. >>
“Non ridere. Se ridi ti uccido, e uccido Gumi, e poi uccido anche me - voglio seppellirmi, voglio seppellirmi, non ridere, non ridere…”
Stranamente Len, più che divertito, sembrava colto in contropiede.
<< Puoi ripetere, per favore? >>
“Vaffanculo.”
<< Ich will dein Kuss - ich gehöre dich >> recitò, cercando di sembrare affranta per la morte di un gatto che nemmeno aveva.
Len sembrava pietrificato: la tazza di tisana che stringeva precariamente fra le mani stava versando un filo di liquido bollente sul tavolo.
“La mia pronuncia fa così schifo?” fu il suo primo pensiero, seguito da “Aspetta, non è che avevamo sul serio un gatto, vero?” Len lasciò cadere di malagrazia la tazza sul tavolo - il tè andò a macchiare il libro e i quaderni, ma lui, l’alunno modello, non ci fece nemmeno caso mentre l’afferrava per le spalle: << Ripetilo. >>
“Ma perché tutta questa partecipazione? Lui preferisce i cani, i gatti non li sopporta.”
<< Ich will dein Kuss - ich gehör- >>
Con la bocca di Len schiacciata contro la sua, Rin si ghiacciò sul posto, il respiro trattenuto e il cuore bloccato in una stasi sconvolta: fu solo quando Len si allontanò impercettibilmente da lei, con le labbra che sfioravano appena le sue, che riuscì a prendere fiato e il cuore tornò a pompare furiosamente contro la cassa toracica, così forte che Rin temette di fracassarsi lo sterno, rompere quello di Len spinto contro il suo - “E se fosse inciampato e mi avesse baciata per sbaglio - sì, può succedere, no? O magari avevo qualcosa di sporco. Sulla bocca. Adesso farò io la figura della pervertita perché non mi sono scostata e sembrerà che io questo bacio l’abbia voluto quando in realtà è stato solo un incidente e-” e poi Len lasciò salire una mano dietro la sua nuca, tirando di nuovo Rin in un bacio meno affrettato del precedente, più certo e calmo, pieno di una tale tenerezza che Rin sentì sciogliersi.
Si concesse di chiudere gli occhi e alzarsi sulle punte, stringendo contemporaneamente la camicia fra le dita per tirarlo giù, più vicino; si accorse troppo tardi del mugolio che le sfuggì quando Len interruppe il contatto per congiungere le loro fronti e mormorare: << “Deinen Kuss.” >>
<< … Eh? >>
<< Deinen. Will regge l’accusativo. >>
Rin era allibita: indecisa se mandarlo a quel paese o mollargli uno schiaffo, tagliò la testa al toro e, facendo ciò che le riusciva meglio, espresse tutti i suoi pensieri in un’alzata d’occhi al cielo.
<< Non mi dispiace più di tanto per il gatto, sai? >> mormorò, sfiorando una guancia di Len con la punta dei polpastrelli prima di socchiudere gli occhi di nuovo e strattonarlo verso di sé.
“Se è questo il modo in cui fa le condoglianze, dovrò uccidere più gatti nel prossimo futuro.”
<< Che c’entrano i gatti? >>
<< … Gumi. >>
*la frase in tedesco vuol dire “voglio il tuo bacio - ti appartengo”.