[Originale] [Raccolta: 12] [Intro, #8, #2]

Apr 20, 2009 12:04

Premetto che è la prima volta che mi trovo a postare qualcosa in una community, quindi, nel caso in cui abbia fatto qualche casino, prendetemi pure a bacchettate sulle dita.
Mh. Ora che ci penso, non so se devo mettere un'etichetta o meno. Lascio vuoto il campo e mi rimetto alla clemenza della corte.

Serie: (non sono ancora riuscita a trovare un titolo che sia perlomeno decente, quindi, per ora, si chiama semplicemente "12")
Titolo capitolo: (Luglio) Introduzione
Personaggi: Agata
Tema: nessuno, ma è @ 12_teas
Lo scopo dell'edit è riuscire, man mano che andrò avanti, ad allontanarmi un po' dalla serie "Una tazza per due" di mars25oct, che ringrazio ancora per la sua gentilezza.
I personaggi sono reali, tutti quanti. No, non vi sto prendendo in giro. Sono sul serio tutti reali. Le situazioni, invece, non sono tutte vere: alcune sì, altre sono mero frutto della mia fantasia, altre ancora sono in parte realmente accadute e in parte no (questo primo capitolo rientra nella terza categoria). Ancora una cosa: essendo miei amici, i personaggi sono miei miei miei e non sono disposta a regalarli (a venderli invece sì -gh XD-)
Note: tecnicamente, dopo l'introduzione, ci vorrebbe l'undicesimo prompt, ma (ehm) non è ancora pronto. Insomma, se volete seguire l'ordine, la tabella editata la trovate QUI, ma mi ci vorrà un po' per sistemare tutto...

È luglio e fa caldo anche a Londra. Fra pochi giorni molti andranno in vacanza, e la città sarà invasa dai turisti, come ogni anno in questa stagione.
È luglio ed è sera. Una sera calda, ma non afosa. Una sera adatta ad una cena in terrazzo con gli amici.
Ecco, la vedete quella luce?
Quella laggiù, che illumina quel terrazzo. Sì, sì, quello là in fondo, dove c’è una grande tavola apparecchiata e un sacco di gente che ride. Proprio quello, lo vedete?
Quello è il terrazzo di casa di Agata, e tutti quelli che sono lì a mangiare da lei sono i suoi amici.
C’è Felicity, che è quella ragazza minuta che sta ridendo ad un battuta di Frances. Vicino a loro c’è Jubilee, che sorride senza scomporsi troppo, mentre la ragazza con i capelli riccissimi, che sta rischiando di soffocarsi con il drink che ha in mano a forza di ridere, è Judith.
A destra di Judith c’è Aileen, che sta chiacchierando con Daria e Dan. Dan continua a voltarsi, guardando Peter, che, come al suo solito, fa il burlone e dà spettacolo insieme a Victoria. Adrian non riesce a star serio alle facce di Peter, e ride scompostamente, mentre Alfred li guarda con divertimento e compassione insieme, scuotendo la testa e guardando ogni tanto Agata, per cercare un po’ di conforto. Agata ride, e scuote la testa anche lei, come a dire: che ci vuoi fare, sono fatti così.
Questa è Agata, e questi sono i suoi migliori amici: un pout-pourri di persone, a volte tanto diverse fra loro da sembrare impossibile che possano andare d’accordo. Eppure non solo vanno d’accordo, ma ognuno adora letteralmente tutti gli altri. Sono un’accozzaglia ben equilibrata di personalità, e nessuno si sente mai a disagio. Tutti si confidano tutto, non esistono segreti.
Agata sorride, nel vederli tutti insieme. Sono la cosa più importante che ha, e non potrebbe mai fare a meno di loro. Li ama così come sono, pregi e difetti inclusi.
Soprattutto difetti, pensa tra sé, e sorride.
Per la maggior parte del mondo occidentale, Capodanno è il primo di gennaio, ma per Agata la vera fine dell’anno è sempre stato l’inizio delle vacanze estive. “Il Capodanno cinese è variabile, e quello di Agata è a settembre”, la prendono bonariamente in giro i suoi amici, ma poi nessuno rinuncia mai al suo “cenone di fine d’anno”, che è appunto quello a cui stanno partecipando ora.
Fa scorrere lo sguardo su tutti quanti. Come ogni volta, la coglie una sottile malinconia, e si ritrova a pensare a quanto è successo durante l’ultimo anno...

Serie: (non sono ancora riuscita a trovare un titolo che sia perlomeno decente, quindi, per ora, si chiama semplicemente "12")
Titolo capitolo: (Tra febbraio e marzo) Quello che gli uomini non dicono
Personaggi: Agata, Peter, Dan
Tema: #8 Pure Peppermint, #2 White @ 12_teas
Rating: G
Disclaimer: Lo scopo dell'edit è riuscire, man mano che andrò avanti, ad allontanarmi un po' dalla serie "Una tazza per due" di mars25oct, che ringrazio ancora per la sua gentilezza.
I personaggi sono reali, tutti quanti. No, non vi sto prendendo in giro. Sono sul serio tutti reali. Le situazioni, invece, non sono tutte vere: alcune sì, altre sono mero frutto della mia fantasia, altre ancora sono in parte realmente accadute e in parte no (questo primo capitolo rientra nella terza categoria). Ancora una cosa: essendo miei amici, i personaggi sono miei miei miei e non sono disposta a regalarli (a venderli invece sì -gh XD-)
Note: c'è una storia di amore omosessuale, come sfondo. Se non vi aggrada, girate al largo.

Agata ha appena preso la sacra decisione di fare merenda con i biscotti col lemon curd, quando suonano alla porta.
Zampetta verso l’ingresso, con un mezzo biscotto sbocconcellato in mano, apre, e la prima cosa che vede è un’occhiata di disprezzo rivolta verso la macchia gialla di marmellata che fa bella mostra di sé sulla maglia che indossa.
“Ciao, tesoro. Ti hanno conferito una medaglia per la migliore crostata?”, è l’ironico commento di Peter, il suo migliore amico.
Agata abbassa lo sguardo, seguendo il cenno di Peter; dopodiché rialza la testa sorridendo: “Ma sì, che vuoi che sia… è una maglietta da casa”, risponde. Poi nota che l’amico sta muovendo nervosamente un piede, e lo guarda incuriosita: “Cosa c’è, Pete?”.
Silenzio, per un lungo secondo. I due si fissano senza parlare. Poi Peter sbuffa sonoramente: “È stata una giornata pesante, d’accordo?”, sbotta. Agata si sposta dalla porta, e lo fa entrare.
“Ti va un biscotto?”, gli chiede, mentre Peter continua a sbuffare, seduto al tavolo di cucina con le mani tra i capelli.
“Sì, ti prego!”, risponde lui, enfaticamente. Agata sorride, e gli porge la scatola di biscotti al cioccolato: “Allora, mi vuoi dire cos’è successo?”, chiede.
Peter non se lo fa ripetere due volte: “Una giornata così non la auguro nemmeno al mio peggior nemico, guarda! Esco di casa, stamattina, e diluvia. Ovviamente ho l’ombrello rotto, e mi infradicio da capo a piedi solo per entrare in macchina. Per arrivare in ufficio ci metto la bellezza di quaranta minuti: prima ho trovato un incidente e poi tutti i semafori sembravano avercela con me. Salgo di corsa le scale, perché naturalmente l’ascensore è in manutenzione, inciampo e tutti i fogli del progetto che dovevo presentare volano sul pavimento. Pavimento che è bagnato, visto che piove. Raggiungo la sala riunioni, e la presentazione è l’unica nota positiva della giornata, perché è andata bene, anche se poi il capo mi ha fatto una testa così per il ritardo. Ma non è finita qui!”.
Peter continua ad enumerare le sue disgrazie quotidiane, mentre Agata lo guarda con tanto d’occhi: non l’ha mai visto così isterico. Non che di solito non lo sia, certo, ma oggi sta riuscendo a battere il suo record personale.
“Tesoro…”, prova ad intervenire, osservando preoccupata la vena che gli pulsa sulla tempia: sembra che stia per esplodere da un momento all’altro. Ma lui sembra non sentirla, e continua a sommergerla con il suo fiume di parole, quasi senza prendere fiato, sballottando di qua e di là la povera scatola di biscotti: “E, per finire in bellezza, esco dall’ufficio, chiamo Dan per metterci d’accordo su che ora vederci stasera e mi sento rispondere che, oh santo cielo, era oggi? Mi spiace, me ne ero scordato, ho preso un impegno coi miei colleghi, non posso proprio!”. Detto questo, tace, e sprofonda con la faccia tra le mani.
Silenzio, pesantissimo. Un biscotto cade dalla scatola che Peter ha ancora in mano.
La ragazza si siede di fronte all’amico: “Pete…?”, lo chiama.
Lui alza la testa, la fissa, e lei sobbalza: ha gli occhi lucidi. Peter non ha mai gli occhi lucidi. Agata lo conosce da anni, e l’unica volta che l’ha visto piangere è stato quando è morto Yves Saint Laurent. Si spaventa un po’, a vederlo così: “Pete, tesoro… mi dispiace…”, balbetta.
Lui scuote la testa: “Quello stronzo”, commenta, con la voce incrinata, “Mi chiedo perché ci perdo ancora del tempo”. Poi afferra il biscotto caduto sul tavolo e lo guarda: “Aggie, lo sai che sono a dieta”, aggiunge. Poi morde il biscotto.
Nessuno dei due parla, per qualche minuto. Agata si alza e gli toglie la scatola dalle mani, senza che Peter faccia una piega. La posa dentro la credenza, prendendone un’altra, che posa di fronte a Peter. Il profumo di menta è talmente intenso che Peter non può fare a meno di annusare voluttuosamente l’aria. Allunga una mano verso la scatola di After Eight.
Per un po’ mangiano i cioccolatini, in silenzio. Agata ogni tanto lancia un’occhiata all’amico, e lo vede corrucciato e pensieroso: non vuole interrompere il flusso dei suoi pensieri, così tiene per sé tutte le frasi di circostanza.
Alla fine del tredicesimo cioccolatino, Peter alza lo sguardo verso l’amica: “Allora?”, chiede.
Agata tentenna: “Allora cosa?”.
“Cosa dovrei fare, a questo punto?”.
Sospira: “Intanto cerchi di calmarti, e poi valuti la situazione”, risponde, “Non è la prima volta che ti dà buca, mi pare”.
“No, infatti. E nemmeno la seconda”, risponde acido Peter.
“Però, nonostante questo, non smetti di provarci”, fa notare Agata.
Peter sospira pesantemente: “No, non smetto. Non posso smettere, Aggie!”.
“Ma perché no, Pete? Insomma, guarda come ti stai riducendo!”, esclama Agata.
“Non posso, Agata!”, esplode Peter, “Sono innamorato perso di lui!”.
Agata lo fissa con tanto d’occhi: “Cosa?!”, chiede, sconvolta, “E perché non me l’avevi ancora detto?”.
“Perché, perché!”, si agita lui, gesticolando furiosamente, “Non lo so, Aggie! Non lo so! Per lo stesso motivo per il quale non riesco a dirlo a lui, forse!”.
“Hai pensato che, forse, se glielo dicessi, cambierebbe qualcosa? Ci hai ragionato su a mente fredda?”, chiede Agata, un po’ risentita.
Peter la guarda: “E perché no? Già mi immagino la scena: oh, ciao, Dan! Sono tre settimane che non ci vediamo, ti trovo bene, come va il lavoro, mi sono innamorato di te!”, la sbeffeggia, poi torna serio, “Andiamo, sarebbe una buffonata!”.
Agata prende un altro cioccolatino. Ci pensa su un momento, poi pianta gli occhi in faccia a Peter: “Ma secondo te, perché fa così?” gli chiede a bruciapelo.
“Non gli interesso, è ovvio”, è la risposta.
“Ma come? Non mi hai detto che quando vi vedete si preoccupa che niente vi disturbi, che il ristorante dove mangiate abbia almeno tre menzioni d’onore da parte di qualche critico gastronomico, che è gentile, premuroso ed attento?”.
Peter apre la bocca, fa per dire qualcosa. Poi ci ripensa, la richiude. La riapre: “Beh, sì, ma…”. Tace di nuovo, senza sapere cosa replicare.
Agata lo guarda, fiera delle proprie intuizioni: “Ecco, appunto. Ti sembra forse poco interessato, quando vi vedete?”, gli chiede ancora.
Questa volta la risposta non si fa aspettare a lungo: “No, al contrario”, ammette Peter, pensieroso, “Ma questo cosa dovrebbe farmi pensare, se non che sia un lunatico del cavolo?”.
“Se non sbaglio, la settimana scorsa sei stato tu ad avergli dato buca…”, gli ricorda Agata.
“Sì, ma avevo una riunione importante, e poi sono stato io a richiamarlo!”.
“Ma anche lui oggi ha una riunione. E poi lo sai meglio di me: è molto timido”.
“Anche questo è vero”, mormora Peter, prendendo un ennesimo cioccolatino e inghiottendolo praticamente intero.
Rimangono un altro po’ in silenzio, poi Peter alza lo sguardo verso Agata, e i suoi occhi si illuminano. Batte un pugno sul tavolo: “Ma sì, al diavolo, hai ragione tu!”, esclama, “Ci vuole qualcosa che smuova questa situazione: glielo dirò. Almeno succederà qualcosa: o scapperà urlando, o si butterà fra le mie braccia, ma almeno avrò una risposta!”. Si alza di scatto: “Sì, sì, e so anche come fare! Stasera lo aspetterò sotto casa, e glielo dirò. Mi godrò la sua faccia stupita nel vedermi e finalmente saprò se dovrò continuare a dannarmi o se potrò finalmente metterci una pietra sopra!”. Infila la giacca al volo, schiocca un bacio sulla guancia ad Agata e velocemente si dirige verso la porta: “Grazie, tesoro! Ti chiamo domani!”, grida dall’ingresso, prima di chiudersi la porta alle spalle.
Agata sorride, sola nella grande cucina: che matto, pensa con dolcezza.
Poi si alza, prende la scatola di After Eight e si accorge che ne è rimasto uno solo. Lo guarda per un momento, poi lo addenta. Senza accorgersene, si fa un’altra macchia sulla maglia, questa volta verde menta.

Sono le nove, quando suona il telefono: “Pronto?”.
“Agata?”.
“Sì?”.
“Sono Dan…”.
“Oh, ciao, Dan!”.
“Ti disturbo?”.
“No, affatto. Dimmi!”.
“Sono sotto casa tua. Posso salire un attimo?”.

“Ciao, cara”, la saluta Dan.
“Ciao, tesoro. Entra”, sorride Agata, precedendolo in cucina.
Lancia un’occhiata curiosa all’amico: è in vistoso imbarazzo, e, nonostante già normalmente abbia la pelle molto chiara, lo trova più pallido del solito. “Tesoro, sei sconvolto. Ti preparo un tè, vieni. C’è qualcosa che non va? Non avevi una riunione, stasera?”, chiede dolcemente.
Lui sbianca ancora di più: “Te l’ha detto Peter?”.
“Già...”, risponde con leggerezza lei.
“E… ti ha detto anche altro?”, chiede, torcendosi le mani. Agata sembra non farci caso: “Niente di importante”, minimizza, “Ci è rimasto un po’ male perché avevate in programma di vedervi, tutto qua”.
Dan geme: “Lo sapevo! Sono un cretino, Agata!”.
“Perché, tesoro?”, chiede lei, sollevando lo sguardo dalla tazza, e guardandolo sinceramente stupita.
Dan sospira: “Oggi sono tre mesi che ci frequentiamo, e mi sono inventato la scusa della riunione per fargli una sorpresa: volevo presentarmi a casa sua, armato dei biglietti per lo spettacolo del Momix, e stupirlo un po’… ma quando ho suonato, non ha risposto. Ho pensato ce l’avesse con me, così gli ho telefonato, ma è scattata la segreteria. Gli ho lasciato almeno tre messaggi, poi ho provato a telefonargli sul cellulare, che però è spento. Allora ho pensato che potesse essere qui da te, ma a quanto pare mi sono sbagliato. Oddio, Agata, lo sapevo!”.
“Cosa, Dan?”, chiede lei, mentre nella sua testa stanno già suonando le campane a nozze.
Ma Dan sembra non sentirla, e continua a parlare seguendo i propri pensieri: “Chissà dov’è ora… sicuramente sarà uscito con qualcuno. Ma perché sono stato così stupido?”, esclama con voce lamentosa Dan. Ad Agata si stringe il cuore, vederlo così, ma si trattiene dal dirgli tutto: “Calmati, tesoro, e ragiona. Perché dovrebbe essere uscito con qualcuno?”, gli chiede.
“Perché sicuramente si sarà stufato di me, Agata! Gli sembrerò uno stupido lunatico, e chi vorrebbe frequentare un lunatico? Ma non sono così, davvero! È solo che sono incredibilmente timido, e poi… ho paura di essere troppo appiccicoso, ma non mi so mai dosare abbastanza, con il risultato finale di sembrare poco interessato…”. Sospira ancora, prende un sorso di tè: “Buono”, commenta, “È molto delicato”. Poi prosegue: “Forse è meglio così. Meglio per lui, intendo. In fondo, non sono niente di speciale, non sono importante. Magari così troverà qualcuno di più adatto a lui, che lo renderà felice. Lui se lo merita…”.
“Anche tu te lo meriti, Dan! Perché dici di non essere speciale?”, esclama Agata, guardandolo smarrita, e pensa che, gay o non gay, gli uomini sono tutti uguali: non capiscono niente, quando si tratta di sentimenti altrui.
“Perché non lo sono, Aggie. Ti sembro speciale?”, chiede lui, allargando le braccia come ad indicarsi, “Guardami: ho trentacinque anni e non sono mai riuscito ad avere una relazione più lunga di quattro mesi! Chi può volere uno come me?”.
Agata si trattiene a stento dal dire che lei conosce una persona che sarebbe disposta a questo sacrificio, ingolla una sorsata di tè e respira lentamente, per calmarsi: “Lo sai perché il tè bianco si chiama così?”, gli chiede.
Dan rimane interdetto: “N-no?”, balbetta, senza capire.
“Perché è composto unicamente dalle foglie della sommità dell’arbusto. Il bianco è il colore della massima purezza, del massimo prestigio. È il tè più pregiato che esista, ma, allo stesso tempo, è il più delicato al palato”. Alza lo sguardo: Dan la fissa senza parlare. Forse comincia a capire, pensa. Non gli dà tregua, e prosegue: “Ha un sapore lieve, come se fosse appena accennato. Non si fa vedere troppo, ecco. Non si espone. Ma non gli serve, in fondo, esporsi troppo: ha tutta l’attenzione che merita, anche senza che la ricerchi. Troverà sempre qualcuno che lo ami”, conclude, fissandolo eloquentemente.
Il pregio di Dan è il suo essere molto intuitivo, pensa, quando l’amico spalanca gli occhi, deglutisce a vuoto e due chiazze rosse (forse d’imbarazzo, forse d’eccitazione) gli colorano le guance pallide: “Ti ha detto dove andava?”, le chiede fremente, sporgendosi in avanti, seduto sul bordo della sedia.
Agata sorride: “È esattamente dove saresti dovuto andare a cercarlo, ancora prima di venire da me”.
Dan si alza, sorridente: “Te l’ho detto che sono un cretino, Agata. Scusami se ti ho disturbata. Ora volo a casa, lo abbraccio e gli dico quello che avrei dovuto da tre mesi: mi sono innamorato di lui il primo momento in cui l’ho visto”, mormora, arrossendo ancora di più.
Agata lo abbraccia e lo accompagna in strada. Lo guarda correre lungo il marciapiede e sorride.
Diavolo, cosa non darei per essere una mosca, seguirlo e potermi godere la scena!, pensa, rientrando in casa.
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