Titolo: Ventisei.
Autore: piuma_bells
Fandom: Arctic Monkeys.
Rating: PG13
Parole: 1469
Avvertimenti: RPF, slash, probabilmente OOC.
Prompt: 116. Resistere alla tentazione.
Riassunto: Troppe birre, litigi e incomprensioni. Venti anni di dubbi non risolti.
Note:
Alla soglia dei ventisei anni, di solito, una persona crede di conoscersi.
Io, in ventisei anni, non ho mai creduto a una cosa tanto stupida.
Siamo migliori amici da quasi vent'anni e ancora continuo a cascarci.
I tuoi auto-inviti a cena che si dilatano in serate alcoliche ed infinite partite a Metal Slug.
La tua voce tremante al telefono, quella di quando non hai più voglia di nasconderti.
Ed è ormai passata la mezzanotte, siamo già a metà gioco, e non ti sei ancora ricordato di che giorno è oggi.
E come potresti mai, occupato come sei a non pensare a lei.
Una sola, insignificante ragazza che riesce a farti dimenticare una data che festeggi da una vita intera.
Come dovrei prenderla io, Alex?
Non che mi interessi molto, alla fine. Non siamo più bambini.
È solo un compleanno. Perché mai dovrebbe importarmi se il mio migliore amico se ne dimentica per colpa di una fottutissima ragazza che non fa altro che dargli problemi da ormai quasi un anno?
Non so se odio più te o lei in questo momento.
Giochiamo come macchine da tre ore, comincio ad avere sonno, ma prima di riuscire ad aprire bocca per dirtelo tu scaraventi il vecchio Dual Shock di Jamie contro il mobiletto della console.
Ti guardo, e noto, con una dolorosa stretta al cuore, che hai gli occhi lucidi.
-Al? Tutto ok?- chiedo, stupidamente.
Tu ti volti verso di me, riuscendo a stento a trattenere le lacrime, e, altrettanto stupidamente, annuisci.
Non c'è bisogno di dire altro.
Ti abbraccio, e scoppi a piangere sulle mia spalla.
La musichetta del gioco messo in pausa e i tuoi singhiozzi, soundtrack di questo momento come di tutta la nostra vita.
Quante altre notti come questa abbiamo passato?
Quante altre volte mi sono lasciato convincere dalla dolcezza dei tuoi occhi ad ignorare ogni riserva e a stringerti fra le mie braccia?
In un rituale conosciuto e familiare mi frani addosso in un cumulo di maschere in frantumi e rimorsi.
E cerco, come sempre, a modo mio, di tenerti insieme, di impedire ai pezzi di spargersi sul pavimento e perdersi fra le bottiglie e i resti della cena.
Ma decidi di infrangere la tradizione, e le tue braccia si stringono intorno alla mia vita, e il tuo respiro che si fa più caldo sul mio collo.
Sento le tue labbra sulla mia pelle, ed è una sensazione nuova.
Le sento risalirmi il collo, lente, leggere e bollenti, ed arrivare timide alle mie.
Hai gli occhi chiusi e le guance ancora rigate di lacrime quando mi baci per la prima volta.
Dolce, caldo e ricolmo di innocenza.
Quando li apri, però, i tuoi occhi dicono altro.
Si può davvero, alla soglia dei ventisei anni, rimettere in gioco tutte le carte?
E si può avere la fortuna, dopo ventisei anni, di pescare quella giusta?
Tutto dice di sì. Il mio cuore, il tuo volto, e questa notte che sa di vecchio grida che è il momento.
E quasi cedo, quando ti guardo negli occhi. Ma poi mi ricordo di tutto, e lo so che non posso lasciarti continuare rovinare la vita di entrambi.
Quindi distolgo lo sguardo e ti allontano.
-No.- mormoro, e mi alzo.
In silenzio, e facendo attenzione a non guardarti, raccolgo quello che rimane della cena e vado in cucina.
Metto i piatti nell'acquaio, e apro il rubinetto, ma quando provo a staccare le mani dal bancone mi sento cadere, quindi rimango lì.
Fermo, come un completo idiota, a stringere convulsamente il bordo del lavello, guardando l'acqua scorrere sulla ceramica incrostata di sugo, e lasciando cadere lacrime insensate.
A sorpresa arrivi ad abbracciarmi da dietro.
Mi fai girare, e intrecci le tue mani con le mie e provi di nuovo a baciarmi.
Quando mi scanso, ti incazzi.
-Ma perché cazzo fai così, Matt? Non fare lo stronzo. Consolami, forza.- dici, e il mio sguardo deluso ti fa arrabbiare ancora di più.
Inizi ad insultarmi. Mi urli addosso il peggio che conosci, e più rimango impassibile, più alzi la voce.
Quando inizi, però, a rivangare il passato, e dubitare dell'amico che sono stato, perdo le staffe anch'io.
-Tu non capisci, Alex! Non capisci proprio un cazzo!- grido, e tu taci.
-Muoio dalla voglia di assecondarti, e lo sai bene. Ma io domani mattina sono l'unico che si ricorderà di cosa è successo, e dovrò andare avanti con questo fottuto rimorso senza poterti dire niente per non rovinare la nostra amicizia.- dico, nonostante tu probabilmente non lo capirai.
Il silenzio cresce fra noi, si dilata e ricopre i nostri corpi stanchi.
-E se non mi interessasse?- chiedi dopo qualche minuto.
-Interessa a me.- rispondo.
-E se non me ne fregasse un cazzo di quello che interessa a te?- domandi, e ti avvicini.
-Saresti un bell'amico di merda.- dico, e cerco stupidamente di andare all'indietro, trovando ovviamente il bancone della cucina da impedirmelo.
-Non ho mai detto di voler essere tuo amico.- dici, e fai per baciarmi, di nuovo.
Ma mi sposto di lato, schivandoti ancora.
-Sei il mio migliore amico, Alex. Non voglio rovinare vent'anni in una serata solo perché tu non hai quella cazzo di Arielle su cui sfogare la tua sbronza arrapata.- dico con la consapevolezza che tu domani avrai solo un ricordo vago di questa conversazione.
-Non voglio essere il tuo migliore amico, e non voglio Arielle. Voglio te, Matt. Lo vuoi capire, porca puttana?!- dici, alzando di nuovo la voce.
Sospiro esasperato. Non ce la faccio più, davvero.
-E allora perché piangevi per lei?! Perché avete discusso?! Perché neanche ti sei ricordato del mio compleanno se sono tanto importante?!- dico, e finalmente decidi di stare zitto e lasciar perdere.
Ma ormai sono partito, e la verità semplicemente esplode dalle mie labbra.
-ED IO HO SOGNATO QUESTO PER ANNI, E TU L'HAI ROVINATO. PERCHE' IO TI AMO, ALEX, E TU SEI SOLO UN COGLIONE EGOCENTRICO.- grido.
La gola mi brucia, come gli occhi.
Faccio per uscire dalla cucina e finirla lì, ma quando provi a fermarmi decido che tanto vale finire in bellezza.
Ti prendo il viso fra le mani e mi avvento sulle tue labbra con forza.
Il vuoto totale dilaga nella mia mente trasformandomi in un animale affamato.
Mi introduco prepotentemente nella tua bocca, e la mia ferocia non fa che aumentare quando hai la sfacciataggine di rispondere al bacio.
Ti sollevo prendendoti per le cosce, mentre tu mi cingi il collo con le braccia.
Cammino alla cieca finché non trovo quello che dovrebbe essere il bancone, ti ci appoggio sopra e riprendo a divorarti le labbra.
Intrecci le gambe dietro la mia schiena, mentre le mie mani vanno a spettinare quello che resta della tua lavorata acconciatura piena di gel e lacca.
Quella che avevo programmato come un'uscita ad effetto si sta trasformando in quello che cercavo proprio di evitare, e non posso permettermelo.
Sul bianco latteo che mi accieca il cervello si proiettano i sogni di una vita, tutti i desideri repressi per anni che potrei sfogare adesso, e i pantaloni si stanno facendo dolorosamente stretti, ma l'ultima scintilla di coscienza mi aiuta a controllarmi.
Ti sento eccitato attraverso i tuoi skinny, e non posso evitarmi di sorridere.
È proprio quello che mi da la forza per staccarmi.
I buoni propositi e il buon senso sono motivazioni insignificanti, in confronto alla pura bastardaggine nel lasciarti lì, solo e insoddisfatto.
Riesco a sciogliere la presa delle tue gambe, e, senza voltarmi, esco dalla cucina e salgo per andare in camera.
Apro le finestre, e mi distendo nudo sul letto, lasciando che l'aria fredda calmi la mia eccitazione, salita in tutto quel tuo essere comunque irresistibile.
Non so quanto tempo passa prima che tu riesca a salire le scale e bussare alla mia porta.
Faccio lo sforzo minimo di infilarmi sotto le coperte, prima di lasciarti entrare.
Senza chiedere niente ti intrufoli sotto il piumino e ti distendi al mio fianco.
Come a darti tacitamente il permesso, mi giro di fianco, e ti stringe a me da dietro, incrociando le mani sul mio petto e intrecciando le gambe alle mie.
Avvicini la testa alla mia, posando un bacio leggero ed innocente, per quanto possibile, sul mio collo, e poi la reclini, premendo la fronte contro la mia schiena.
Ti lascio fare, perché alla fine, nonostante tutto quello che provo per te, sei il mio migliore amico.
E fra amici è così, no? Per quanto si possa litigare, urlarci contro, e fare gli stronzi l'uno con l'altro,
alla fine non c'è neanche bisogno di chiedere scusa, e torna tutto come prima, almeno per il momento.
Stringo le tue mani, per farti capire che ci sono.
-Buon compleanno, Matt.- sussurri con voce impastata dal sonno.
In silenzio sorrido, e cercando di non pensare a come affronteremo le cose la mattina seguente, mi addormento felice.