[Doctor Who] Singing in the night

Dec 23, 2012 20:23

Titolo: Singing in the night
Autore: ruta_yawara
Fandom: Doctor Who (Human Doctor10/Rose Tyler)
Rating: G
Parole: 1174
Avvertimenti: One shot
Prompt: 82. Nel silenzio della notte


Di giorno Rose ride. Ride e sorride sempre, con chiunque e con nessuno più di lui.
Alla luce del sole Rose è la Rose che lui ricorda, la Rose che gli è stata affidata, la Rose che ama e che conosce, che è pronto a conoscere daccapo se necessario. Rose ride e a lui sembra di sentire il sentimento che ha provato la prima volta che ha ascoltato quella risata, la sorpresa che lo ha fatto sussultare quando si è ritrovato a pensare che gli sarebbe piaciuto ascoltarla una seconda volta e se possibile anche di più, che lo ha fatto ridere di rimando come non gli accadeva più da tempo, forse troppo.
E poi il calore. Ah. Che sensazione meravigliosa, fantastica anche quella.

Fino al crepuscolo Rose gli appartiene, ogni pensiero, ogni lampo nello sguardo, ogni intuizione brillante, ogni stretta di mano, un bacio dopo l’altro e tra una corsa e l’altra, in mezzo alle strade trafficate o fermi sotto il cornicione dei palazzi perché bloccati dalla pioggia fastidiosa di Londra, sotto quel cielo volubile - ogni giorno uguale eppure diverso.
Quel cielo di un grigio e di un azzurro impareggiabile.
Rose gli appartiene e lui appartiene a Rose. Tra di loro non c’è lo spazio di un bisbiglio, figurarsi quello per un fantasma.

Di notte tutto cambia. Di notte il cielo è blu, di un blu unico e inimitabile. Un blu senza eguali.
La notte è silenziosa, fatta di spifferi e nomi mormorati con tutta l’innocenza offerta dall’incoscienza del sonno. Le stelle diventano qualcuno a cui confidare segreti inconfessabili, a cui guardare con la malinconia delle cose perdute o dimenticate, senza che si conservi neppure la speranza di poterle ritrovare un giorno.
Di notte pur se insieme, anche se l’ha tra le braccia, se sente il cuore che batte contro il suo, ritmico, che risponde al suo con uguale impeto - c’è una ferocia nelle pulsazioni ora, nell’avere un solo cuore, che gli è completamente nuova, che gli era sconosciuta prima -, se la stringe a sé e affonda il naso tra i suoi capelli, ne inspira il profumo come ha sognato di fare per un tempo incalcolabile, gli pare una vita intera e mille anni fa, se se se...
Anche se l’ama e incarna ogni tempo, ogni idea, ogni frammento di qualsiasi cosa possa significare, possa avere un qualche valore, umanamente e non, anche se è Rose, a volte tutto questo non è abbastanza.
Ingordo, egoista, insaziabile. Il suo cuore umano non ha freni nell’esprimere desideri alle stelle. Sono così silenziose adesso, così lontane. Sembrano bambini sperduti nel folto di una selva scura, senza nessuno a far loro da guida, a vegliare su di loro, a custodirli.

Al chiarore della luna, tra le lenzuola sfatte, Rose è talmente bella che, anche se ingiusto e sofferto, il resto appare solo come un contorno d’insieme. È Rose che conta, Rose che con la sua risata fa scomparire qualsiasi altro suono, lo è stato da sempre, sin dal loro primo incontro.

Nelle notti, quando tutto dovrebbe essere silenzio e riposo, non vita, non frenesia, non smania né impazienza, l’irrequietudine lo riempie come un mare agitato.
Non per rimpianto, rancore o rimarchevoli morsi di coscienza. Non ha avuto scelta lui. Non c’era niente su cui riflettere. La scelta poteva essere una e una sola, è sempre stata quella. Ciò non toglie però…
Non riesce a fargli chiudere gli occhi sulle differenze. Non riesce a non percepirle, è come se ricevesse un pugno nello stomaco, a coglierle, notarle.

Ogni giorno, fino al crepuscolo, lui appartiene a Rose e a Rose soltanto. Ogni notte però, quelle lunghe e lunghe notti, è di proprietà delle stelle. Paiono vuote, sole e sperdute senza di lui, senza nessuno a guarirle e farle risplendere più che mai in quel cielo troppo grande e distante. Allora le rassicura, racconta loro storie, le avventure di un uomo che ha viaggiato senza fermarsi mai, non troppo a lungo perlomeno, un uomo con la casa più grande e magica di tutto l’universo, che ha reso possibile l’impossibile, che è riuscito lì dove chiunque altro avrebbe fallito. Le consola del fatto che non potranno più averlo; e il senso di colpa si acquieta.

Lui ripromette a se stesso di esserci sempre. Può dividersi, può fare qualsiasi cosa, anche da umano. Ha solo una vita, ma intende viverla. È come un rito, uno scambio. Nella pozza di luce che la luna getta sul letto, sulla sagoma dei loro corpi abbracciati, pronuncia il suo giuramento.

Giorni frenetici, notti tranquille. E nel mezzo, a metà strada tra la felicità assoluta e la disperazione più totale, sta lui. Diviso in due tra l’aver visto prendere forma la speranza di tanti sé - vecchi, andati, passati, tutti conservati da qualche parte dentro di lui - e il peso della realtà, la colpa di essere lì e non sentirlo, non sempre, ininterrottamente, col cuore.

La luce fredda, pallida e vera rende tutto dolorosamente reale, fisso e immobile, statico. Prima era un turbinio incessante, una danza continua, caos e baraonda.
È uno strano diverso, deve ancora impratichirsi. Deve farci il callo e l’abitudine.
A volte si chiede solo cosa farebbe lui se fosse lì, al suo posto. Se in fondo non ci sia qualcosa di sbagliato in quella situazione. Se non sia l’uomo sbagliato ad essersi conquistato il diritto e la libertà di essere felice.
Si chiede se ce la farà mai a vincere quell’impressione - di vuoto e di rinuncia, di abbandono. Non è il vuoto lasciato dal tempo, è il fatto di non avercelo neppure del tempo, non quanto lui ne vorrebbe comunque, non quanto era avvezzo ad averne, smoderatamente, senza limiti, imposizioni, obblighi o controllo. Non doveva contarlo né misurarlo. Volendo poteva riviverlo dal principio fino a non averne abbastanza, senza che questo accadesse mai.
Ogni giorno vive un mondo, uno solo, lo stesso, il mondo che ha preferito a mille altri; ogni notte fantastica sulle infinite possibilità a cui ha rinunciato. Lo fa ad occhi aperti e guardando le stelle da lontano, come un essere umano, come l’uomo che ora è anche nella realtà, piedi di piombo e ali alla mente.
Nel silenzio della notte, più del silenzio in sé, lui deve affrontare i pensieri. Sono tanti e tanti, a migliaia, in quella testa che pensa a velocità invariata, sforna idee e partorisce piani che non serviranno, non occorrono lì, nella dimensione che ha preferito.
Nel silenzio lui canta piano di ricordi di altri tempi, di un’altra persona, di un’altra realtà. Canta del tipo d’uomo che è stato e di quello che è, sarà, diventerà. Canta del tempo che è stato suo amico, compagno, la sua intera vita. Canta alle stelle e anche a se stesso. Canta per ricordare e per non dimenticare, canta perché non può fare altro. È tutto ciò che gli resta. Canta per riempire il vuoto del silenzio, a quelle stelle mute che non gli parlano, non gli rispondono, non danno mostra di vederlo figurarsi sentirlo. Non lo riscaldano più come prima. Non lo faranno mai più.

autore: ruta_yawara, rating: g, prompt: 82, fandom: doctor who

Previous post Next post
Up