Titolo: Come Warm Me Up
Autore:
justhedleyFandom: Originale
Rating: PG
Wordcount: 1072 prole
Prompt: 144. Mentre il vento alimenta il fuoco
Avvertimenti: h/c, missing moment, slice of life
Riassunto: Mase riprese a osservare il camino: le fiamme erano state ravvivate da poco grazie a due tocchi di legno, eppure lui, quel calore, non lo percepiva.
Note: Mason e Vicki sono due personaggi legati provenienti dalla long fiction “History Repeating” .
Come Warm me Up.
Mason scoccò un’occhiata distratta oltre i vetri, prima di tornare a fissare attonito il gioco di fiamme ospitato dal camino. Dall’interno della villa dei Lockwood era impossibile ignorare il rumore del vento e il picchiettare insistente della pioggia sui vetri. Mase appoggiò entrambe le mani sui braccioli della poltrona, adagiando la nuca allo schienale. Per quanto si sforzasse di mantenere la mente sgombra, un pensiero tornava a tormentarlo di continuo. In quel momento, mentre ascoltava il fruscio delle foglie che si agitavano irrequiete fuori dalla tenuta, il ricordo dell’incidente si accese nella sua testa più nitido che mai: il vento si era fatto inquieto anche quella notte, mentre metteva in moto la vettura del padre.
“Mi fai un po’ di spazio, cucciolo?”
Vicki gli diede un colpetto sulla spalla, facendogli poi cenno di lasciarle del posto sulla poltrona. Mason sbuffò.
“Perché non sali a trovare Ricki?” propose, mentre la ragazza si sistemava accanto a lui, ignorando la sua espressione contrariata.
“Perché qui si sta più al calduccio!” spiegò allegramente Vicki, piegando le gambe e appoggiandosi il mento sulle ginocchia. “Non fare il brontolone, tanto lo so che ti fa piacere quando vengo ad assillarti: il Lockwood che mi snobba è un altro” aggiunse, arruffandogli i capelli.
Mase non rispose. Il suo sguardo tornò a disperdersi fra le fiamme, mentre la mente tornava a brancolare fra i ricordi.
Vicki notò il cambiamento e prese a mordicchiarsi il labbro, d’un tratto meno sorridente. Mase sembrava assorto da pensieri tutti suoi e non faticò a indovinare a cosa fosse dovuto il suo turbamento.
“Lo sai che non è stata colpa tua, vero?” mormorò infine con delicatezza, “Per l’incidente, dico.”
Erano passati quattro giorni dalla morte di Jerome Clay, l’anziano barbone investito da Tyler, ma Mason continuava a sembrare atterrito. Vicki prese a osservarlo con attenzione: lo vide irrigidirsi e distogliere di scatto lo sguardo dalle fiamme, come se ne fosse rimasto scottato.
“Lo so” mormorò infine il ragazzo, riprendendo a guardare fuori dalla finestra, “Guidava papà.” mentì poi, sentendosi ogni secondo più in balia dei ricordi di quella sera. Evocò ancora una volta il momento in cui aveva perso il controllo del volante. Si era sentito perso, travolto dal panico. Incapace di gestire l’auto che non accennava a rallentare, incalzando i battiti isterici del suo cuore. Il vento all’esterno della tenuta non faceva altro che accrescere il ricordo di quei momenti, alimentando il fuoco che si sentiva bruciare dentro, all’altezza del petto. All’esterno, però, sentiva freddo. Mase riprese a osservare il camino: le fiamme erano state ravvivate da poco grazie a due tocchi di legno, eppure lui, quel calore, non lo percepiva.
“Non è stata nemmeno colpa sua.”
Le parole di Vicki lo condussero fuori dal corteo di riflessioni. “Il signor Clay non camminava sulle strisce ed è balzato fuori all’improvviso.”
Mase continuò a mantenere lo sguardo fisso di fronte a sé, sforzandosi di rimanere impassibile.
“Non ho voglia di parlarne, Vicki” ammise infine, tornando a far ricadere il capo all’indietro. Sembrava stanco: stanco di una spossatezza che non sarebbe andata via nemmeno in seguito a diverse ore di sonno. La ragazza annuì.
“Va bene” mormorò con dolcezza, come a volerlo rassicurare. Gli fece una carezza sul capo, sistemando poi qualche ciuffo disordinato che gli ricadeva sulla fronte. Mase si irrigidì appena, ma non oppose resistenza. Vicki era una delle poche persone che poteva lasciarsi andare a gesti simili, senza rischiare di incappare in occhiatacce continue - escluse le volte in cui cercava di strapazzarselo come un bambolotto. Conosceva Mase abbastanza bene da saper riconoscere quando i suoi rifiuti fossero veritieri e quando il ragazzo avrebbe accolto di buon grado un abbraccio, nonostante si ostinasse a lasciar intendere il contrario. Mase era per lei il fratello minore che le sarebbe piaciuto avere sin da quando era bambina. Gli voleva bene così com’era ed era certa che l’assenza di diffidenza del ragazzo nei suoi confronti fosse dovuta soprattutto a quella sua consapevolezza.
“Ma se più tardi avrai voglia di parlarne…” riprese la ragazza, voltandosi verso Mase, “…di questo o di qualsiasi altra cosa… io ci sono” gli ricordò, accarezzandogli i capelli un’ultima volta. “Ok, cucciolo?” chiese conferma, stuzzicandolo con quell’appellativo. Sperava in una reazione imbarazzata o di suscitare il suo fastidio: tutto, pur di rimuovere quell’espressione assente dal suo volto.
Mase distolse nuovamente lo sguardo, tornando a guardare fuori dalla finestra. Venne poi distratto dal gioco di ombre frastagliate sul tappeto di fronte al caminetto: le fiamme continuavano a danzare, sprigionando del calore che ancora non riusciva ad avvertire. Una lacrima rigò solitaria il volto del ragazzo, sfuggendo al suo controllo. Mase cercò di liberarsene, scacciandola con un cenno brusco della mano. Volse il capo verso la finestra per nascondere il suo momento di crollo. La completa apatia che l’aveva avvolto fino a quel momento si tramutò improvvisamente in rabbia, rabbia e nervosismo.
“Ehi” mormorò Vicki, notando la sua irrequietezza. “Non l’ha vista nessuno, quella lacrimuccia” lo rassicurò, sorridendogli. “E anche così non fosse, non ci sarebbe nulla di male.”
Mase sospirò, passandosi nervosamente una mano fra i capelli. Vicki tornò a distendere le gambe sulla poltrona e batté le mani.
“E adesso mi serve la tua attenzione” esclamò infine, d’un tratto ravvivata. “Ho bisogno di una mano per organizzare un piano strategico infallibile: l’obbiettivo è quello di rimanere da sola con Ricki abbastanza a lungo da poter avere il tempo di esporgli tutte le magnifiche idee che ho avuto sul nostro futuro matrimonio...”
Un sorriso appena accennato increspò le labbra del ragazzo, mentre Victoria continuava a parlottare fitto fitto. “Non so, magari potresti rinchiuderci in qualche posticino carino: sia ben chiaro, non un ripostiglio: c’è troppa poca luce e non potrei apprezzare la perfezione dei pettorali di tuo fratello e del suo posteriore. Che cosa mi consigli, piccolo genio del male?” concluse infine la ragazza, accarezzandogli affettuosamente il capo.
Mason annuì. Incominciò poi a fare mente locale per sforzarsi di elaborare qualche idea raffinata in maniera da aiutarla. Il rumore insistente della pioggia lo spinse a gettare un ultimo sguardo fuori dalla finestra: il vento fuori dalla tenuta continuava ad alimentare il fuoco privo di calore che si sentiva scoppiettare in petto. Dando da mangiare ai suoi incubi, evocando il ricordo di quel dannato incidente. Quell’ultima carezza affettuosa sul suo capo, tuttavia, riuscì a fare da tramite fra Mase e il camino, porgendogli il tepore delle fiamme.
D'un tratto, il giovane incominció a sentire meno freddo.